TAR Napoli, sez. III, sentenza 2017-11-23, n. 201705529

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2017-11-23, n. 201705529
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201705529
Data del deposito : 23 novembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/11/2017

N. 05529/2017 REG.PROV.COLL.

N. 03432/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3432 del 2017, proposto da:
D S A e V C, rappresentate e difese dagli avvocati S R e C S, con i quali elettivamente domiciliano in Napoli, alla via del Parco Margherita n. 31 (presso lo studio dell’avv. G L L);

contro

Comune di Pompei, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato E F, presso il cui studio elettivamente domicilia in Napoli, alla via Cesario Console n. 3;

nei confronti di

D M P e D S I, rappresentate e difese dall’avvocato Ciro Manfredonia, con cui elettivamente domiciliano in Napoli, al Centro Direzionale Isola E2, scala A, presso gli avvocati Ciro Sito e Alfonso Capotorto;

per l'annullamento

dell’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Pompei sulle diffide prot. n° 18383/I del 14/4/2017 e prot. n° 24183/I del 24/5/2017, entrambe volte a provocare l’esercizio dell’autotutela e dei poteri repressivi ed inibitori in materia di abusi edilizi e di attività commerciali svolte in immobili abusivi, nonché sul successivo sollecito del 30/5/2017 e sulla ulteriore diffida prot. n° 26026/I del 5/6/2017;

nonché per l’accertamento dell’obbligo del Comune di Pompei di provvedere sulle predette istanze/diffide mediante l’adozione di provvedimenti di autotutela e repressivi degli abusi (edilizi e commerciali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pompei e delle controinteressate;

Viste le produzioni delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2017 il dott. Fabio Donadono e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Letti gli artt. 31 e 117 c.p.a., concernenti la decisione con sentenza succintamente motivata dei ricorsi avverso il silenzio dell’amministrazione;

PREMESSO che:

- con ricorso notificato il 27/7/2017, le ricorrenti riferiscono che la sig.ra V C esercita un’attività di ristorazione su una particella di terreno di proprietà della madre sig.ra D S A, a confine della quale sussiste il complesso turistico/ricettivo denominato camping “Fortuna Village” di proprietà delle sig.re D M P e D S I, censito al foglio n. 12, p.lle nn. 644 e 1325;

- originariamente, le due attività facevano parte di un unico complesso turistico denominato “Camping Pompei” (ante 2013) di cui risultavano essere comproprietari la medesima sig.ra D S A e il sig. Di Somma G, dante causa delle attuali controinteressate;

- in data 17/3/1986, prot. n. 4303 (pratica n. 86), la ricorrente D S A richiedeva permesso di costruire in sanatoria ai sensi della legge n. 47 del 1985, in qualità di comproprietaria del fondo individuato catastalmente al foglio n. 12, p.lla n. 645, per l’avvenuta realizzazione di corpi di fabbrica destinati a camere e servizi all’interno del “Camping Pompei”;

- in pari data, prot. n. 4304 (pratica n. 85), il sig. Di Somma G richiedeva permesso di costruire in sanatoria, i sensi della medesima legge, per la realizzazione sul fondo individuato catastalmente al foglio n. 12, p.lle nn. 644 e 1325, di due corpi di fabbrica terranei destinati a camere e servizi all’interno del “Camping Pompei”, ubicati il primo a nord a ridosso del muro di sostegno di via Plinio ed il secondo sul confine ovest, per una superficie complessiva di mq. 714 ed un volume complessivo di mc. 1.944;

- successivamente, il sig. Di Somma G decedeva lasciando come eredi aventi causa le sig.re D M P e D S I;

- entrambe le istanza di sanatoria venivano accolte: in particolare, per l’istanza della sig.ra D S A veniva rilasciato P.d.C. in sanatoria n. 70 del 17/5/2005 (autorizzazione paesaggistica n. 1980 del 25/5/2004) e per l’istanza del sig. Di Somma G veniva rilasciato P.d.C. in sanatoria n. 72 del 19/4/2006 (autorizzazione paesaggistica n. 1979 del 25/5/2004);
le sanatorie erano condizionate ad una generale riqualificazione ambientale-paesaggistica dei manufatti esistenti (sostituzione delle coperture in lamiere, intonacatura o sostituzione dei manufatti realizzati con murature in blocchi a faccia-vista, integrazione della vegetazione esistente, opere per la protezione dall’umidità ascendente);

- in data 23/4/2004, prot. n° 13668 (pratica RINA H/106), la sig.ra D S A presentava istanza di concessione edilizia in sanatoria ai sensi della legge n. 326 del 2003 per la realizzazione, sulle p.lle nn. 644 e 645 (all’epoca ancora in comproprietà con gli eredi del defunto Di Somma G), di bungalow per la superficie complessiva di mq. 76,40;
tale istanza veniva, tuttavia, rigettata dal Comune con nota prot. n. 6810 del 29/10/2015, impugnata dinanzi al T.A.R. Campania da D S A, attuale ricorrente, congiuntamente a D S I, attuale controinteressata (ricorso RG n. 835/2016, pendente);

- in data 10/12/2004, prot. n° 40294 (pratica RINA H/486), anche la sig.ra Durazzo Maria presentava istanza di concessione edilizia in sanatoria ai sensi della medesima legge del 2003, per opere abusive sulle p.lle nn. 644 e 645 (all’epoca ancora in comproprietà con D S A), consistenti in un ampliamento destinato all’allocazione di cucina, locale forno e tettoia su terrazzo esistente per la superficie complessiva di mq. 28,32;
la relativa pratica risulta ad oggi sospesa in fase istruttoria per mancata integrazione documentale da parte dell’istante, giusta nota prot. gen. n. 10827 del 20/10/2009;

- in data 26/4/2006 D S A (attuale ricorrente) e Durazzo Maria (attuale controinteressata) presentavano al Comune di Pompei un complessivo progetto di riqualificazione riguardante l’intero “Camping Pompei” (all’epoca non ancora diviso) che veniva trasmesso alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e veniva autorizzato ai fini paesaggistici in data 22/6/2006 (senza ottenere alcun titolo abilitativo edilizio);

- in data 15/2/2008, prot. n. 5765, Durazzo Maria, quale comproprietaria del fondo di cui alle p.lle 1325 e 1326 (oggi accorpata alla p.lla 1325), presentava D.I.A. n. 32/2008 (seguita da successive varianti) per la “riqualificazione delle aree e dei manufatti ivi presenti - integrazione della vegetazione con alberature autoctone - rifacimento delle facciate dei corpi di fabbrica - sistemazione delle piazzole di sosta” che otteneva parere favorevole dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici con nota prot. n. 41247 del 28/11/2008;

- in data 11/10/2012 veniva, altresì, presentata da D M P, nell’interesse degli eredi di Di Somma G, C.I.L.A. n. 42/2012, prot. n. 34854, avente ad oggetto opere di manutenzione ordinaria e straordinaria di manufatti e la sistemazione delle piazzole di sosta poste al piano terra sottostrada relative alla p.lla n° 1325;

- successivamente, per il completamento delle opere di riqualificazione di cui alla predetta D.I.A. del 2008, la sig.ra D S I presentava in data 19/10/2012 prot. n. 35896 la D.I.A. n. 146/2012, assistita da autorizzazione paesaggistica n. 39 del 11/8/2014;

- relativamente ai lavori di riqualificazione in parola, infine, in data 21/9/2016, con nota prot. n. 40512/I, veniva presentata da D S I la S.C.I.A. n. 130/2016 per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria e per la ultimazione delle opere riguardanti il menzionato progetto di riqualificazione;

- dalla relazione tecnica comunale prot. n. 5378/INT del 1/2/2017, redatta a seguito dei sopralluoghi del 24, 25 e 27/1/2017, emergevano molteplici abusi edilizi rispetto alle preesistenze condonate ai sensi della legge n. 47 del 1985, per cui in data 2/2/2017 veniva disposta la sospensione dei lavori avviati a seguito della S.C.I.A. n. 130/2016;

- gli abusi edilizi risultavano altresì oggetto di attività investigativa da parte del Commissariato di P.S. di Pompei;
in data 27/3/2017, la ricorrente V C denunciava presso il Commissariato di P.S. di Pompei che erano ripresi i lavori di edificazione abusiva;

- successivamente, le odierne ricorrenti presentavano al Comune di Pompei due diffide: la prima veniva depositata in data 14/4/2017, prot. n. 18383/I, la seconda, analoga alla prima, veniva depositata in data 24/5/2017, prot. n. 24183/I;
di fronte all’inerzia dell’amministrazione, trasmettevano al Comune di Pompei un sollecito del 30/5/2017 e una nuova diffida prot. n. 26026/I del 5/6/2017;

- le sigg.re D S A e V C impugnavano innanzi a questo T.A.R. il silenzio serbato dall’Amministrazione sulle istanze presentate chiedendo l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione comunale di provvedere;

- il Comune di Pompei si costituiva in giudizio, eccependo in particolare l’improcedibilità del ricorso in quanto l’amministrazione non sarebbe rimasto inerte di fronte agli abusi rilevati;
si costituivano altresì le controinteressate, resistendo alle pretese delle ricorrenti;

RILEVATO che:

- con le diffide in questione le ricorrenti chiedevano al Comune lo svolgimento dei necessari accertamenti di vigilanza e l’adozione dei conseguenti provvedimenti tendenti nello specifico: «a) ad inibire i lavori oggetto della SCIA n° 130/2016;
b) ad annullare in autotutela ex art. 21-nonies L. n° 241/90 i titoli edilizi che si sono formati sulla base dell’illecito progetto di riqualificazione, e segnatamente: la SCIA n° 130/2016, la CILA n° 42/2012, la DIA n° 146/2012 e la DIA n°32/2008;
c) ad intimare la demolizione di tutte le opere abusive non sanate con i Permessi di Costruire in Sanatoria (L. n° 47/85) n° 70/2005 e n° 72/2006;
d) ad archiviare l’istanza di condono ex L. n° 326/2003 prot. n° 40294 del 10.12.2004 divenuta improcedibile per alterazione dello stato dei luoghi;
e) ad inibire l’esercizio di attività commerciali nei manufatti e nelle aree oggetto di abusi edilizi ovvero di attività edilizia assentita con titoli edili illegittimi»;

- il Comune eccepiva la sopravvenuta carenza di interesse, posto che, con la comunicazione prot. n. 44483/U del 29/9/2017, avrebbe già avviato il procedimento volto all’adozione dei provvedimenti repressivi degli abusi edilizi riscontrati sulla proprietà delle Sig.re Maria Pasqua Durazzo e Immacolata Di Somma per quanto riguarda «la realizzazione di n. 6 camere ubicate al piano terra sottostrada» di cui al condono edilizio prot. gen. n. 13668 del 2003 e il locale cucina oggetto dell’istanza di condono RINA H/486, «oltre ai lavori realizzati in forza alla S.C.I.A. n. 130/2016»;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

- l’adozione, da parte della P.A., di atti infraprocedimentali quali la comunicazione di avvio del procedimento non è idonea ad impedire la formazione del silenzio inadempimento, atteso che solo con l’adozione della determinazione conclusiva del procedimento l’amministrazione adempie all’obbligo di provvedere e quindi soddisfa l’interesse, azionato giudizialmente ex artt. 31 e 117 c.p.a., al conseguimento di una risposta esplicita alla domanda introduttiva (cfr. Cons. St., sez. V, 28/4/2014, n. 2184);
pertanto, l’eccezione di improcedibilità è infondata e va respinta;

CONSIDERATO, altresì, che:

- presupposti dell’azione contro il silenzio-rifiuto sono la sussistenza, da una parte l’interesse qualificato del ricorrente, caratterizzato dalla c.d. vicinitas come requisito di legittimazione ad agire in sede giurisdizionale, nella specie sussistente in forza del rapporto di contiguità non solo tra i fondi, ma anche tra le attività commerciali svolte dalle parti del presente giudizio, dall’altra l’inerzia dell’amministrazione, consistente nell’inadempimento ad un obbligo di provvedere in capo all’amministrazione, d’ufficio o su iniziativa della parte interessata, in quanto l’amministrazione ha il potere-dovere di vigilare sull’osservanza delle prescrizioni regolanti i settori rientranti nella propria competenza e, nel caso di rilevazione di violazioni, il potere-dovere di intervenire applicando le pertinenti sanzioni previste dalla legge, sussistendone ovviamente i relativi presupposti;

- pertanto, a fronte di un’istanza da parte di un soggetto terzo interessato, tendente a stimolare l’esercizio dei poteri repressivi dell’autorità amministrativa, pur non sussistendo alcun procedimento da iniziare per impulso di parte, l’esercizio della potestà amministrativa non è meramente discrezionale, ma costituisce piuttosto un atto dovuto, non potendo l’amministrazione sottrarsi ai propri doveri d’ufficio (cfr. Cons. St., sez. IV, 18/4/2012, n. 2301);

- è atto dovuto anche provvedere su una istanza di condono, a maggior ragione se sospesa da tempo considerevole in attesa di mera integrazione documentale da parte dell’istante, tenendo conto in particolare, delle disposizioni regolanti quale causa di improcedibilità e conseguente diniego della domanda di sanatoria la mancata presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine all’uopo previsto, a parte ogni considerazione ulteriore nel merito dell’ambito applicativo della disciplina relativa al cd. terzo condono del 2003 con riferimento segnatamente agli abusi realizzati in zone assoggettate a vincoli paesaggistici;
tanto più che le controinteressate riferiscono nelle proprie difese di aver rinunciato, per facta concludentia , alla suddetta domanda, avendo provveduto alla demolizione dei relativi manufatti abusivi;

- in caso di diniego di condono relativamente alla domanda presentata dalle controinteressate, andranno altresì adottati i conseguenti provvedimenti sanzionatori, laddove invece risulta inammissibile e, prima ancora, contraddittoria la richiesta di applicazione di misure repressive anche con riferimento ai manufatti abusivi che formano oggetto della domanda di condono presentata dalla ricorrente D S A, respinta con un atto che risulta peraltro dalla medesima impugnata innanzi a questo Tribunale amministrativo (cfr. diffida del 5/6/2017);

RILEVATO, per quanto riguarda la diffida delle ricorrenti all’esercizio dei poteri inibitori o di autotutela, che il comma 6-ter dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990 esclude in primo luogo che la SCIA (ovvero la DIA) costituiscano il presupposto di provvedimenti taciti direttamente impugnabili, soggiungendo che i terzi interessati hanno il potere (ovvero l’onere) di sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, di invocare la tutela giurisdizione esclusivamente mediante lo strumento previsto dall' art. 31, co. 1, 2 e 3, c.p.a. avverso il silenzio, per cui dalla suddetta disposizione si può desumere che:

- non è configurabile in materia alcun atto espresso del privato o provvedimento tacito dell’amministrazione, che il terzo interessato abbia l’onere di impugnare;

- l’interessato ha piuttosto l’onere di provocare un procedimento di verifica dei requisiti e dei presupposti della SCIA, distinto rispetto a quello officioso e vincolato di cui al comma 3 dell’art. 19, nel termine all’uopo previsto, nonché da quello del pari officioso, ma discrezionale, previsto (una volta che sia decorso il suddetto termine) dal comma 4, che appunto prevede l’esercizio del poteri inibitori nei casi previsti dall’art. 21-nonies regolante il potere di autotutela;

- in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, è da ritenere che l’amministrazione abbia l’obbligo di concludere il procedimento del procedimento di verifica ex comma 6-ter, che costituisce l’unico strumento di tutela del terzo, con un provvedimento che sia anch’esso vincolato, sebbene eventualmente esercitato oltre il termine previsto dal comma 3;

- nondimeno la deroga alle norme ed ai principi in materia di esercizio del potere di autotutela, avente natura discrezionale con conseguente esclusione di un obbligo di provvedere in merito coercibile dall’esterno mediante il ricorso contro l’inerzia amministrativa, non è illimitata, ma si estende nella misura in cui al comma 6-ter dell’art. 19 radica la tutela giurisdizionale avverso il silenzio mediante il richiamo all’art. 31 c.p.a., che prevede l'azione fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento, fatta salva la possibilità di riproporre l'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti;

- pertanto l’obbligo di provvedere dell’amministrazione sull’istanza proposta dal terzo interessato ex art. 19, co.

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