TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2014-06-14, n. 201400548
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N. 00548/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00337/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 337 del 2008, proposto da:
Hotel Saint Tropez S.n.c., rappresentato e difeso dall'avv. L F, con domicilio eletto presso TAR Segreteria in L'Aquila, via Salaria Antica Est;
contro
Comune di Pineto in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dall'avv. B P, con domicilio eletto presso TAR Segreteria in L'Aquila, via Salaria Antica Est;
nei confronti di
G A;
per l'annullamento
della deliberazione n.33 del 14/03/2008 avente ad oggetto "tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni. Approvazione delle nuove tariffe per l'anno 2008”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pineto in persona del Sindaco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2014 la dott.ssa Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, la società Hotel Saint Tropez s.n.c. ha impugnato l’atto consiliare del Comune di Pineto recante approvazione della nuove tariffe TARSU per l’anno 2008, chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere.
Espone la ricorrente, proprietaria di un albergo in Pineto (via Michetti 60) e di concessione demaniale marittima sul litorale di Pineto, che l’atto in questione ha determinato le tariffe TARSU, classificando i locali e le aree in categorie e sottocategorie, inserendo gli alberghi in una sottocategoria ricompresi nella categoria n.9, locali ed aree per pubblici esercizi, e prevedendo per gli stessi una tariffa pari ad euro 4.56, notevolmente superiore rispetto a quello prevista per le residenze.
Premessa la giurisdizione del TAR adito, il ricorso deduce:
1) Violazione dell’art. 32 comma 2, lett.g), D.Lgs. 15.11.1993, n.507: la determinazione delle tariffe è tardiva perché gli enti locali devono deliberare per l’anno successivo entro e non oltre il 31 ottobre dell’anno precedente;
2) Violazione e falsa applicazione della Direttiva Comunitaria n.75/552EE e dell’art. 68 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n.507. Disparità di trattamento: l’art. 65 comma 2 del D.Lgs. 597/1993 prevede che la TARSU debba essere corrisposta in base ad una tariffa determinata per ogni categoria omogenea di utenti, risultante dalla moltiplicazione del costo di smaltimento per unità di superficie imponibile accertata per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa dei rifiuti;gli enti locali sono perciò tenuti ad adottare apposito regolamento, contenente la classificazione in categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabile con la medesima tariffa;il comma 9 dell’art. 68, comma 2, ricomprende in un’unica categoria “i locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri”;nel caso di specie, gli esercizi alberghieri sono invece tassati in misura pari a circa il triplo rispetto alle civili abitazioni, nonostante il legislatore abbia, come detto, ricompreso gli esercizi alberghieri e le civili abitazioni in un’unica categoria;l’individuazione della tariffa deve evidentemente tenere conto del criterio dell’omogeneità e comprendere in una sola categoria i locali e le aree che presentino analoga attitudine a produrre rifiuti con riferimento alle caratteristiche peculiari delle singole attività;il Comune non potrebbe comunque far riferimento a criteri diversi dalla capacità dei locali a produrre rifiuti;
3) Violazione dell’art. 69, comma 2, D.Lgs. 507/1993 in relazione all’art. 3 L. 241/90 e succ. mod. ed integr.;la deliberazione con la quale vengono determinate le tariffe TARSU deve indicare, tra l’altro, le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe;nel caso di specie, l’ente non ha esplicato le motivazioni per le quali ha operato la differenziazione tra le diverse tariffe, con riferimento a quelle previste per gli alberghi e per le abitazioni;
4) Eccesso di potere per illogicità manifesta ed errata valutazione dei presupposti;disparità di trattamento e ingiustizia manifesta: le tariffe, nel loro complesso, risultano palesemente illogiche, posto che, per esempio, tassano le attività alberghiere in misura maggiore rispetto alle attività industriali, mentre le attività quali i campeggi e stabilimenti balneari sono tassate in misura maggiore rispetto ai locali espositivi assimilabili alla stessa categoria tariffaria.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso e dell’istanza cautelare.
Si costituiva il Comune di Pineto chiedendo il rigetto del ricorso e dell’istanza cautelare, deducendo la piena legittimità del provvedimento impugnato.
La difesa di parte ricorrente depositava memoria.
All’esito della pubblica udienza del 9 giugno 2014, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.
DIRITTO
La società ricorrente, esercente attività alberghiera in Pineto, impugna l’atto deliberativo consiliare con il quale il Comune ha determinato la tariffe TARSU per l’anno 2008.
Con il primo motivo deduce la tardiva determinazione delle dette tariffe che, a termini dell’art. 1, comma 169 della legge 27 dicembre 2006 n.296, sarebbe dovuta avvenire “entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione”, e dunque entro il 1° ottobre dell’anno precedente.
Osserva il Collegio che la riferita violazione del termine di legge non determina, tuttavia, l’illegittimità ex se dell’atto determinativo, posto che la medesima disposizione sopra richiamata stabilisce altresì che “dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all’inizio dell’esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno”.
Dunque, la questione riguarda non già la legittimità della deliberazione ma la loro efficacia temporale.
Con il secondo e terzo motivo, che possono congiuntamente esaminarsi, la ricorrente deduce l’illegittimità della determinazione che, per un verso, ha distinto tra le tariffe applicate alle abitazioni, da un lato, e alle attività alberghiere dall’altro, nonostante il disposto normativo che le assimila in un’unica categoria, e, dall’altro, neppure ha motivato la operata differenziazione tra le dette tariffe.
Giova in proposito ricordare che l’art. 65 del d.lgs. 507/903 stabilisce che “le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate del comune, secondo il rapporto di copertura del costo prescelto entro i minimi di legge, moltiplicando il costo di smaltimento per unità di superficie imponibile accertata previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti”.
Il successivo art. 68 stabilisce che i Comuni, per l’applicazione della tassa, devono adottare apposto regolamento che deve contenere la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenee potenzialità di rifiuti, tassabili con la stessa misura tariffaria,
Deve così intendersi che la fissazione di coefficienti quali-quantitativi di produzione dei rifiuti deve essere adeguata, in base ai dati inerenti la capacità e la propensione a produrre rifiuti da parte delle diverse categorie produttive in base all’attività imprenditoriale scolta e alla effettiva e specifica produttività delle attività considerate in virtù della situazione del territorio (cfr. Cons. di Stato, sez.V, n.858/2006).
Con il comma 2 del suddetto articolo il legislatore ha dunque stabilito che l’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto di alcuni gruppi di attività o di utilizzazione, presuntivamente omogenei ai fini della loro capacità di produrre rifiuti, specificando, in particolare, sotto tale profilo, alla lettera c) che sono compresi in una unica categoria i locali e aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze ed esercizi alberghieri.
L’art. 69 del citato d.lgs. dispone, inoltre, che i Comuni devono deliberare, in base alla classificazione e ai criteri di graduazione contenuti nel regolamento, le tariffe per unità di superficie dei locali ed aree compresi nelle singole categorie o sottocategorie da applicarsi nell’anno successivo e la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi al servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che abbiano determinato l’aumento per la copertura minima obbligatoria del costo: in buona sostanza, deve spiegare perché alcune categorie sono tassate in misura maggiore di altre e dare conto della forbice tariffaria (“ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe”).
La risoluzione Ministeriale n.55/E del 4.4.1997, emanata in subiecta materia, con riferimento alla determinazione delle varie categorie ai fini dell’applicazione della TARSU, precisava che, nel formulare le classificazioni della categorie e nello stabilire le tariffe per ciascuna di esse, i Comuni dovevano tener conto, in ossequio all’art. 68 d.lgs. 507/93, del criterio di omogeneità e quindi comprendere in ciascuna di esse i locali e le aree che presentino analoga attitudine a produrre rifiuti, con riferimento alle caratteristiche peculiari delle singole attività.
Nel caso di specie, il Comune di Pineto ha violato le disposizioni di cui all’art. 68 in esame poiché ha assoggettato locali con omogenea potenzialità di rifiuti, normativamente presunta, a diversa tariffa senza fornire adeguata motivazione della operata differenziazione
Secondo la disposta assimilazione normativa, la capacità produttiva di un esercizio alberghiero è simile a quella di una civile abitazione, salvo che non si riscontrino al suo interno aree aperte al pubblico, caso per il quale potrebbe ipotizzarsi la riconducibilità, evidentemente solo pro parte, a diversa categoria tariffaria (quella appunto delle aree aperte al pubblico).
La logicità e la ragionevolezza della scelta compiuta sono, sotto diverso profilo, pienamente sindacabili ove il Comune, determinando le tariffe e i singoli coefficienti, non abbia motivato le ragioni della operata differenziazione, assoggettando aree normativamente omogenee a tariffe così disparate.
Nel caso di specie, il Comune non ha affatto motivato la scelta compiuta di tassare in misura quasi tripla gli esercizi alberghieri rispetto alle civili abitazioni benché, come detto, la normativa di riferimento li includesse in un’unica categoria, e senza alcuna argomentazione, sorretta da previa attività di accertamento, ha scaricato sulle utenze non domestiche costi che proporzionalmente finiscono per incidere in maniera abnorme sul loro volume di affari senza che sia dimostrata la maggiore capacità di queste di produrre rifiuti, che è l’unico criterio normativamente previsto per la differenziazione delle tariffe.
Risultano dunque fondate le censure volte a contestare il diverso trattamento riservato alle strutture alberghiere rispetto alle abitazioni in assenza di congrua motivazione tarata sulla effettiva capacità di produrre rifiuti.
La ritenuta fondatezza dei motivi sopra esaminati esime il Collegio dall’esame del quarto motivo che ripropone la questione del difetto di motivazione, supportando la censura con esempi volti a dimostrare la complessiva irragionevolezza delle tariffe imposte.
Il ricorso va pertanto accolto nei sensi che precedono con l’annullamento dell’atto impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nell’importo in dispositivo fissato,