TAR Brescia, sez. II, sentenza 2014-06-24, n. 201400680

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. II, sentenza 2014-06-24, n. 201400680
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201400680
Data del deposito : 24 giugno 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00880/2012 REG.RIC.

N. 00680/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00880/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 880 del 2012, proposto da:
K E, rappresentato e difeso dall’avv.to M C, con domicilio ex lege presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Zima n. 3;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio ex lege presso la sua sede in Brescia, Via S. Caterina n. 6;

per l'annullamento



DEL PROVVEDIMENTO DEL QUESTORE DI BRESCIA IN DATA

21/5/2010, DI RIGETTO SULL’ISTANZA DI RILASCIO DEL PERMESSO DEL SOGGIORNO PER MOTIVI DI LAVORO SUBORDINATO.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2014 il dott. S T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con decreto del 21/5/2010 (notificato il 3/5/2012) la Questura di Brescia ha negato al ricorrente il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato. Il provvedimento sfavorevole si fonda sulla circostanza che il cittadino, con altre generalità, era stato raggiunto da un decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Mantova il 7/4/2004 e da un ordine di allontanamento emesso contestualmente dal Questore di Mantova ex art. 14 comma 5-ter del D. Lgs. 286/1998. A carico del ricorrente è poi intervenuta la condanna “patteggiata” per violazione dell’ordine di allontanamento (sentenza del Tribunale di Verona in data 27/4/2005).

Espone il cittadino straniero in punto di fatto di aver fatto legalmente ingresso nel territorio nazionale in data 18/3/2008 sulla base di un nulla-osta concesso ex art. 22 del D Lgs. 25/7/1998 n. 286. Evidenzia inoltre che (a) ha sempre prestato in questi anni attività lavorativa e (all’epoca del ricorso) era venditore ambulante;
(b) non sussistevano profili di pericolosità sociale;
(c) esisteva la disponibilità di un alloggio stabile;
(d) la compagna del ricorrente, cittadina nigeriana regolarmente soggiornante in Italia, era in attesa di un figlio (la data presunta del parto era collocata a fine ottobre 2012);
(e) il rientro del ricorrente nel paese di origine (Nigeria) poteva comportare rischi per l’incolumità personale a causa dei conflitti etnici e religiosi in atto.

2. In diritto, il ricorrente denuncia, oltre alla formale inosservanza dell’art. 10-bis della L. 241/90, la violazione del diritto all’unità familiare – tutelato a prescindere dall’esercizio effettivo del ricongiungimento – il quale troverebbe in particolare protezione nei principi dell’ordinamento italiano e nell’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. Nel sottolineare il divieto di inespellibilità della madre (esteso dalla Corte costituzionale al padre) fino al 6° mese di vita del bambino, evoca il diritto del minore ad essere educato da entrambi i genitori, e censura la mancata valutazione dell’intera durata del soggiorno, che si protrarrebbe (compreso il periodo di clandestinità) dal 2003.

3. In relazione al quadro giuridico-fattuale la I Sezione di questo T.A.R., con ordinanza 31/7/2012 n. 365, ha accolto la domanda cautelare svolgendo le seguenti articolate riflessioni:

<<
(a) la posizione individuale del ricorrente rispetto all’ordinamento italiano è debole, in quanto gli stranieri espulsi non possono rientrare nel territorio nazionale né beneficiare di un permesso di soggiorno, salvo che abbiano ottenuto la speciale autorizzazione ministeriale o che sia terminato il periodo di divieto di ingresso (v. art. 4 comma 6 del Dlgs. 286/1998);

(b) con riferimento alla prossima paternità la posizione del ricorrente appare più solida anche in base al diritto interno, ma non ancora sufficiente a ottenere un permesso di soggiorno. Considerando la disciplina dell’art. 19 comma 2-d del Dlgs. 286/1998, che vieta l’espulsione fino a sei mesi dopo la nascita del figlio, e applicandola per analogia al compagno della madre dopo che la Corte Costituzionale l’ha estesa al marito convivente (v. sentenza 27 luglio 2000 n. 376), il risultato per il ricorrente sarebbe una temporanea inespellibilità non accompagnata dai diritti che spettano ai soggiornanti regolari;

(c) l’art. 29 comma 5 del D. Lgs. 286/1998 stabilisce poi che il ricongiungimento del genitore naturale al figlio minore soggiornante in Italia con l’altro genitore non è un diritto in grado di prevalere immediatamente sul divieto di ingresso per gli stranieri espulsi;

(d) se però le norme nazionali vengono interpretate alla luce dei principi di diritto internazionale, e in particolare in conformità alla giurisprudenza della CEDU, si aprono per il ricorrente delle prospettive di permanenza in Italia valorizzabili nell’ambito della tutela degli elementi sopravvenuti ex art. 5 comma 5 del Dlgs. 286/1998. Occorre fare riferimento in modo specifico a

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