TAR Ancona, sez. I, sentenza 2018-12-12, n. 201800777

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2018-12-12, n. 201800777
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201800777
Data del deposito : 12 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/12/2018

N. 00777/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00133/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA INA

IN NOME DEL POPOLO INO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENZA

sul ricorso numero di registro generale 133 del 2017, proposto da
M e Gasparri S.n.c., Gaetani Luciano S.n.c. di G L, G e G C, M M, G S e Gasparroni Vincenzo S.n.c., B A e Burini Ennio S.n.c., C A e Pasquale S.n.c., P V - M e Scoppa Luigi S.n.c., B E e Angelo S.n.c., in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato G M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. P M, in Ancona, via Marsala,12;

contro

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso inizialmente dall'avv. I P in Ancona e successivamente dagli avvocati Antonio Cimmino, Floro Flori, Susanna Mazzaferri, Gianfranco Vittori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura I.N.P.S., Via S. Martino 23;

per l'annullamento

previa sospensione

dei provvedimenti con cui l'INPS - Direzione Provinciale di Ancona disponeva la reiezione delle domande di cassa integrazione guadagni in deroga - settore pesca - annualità 2015, relative al decreto di concessione n. 91411 del 7.8.2015.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’I.N.P.S.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2018 il dott. T C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



1. Le imprese ricorrenti impugnano i provvedimenti con cui la Direzione Provinciale dell’I.N.P.S. di Ancona ha negato la corresponsione, per l’annualità 2015, della cassa integrazione guadagni in deroga (di seguito anche “CIG”) ai soci-armatori delle società medesime, e ciò sul presupposto che il trattamento “ ….non è riconoscibile agli armatori e ai proprietari armatori imbarcati sulle navi dai medesimi gestite per mancanza del rapporto di subordinazione…. ”.



2. Queste le censure a cui è affidato il ricorso:

a) violazione di legge, e specificatamente del Decreto Interministeriale n. 91411 del 7 agosto 2015;
eccesso di potere per difetto di motivazione e/o erronea e/o insufficiente motivazione e/o per travisamento ed erronea valutazione dei fatti. Eccesso di potere per manifesta illogicità dell’atto, contraddittorietà dell’atto, contraddittorietà tra atti.

Con questo primo gruppo di censure i ricorrenti rilevano che:

- né l’accordo in sede governativa presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali datato 8 giugno 2015, né il D.I. n. 91411 del 7 agosto 2015, né il messaggio I.N.P.S. n. 5313 del 13 agosto 2015 disconoscevano, per l’annualità 2015, il trattamento di cassa integrazione guadagni in deroga agli armatori ed ai proprietari-armatori imbarcati sulle navi dai medesimi gestite. Nessuno dei citati provvedimenti, infatti, si occupa specificamente degli “armatori e proprietari-armatori imbarcati sulle navi dai medesimi gestite”, sottolineando, invece, come l’accesso alle misure di sostegno al reddito spettano “ …al personale imbarcato dipendente delle imprese di pesca interessate alla stato di crisi che ha investito il settore, che benefici di un sistema retributivo con minimo monetario garantito… ” e che “ …l’accesso alle misure di sostegno al reddito potrà avvenire sulla base di specifici accordi, comprensivi degli elenchi nominativi dei lavoratori beneficiari, sottoscritti dalle parti sociali presso le Autorità marittime…. ” (a quest’ultimo riguardo le imprese ricorrenti puntualizzano che i soci delle medesime sono imbarcati sulle rispettive unità da pesca e figurano negli elenchi nominativi dei lavoratori riportati negli accordi sottoscritti dalle parti sociali presso le Autorità Marittime);

- i provvedimenti impugnati negano il trattamento di CIG in deroga alle ricorrenti, con riguardo alle posizioni dei soci delle stesse, in quanto ritengono erroneamente che siano le persone fisiche gli armatori e/o i proprietari delle imbarcazioni da pesca, quando, invece, nella realtà dei fatti sono le società ad essere armatrici e/o proprietarie delle unità da pesca. Ciò sarebbe chiaramente comprovato dai documenti di bordo delle singole navi, quali la licenza di navigazione, il ruolino di equipaggio e la licenza di pesca. Del resto una società e i propri soci sono soggetti giuridici ben distinti e, nel caso di specie, armatori e proprietari delle imbarcazioni da pesca sono le società e non i soci delle stesse;

- il rapporto che intercorre tra le società e i propri soci è un rapporto di lavoro subordinato. Dottrina e giurisprudenza sono unanimi nel riconoscere la possibilità che fra società e soci si instaurino rapporti di lavoro subordinato distinti dal rapporto societario;

- con specifico riguardo al settore della pesca, la Corte di Cassazione ha affermato come nella realtà operativa e strutturale del comparto l’armatore unico (e il discorso si applica chiaramente anche ai soci della società di armamento e di proprietà) non assume un effettivo status imprenditoriale, visto che la proprietà di un’imbarcazione configura semplicemente il possesso di un bene strumentale non connesso ad alcun fenomeno capitalistico (in tal senso, Cass. Civ., Sez. Lavoro, 27 luglio 1996, n. 6795, in cui la Corte ha evidenziato come i soci delle società di armamento debbano beneficiare delle medesime provvidenze che spettano ai lavoratori subordinati, dal momento che nella realtà operativa e strutturale del settore pesca questo grado di abbienza è equivalso sempre sostanzialmente ad una sorta di compossesso degli strumenti di lavoro da utilizzare e non è stato mai considerato espressione di un carattere imprenditoriale, quale connotazione capitalistica);

- un socio, anche se amministratore, può benissimo assumere la qualità di dipendente della società stessa, a condizione che concorrano i requisiti del rapporto di lavoro subordinato. Nel settore della pesca tale evenienza è la regola, visto che il socio percepisce, al pari di ogni altro lavoratore dipendente, una retribuzione in misura predeterminata, il cui pagamento avviene mediante i sistemi previsti dalle norme vigenti per i lavoratori subordinati, e lo stesso è assoggettato al medesimo regime fiscale e contributivo dei lavoratori dipendenti. Nel caso di specie, per il socio della società armatrice e proprietaria la corresponsione della retribuzione è chiaramente distinta dalla quota di partecipazione agli utili della società;

- è quindi assurdo pretendere che il socio imbarcato sottostia alla medesima legislazione del lavoratore subordinato in materia contributiva, assistenziale, previdenziale, fiscale e poi negare, in capo allo stesso, un rapporto di lavoro subordinato. Il socio che faccia anche parte dell’equipaggio della nave è tenuto, al pari del lavoratore dipendente, all’obbligo contributivo di cui alla L. n. 413/1984 così come è assoggettato, al pari del lavoratore dipendente, alla contribuzione a favore della Cassa unica assegni familiari, fruendo delle relative prestazioni;

- i soci imbarcati delle società armatrici e/o proprietarie delle imbarcazioni svolgono la propria prestazione, al pari dei lavoratori subordinati, sotto le direttive del comandante dell’unità navale, ai sensi degli artt. 186, 187, 295 e 298 c.n.;

- i provvedimenti impugnati inoltre contraddicono quanto affermato dallo stesso I.N.P.S. con la circolare n. 61 del 16 marzo 1999, in cui si riconosce che i caratisti, gli armatori e proprietari armatori e, quindi, ancor più i soci di società armatrici e/o proprietarie di imbarcazioni da pesca sono da ritenersi, ove imbarcati, lavoratori dipendenti, a condizione che esercitino l’attività professionale secondo il libretto di navigazione e siano ovviamente compresi nel ruolo/ruolino di equipaggio. A seguito di tale indicazione, con circolare n. 232 del 1° ottobre 1992, l’Istituto ha riconosciuto il beneficio degli sgravi ai caratisti armatori in quanto inseriti, per effetto della L. n. 413/1984, nel regime delle assicurazioni obbligatorie dei lavoratori dipendenti. Successivamente, con risoluzione del 19 marzo 1998, il Ministero delle Finanze ha stabilito che il compenso ricevuto dal caratista imbarcato per la prestazione fornita a bordo, ancorché costituito da una percentuale sulla produzione, debba essere classificato, ai fini fiscali, quale reddito da lavoro dipendente;

- con riguardo alla disciplina applicabile ai soci di società proprietarie e/o armatrici di imbarcazioni è intervenuto, da ultimo, il messaggio I.N.P.S. protocollo INPS.

HERMES.

22/11/2016.0004731, nel quale l’Istituto, sottolineando la complessità della normativa di settore e riportando un confronto intervenuto in materia con il Ministero del lavoro in data 29 settembre 2016 sulla “ ….criticità relativa all’erogabilità delle prestazioni nei confronti della figura del socio proprietario dell’imbarcazione che rivesta nel contempo la posizione di dipendente imbarcato, acquisito il parere dell’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali… ”, ha precisato che in casi del genere, a fronte dell’allegazione, da parte del richiedente la prestazione, dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il socio e la società proprietaria dell’imbarcazione, ricade sullo stesso Istituto l’onere di dimostrare la mancanza del vincolo di subordinazione. Nel caso di specie, a fronte della domanda di cassa integrazione presentata dalle società ricorrenti in cui si affermava l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il socio e la società proprietaria ed a fronte del verbale di consultazione sindacale sottoscritto ed attestato dalle competenti Autorità marittime in cui si dichiarava l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, l’I.N.P.S. non ha in alcun modo ottemperato all’onere di dimostrare la mancanza del vincolo di subordinazione, contraddicendo e venendo meno al disposto del citato messaggio datato 22 novembre 2016 e dell’intera legislazione di settore;

b) eccesso di potere per violazione del legittimo affidamento e/o per contraddittorietà con precedenti provvedimenti amministrativi.

Con questo secondo gruppo di censure le imprese ricorrenti evidenziano che:

- dal 2008 (anno di introduzione della CIG in deroga per il settore pesca) al 2014 esse ricorrenti si sono sempre viste accogliere dall’I.N.P.S. le domande di CIG in deroga ed i propri soci persone fisiche si sono sempre visti riconoscere il relativo trattamento economico di integrazione salariale;

- con l'emanazione dei suddetti provvedimenti di accoglimento datati 2008, 2009, 2010, 2011, 2012, 2013 e 2014 si può ritenere che sia sorto in capo alle ricorrenti un legittimo affidamento circa il conseguimento della prestazione;

- il comportamento tenuto dall'I.N.P.S., certificato da una pluralità di provvedimenti positivi, ha indotto i ricorrenti a confidare nel trattamento economico della cassa integrazione, ancor più nel permanere della medesima normativa di settore e nella uguaglianza di contenuti degli accordi in sede governativa e dei decreti interministeriali in materia;

- nel caso di specie ricorrono tutti gli elementi costitutivi dell’affidamento legittimo: vi è l’elemento oggettivo dei provvedimenti dell’I.N.P.S. di accoglimento delle domande di CIG e di liquidazione dei relativi trattamenti economici, vi è l’elemento soggettivo della buona fede dei destinatari di tali provvedimenti (sia in senso oggettivo come “affidamento” alla situazione giuridica “apparente”, sia in senso soggettivo, come condotta caratterizzata dal rispetto dei doveri di buona fede che gravano su tutti i soggetti giuridici) e vi è il fattore temporale, il protrarsi per ben sette anni consecutivi di provvedimenti di accoglimento delle domande di CIG in deroga da parte dell’Istituto;

c) violazione di legge, e specificatamente dell’art. 2 del D.M. 6 agosto 2015.

Al riguardo, le imprese ricorrenti deducono che il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 6 agosto 2015, avente ad oggetto “ Individuazione delle risorse e dei criteri per l’erogazione degli aiuti alle imprese di pesca che effettuano l’interruzione temporanea obbligatoria di cui al decreto 3 luglio 2015 ”, al pari del successivo D.M. 10 agosto 2016, all’art. 2 dispone che: “ ….in relazione alla sospensione obbligatoria dell’attività di pesca non imputabile alla volontà dell’armatore, per i marittimi imbarcati sulle unità che eseguono l’interruzione temporanea di cui al decreto 3 luglio 2015, verrà attivata presso il competente ministero del lavoro e delle politiche sociali la procedura per la erogazione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga, a copertura dell’intero periodo di interruzione obbligatoria dell’attività di pesca ”. Da ciò si evince chiaramente come per vedersi riconosciuto il trattamento di CIG in deroga, ai sensi dei citati decreti, sia sufficiente essere “marittimi imbarcati”, requisito che tutti i soci delle società odierni ricorrenti, come già illustrato, posseggono;

d) violazione dell'art. 3 della L. n. 241/1990, mancando nei provvedimenti impugnati qualsivoglia indicazione riguardante i termini per l’impugnazione dell’atto e l’organo competente a ricevere il ricorso;

e) eccesso di potere per disparità di trattamento.

Con quest’ultima censura i ricorrenti evidenziano che:

- una pluralità di sedi provinciali dell’I.N.P.S., tra cui quelle di Teramo, Chieti e Bari hanno provveduto al pagamento della cassa integrazione guadagni in deroga ai soci di società armatrici e/o proprietarie di unità da pesca, dietro richiesta agli stessi di dichiarazione sostitutiva di certificazione;

- a fronte dell’identità di situazioni, l’I.N.P.S. ha quindi adottato provvedimenti di segno opposto, in alcuni casi riconoscendo il diritto, e in altri negandolo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi