TAR Napoli, sez. III, sentenza 2011-11-07, n. 201105156
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Testo completo
N. 05156/2011 REG.PROV.COLL.
N. 03892/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3892 del 2009, proposto da:
Paradiso Lina, rappresentata e difesa dall'avv. E V, con domicilio eletto in Napoli, via C. Rosaroll n. 70, presso lo studio dell’avv. A P;
contro
il Ministero dell'Economia e delle Finanze - Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato -Ufficio Regionale della Campania, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliato per legge in Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento
del provvedimento n. 19053/09 del 21 aprile 2009 di rigetto dell’istanza tesa ad ottenere l'assegnazione diretta di una rivendita di generi di monopolio alla via Martiri d'Ungheria n. 11 -
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2011 il dott. Paolo Carpentieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame – notificato l’1 e il 2 luglio 2009 e depositato in segreteria il 10 luglio 2009 – la sig.ra Paradiso Lina ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con il quale l’A.A.M.S., a motivo della asserita violazione della distanza minima (di 250 mt.) rispetto alla rivendita più vicina (rivendita n. 57 con annessa ricevitoria del lotto sita in via Foschini n. 1, pal. degli Uffici), ha respinto la sua domanda volta a ottenere l’assegnazione diretta di una rivendita di generi di monopolio in base alla speciale previsione dell’art. 3, comma 42- bis , del d.l. n. 203 del 2005, aggiunto dalla legge di conversione 2 dicembre 2005, n. 248, che consente, al ricorrere di determinati presupposti, l’assegnazione diretta di una rivendita di generi di monopolio ai titolari di ricevitoria del lotto non abbinata ad una rivendita di generi di monopolio, possibilità estesa, qualora non esercitata dal titolare della ricevitoria, in subordine ai coadiutori od ai parenti entro il quarto grado od agli affini entro il terzo grado.
A sostegno del gravame parte ricorrente ha dedotto una pluralità di motivi di violazione di legge e di eccesso di potere.
Si è costituita a resistere in giudizio l’amministrazione intimata.
Alla pubblica udienza del 20 ottobre 2011 la causa è stata chiamata e assegnata in decisione.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
La questione interpretativa dalla cui soluzione dipende la decisione della causa consiste nello stabilire se – come ritiene l’amministrazione invocando una circolare dell’agosto 1988 – le rivendite speciali (quale è pacificamente quella “concorrente”, la n. 57, posta in via Foschini n. 1, pal. degli Uffici, sita a meno di 250 mt. rispetto alla sede dove parte ricorrente avrebbe inteso esercitare l’attività), collocate non già in strutture ad accesso limitato, ma all’interno di strutture comunque aperte al transito e all’accesso pubblici, in deroga al principio (qui non contestato) della irrilevanza agli effetti dei limiti distanziali, dovrebbero invece rilevare e rivestire effetto ostativo anche in rapporto alla domanda di apertura di nuove rivendite di tabacchi ordinarie.
Ora, premesso che non è in contestazione in atti il fatto che la rivendita speciale viciniore asseritamente ostativa (rivendita speciale n. 57, con annessa ricevitoria del lotto, sita in via Foschini n. 1, pal. degli Uffici) è ubicata in un immobile normalmente accessibile al pubblico (ancorché al pubblico di regola diretto presso gli uffici aventi sede in quel complesso immobiliare), ad avviso del Collegio la tesi dell’amministrazione non può giudicarsi fondata, mentre deve trovare accoglimento quella sostenuta da parte ricorrente, che ha insistito sulla generale validità della regola (circ. n. 4/63406 del 25 settembre 2001) in base alla quale le rivendite speciali, rispetto alla nuova apertura di rivendite ordinarie, sono in ogni caso irrilevanti agli effetti della verifica delle distanze minime tra esercizi, e ciò senza che sia possibile operare suddistinzioni e graduatorie tipologiche all’interno delle rivendite speciali, a seconda della loro ubicazione (in siti di grande e ampio transito pubblico o, piuttosto, riservati all’accesso del solo personale autorizzato).
In tal senso questa Sezione si è già pronunciata in un caso precedente analogo (sentenza 25 luglio 2011, n. 3963;in quel caso si trattava del rapporto tra una nuova rivendita ordinaria e una rivendita speciale collocata presso un distributore di carburanti). In quella pronuncia la Sezione ha giudicato non condivisibile la tesi secondo la quale occorrerebbe “ distinguere tra due tipologie di rivendite speciali: una prima tipologia, ad accesso generalizzato e indifferenziato, sotto questo profilo equiparabile alle rivendite ordinarie e perciò rilevante sul piano delle distanze minime;un secondo tipo, ad accesso selettivo e condizionato, che invece non verrebbe in rilievo ai fini distanziali ”, e l’annesso corollario per cui “ in caso di apertura di rivendite ordinarie si deve tener conto, ai fini distanziali, anche delle rivendite speciali, allorquando questo tipo di rivendite, per il tipo di ubicazione – ad es., presso stazioni ferroviarie, marittime, stazioni di rifornimento di carburanti – siano di fatto accessibili a chiunque, lì dove, invece, esse non rilevano e non devono essere prese in considerazione, ai suddetti limiti distanziali, allorquando non siano accessibili al pubblico in genere, come accade quando sono ubicate nelle case di pena, nelle caserme, negli uffici pubblici, etc .” Siffatta tesi, pur ritenuta “ non priva di un suo fondamento logico e finalistico (nella considerazione della idoneità delle rivendite speciali ad accesso generalizzato ad attingere alla medesima platea di potenziali utenti delle rivendite ordinarie, donde la loro sostanziale equivalenza a quelle ordinarie, agli effetti concorrenziali e di equilibrata distribuzione del servizio, in sede di decisione in ordine all’autorizzabilità della nuova apertura di una rivendita ordinaria) ”, non è stata giudicata dalla Sezione validamente “ supportata da adeguata base normativa ”, donde la conclusione, dalla quale in questa sede non si ha motivo di discostarsi, per cui la ora esaminata tesi dell’amministrazione “ non vale, ad avviso del Collegio, a infirmare il costante orientamento, fatto proprio anche da questa Sezione, secondo cui il criterio distanziale è vincolante solo nel rapporto tra rivendite ordinarie, mentre non opera nel rapporto tra rivendite speciali e, neppure, per logica conseguenza, tra queste ultime e le rivendite ordinarie (Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2011 , n. 122;Id., n. 946 del 2010;TA.R. Lazio, sez. II, 7 settembre 2010, n. 32121), posto che le une (ordinarie) e le altre (speciali) attingono a bacini di utenza oggettivamente diversi e solo parzialmente interferenti tra loro ”.
La ritenuta, assorbente fondatezza del primo motivo di ricorso rende inutile la disamina delle altre questioni proposte, in particolare la richiesta di parte ricorrente di rimessione in termini per la riproposizione della domanda, eventualmente riguardo ad un'altra sede, richiesta da ritenersi proposta in via subordinata al non accoglimento dei primi, più satisfattivi, motivi di azione.
Per tutti gli esposti motivi il ricorso deve giudicarsi fondato e andrà come tale accolto, con conseguente annullamento del provvedimento negativo impugnato.
In ogni caso, in conseguenza dell’annullamento dell’impugnato diniego, l’amministrazione dovrà riesercitare la funzione, attendendosi al principio di diritto enunciato nella presente sentenza (insufficienza del criterio distanziale relativo ad una preesistente rivendita speciale), salva la valutazione di ogni altro profilo rilevante ai fini della corretta decisione amministrativa sulla fattispecie.
Le spese di causa, secondo la regola della soccombenza, devono essere poste a carico dell’amministrazione resistente, nell’importo liquidato in dispositivo.