TAR Napoli, sez. I, sentenza breve 2021-02-22, n. 202101199

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza breve 2021-02-22, n. 202101199
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202101199
Data del deposito : 22 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/02/2021

N. 01199/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00047/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 47 del 2021, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F G, con domicilio fisico eletto in Napoli, via S. Maria a Cubito, n. 601 e con recapito digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

- Prefettura di Caserta - Ufficio Territoriale del Governo (UTG) di Caserta,
- Ministero dell'Interno,
ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz, n. 11 e con recapito digitale come da PEC da Registri di giustizia;

nei confronti

-OMISSIS-, in persona del rappresentante legale pro tempore, non costituita in giudizio;

per l'annullamento:

della nota CAT.12.B16/Ant/Area I del -OMISSIS-, notificata in pari data, con la quale la Prefettura di Caserta - UTG di Caserta ha rigettato la richiesta di ritiro in autotutela/revisione del provvedimento interdittivo nei confronti di -OMISSIS-.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato per conto della Prefettura-UTG di Caserta e del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. G P, nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2021, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 del D.L. n.137/2020, convertito in L. n. 176/2020, e del decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 28 dicembre 2020 e uditi l'avv. F. Giojelli per la parte ricorrente e l'avvocato dello Stato V. Giannuzzi Savelli;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


1.- Con l’odierno ricorso, notificato il 14 dicembre 2020 e depositato il 7 gennaio 2021, -OMISSIS- ha impugnato, per l’annullamento previa richiesta di sospensione cautelare, la nota CAT.12.B16/Ant/Area I del -OMISSIS-, con la quale la Prefettura - UTG di Caserta ha archiviato la richiesta di ritiro in autotutela/revisione del Provvedimento interdittivo prot. n. -OMISSIS- emesso nei confronti della -OMISSIS-, madre del ricorrente e di cui quest’ultimo è stato dipendente fino al 2015.

2.- Ha formulato le censure di violazione e falsa applicazione dell’art. 91 del D.lgs. 159/2011, l’erronea e la falsa rappresentazione della realtà e l’illogicità dell’azione amministrativa.

La Prefettura – UTG di Caserta, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva e d’interesse posto che, in presenza della nuova formulazione dell’art. 87 d. lgs. 159/2011, modificato dall’art. 4, comma 1, lett. a) d. lgs. 218/2012, il ricorrente non rientrerebbe tra i soggetti autorizzati a richiedere l’informativa ai sensi dell’art. 91 d. lgs. 159/2011;
nel merito l’amministrazione intimata ha controdedotto per l’infondatezza del ricorso, posto che non sarebbe sopravvenuto alcun fatto nuovo favorevole al ricorrente, tale da essere considerato incidente sulla fattispecie che ha condotto ad emanare l’interdittiva per la quale oggi il ricorrente si duole.

3.- Alla camera di consiglio del 27 gennaio 2021, svoltasi con modalità da remoto ai sensi dell’art. 25 del D.L. n. 137/2020, convertito dalla L. n. 176/2020, e del DPCS del 28 dicembre 2020, il Collegio ha dato avviso alle parti presenti alla discussione, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., di possibili profili di inammissibilità del ricorso per essere stato impugnato un atto privo di natura provvedimentale.

A conclusione della discussione, il Collegio, previo avviso alle parti, ha ravvisato gli estremi per decidere il ricorso con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., ravvisando la sussistenza dei relativi presupposti.

4.- Il ricorso è inammissibile, atteso che l’atto impugnato ha contenuto dichiarativo non provvedimentale ed è quindi privo di natura immediatamente lesiva della posizione giuridica del ricorrente.

La richiesta del ricorrente nasce dalla circostanza che la ditta della madre, -OMISSIS-, evocata in giudizio quale controinteressata, e di cui il ricorrente era dipendente, in qualità di direttore tecnico, fino al 2015, anno in cui fu in seguito licenziato, era soggetta nel 2014 ad un’informativa antimafia da parte della Prefettura – UTG di Caserta (prot. n. -OMISSIS-) la quale indicava due “fonti” del presunto pericolo d’infiltrazione mafiosa:

1) la figura di -OMISSIS-, collaboratore di fatto della -OMISSIS- dal 3 marzo 2010, tuttavia preposto alla gestione tecnica di -OMISSIS-, società riconducibile alla famiglia -OMISSIS-, sottoposta a sequestro penale dalla DDA di Napoli ed interdetta dalla stessa Prefettura - UTG di Caserta in data -OMISSIS- per ragioni di prevenzione antimafia;

2) la persona del ricorrente, controllato con il predetto -OMISSIS- in data 11 febbraio 2010 ed indagato in due procedimenti penali, presso il Tribunale di Nola e Tribunale di S. Maria di Capua Vetere per il reato di turbativa d’asta.

Attualmente, il ricorrente ha creato una nuova ditta individuale e, pertanto, con la richiesta alla Prefettura auspica che sia rivisto il provvedimento interdittivo appena citato in quanto, in costanza dello stesso, non potrebbe più esercitare alcuna professione, consulenza continuativa, lavoro dipendente o impresa nell'ambito degli appalti di raccolta e conferimento dei rifiuti solidi urbani, ossia in un ambito che è stato la sua unica fonte di lavoro fino, appunto, al 2015.

Rappresenta, in particolare, che:

- in pendenza del provvedimento interdittivo, ancora in vigore, non potrebbe ottenere alcun contatto con qualsivoglia altra ditta, in quanto rischia, sic rebus stantibus , di vedere attinto da informativa anche il proprio nuovo eventuale datore di lavoro.

- inoltre, non potrebbe nemmeno esercitare nuova attività d'impresa nel campo dei rifiuti, in quanto rischia di investire ingenti capitali e forti risorse personali e lavorative, con la prospettiva di vederle vanificare da nuovo provvedimento interdittivo formalmente intestato alla nuova ditta, ma, sostanzialmente, indirizzato alla persona fisica.

5.- Per questo, ha inviato in data 29 gennaio 2020, richiesta di ritiro in autotutela o revisione dell'interdittiva in argomento, richiesta sulla quale la Prefettura ha dovuto rilevare l’assenza di elementi di novità rispetto al passato, tali da consentire l’avvio della prevista procedura.

Non a caso, l’autorità prefettizia ha quindi posto l’attenzione sul contenuto di cui all’art. 12, comma 5, d. lgs. 159/2011 per il quale “…il Prefetto, anche sulla documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informazione al venire meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazioni mafiose…”.

Di qui la risposta della Prefettura la quale si è limitata a chiarire che non avrebbe dato corso all’istanza e, pertanto, non avrebbe avviato il relativo procedimento per carenza dei presupposti. ,

E’ evidente che la risposta ha contenuto meramente dichiarativo dello stato di fatto ed è priva di contenuto dispositivo.

6.- Dalle considerazioni che precedono, deriva anche un ulteriore profilo d’inammissibilità del ricorso, oggetto di eccezione da parte della difesa erariale, fondato sulla mancanza di legittimazione del ricorrente – e comunque di interesse - ad annullare l’interdittiva antimafia emessa nei confronti di impresa alla quale egli è fondamentalmente estraneo, essendo stato dipendente fino al 2015 con l’incarico di direttore tecnico.

Giova al riguardo richiamare il generale principio di cui all’art. 81 c.p.c. per il quale: “Fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui”, applicabile anche nel processo amministrativo in forza del richiamo di cui all’art. 39 c.p.a..

Sulla esaminata questione, poi, si è di recente pronunciato il Consiglio di Stato che – in fattispecie similare a quella in trattazione - ha stabilito che il ricorso è inammissibile:

a) per carenza di legittimazione attiva, in quanto il decreto prefettizio può essere impugnato dal soggetto che ne patisce gli effetti diretti sulla sua posizione giuridica di interesse legittimo, e quindi, dalla società destinataria dell’interdittiva;

b) per carenza d’interesse, in quanto con l’impugnativa il ricorrente non può ottenere il risultato al quale aspira (la sola espunzione dalla motivazione dell’interdittiva delle parti che direttamente lo riguardano) poiché l’azione impugnatoria mira alla caducazione dell’atto, e non a far correggere la motivazione, facendo venir meno una delle ragioni su cui si fonda, facendo nel contempo permanere in vita l’atto stesso (v. Cons. Stato, sez. III, 22 gennaio 2019, n. 539;
questa Sezione 30 luglio 2019, 4174).

7.- Per quanto sopra il ricorso va dichiarato inammissibile per il profilo oggettivo, registrandosi il difetto di contenuto provvedimentale dell’atto impugnato nonché per il profilo soggettivo, stante il difetto di legittimazione attiva e d’interesse da parte del ricorrente.

Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti costituite, avuto riguardo alla sostanziale novità della principale questione esaminata;
rimane fermo il contributo unificato che rimane a carico del ricorrente.

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