TAR Catania, sez. III, sentenza breve 2021-03-11, n. 202100730
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Pubblicato il 11/03/2021
N. 00730/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00259/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 259 del 2021, proposto da
T A, rappresentata e difesa dagli avvocati G L e F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi di Enna "Kore", non costituita in giudizio;
nei confronti
Maria Pitruzzella, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
a) della graduatoria finale di accesso al corso TFA “sostegno” per la scuola dell’infanzia pubblicata dall'Università di Enna “Kore” in data 9 dicembre 2020 a seguito di accertamenti successivi ai reclami, nella parte in cui dispone l’esclusione della ricorrente;b) della nota n. 25350 in data 17 dicembre 2020 dell’Università “Kore”, con la quale si è comunicato che il reclamo dell’interessata era stato presentato fuori termine;c) della nota n. 794/2021 in data 15 gennaio 2021 dell’Università “Kore”, con la quale sono stati specificati i motivi dell’esclusione
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2021 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
La ricorrente ha impugnato: a) la graduatoria finale di accesso al corso TFA “sostegno” per la scuola dell’infanzia pubblicata dall'Università di Enna “Kore” in data 9 dicembre 2020 a seguito di accertamenti successivi ai reclami, nella parte in cui dispone la sua esclusione;b) la nota n. 25350 in data 17 dicembre 2020 dell’Università “Kore”, con la quale si è comunicato che il reclamo dell’interessata era stato presentato fuori termine;c) la nota n. 794/2021 in data 15 gennaio 2021 dell’Università “Kore”, con la quale sono stati specificati i motivi dell’esclusione.
Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) la ricorrente, insegnante di ruolo nella scuola dell’infanzia, essendo in possesso di tutti i requisiti previsti dal bando, ha inoltrato domanda di partecipazione al corso di cui si tratta, ma, per un disguido legato all'interpretazione della dicitura “titolo di studio”, ha indicato la laurea magistrale in giurisprudenza, anziché il diploma magistrale richiesto per l’accesso al corso;b) la ricorrente ha partecipato alla procedura selettiva superando le prove di accesso e collocandosi nella posizione n. 106 (vincitrice) della graduatoria finale con un punteggio di 53,25;c) in data 7 dicembre 2020, l’Università ha chiesto all’interessata di specificare il titolo di studio posseduto e richiesto per l’accesso, senza segnalare che era stato indicato un titolo di studio non valido (la laurea) e senza dare avviso della possibile conseguente esclusione dalla graduatoria finale;d) la ricorrente ha erroneamente copiato i dati inseriti nel modulo di partecipazione, incorrendo così nel medesimo errore;d) in data 9 dicembre è stata pubblicata la nuova graduatoria finale “a seguito degli accertamenti successivi ai reclami” e l’interessata è risultata esclusa “per mancanza di requisito di accesso”;e) avendo preso atto dell’errore commesso l’interessata ha presentato in pari data apposito reclamo, trasmettendo copia del diploma magistrale in suo possesso;f) con nota n. 25350 del 17 dicembre 2020 l’Università ha deciso di non esaminare il reclamo perché presentato oltre il termine previsto (4 dicembre 2020);g) atteso che il reclamo era stato proposto avverso l’esclusione dalla graduatoria avvenuta solo in data 9 dicembre 2020, il legale della ricorrente ha segnalato all’Amministrazione l’erroneità del termine da essa richiamato e l’impossibilità di applicarlo al caso di specie;g) con nota n. 794 del 15 gennaio 2021 l’Università ha, però, riscontrato negativamente la nota indicata, limitandosi a specificare i motivi posti a fondamento dell’esclusione.
Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) la mera richiesta, in data 7 dicembre 2020, di specificare il titolo di accesso con la mancata indicazione della finalità della richiesta stessa non può qualificarsi quale intervento di soccorso istruttorio;b) l’art. 71, terzo comma, del D.P.R n. 445/2000 prevede che “qualora le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 presentino delle irregolarità o delle omissioni rilevabili d'ufficio, non costituenti falsità, il funzionario competente a ricevere la documentazione dà notizia all'interessato di tale irregolarità” e aggiunte che quest’ultimo “è tenuto alla regolarizzazione o al completamento della dichiarazione;in mancanza il procedimento non ha seguito”;c) il responsabile del procedimento, quindi, avrebbe dovuto dare notizia all’interessata dell’irregolarità riscontrata, consentendole di prendere effettivamente contezza dell’errore commesso;d) il soccorso istruttorio consente, nell'ambito dei procedimenti amministrativi, di regolarizzare o integrare una documentazione carente nell'ottica della tutela della buona fede e dell’affidamento dei soggetti coinvolti nell'esercizio dell’azione amministrativa;e) l’istituto ha portata generale e trova applicazione anche nell’ambito delle procedure concorsuali;f) la ricorrente, d'altronde, ha indicato nella domanda di aver svolto quattro anni di servizio in qualità di insegnante di scuola dell’infanzia (circostanza possibile solo qualora si sia in possesso di un diploma magistrale o di una laurea in scienza della formazione);g) l’art. 1431 c.c. precisa che l’errore si considera riconoscibile se “in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo”;h) la disciplina dell’errore è applicabile anche al caso di errore cosiddetto ostativo, ossia di errore commesso nella formulazione della dichiarazione (art. 1433 c.c.);i) secondo l’orientamento costante del Consiglio di Stato, quando l’errore commesso dal privato nella domanda presentata è riconoscibile, può richiedersi all’Amministrazione di emendarlo autonomamente;l) il “modus operandi” dell’Università si pone anche in contrasto con il principio del “favor partecipationis”;m) è stato anche violato il principio del legittimo affidamento , avendo l’Amministrazione disposto l’esclusione della candidata solo dopo che la stessa aveva già sostenuto e superato le prove previste;n) il termine ultimo per la presentazione dei reclami - individuato dall’Università nella data del 4 dicembre 2020 - non è applicabile nel caso di specie, posto che in quella data la candidata risultava pienamente ed utilmente collocata in graduatoria in posizione utile per l’accesso.
L’Università “Kore” di Enna, cui il ricorso è stato ritualmente notificato in data 8 febbraio 2021, non si è costituita in giudizio.
Neppure la controinteressata, evocata in giudizio a fini meramente tuzioristici, si è costituita in giudizio.
Nell’odierna camera di consiglio, dato avviso a verbale in merito alla possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso appare manifestamente fondato, di talché la causa può essere definita con sentenza ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., essendo trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del gravame, non essendovi necessità di integrare il contraddittorio, risultando completa l’istruttoria e non avendo alcuna delle parti dichiarato di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza o di giurisdizione.
A giudizio del Collegio il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
La Corte Costituzionale, come è noto, fa costante riferimento al principio di ragionevolezza, che informa l’intero ordinamento giuridico e il quale costituisce la bussola che deve orientare l’interpretazione e l’applicazione delle norme giuridiche, nonché i comportamenti negoziali e le decisioni amministrative.
Vanno, quindi, scartate - ad ogni livello - interpretazioni delle disposizioni che conducano a risultati eccentrici, formalistici, paradossali o assurdi.
Nel caso di specie la ricorrente ha indicato la laurea in giurisprudenza come titolo di studio avendo comprensibilmente ritenuto che tale titolo fosse prioritario rispetto al diploma.
Ovviamente, ai fini della selezione di accesso al corso in questione, la laurea in giurisprudenza è irrilevante, ma l’interessata aveva comunque indicato di avere svolto quattro anni di servizio in qualità di insegnante di scuola dell’infanzia.
I titoli di studio per l’accesso all’insegnamento nella scuola dell’infanzia (e primaria) sono i seguenti: a) laurea in scienze della formazione primaria (titolo abilitante all’insegnamento;art. 6 della legge n. 169/2008);b) diploma magistrale o diploma di liceo socio-psico-pedagogico o diploma sperimentale a indirizzo linguistico conseguito entro l’anno scolastico 2001-2002 (decreto ministeriale in data 10 marzo 1997).
A fronte di una tale circostanza, l’obiezione secondo cui la ricorrente non avrebbe tuttavia formalmente indicato il titolo utile ai fini dell’accesso al corso di formazione appare obiettivamente stravagante, anche tenuto conto che, secondo un elementare principio di diligenza e di buona fede, la domanda che era stata presentata andava esaminata nella sua interezza e non in modo ciecamente atomistico.
Ne consegue che l’Amministrazione, a fronte di una domanda da cui risultava inequivocabilmente il possesso del titolo per la partecipazione al corso di formazione, avrebbe dovuto, secondo il principio del “clare loqui” (che costituisce esplicitazione del canone di correttezza), sollecitare l’interessata a chiarire quale fosse il titolo utile - certamente posseduto - per accedere alla selezione.
Allo stesso modo, dopo la risposta non pertinente resa dall’interessata a seguito della sibillina richiesta di chiarimenti dell’Università, l’Amministrazione avrebbe dovuto riscontrare la persistenza dell’equivoco intercorso e specificare all’interessata che, con la richiesta che era stata inoltrata, si intendeva far riferimento al titolo utile per la partecipazione al corso.
La disposta esclusione per assenza del titolo - del tutto singolare a fronte del dichiarato insegnamento per quattro anni nella scuola dell’infanzia - appare, invece, come una soluzione formalistica, cavillosa e, in definitiva, bizzarra.
Allo stesso modo, la tesi secondo cui il reclamo dell’interessata risulterebbe tardivo risulta vagamente sconcertante, perché tale termine era parametrato sulla data di pubblicazione della graduatoria provvisoria, mentre la ricorrente è risultata esclusa a seguito della pubblicazione di quella definitiva.
In conclusione, l’operato dell’Università, a giudizio del Collegio, non è stato ispirato all’ordinario buon senso, espressione che costituisce la traduzione, in termini di linguaggio comune, del principio di ragionevolezza cui la Corte Costituzionale, come è stato indicato, fa costante riferimento.
Il ricorso va, quindi, accolto, con conseguente annullamento, nella parte di interesse, degli atti impugnati.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, tenendo conto della semplicità della controversia e della sua sollecita definizione all’esito dell’incidente cautelare.