TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-10-09, n. 202302928

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-10-09, n. 202302928
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202302928
Data del deposito : 9 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/10/2023

N. 02928/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01663/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1663 del 2015, proposto da
G BELLINGHIERI con domicilio digitale presso gli indirizzi di posta elettronica certificata, come risultanti dai registri di giustizia, degli avvocati S D e M B che lo rappresentano e difendono nel presente giudizio

contro

- UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MESSINA, in persona del legale rappresentante p.t., con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, come risultante dai registri di giustizia, dell’Avvocatura Generale dello Stato che ex lege la rappresenta e difende nel presente giudizio;

- AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO “G. MARTINO”, in persona del legale rappresentante p.t., con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, come risultante dai registri di giustizia, dell’avvocato Enrico Caratozzolo che la rappresenta e difende nel presente giudizio;

per l'annullamento

della deliberazione n. 546 del 28/05/15 con cui il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G M” di Messina ha disposto, in esecuzione della sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa n. 361/15, che il ricorrente cessi dalle attività assistenziali a far data dal 01/11/12 anziché dalla data di effettiva collocazione in quiescenza quale docente universitario

e per la condanna

degli enti intimati al risarcimento del danno derivante dall’illegittimità del provvedimento prot. n. 2384 del 30/04/12, con cui l’Azienda Ospedaliera aveva disposto la cessazione del ricorrente dalle funzioni assistenziali, annullato dal Consiglio di Giustizia Amministrativa con la sentenza n. 361/15.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio degli enti in epigrafe indicati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 25 settembre 2023 il dott. M F;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato con atto spedito a mezzo posta il 25/07/15 e depositato il 30/07/15 Guido B ha impugnato la deliberazione n. 546 del 28/05/15, con cui il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G M” di Messina ha disposto, in esecuzione della sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa n. 361/15, che il ricorrente cessi dalle attività assistenziali a far data dal 01/11/12 anziché dalla data di effettiva collocazione in quiescenza quale docente universitario, ed ha chiesto la condanna degli enti intimati al risarcimento del danno derivante dall’illegittimità del provvedimento prot. n. 2384 del 30/04/12, con cui l’Azienda Ospedaliera aveva disposto la cessazione del ricorrente dalle funzioni assistenziali, annullato dal Consiglio di Giustizia Amministrativa con la sentenza n. 361/15.

L’Università degli studi di Messina e L’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G M” di Messina, costituitesi in giudizio con comparse depositate rispettivamente in date 06/08/15 e 22/10/15, hanno concluso per il rigetto del gravame.

Con ordinanza presidenziale n. 346/23 del 27/02/23 il Tribunale ha prescritto alle parti di depositare la documentazione ivi indicata.

All’udienza di riduzione dell’arretrato del 25/09/23, tenutasi in modalità da remoto come previsto dall’art. 87 comma 4 bis c.p.a., il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il Tribunale ritiene che debba essere dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alla domanda caducatoria in quanto, come ha dichiarato il ricorrente con la memoria depositata il 17/07/23, a seguito della sentenza n. 70/17 del C.G.A., emessa nell’ambito del giudizio di ottemperanza introdotto dal B, con delibera n. 518/2017 l’Azienda resistente ha disposto la cessazione del ricorrente dalle funzioni assistenziali a far data dal 01/01/14, così disponendo l’allineamento della cessazione di tali funzioni con quelle di insegnamento.

Deve, pertanto, essere dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alla domanda caducatoria presentata dal ricorrente.

Il B, poi, chiede la condanna degli enti intimati “ al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivante dalla decisione 23 aprile 2015, n. 361, resa inter partes dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana con la quale è stato annullato il provvedimento 30 aprile 2012 prot.n. 002384 con cui il D.G. dell'Azienda Ospedaliera A.O.U. "G M" ha disposto la cessazione delle funzioni assistenziali del ricorrente ” (pag. 1 dell’atto introduttivo).

L’oggetto della domanda, pertanto, deve essere individuato nelle conseguenze pregiudizievoli che il ricorrente prospetta avere subito per effetto dell’adozione del provvedimento del 30/04/12, data alla quale vanno riferiti i requisiti richiesti per il risarcimento dall’art. 2043 c.c..

La domanda risarcitoria, così come perimetrata, è infondata e deve essere respinta per la mancanza del coefficiente psicologico, identificabile nel dolo o almeno nella colpa, richiesto, a tal fine, dall’art. 2043 c.c..

Secondo la giurisprudenza, condivisa dalla Sezione:

- l'esistenza di un danno e la riferibilità dello stesso sul piano eziologico all'agire illegittimo dell'amministrazione non sono elementi sufficienti a configurare la responsabilità aquiliana essendo, altresì, necessario che venga accertata la sussistenza dell'elemento soggettivo costituendo l'illegittimità dell'atto solo un indice della colpa della p.a.;

- in particolare, l'illegittimità del provvedimento amministrativo, ove acclarata, costituisce solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza, da considerare unitamente ad altri, quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità degli elementi di fatto, il carattere vincolato della statuizione amministrativa, l'ambito più o meno ampio della discrezionalità spettante all'amministrazione;

- con specifico riferimento all'elemento psicologico la colpa della pubblica amministrazione viene individuata nella violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero in negligenza, omissioni o errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili, in ragione dell'interesse giuridicamente protetto di colui che instaura un rapporto con l'amministrazione;

- ne consegue che l’errore scusabile della pubblica amministrazione, che elide il nesso psicologico necessario per il risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., ricorre nelle ipotesi di novità ed incertezza del quadro normativo di riferimento, di contrasti giurisprudenziali e di particolare complessità del quadro fattuale (Cons. Stato n. 9064/22, Cons. Stato n. 4536/22, Cons. Stato n. 7082/19, Cons. Stato n. 3464/16).

Nella fattispecie, la novità e l’incertezza del quadro normativo di riferimento e la complessità del quadro fattuale, sulla base del quale è stato emesso il provvedimento del 30/04/12 asseritamente causativo, secondo l’impostazione di parte ricorrente, delle conseguenze pregiudizievoli, sono confermate dall’ excursus giurisdizionale desumibile dalla stessa sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa n. 361/15 invocata a fondamento della domanda risarcitoria.

In quest’ottica va evidenziato che:

- con sentenza n. 2046/12 il TAR Catania aveva ritenuto la legittimità sostanziale della nota del 30/04/12 sulla base dell’art. 25 l. n. 240/10 e, per questo motivo, aveva respinto il ricorso presentato dal B;

- tale impostazione è stata confermata dal C.G.A con sentenza n. 309/13 reiettiva dell’appello presentato dall’odierno ricorrente;

- solo con la sentenza n. 361/15 il C.G.A. ha accolto, in sede di giudizio di revocazione dalla sentenza n. 309/13, le ragioni del B ritenendo che con la sentenza revocata il giudice di appello fosse incorso in un errore di fatto circa “ l’oggetto del contratto su cui si pronunciava ” (pag. 7 della sentenza n. 361/15). Proprio dalla motivazione della sentenza è evincibile l’assoluta complessità del quadro fattuale che ha indotto in errore anche i giudici di appello al momento dell’adozione della sentenza n. 309/13;

- la complessità e non univocità anche del quadro normativo è, poi, desumibile dall’entrata in vigore, a breve distanza di tempo, di norme (quali gli artt. 22 l. n. 183/10 e 25 l. n. 240/10) tutte prima facie potenzialmente applicabili, seppur con risultanti contrastanti, alla medesima fattispecie (si veda, in proposito, il rapporto tra tali disposizioni, come scrutinato dal TAR con la sentenza n. 2046/12) e dalla dichiarazione d’incostituzionalità dell’art. 25 l. n. 240/10, ovvero proprio della norma sulla base della quale le sentenze n. 2046/12 del TAR e n. 309/13 del C.G.A. avevano ritenuto la legittimità sostanziale della nota del 30/04/12. In particolare, l’art. 25 l. n. 240/10 è stato ritenuto costituzionalmente illegittimo dalla Consulta con la sentenza n. 83 del 9 maggio 2013, emanata dopo l’adozione dell’atto del 30/04/12 in relazione al quale l’odierno ricorrente formula la domanda risarcitoria.

L’assenza del necessario coefficiente psicologico, richiesto dall’art. 2043 c.c., induce, pertanto, il Tribunale a respingere la domanda risarcitoria.

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