TAR Firenze, sez. I, sentenza 2022-06-20, n. 202200818

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2022-06-20, n. 202200818
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202200818
Data del deposito : 20 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/06/2022

N. 00818/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00055/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS- del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati A R, M A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A R in Firenze, lungarno Amerigo Vespucci n. 18;

contro

Ministero della Difesa, Difesa Stato Maggiore dell'Aeronautica, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Firenze, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

per l’accertamento

del diritto al risarcimento del danno biologico, patrimoniale e non patrimoniale, morale e/o da vita di relazione inclusi, derivante dal sinistro occorso in data 27.07.2009 presso l'aeroporto di Mazar i Sharif (Afghanistan) subito dal ricorrente nel corso dell'attività lavorativa, con conseguente condanna delle Amministrazioni resistenti al risarcimento integrale di tutti i danni patiti e patendi quantificati in Euro 16.253,51 o comunque nella misura di giustizia, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dalla data del sinistro sino all'effettivo pagamento.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Difesa Stato Maggiore dell'Aeronautica;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2022 il dott. Luigi Viola e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente è un Luogotenente dell’Aeronautica Militare, in servizio presso la 46° Brigata Aerea di Pisa;
in data 27 luglio 2009, mentre era in servizio presso l’aeroporto di Mazar i Sharif (Afghanistan) nel corso della missione estera operativa denominata ISAF, riportava la “frattura estremità distale falange ungueale I e II dito piede dx con parziale amputazione punta I dito piede dx in presenza di ferita lacerocontusa ed ematoma subungueale alluce dx con asportata dell’unghia”;
in particolare, si tratta di una lesione che derivava dall’abbassamento non controllato della rampa di carico di un velivolo durante le operazioni di carico (cui era addetto il ricorrente), che dava luogo ad un breve ricovero presso l’Ospedale Militare del Celio di Roma e ad un’assenza dal servizio protrattasi fino al 19 ottobre 2009 e che era successivamente giudicata dipendente da causa di servizio, ma non ascrivibile ad alcuna categoria (come da verbale 1° giugno 2010 n. 001/VCI/2010 dell’Istituto Medico Legale A.M. “A. Mosso” di Milano: doc. n. 13 del deposito di parte ricorrente).

Non avendo ricevuto soddisfazione le proprie richieste risarcitorie, il ricorrente presentava il presente ricorso, chiedendo la condanna del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore dell’Aeronautica al risarcimento del “danno biologico, patrimoniale e non patrimoniale, morale e/o …(alla) vita di relazione” derivante dall’infortunio, quantificato, sulla base di una stima al 6% della percentuale di invalidità permanente residuata dall’infortunio, nella capital somma di € 16.253,51 o nella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali dalla data del sinistro sino all’effettivo pagamento.

Si costituivano in giudizio le Amministrazioni intimate, non contestando sostanzialmente la spettanza del risarcimento, ma solo la sua quantificazione.

Con ordinanza 3 dicembre 2021, n. 609, la Sezione nominava un C.T.U., conferendogli l’incarico di accertare “se il ricorrente in relazione alle vicende narrate nel ricorso abbia subito un danno non patrimoniale, anche a carattere temporaneo, e …. (di quantificarne) l’ammontare”.

Dopo il deposito dell’elaborato peritale, il ricorso era quindi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 15 giugno 2022.

Il ricorso è fondato e deve pertanto essere accolto.

Nessun dubbio può sussistere in ordine agli elementi costitutivi dell’azione risarcitoria, in considerazione della pacifica applicabilità alla fattispecie della previsione di cui all’art. 2087 c.c. (per l’applicabilità della previsione anche ai danni patiti dai militari, si vedano, tra le tante: Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 2018, n. 24180;
T.A.R. Valle d'Aosta, 20 settembre 2017, n. 56;
T.A.R. Piemonte, sez. I, 10 luglio 2015, n. 1168), della completa assenza della prova giudiziale dell’assenza di responsabilità ad opera delle Amministrazioni convenute e dell’applicabilità alla fattispecie delle previsioni del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, espressamente richiamato dall’art. 1496, 1° comma del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (cd. codice dell'ordinamento militare).

In questa prospettiva, appare, infatti, assolutamente dirimente il fatto che il ricorrente abbia dato prova della mancata adozione delle cautele antinfortunistiche derivanti dalla movimentazione di carichi pesanti (oltre che del danno derivante dall’infortunio) e che l’Amministrazione non abbia sollevato una sostanziale contestazione al riguardo, dimostrando giudizialmente di “aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo” (Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 2020, n. 6866;
24 maggio 2018, n. 3104;
sez. VI, 12 marzo 2015, n. 1282) od anche solo del fatto che le cautele antinfortunistiche risultassero incompatibili con le “particolari esigenze connesse al servizio espletato o …(con le sue) peculiarità organizzative”, come reso possibile dalle generiche clausole di compatibilità previste dall’art. 1496, 1° comma del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 e dall’art. 3, 2° comma del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

L’Amministrazione costituita non risulta poi peraltro aver sollevato alcuna contestazione con riferimento all’eventuale prescrizione della pretesa risarcitoria e risulta pertanto del tutto inutile ogni ulteriore disquisizione in proposito.

La C.T.U. esperita dalla Sezione ha poi accertato come, per effetto degli eventi in questione, il ricorrente abbia subito un danno biologico di carattere permanente, quantificato nella misura del 3,5% ed un’invalidità temporanea di complessivi 84 giorni, “da ripartire in 4 giorni di inabilità temporanea assoluta, il rimanente periodo di inabilità temporanea parziale da ripartire in 30 giorni di parziale al 75%, 20 giorni al 50% e 30 giorni al 25% della totale”;
del tutto infondate risultano poi le contestazioni di detta stima proposte dal C.T.P. e dalla difesa del ricorrente che risultano non condivisibili (come è per la contestazione del ricorso ad una radiografia per la precisa quantificazione del danno) o meramente apodittiche ed indimostrate (come per il riferimento ad una presunta invalidità temporanea al 100% maggiore dei 4 giorni riconosciuti, che non risulta per nulla dimostrata in giudizio).

Risulta pertanto positivamente accertata almeno la lesione della sfera biologica del ricorrente e del diritto alla salute ex art. 32 Cost. con conseguenziale sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del danno non patrimoniale, anche per quello che riguarda la lesione di almeno una posizione soggettiva di rilievo costituzionale.

Per quello che riguarda le modalità di liquidazione, la Sezione ritiene poi di non doversi discostare dall’orientamento giurisprudenziale che ha rilevato la natura unitaria del danno non patrimoniale, così superando le categorie del danno biologico, esistenziale e morale richiamate da parte ricorrente: “il danno non patrimoniale da lesione della salute di pubblico dipendente costituisce una categoria ampia e omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento mediante l'attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici, con la conseguenza che è inammissibile, perché costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione alla vittima di lesioni personali del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, come pure la liquidazione del danno biologico separatamente da quello c.d. estetico, da quello alla vita di relazione e da quello cosiddetto esistenziale, con conseguente riconduzione ad unità del concetto di danno non patrimoniale alla salute, comprensivo di tutti gli aspetti con ricadute negative sull'integrità psicofisica e relazionale della persona lesa, da valutare in modo unitario e globale in un'ottica di personalizzazione con riguardo al caso concreto” (Cons. Stato, sez. III, 3 luglio 2017, n. 3242;
sez. IV, 28 dicembre 2016, n. 5497;
21 settembre 2015, n. 4375).

Per quello che riguarda la quantificazione dell’obbligazione monetaria dovuta a titolo di risarcimento, piuttosto che il riferimento alle tabelle dell'Osservatorio per la giustizia civile di Milano spesso utilizzato in giurisprudenza (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 11 ottobre 2018, n. 9920;
Cons. Stato sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1945;
T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 12 giugno 2015, n. 1432), la Sezione ritiene più appropriato utilizzare, trattandosi di danno biologico per lesioni di lieve entità (cd. micropermanenti), le tabelle di cui all’art. 139, 5° comma del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (codice delle assicurazioni private), oggi aggiornate dall’ultimo d.m. 22 luglio 2019 emanato dal Ministero per lo Sviluppo economico.

Sulla base di tali criteri e dell’applicazione della maggiorazione del 20% prevista dall’art. 139, 3° comma del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (apparendo del tutto indubbio come la “menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati”, ovvero su quegli aspetti della vita quotidiana che risultano più difficili o impossibili al ricorrente per effetto dell’invalidità derivata dall’infortunio), l’obbligazione risarcitoria gravante sulle Amministrazioni intimate deve essere quantificata nella capital somma di € 6.521,-OMISSIS- (di cui € 2.937,89 a titolo di danno biologico permanente, € 2.089,5 a titolo di danno biologico da invalidità temporanea, € 587,58 a titolo di maggiorazione ex art. 139, 3° comma del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 ed € 906,51 a titolo di danno emergente derivante dall’infortunio, comprensivo della somma di € 856,51 originariamente dimostrata in giudizio e della somma di € 50,00 relativa alla radiografia successivamente effettuata e necessaria per la definizione della C.T.U.).

Insuscettibile di accoglimento risulta poi la richiesta della difesa delle Amministrazioni convenute di dedurre dalla somma dovuta a titolo di risarcitorio, l’importo liquidato a titolo di equo indennizzo di cui al decreto 27 luglio 2015 n. 2344 del Ministero della Difesa-Direzione generale della previdenza militare e di leva, risultando documentato come dette somme siano state corrisposte a titolo di indennizzo di una “spondilisi con lieve spondilolistesi di L-5 su S-3” e non dell’infermità originata dall’infortunio in questione.

Sulla somma dovuta a titolo risarcitorio devalutata fino alla data di verificazione del sinistro (27 luglio 2009), dovranno poi corrisposti rivalutazione ed interessi dal momento del verificarsi del danno alla data di corresponsione della somma dovuta a titolo risarcitorio.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e devono poi essere liquidate, come da dispositivo.

Le spese della C.T.U. devono essere liquidate, sulla base della notula, in complessivi € 1.500,00, oltre ad IVA ed eventuali oneri previdenziali, da porsi a carico in via definitiva delle Amministrazioni resistenti (quindi, con conseguenziale rimborso delle somme già anticipate dal ricorrente).

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