TAR Brescia, sez. I, sentenza 2021-08-06, n. 202100737

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2021-08-06, n. 202100737
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 202100737
Data del deposito : 6 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/08/2021

N. 00737/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00197/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 197 del 2016, proposto da
G C D, R C, B D, S D, rappresentati e difesi dall'avvocato D B, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via Gramsci, 30;

contro

Comune di Ceto, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato D B, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via Diaz, 13/C;

per l'annullamento

della deliberazione n. 33 del 27/11/2015 di acquisizione dell'area indicata ex art. 42 bis DPR n.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ceto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 14 luglio 2021 il dott. B M;

Dato atto che la controversia è stata trattenuta in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ai sensi del combinato disposto dell’art. 25 del d.l. 137/2020 e dell’art. 4 del d.l. 28/2020, ivi richiamato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con atto del 3.12.2013, al fine di consentire l'ampliamento del cimitero della frazione di Nadro, il Comune di Ceto acquisiva i terreni non edificabili di cui ai mappali n. 234 e n. 239, di proprietà della Parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio e il mappale n. 967, di proprietà dei ricorrenti.

L’accordo fra il Comune e i proprietari, preceduto da deliberazione di Giunta comunale n. 62 del 15.11.2013, prevedeva la cessione della proprietà e l’immissione immediata nel possesso del terreno a fronte del pagamento di una somma pari ad € 13.227,09, corrispondente al valore di concessione perpetua di una cappella cimiteriale consegnata in conto pagamento del prezzo.

Con deliberazione di Giunta n. 67 del 6.9.2014 il Comune riesaminava l’accordo di acquisizione dell’area dei ricorrenti, proponendo di riconoscere a questi il minor importo di € 8.425,00 e di non procedere alla permuta di tale somma con la cappella cimiteriale.

A tanto l’Amministrazione addiveniva dopo aver accertato la necessità di acquisire una minore estensione di terreno del mappale 967 (mq. 337 anziché 415) e l’opportunità di riconoscere agli alienanti il medesimo prezzo riconosciuto alla Parrocchia, ossia € 25 al mq.

Il Comune invitava, quindi, i ricorrenti alla sottoscrizione del nuovo accordo con avvertenza che, in difetto, avrebbe proceduto all’espropriazione dei terreni.

I ricorrenti rifiutavano il nuovo accordo e adivano il Tribunale di Brescia per sentire dichiarare la perdurante validità ed efficacia dell’accordo del 3.12.2013 con la condanna del Comune al pagamento del corrispettivo della cessione pattuito in € 13.227,00, da corrispondere mediante concessione della cappella cimiteriale sopra menzionata.

Con nota del 23.10.2015 l’Amministrazione comunicava ai ricorrenti l’avvio del procedimento per acquisire al patrimonio comunale l’area ex art. 42 bis del DPR n. 327 del 2001, determinando l’indennità da riconoscere in € 10 al mq.

Con la deliberazione n.33/2015 il procedimento veniva concluso con l’acquisizione al patrimonio del Comune dell’area del mapp. 967 verso corresponsione dell’indennità di € 3.707,00, subordinando risolutivamente il provvedimento all’esito eventualmente incompatibile con la controversia civile cui si è fatto cenno.

Avverso tale atto proponevano ricorso il sig. Donina e consorti chiedendone l’annullamento e deducendo:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 bis del DPR n. 327/2001. Eccesso di potere per carenza di motivazione e contraddittorietà.

2. Eccesso di potere per errore sul presupposto di fatto, sviamento, carenza di motivazione, contraddittorietà, illogicità, disparità di trattamento e difetto di istruttoria. Violazione dei principi di affidamento e buona fede.

3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 6 della l. n. 241/1990.

Si costituiva in giudizio il Comune di Cleto opponendosi all’accoglimento del gravame.

Nella pubblica udienza del 14 luglio 2014 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

I ricorrenti impugnano il provvedimento con cui, ai sensi dell’art. 42 bis del DPR n. 327/2001, il Comune di Cleto ha disposto l’acquisizione al proprio patrimonio dell’area, catastalmente individuata dal mappale n. 967, ed utilizzata per la realizzazione del cimitero di Nadro.

Si può prescindere dalla preliminare eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di legittimazione dei ricorrenti in quanto il ricorso è infondato nel merito.

Con il primo motivo viene denunciata la violazione dell’art. 42 bis del DPR n. 327/2001 contestando la determinazione dell’indennità di esproprio disposta dal Comune.

La censura è inammissibile.

E’ sufficiente in proposito richiamare il più recente arresto delle Sezioni unite della Cassazione secondo cui sono devolute al giudice ordinario e alla corte d'appello in unico grado, le controversie sulla determinazione e corresponsione dell'indennizzo dovuto per l'acquisizione del bene utilizzato dall'autorità amministrativa per scopi di pubblica utilità ex art. 42-bis d.P.R. n. 327 del 2001, in considerazione della natura intrinsecamente indennitaria del credito vantato dal proprietario del bene e globalmente inteso dal legislatore come unicum non scomponibile nelle diverse voci, con l'effetto non consentito di attribuire una diversa ed autonoma natura e funzione a ciascuna di esse (Cass. civile, sez. un., 20/07/2021, n. 20691, nello stesso senso, tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 05/10/2020, n. 5812).

Il secondo ordine di censure si incentra sul falso presupposto di fatto e la violazione del principio di affidamento nel quale sarebbe incorso il Comune assumendo l’invalidità dell’atto di cessione bonaria del 3.12.2013 di cui parte ricorrente rivendica la perdurante efficacia. L’atto impugnato sarebbe altresì viziato per sviamento di potere, in quanto teso non a sanare una situazione di illegittimità del possesso dell’opera realizzata, ma ad acquisire procurarsi la proprietà di un bene autoritariamente e senza il rispetto delle garanzie procedimentali previste nei casi di espropriazione.

Il motivo non ha pregio.

Va precisato, in primo luogo, che la decisione di acquisire l’area secondo quanto previsto dall’art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001, è maturata dopo che l’opera pubblica (cappella cimiteriale) era stata realizzata e, nella circostanza l’Amministrazione aveva constatato che l’area necessaria all’esecuzione dei lavori di ampliamento era inferiore a quella oggetto dell’accordo (337,00 mq e non 415,00).

Veniva inoltre in evidenza l’evidente disparità di trattamento (foriera di eventuali responsabilità erariali) tra l’accordo raggiunto con i ricorrenti e quello sottoscritto con la Parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio, elementi di per sé già idonei a porre in discussione l’originario assetto negoziale.

Successivamente il Comune veniva a conoscenza della sentenza del Tribunale di Brescia n. 3213/2018 che, in lite tra privati, dichiarava la nullità (quindi, con effetto, ex tunc ) del testamento che aveva condotto ai ricorrenti la proprietà dell’area in questione. La sentenza dichiarava conseguentemente aperta la successione ab intestato con devoluzione dell’eredità a D B, D G C, D S e C R (ossia gli odierni ricorrenti) nonché a F V, F F e F C per rappresentazione di D G, dichiarando parte della massa ereditaria “ il diritto di proprietà sul fondo agricolo sito in Ceto (BS), frazione di Nadro, identificato catastalmente al F 2, Particella n. 697 e il diritto perpetuo su alcuni loculi posti nel cimitero comunale di Ceto, frazione di Nadro ”, cioè i terreni e diritti oggetto dell’accordo bonario.

Ne consegue con evidenza l’invalidità dell’accordo negoziale con il Comune giacché sottoscritto solo da una parte dei proprietari dell’area.

Con il terzo motivo si deducono vizi procedimentali connessi alla omessa partecipazione dei ricorrenti al procedimento giacché il Comune non avrebbe tenuto conto delle osservazioni presentate dagli interessati.

In realtà la motivazione del provvedimento dà conto di quanto dedotto dai ricorrenti in merito soprattutto alla stima dell’area.

Non può inoltre che rammentarsi che l’art. 10 bis, l. 7 agosto 1990, n. 241 non impone nel provvedimento finale la puntale e analitica confutazione delle singole argomentazioni svolte dalla parte privata, essendo sufficiente ai fini della sua giustificazione una motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell'atto stesso (Cons. Stato, sez. II, 10/05/2021 n. 3683).

Discende da quanto esposto che il ricorso va rigettato, seguendo le spese del giudizio la soccombenza come in dispositivo liquidate.

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