TAR Roma, sez. III, sentenza 2024-07-19, n. 202414786

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2024-07-19, n. 202414786
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202414786
Data del deposito : 19 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/07/2024

N. 14786/2024 REG.PROV.COLL.

N. 10979/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10979 del 2023, proposto dalla sig.ra -OMISSIS- e dal sig. -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avv. F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Pollena Trocchia, piazza delle Orchidee;

contro

il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e il Ministero dell'Interno, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

- del provvedimento dell’Ambasciata d’Italia a L’Avana del 15 maggio 2023 recante il diniego del visto per motivi turistici in favore del sig. -OMISSIS-;

- di tutti gli atti a qualsiasi titolo ad esso preordinati, connessi e consequenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio e le memorie delle Amministrazioni intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 luglio 2024 il dott. Massimiliano Scalise e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Premesso che:

- con l’atto introduttivo del presente giudizio il sig.-OMISSIS-, richiedente il visto, e la di lui madre sig.ra -OMISSIS- hanno impugnato il diniego del visto di ingresso in Italia per motivi di studio adottato il 15 maggio 2023 dall’Ambasciata d’Italia a L’Avana;

- all’udienza pubblica del 6 marzo 2024, questa Sezione, con ordinanza n. -OMISSIS-del 7 marzo 2024: i) da un lato, ha rilevato, anche ai fini dell’art. 73, comma 3 del cod.proc.amm., il difetto di legittimazione attiva della sig.ra -OMISSIS-;
ii) dall’altro, ha chiesto a parte ricorrente, ai sensi dell’art. 182 del cod.proc.civ., di provvedere “ nel termine perentorio di 60 giorni ” alla legalizzazione della procura alle liti rilasciata all’estero, essendone quest’ultima priva;

- con produzione del 27 giugno 2024, parte ricorrente ha depositato in giudizio una semplice richiesta di appuntamento all’Ambasciata e una copia della procura alle liti, ancora priva della legalizzazione ad opera dell’Autorità italiana;

- all’udienza pubblica del 17 luglio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione;

Considerato che:

- con riguardo alla sig. ra -OMISSIS-, che ha proposto ricorso nelle vesti di madre del richiedente il visto, va dichiarato il difetto di legittimazione attiva quanto alla domanda spiegata nel ricorso;
e ciò alla luce della consolidata giurisprudenza, secondo cui il richiedente il visto è l’unico soggetto legittimato a reagire - in assenza di un diverso assetto normativo che possa consentire l’integrazione di una ipotesi di sostituzione processuale ex art. 81 del cod.proc.civ. - avverso la determinazione che gli impedisca l’ingresso nel territorio nazionale (in tal senso, cfr. ex multis TAR Lazio, Roma, sez. III ter, sent. 13 settembre 2016, n. 9697 e TAR Lazio, Roma, sez. IV, sent. 2 dicembre 2022 n.16099);
né del resto il ricorrente, pur dopo l’avviso ex art. 73, comma 3 del cod.proc.civ. circa il rilievo d’ufficio del possibile difetto di legittimazione attiva, ha proposto alcuna deduzione a supporto della ritualità del gravame sotto il profilo in esame;

Ritenuto, pertanto, che il ricorso, quanto alla posizione della sig. ra -OMISSIS-, vada dichiarato, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. b) del cod.proc.amm., inammissibile per difetto di legittimazione attiva;

Considerato, poi, quanto alla posizione del richiedente il visto, che:

- ai sensi dell’art. 33, comma 2 del d.P.R. n. 445/2000, “ Le firme sugli atti e documenti formati all'estero da autorità estere e da valere nello Stato sono legalizzate dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all'estero ”;

- secondo l’art. 52, comma 1, lett. f) del d.lgs n. 71/2011, l’Ufficio consolare “ legalizza gli atti rilasciati dalle autorità locali, secondo quanto previsto dall'articolo 33, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, avvalendosi di ogni mezzo utile di accertamento ”;

- il dato normativo è chiaro e univoco nel senso di richiedere la legalizzazione della procura alle liti rilasciata da autorità estere, salvo che sia munita di apostille , adempimento che costituisce un preciso onere della parte e cui la stessa deve attendere indipendentemente dal potere di impulso processuale del giudice ai sensi dell’art. 182 del cod.proc.civ.;

- la giurisprudenza ha, quindi, costantemente precisato che la procura rilasciata all’estero richiede l’autenticazione della firma da parte dell’autorità preposta a tale funzione nel luogo di residenza del conferente (secondo la lex loci ) e la legalizzazione del documento da parte dei competenti uffici italiani all’estero, alternativamente dimostrandosi utile, nel caso di Stato aderente alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 (ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 1253/1966), l’osservanza delle modalità semplificate contemplate da tale accordo internazionale (c.d. apostille );

- quindi, con ordinanza n. -OMISSIS-, la Sezione, preso atto dell’insussistenza delle condizioni previste dalla legge ai fini del valido conferimento dello ius postulandi al difensore di parte ricorrente, ha concesso un termine perentorio di 60 giorni, onde provvedere al deposito della procura alle liti munita di legalizzazione da parte della rappresentanza diplomatica italiana;

- a tale stregua, con produzione in giudizio del 27 giugno 2024, sono stati depositati: i) una lettera del 9 marzo 2024 recante la richiesta di convocazione del richiedente il visto presso l’Ambasciata Italiana a Cuba per la legalizzazione della procura;
ii) un file denominato “ procura legalizzata ” di 5 fogli, recante, al secondo foglio, un timbro semi-illeggibile riportante – a quanto è dato intuire – la legalizzazione del Ministero della Giustizia Cubano e altri timbri comprovanti la traduzione autenticata della procura;

- dalla documentazione successivamente prodotta emergono: i) la perdurante assenza della legalizzazione da parte dell’Ufficio consolare italiano, indeclinabilmente richiesta dalle norme surrichiamate ai fini della validità della procura;
ii) la piena consapevolezza dell’essenzialità di tale adempimento (espressamente richiesto dall’ordinanza n. -OMISSIS-) da parte del legale di parte ricorrente: quest’ultimo, infatti, ha comprovato di essersi attivato (ma soltanto inizialmente) per assolverlo, senza però dimostrare: 1) né ulteriori iniziative in tal senso, pur avendo avuto a disposizione circa quattro mesi di tempo;
2) né tanto meno la ricorrenza di cause obiettive idonee a giustificarne il mancato assolvimento, tant’è che non ha neppure richiesto la rimessione in termini (pur non ricorrendo, comunque, nella fattispecie all’esame gli estremi per concederla);

- ne consegue che la procura alle liti continua ad essere, pur dopo dall’ordinanza di questo T.A.R. n. -OMISSIS- e l’inutile scadenza del termine ivi concesso a parte ricorrente, priva della legalizzazione da parte della competente Autorità consolare italiana e di apostille ;

- in assenza delle suindicate formalità di legalizzazione del documento, il giudice italiano non può attribuire efficacia validante a mere certificazioni provenienti da un pubblico ufficiale di uno Stato estero (cfr. in tal senso, ex multis , T.A.R. Lazio, IV, n. 17437/2022);

- ai sensi dell’art. 52, comma 1 del cod.proc.amm., “ I termini assegnati dal giudice, salva diversa previsione, sono perentori ”;

Ritenuto che, in difetto della produzione di una valida procura alle liti, il ricorso debba essere dichiarato, quanto alla posizione del richiedente il visto, inammissibile per carenza, in capo al difensore, dello ius postulandi , ai sensi del combinato disposto tra l’articolo 35, comma 1, lett. b) del cod. proc. amm. e l’art. 40, comma 1, lett. g), e comma 2 del cod. proc. amm.;

Ritenuto che le spese, secondo il principio della soccombenza, debbano essere poste a carico della parte ricorrente nella misura indicata in dispositivo;

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