TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2009-12-28, n. 200909619

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2009-12-28, n. 200909619
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 200909619
Data del deposito : 28 dicembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05494/2005 REG.RIC.

N. 09619/2009 REG.SEN.

N. 05494/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso integrato da motivi aggiunti numero di registro generale 5494 del 2005, proposto da:
N U, rappresentato e difeso dall'avv. A M D L, con domicilio eletto presso il medesimo in Napoli, via Toledo 156 c/o Studio Soprano;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato e difeso dall'avv. A C, con domicilio eletto presso la medesima in Napoli, Avv. Distrettuale dello Stato;
Capitaneria di Porto di Castellammare di Stabia, Ufficio Locale Marittimo di Massa Lubrense;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

INGIUNZIONE N. 08/2005 DEL 16/03/2005 DI SGOMBERO E RIPRISTINO DI AREA DEMANIALE MARITTIMA ABUSIVAMENTE OCCUPATA.


Visto il ricorso ed i motivi aggiunti con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28/10/2009 il dott. Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso notificato il 28/06/05 e depositato in data 21/07/05 N U – premesso di essere socio della società Utenti del Bacino di San Montano, coop. A.r.l. costituita in data 10/01/1993, deputata alla costruzione e manutenzione dell’impianto fognario asservito alle unità immobiliari dei soci, ubicate in località Riviera San Montano e alla gestione dei servizi pertinenziali alla strada interpoderale di proprietà della medesima società e di aver rivestito la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione della stessa dal 1996 al 19/07/2004, avendo in tale data rassegnato le proprie dimissioni – ha impugnato l’ingiunzione n. 8/2005 del 16/03/2005, notificatagli in data 29/04/2005, con cui il comandante della Capitaneria di Porto, di Castellamare di Stabia, contestando la presunta abusiva occupazione dell’area demaniale marittima, già oggetto di decreto di sequestro preventivo ad opera del G.I.P. presso il Tribunale di Torre Annunziata (banchina di 800 metri circa, insistente sulla particella 35 fg. 2 del Comune di Massa Lubrense, limitatamente alle parti di essa su cui insistono scivoli e sbarcatori per imbarcazioni) gli ingiungeva, ai sensi degli artt. 54 e 1161 cod. nav., lo sgombero e la rimessione in pristino dell’area suddetta. A sostegno del ricorso ha articolato le seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 32 e 34 cod. nav. e art. 58 del relativo regolamento di esecuzione). Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Il ricorrente è del tutto estraneo alla commissione dell’abuso contestatogli, come del resto era dato evincere dal decreto di sequestro preventivo, da cui non emergeva alcun elemento in grado di attestare la responsabilità in ordine a tale occupazione, semmai riconducibile a tutti gli utenti della struttura urbanistica (composta di circa centocinquanta unità abitative) e, quanto all’occupazione consistente nell’utilizzo degli scivoli, sbarcatoi per imbarcazioni e nei moletti di approdo, ai proprietari delle imbarcazioni che si servivano di tali strutture. Di qui la mancanza dei presupposti posti a base dell’atto gravato, essendo il ricorrente soggetto diverso dalla società Utenti Bacino San Montano e non essendo proprietario di alcuna imbarcazione. Inoltre il ricorrente, in mancanza della necessaria disponibilità materiale e giuridica della aree in questione, sarebbe comunque impossibilitato ad ottemperare.

Né l’ingiunzione gravata potrebbe legittimamente fondarsi sulla trascorsa attività di Presidente del Consiglio d’Amministrazione, avendo il ricorrente rassegnato le proprie dimissioni in data antecedente alla comunicazione di avvio del procedimento.

2) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 105 comma 2 lettera L.. dell’art. 1 comma 2, art. 158 e 159 del d.lvo 112/98 attuativo della legge 59/97). Eccesso di potere. Incompetenza.

La gravata ingiunzione è stata emessa da autorità incompetente, in luogo dell’autorità locale, essendo state le funzioni di cui all’art. 105 comma 2 lettera l) delegate ai Comuni con l’art. 42 del dlgs. 96/99.

Si è costituto il resistente Ministero, a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, con deposito di documenti –in data 4 agosto 2005 e 16 settembre 20005- instando per il rigetto del ricorso siccome infondato.

Con motivi aggiunti notificati in data 18/08/2005 e depositati il successivo 9 settembre 2005 il ricorrente, preso atto delle risultanze della relazione a firma del Comandante della Capitaneria di Porto di Castellamare di Stabia, ha ulteriormente insistito nel primo motivo di ricorso, deducendo che dai documenti depositati si evinceva ancor di più la propria estraneità in ordine alla commissione dell’abuso contestato. L’istanza di sospensiva del gravato provvedimento è stata rigettata con ordinanza n. 2966/05 del 19 ottobre 2005, sulla base del rilievo che la condotta appropriativa era stata, in sede di procedimento penale, accertata dal GIP con il provvedimento di sequestro preventivo, anche a carico del ricorrente.

In data 7 ottobre 2009 il ricorrente ha provveduto al deposito della sentenza penale di assoluzione per non aver commesso il fatto, emessa dal Tribunale di Torre Annunziata nel procedimento a proprio carico, per il reato di cui all’art. 1161 cod. nav. Con memoria depositata in data 14 ottobre 2005 , sulla base delle risultanze processuali poste a base di tale sentenza, ha quindi ulteriormente insistito per l’accoglimento del ricorso.

Il ricorso è stato quindi trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 28/10/2009.

DIRITTO

In via preliminare va esaminato il secondo motivo di ricorso, con cui viene dedotto il vizio di incompetenza, in quanto, come noto, nell’ipotesi in cui sia riscontrato il vizio di incompetenza, il G.A. rimette l'affare all'autorità competente ex art. 26 legge T.a.r. ed è pertanto inibito l’esame nel merito degli ulteriori motivi di ricorso (cfr ex multis Consiglio di Stato Sez. IV, sent. n. 310 del 12-03-1996).

Il motivo si rileva peraltro infondato e va pertanto disatteso.

Ed invero, va in primo luogo osservato che ai sensi dell’art. 105 comma 1 dlgs. 112 del 1998, sono esclusi dal conferimento alle Regioni e agli enti locali le funzioni attribuite all’autorità portuale ai sensi della legge n. 84 del 1994. L’art. 14 comma 1 di tale legge prevede che “spettano all'autorità marittima le funzioni di polizia e di sicurezza previste dal codice della navigazione e dalle leggi speciali”, per cui deve ritenersi che l’ingiunzione oggetto di gravame, in quanto emessa ai sensi dell’ artt. 54 cod. nav., rientri nella competenza della Capitaneria di Porto, in virtù dell’applicazione della norma speciale che deroga alla previsione generale di cui all’art. 105 del d.lgs. 112/98. Inoltre, come esattamente rilevato nella relazione dell’Amministrazione resistente, benché l’art. 105 coma 2 , lettera l. e succ. mod. e integrazioni del d.lgs. 112/98 , abbia devoluto agli enti locali le funzioni gestorie del pubblico demanio marittimo- fra le quali non sono da ricomprendere, secondo quanto innanzi precisato, le funzioni di polizia e sicurezza previste dal codice delle navigazione - tali disposizioni – come evidenziato del Consiglio di Stato con parere n. 2194/2001 del 16/10/2002, non trovano applicazione in riferimento alle aree demaniali marittime protette, come è nel caso di specie l’area Demaniale “Punta Campanella”.

Quanto al primo motivo di ricorso, il Collegio rileva che, al di là delle norme giuridiche richiamate- di per sé irrilevanti, in base al noto principio per cui la qualificazione giuridica della domanda, e, in ambito del contenzioso amministrativo dei motivi di ricorso, compete al giudicante (cfr in tal senso ex multis Consiglio di Stato sez. VI 12 dicembre 2008 n. 6169) - il ricorrente, come è dato evincere della relativa esposizione, sostanzialmente si dolga della mancanza dei presupposti in fatto posti a base dell’atto gravato (emesso ai sensi dell’ artt. 54 cod. nav.), per non essere in alcun modo responsabile dell’abuso contestato. Il motivo, così esattamente qualificato, si rileva fondato. Ed invero dalle risultanze processuali del giudizio penale instaurato a carico del ricorrente per il corrispondente reato di cui a combinato disposto degli art. 54 e 1161 cod. nav., evincibili dalla sentenza di assoluzione depositata agli atti, è emersa la totale estraneità del ricorrente in ordine all’abuso contestato, posto a base del gravato provvedimento, essendo risultato che non fu la cooperativa Utenti del Bacino di San Montano, o alcuno dei soci, a realizzare i manufatti abusivi su suolo demaniale. In particolare, secondo quanto evidenziato nella sentenza penale, è emerso che la cooperativa è stata costituita il 10/01/1993, in epoca sicuramente successiva alla realizzazione della banchina di circa 800 mq, trattandosi di manufatto risalente nel tempo, secondo quanto indicato dal c.t.u.. Peraltro la responsabilità del ricorrente è stata esclusa anche sotto altro profilo. E’ infatti noto che il reato di cui agli art. 54 e 1161 cod. nav. – e il corrispondente illecito amministrativo di cui all’art. 54 cod. nav. – ha natura permanente e non consiste solamente nella esecuzione di opere nella zona demaniale, ma anche nel mantenere tale zona indisponibile, per effetto di tale costruzione, agli usi cui è deputata. Pertanto del reato de quo – e del corrispondente illecito amministrativo può rispondere anche chi eserciti un potere di fatto sul bene demaniale, per essere subentrato al precedente occupante abusivo, in quanto l’acquisizione della disponibilità del bene demaniale, già abusivamente occupato da altri, protrae l’illecita sottrazione del medesimo all’utilizzazione della collettività (Cass. n. 12149/08). Sotto questo profilo, anche il socio di una società può rispondere del reato di abusiva occupazione di spazio demaniale, mediante una struttura di proprietà della società, quando ne fruisca di fatto e ne abbia l’autonoma disponibilità (Cass. 23777/07).Peraltro, dalle emergenze processuali del giudizio penale, non è in alcun modo emerso che la cooperativa o il ricorrente avessero posto in essere condotte tendenti all’esclusione dell’utilizzo della banchina abusiva da parte di altri soggetti, in quanto la strada che accede alla banchina è di uso pubblico (cfr per l’esclusività dell’utilizzo ai fini della legittimità dell’ordinanza di demolizione di opera abusivamente realizzata sul demanio marittimo Tar Sardegna sez. I. n. 291/05). Inoltre vi è da evidenziare che, al di là delle risultanze del processo penale, essendo la contestazione dell’illecito (penale e amministrativo) limitata all’utilizzo della banchina da parte dei proprietari di imbarcazioni, la P.A. resistente non ha in alcun modo assolto all’incombente probatorio su di essa gravante (trattandosi di un presupposto di fatto del gravato provvedimento), in relazione alla circostanza che il ricorrente avesse la proprietà o comunque la disponibilità di un imbarcazione e si servisse pertanto della banchina in oggetto. L’ordinanza de qua risulta quindi illegittima anche sotto questo profilo - anche a tenere conto del rilievo che, secondo la giurisprudenza (T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, 20 marzo 2003, n. 259;
C. Si, 18 novembre 1998, n. 662) è sufficiente ad individuare il legittimato passivo dell’ordine di demolizione dell’immobile abusivamente realizzato sul demanio, o nella relativa fascia di rispetto, la qualità di utilizzatore dell’immobile medesimo, senza necessità di accertare non solo chi ha realizzato l’abuso, ma nemmeno il proprietario dell’area o del manufatto - non avendo la P.A. in alcun modo dimostrato la predetta qualità di utilizzatore.

Il ricorso va pertanto accolto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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