TAR Bari, sez. II, sentenza 2024-04-17, n. 202400475

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2024-04-17, n. 202400475
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202400475
Data del deposito : 17 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/04/2024

N. 00475/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00342/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 342 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. M S, con domicilio digitale p.e.c., come da Registri di Giustizia;

contro

Ufficio territoriale del Governo - Prefettura della Provincia di Barletta–Andria–Trani, in persona del Prefetto p. t., Ministero della Difesa, in persona del Ministro p. t., Legione Carabinieri Puglia – Comando Provinciale di Foggia, in persona del Comandante p. t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso la cui sede in Bari, via Melo n. 97, sono legalmente domiciliati;

per l'annullamento

dei seguenti atti: 1) il decreto prot. n. 36756/Area IOP, del 13.11.2020, notificato il successivo 11.01.2021, con il quale il Prefetto di Barletta – A – T ha “ fatto divieto al sig. -OMISSIS-… di detenere le armi… e di ogni altra arma e munizione eventualmente detenute dal medesimo, per i motivi sopra indicati ”;
2) ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso, ancorché non conosciuto;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Barletta Andria Trani, Ministero della Difesa e Comando Legione Carabinieri Puglia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2024, il dott. O C e uditi l'avv. Caterina D'Accorso, su delega orale dell'avv. M S, per il ricorrente, e l'Avvocato dello Stato Guido Operamolla, per la difesa erariale;

Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I - Il ricorrente, medico chirurgo settantenne, già Dirigente medico e Direttore sanitario dei Servizi territoriali della A.s.l. BAT e poi Direttore sanitario di una clinica privata, in data 07.06.1990, denunciava al Comando Stazione Carabinieri di San Ferdinando di Puglia l’acquisto, presso un’armeria di Cerignola, di una pistola revolver calibro 38 SP, con 50 cartucce dello stesso calibro, dichiarando di essere in possesso del nulla-osta nr. 0607368 della Questura di Foggia.

In data 26.06.1990, gli veniva rilasciato dalla Stazione Carabinieri di San Ferdinando di Puglia il visto per l’arma denunciata, a firma del Comandante della Stazione.

In data 03.08.2014, il ricorrente, all’epoca dei fatti coniugato con la sig.ra-OMISSIS-e residente nella casa coniugale in San Ferdinando di Puglia, rientrato a casa, intorno alle 23,00 circa, non riusciva ad accedere gli ingressi, poiché alla porta principale era stata sostituita la serratura, mentre alla porta secondaria era stata inserita dall’interno dell’abitazione una chiave nella serratura che bloccava l’apertura.

Nel cercare la chiave della cassaforte, il ricorrente si accorgeva che la stessa non era presente nel mazzo delle sue chiavi, sicché chiedeva alla moglie di restituirla, ritenendo che gliel’avesse sottratta.

Sporgeva allora formale denuncia-querela nei confronti della moglie, presso la Stazione Carabinieri di San Ferdinando di Puglia, in quanto nella cassaforte erano presenti, oltre a gioielli, ori, valori ed effetti personali, anche la sua pistola revolver.

A distanza di pochi mesi, seguiva la separazione personale dei coniugi. Il Presidente del Tribunale di Foggia con ordinanza del 26.01.2015 “ assegnava la casa coniugale alla -OMISSIS-, con facoltà del -OMISSIS-di ritirare dalla stessa i soli suoi effetti personali ”.

Anche dinanzi al provvedimento presidenziale di separazione, la sig.ra -OMISSIS- non consentiva al ricorrente di accedere in casa, né si adoperava per restituirgli beni ed effetti personali.

La ex-coniuge disattendeva anche l’ordinanza presidenziale del 05.02.2018 che assegnava il termine di 20 giorni al sig. -OMISSIS-per prelevare ogni suo effetto e bene personale.

Con raccomandata a. r. del 30.01.2019, veniva comunicato al ricorrente dalla Prefettura l’avvio nei suoi confronti del procedimento di divieto di detenere armi e munizioni.

In data 20.05.2019, la sig.ra -OMISSIS- si recava presso la Stazione Carabinieri di San Ferdinando di Puglia riferendo che: “ il 19 maggio 2019, nel fare le faccende domestiche, rinveniva, all’interno dell’astuccio porta occhiali, le munizioni di proprietà dell’ex marito ”. A seguito di ciò, i Carabinieri procedevano al ritiro delle stesse presso la sua abitazione.

In data 11.10.2019, il ricorrente procedeva alla remissione della querela sporta in data 4 agosto 2014, nei confronti della moglie che espressamente accettava, dichiarando, con riferimento alle vicende dell’omessa custodia dell’arma e delle munizioni, quanto segue: “ il dr. -OMISSIS--non ha mai omesso la diligente custodia della sua arma e delle relative munizioni, in quanto le stesse erano custodite nella cassaforte della casa coniugale e che la sottoscritta ha consegnato ai Carabinieri di San Ferdinando di Puglia in ritardo rispetto ai tempi della separazione semplicemente perché non riusciva a trovare la chiave della cassaforte e che nel momento in cui ha recuperato la chiave ha prontamente consegnato ai Carabinieri ”.

Con tre distinte memorie difensive, datate 20.02.2019, 05.11.2019 e 20.11.2020, il ricorrente esponeva alla Prefettura le sue ragioni.

Sennonché, in data 11.01.2021, gli veniva notificato il decreto, prot. n. 36756/Area IOP del 13.11.2020, di divieto di detenzione di armi e munizioni da parte del Prefetto di Barletta – A – T. A fondamento dell’atto, la Prefettura poneva le seguenti circostanze:

a) la nota n. 0180092/1 – I “P” del 15 dicembre 2018, emessa dalla Legione Carabinieri Puglia – Comando Provinciale di Foggia, con cui il sig. -OMISSIS-era stato deferito alla Procura della Repubblica di Foggia per ‘ omessa custodia di armi e munizioni’ , in quanto, a seguito di un controllo delle armi si era accertato che la pistola di cui era titolare era custodita all’interno di una cassaforte ubicata nella abitazione della ex-moglie, sita in San Ferdinando di Puglia e nella disponibilità di quest’ultima;

b) il ragionevole dubbio sull’affidabilità del ricorrente circa il corretto uso delle armi, che andava, così, ad integrare, una possibilità di abuso di quelle dallo stesso detenute e la non sufficiente garanzia in ordine alla corretta detenzione e custodia delle armi;

c) la nota del 17.02.2020 del Comando Provinciale dei Carabinieri, con cui veniva descritto un atteggiamento poco collaborativo del ricorrente in merito alle ricerche della chiave della cassaforte.

Il ricorrente insorge dunque, con il ricorso notificato l’11.03.2021 e depositato il 29.03.2021, per impugnare gli atti in epigrafe indicati.

Deduce i seguenti motivi di diritto: violazione ed erronea applicazione degli artt. 3, 10 e 10 bis della legge 7.8.1990 n. 241, artt. 10, 11, 39 e 40 del T.U.L.P.S.;
eccesso di potere per violazione dei principi di buon andamento, per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, sviamento, illogicità, manifesta ingiustizia e travisamento dei presupposti;
A) violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 689/1981 e degli artt. 3, 10 e 10-bis della legge 7.8.1990 n. 241;
B) omessa convocazione e audizione del ricorrente: violazione del disposto della legge n. 689/81, con conseguente nullità del provvedimento impugnato;
C) obbligo per l’Amministrazione di valutazione dei documenti offerti;
D) omesso obbligo di motivazione e adeguatezza della stessa;
E) illegittimità del provvedimento emesso, poiché fondato su circostanze di fatto inesistenti o erronee.

Si costituiscono le Amministrazioni intimate, per resistere nel giudizio. Deducono, anche con successiva memoria, l’infondatezza del gravame.

All’udienza pubblica del 16 aprile 2024, la causa è introitata per la decisione.

II – Il ricorso è infondato.

III - Con nota prot. n. 0180092/1-1 “P” del 15.12.2018, il Comando Provinciale dei Carabinieri di Foggia ha comunicato alla Prefettura che il ricorrente, era stato deferito all’A.G. per omessa custodia di armi e munizioni, in quanto la pistola da lui detenuta era rimasta nell’abitazione dell’ex-moglie, nella disponibilità di quest’ultima.

A seguito dell’avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990, sono stati prodotti dal ricorrente scritti difensivi che non hanno invero introdotto elementi informativi e di valutazione tali da modificare il giudizio circa l’inaffidabilità del ricorrente alla detenzione di armi e munizioni.

Particolarmente significativo è che, in data 20.05.2019, la ex-moglie del ricorrente si recasse presso la Stazione Carabinieri riferendo che “ il 19 maggio 2019, nel fare le faccende domestiche, rinveniva, all’interno dell’astuccio porta occhiali, le munizioni di proprietà dell’ex marito ” e, a seguito di ciò, i Carabinieri procedessero al ritiro delle stesse munizioni presso quell’abitazione.

Rilevante è, altresì, quanto segnalato dal Comando Provinciale dei Carabinieri, con nota n. 0180092/1-5 “P” del 17 febbraio 2020, che cioè il sig. -OMISSIS-abbia tenuto un atteggiamento poco collaborativo nell’attività di ricerca della chiave della cassaforte dove era custodita l’arma.

Tali circostanze, invero, rimaste incontestate, hanno inficiato il requisito dell’affidabilità in capo al ricorrente, requisito indispensabile per l’autorizzazione al possesso d’armi e munizioni, e ciò ha costituito presupposto per l’adozione del decreto impugnato.

IV - In materia di porto e detenzione armi sono riconosciuti all’Autorità di Pubblica Sicurezza ampi poteri di controllo al fine di scongiurare ogni possibile abuso e, sempre a tal fine, la resistente Amministrazione gode di ampia discrezionalità nella valutazione di fatti e circostanze che possano far temere per l’ordine e la sicurezza pubblica e che impongano l’adozione di provvedimenti volti alla loro tutela.

La discrezionalità che l’art. 39 T.u.l.p.s. attribuisce alla Autorità di Pubblica Sicurezza nel valutare l’affidabilità di un soggetto nell’uso delle armi è sufficientemente ampia da consentirle di tenere conto anche della mera possibilità che quegli ponga in essere comportamenti inappropriati, in coerenza con il fatto che, in tal caso, non si tratta di determinare ex post la sussistenza di un nesso di causalità diretta tra un evento già accaduto e una condotta antecedente, richiedendosi invece di prevedere quelli che possono essere i futuri comportamenti di un soggetto, determinabili ex ante , in base a regole probabilistiche.

È, dunque, opportuno se non proprio necessario che l’Autorità di Pubblica Sicurezza tenga in considerazione, a questi fini, anche la mera possibilità che un soggetto custodisca o utilizzi le armi in maniera inappropriata o pericolosa. La sussistenza di tale possibilità deve trovare un aggancio nella vita concreta del soggetto che chiede l’autorizzazione al porto o alla detenzione d’armi, sempre però nell’ottica che il porto d’armi non costituisce un diritto, bensì un’eccezione al generale divieto di portare le armi sancito dall’art. 699 c.p. e dall’art. 4, comma 1, della legge 18 aprile 1975 n. 110 (cfr.: Cons. Stato, sez. III, 7 giugno 2018 n. 3435;
Idem, sez. III, 10 gennaio 2018 n. 91;
Idem, sez. III, 14 dicembre 2016 n. 5276).

La deroga al principio generale è, dunque, giustificata solo in presenza di validi motivi e, in quanto ancorata ai limiti previsti, tra i quali l’affidamento nel non abuso delle armi, per le qualità soggettive dell’interessato, tale da potersi ritenere insussistente il pericolo della compromissione dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza civile.

In materia, una costante giurisprudenza (cfr., ex multiis : Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2017) ha affermato il seguente principio: l’autorizzazione alla detenzione delle armi deve considerarsi eccezionale e le esigenze di incolumità di tutti i cittadini sono prevalenti e prioritarie, per cui la richiesta di porto d’armi può essere soddisfatta solo nell’ipotesi che non sussista alcun pericolo che il soggetto possa mal custodirle ovvero abusarne, richiedendosi che l’interessato sia esente da mende e al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo, in modo da scongiurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Pertanto, la revoca o il diniego dell’autorizzazione possono essere adottate sulla base di un giudizio ampiamente discrezionale circa la prevedibilità dell’abuso dell’autorizzazione stessa, potendo assumere rilevanza anche fatti isolati, ma significativi (cfr.: Cons. Stato, III, n. 5398/2014) e potendo l'Amministrazione valorizzare nella loro oggettività sia fatti di reato diversi, sia vicende e situazioni personali del soggetto che non assumano rilevanza penale, concretamente avvenuti, anche non attinenti alla materia delle armi, da cui la stessa possa desumere la non completa affidabilità all’uso e alla detenzione delle stesse (cfr. Cons. Stato, III, n. 3979/2013;
n. 4121/2014).

La regola stabilita dal combinato disposto di cui agli artt. 10, 11 e 43 del T.u.l.p.s. attribuisce all’Autorità di P.S. il potere pubblico di negare e di revocare l’autorizzazione al porto d’armi (cfr.: Cons. Stato, sez. III, 27 aprile 2015 n. 2158;
Idem, sez. III, 4 marzo 2015 n. 1072), oltreché nell’ipotesi di commissione di taluni reati o di sottoposizione a particolari misure preventive, anche ogni qual volta si possa dimostrare che l’interessato non dia affidamento circa la corretta custodia o il corretto utilizzo dell’arma portata (c.d. fattispecie atipica).

In proposito, va precisato che non è, a tale ultimo fine, necessario aver riscontrato un concreto preventivo abuso (cfr.: Cons. Stato, sez. III, 18 aprile 2017 n. 1814) o la concreta commissione di un fatto di reato (cfr.: T.a.r. Lombardia, sez. I, 14 febbraio 2019 n. 319).

Infatti, la presunzione di pericolo, che il soggetto richiedente il permesso di portare armi possa abusarne, va desunta dall’Amministrazione in relazione a qualsivoglia comportamento tenuto ed è fondata su un giudizio ipotetico e prognostico (cfr.: Cons. Stato, sez. III, 25 marzo 2019 n. 1972).

La ratio della discrezionalità di valutazione dell’Amministrazione di sicurezza, che si pone in continuità con la regola generale di divieto di portare armi, è da ricondursi alla finalità di prevenzione e cautela ovvero di tutela dell’ordine e tranquillità pubblica, nella misura in cui si richiede che il titolare dell’arma offra garanzie di sicura affidabilità circa la custodia e l’uso corretto della stessa.

Come già precisato, i provvedimenti di tal genere non richiedono che vi sia stato un abuso, essendo sufficiente un’erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto, fermo restando, in capo all’Amministrazione, l’onere di esternare non solo il presupposto di fatto, ma anche le ragioni per le quali il soggetto viene ritenuto inidoneo alla detenzione di armi (cfr.: T.a.r. Puglia, sez. II, 29 agosto 2005 n. 3620;
T.a.r. Lombardia, sez. III, 5 novembre 2008 n. 5244).

E’ noto, infine, come in materia di pubblica sicurezza, il giudice amministrativo non può sostituire il proprio giudizio alla valutazione di merito discrezionale dell’Autorità di polizia, laddove questa si appalesi immune da vizi logico-giuridici (cfr.: T.a.r. Emilia-Romagna, sez. II, 13 dicembre 2018 n. 980) e sia motivata quanto basti a evidenziarne le ragioni (cfr.: Cons. Stato, sez. III, 17 maggio 2018 n. 2974;
T.a.r. Puglia, sez. III, 18 luglio 2017 n. 826;
T.a.r. Lombardia, sez. I, 3 gennaio 2019 n. 3), senza trasmodare, in ordine al compiuto apprezzamento, nell’eccesso di potere (cfr.: Cons. Stato, sez. III, 25 gennaio 2019 n. 664).

V - Tali considerazioni, in fatto e in diritto, destituiscono di fondamento le censure del ricorso.

Nel caso di specie, non sussistono (né il ricorrente le segnala) esigenze particolari che inducano a ritenere necessaria la detenzione di armi, anche in considerazione della circostanza che, per ben quattro anni, la pistola è stata lasciata nella disponibilità dell’ex-coniuge, senza alcuna conseguenza per la sicurezza personale del ricorrente.

VI – In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Le spese del giudizio, stante la particolarità del caso, possono essere compensate.

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