TAR Napoli, sez. II, sentenza 2022-04-05, n. 202202317

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. II, sentenza 2022-04-05, n. 202202317
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202202317
Data del deposito : 5 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/04/2022

N. 02317/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01026/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1026 del 2017, proposto da
G D P, rappresentato e difeso dall'avvocato A R, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Ugo Niutta, 22;

contro

Comune di Quarto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato E F, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Cesario Console n. 3;

per l'annullamento

-dell’ordinanza di demolizione di lavori edili n. 22/2016 del Capo Settore Urbanistica del Comune di Quarto notificata in data 30.12.2016 con il quale la P.A. ordina la demolizione e ripristino dello stato dei luoghi per le opere realizzate in Quarto (NA) alla via Crocillo n. 22 su area distinta al Catasto terreni al foglio 8 particelle nn. 792 – 1294;

- di ogni altro atto, connesso, preordinato, conseguente e comunque collegato;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Quarto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 30 marzo 2022 la dott.ssa Antonella Lariccia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 28.02.17 il ricorrente invoca l’annullamento degli atti in epigrafe lamentando:

- VIOLAZIONE DI LEGGE - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 27 DEL D.P.R. 06.06.2001 n. 380 IN RELAZIONE AGLI ARTT. 3, 6, 10, 22 33, 36 E 37 DEL D.P.R. 06.06.2001 N. 380 - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 2 DELLA L.R. 28.11.2001 n. 19 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 6 DELLA L. 21.12.2001 N. 443 - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE PER ERRORE DI FATTO E DI DIRITTO – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA DEI PRESUPPOSTI E DI MOTIVAZIONE - OMESSA PONDERAZIONE DELLA SITUAZIONE CONTEMPLATA - TRAVISAMENTO - ILLOGICITÀ - CONTRADDITTORIETÀ - PERPLESSITÀ - MANIFESTA INGIUSTIZIA - ALTRI PROFILI;

-VIOLAZIONE DI LEGGE - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 27 DEL. D.P.R. 380/2001 - VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 36 E 37 DEL. D.P.R. 380/2001 IN RELAZIONE ALL’ART. 27 S.L. - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 43

DELLA LEGGE DELLA REGIONE CAMPANIA N

16

DEL

22

DICEMBRE

2004 - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE PER OMESSA PONDERAZIONE DELLA SITUAZIONE CONTEMPLATA - ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE - MANIFESTA INGIUSTIZIA;

-VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 3 L. 07.08.1990 N. 241 - ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - DIFETTO ASSOLUTO DI MOTIVAZIONE;

-ECCESSO DI POTERE PER OMESSA ISTRUTTORIA – PER OMESSA MOTIVAZIONE – PER OMESSA PONDERAZIONE DELLA SITUAZIONE CONTEMPLATA –

VIOLAZIONE DEL DPR

380/01 ED IN PARTICOLARE DEGLI ARTT. 34 – 36 – 37 - VIOLAZIONE DI LEGGE - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL'ART. 31 DEL D.P.R. 06.06.2001 N. 380 - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL'ART. 10 DEL D.P.R. 06.06.2001 N. 380 IN RELAZIONE AGLI ARTT. 3, 6, 10, 22 33, 34, 36 E 37 DEL MEDESIMO T.U. - ECCESSO DI POTERE PER ERRONEITÀ' DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE;

-VIOLAZIONE DI LEGGE – VIOLAZIONE DELL’ART. 3, 7, 8, 9, 10, E 21 OCTIES DELLA L. 7/8/1990 N. 241 – VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO – ECCESSO DI POTERE – PERPLESSITÀ - MANIFESTA INGIUSTIZIA.

Espone il ricorrente che con l’impugnata ordinanza il Comune resistente ha ingiunto la demolizione di una serie di opere, realizzate in Quarto alla via alla via Crocillo n. 22, su area distinta al Catasto terreni al foglio 8 particelle nn. 792 – 1294, consistenti in due capannoni, quattro tettoie nonché sei unità abitative, nonostante le stesse siano completate da tempo immemore, abitate e rifinite in ogni parte e siano state realizzate, parzialmente, sulla scorta di un titolo edilizio rilasciato dal Comune di Quarto, e nonostante per gli ulteriori interventi posti in essere non sia necessario alcun previo titolo edilizio.

Si è costituito in giudizio il Comune di Quarto invocando il rigetto del ricorso e, all’udienza di smaltimento del 30.03.2022, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Il ricorso è infondato e va respinto.

Ed invero, il ricorso appare infondato in primo luogo nella parte in cui il ricorrente si duole che l’Amministrazione Comunale intimata abbia qualificato gli interventi realizzati sui due capannoni insistenti sul fondo in questione nonché sulle sei unità abitative alla stregua di interventi di nuova costruzione realizzati in assenza di titolo edilizio, e non invece quali interventi di risanamento conservativo o al più di ristrutturazione edilizia di preesistenti fabbricati, in quanto tali non sanzionabili ex art. 31 D.P.R. 380/2001 con l’ingiunta demolizione.

Al riguardo, il Tribunale sottolinea come nel caso di specie non risulti affatto provata la tesi sostenuta dal ricorrente nel ricorso, secondo cui gli interventi sanzionati dal provvedimento impugnato con il ricorso principale sarebbero qualificabili come interventi di risanamento conservativo o, al più, di ristrutturazione di preesistenti fabbricati, e non come interventi di nuova costruzione realizzati in assenza di titolo edilizio.

Ed invero, osserva il Collegio che il ricorrente non ha fornito alcun elemento tale da consentire di ritenere che sul terreno di sua proprietà insistessero da epoca remota due capannoni e sei unità abitative, successivamente interessati dagli interventi di risanamento conservativo/ristrutturazione edilizia asseritamente posti in essere dal ricorrente.

Al riguardo, il Tribunale si limita a rilevare come non viene fornita dal ricorrente alcuna prova della preesistenza dei manufatti in questione, che viene solo dichiarata dal medesimo, rispetto all’intervento edilizio sanzionato nell’impugnato provvedimento, intervento che viene invece compiutamente descritto nell’ordinanza impugnata quale realizzazione di manufatti ex novo, perché così accertato nel corso del sopralluogo compiuto in data 05.12.2016, espressamente richiamato nel provvedimento impugnato;
ed invero, è noto come, secondo quanto affermato dalla condivisibile giurisprudenza formatasi in tema di datazione delle opere entro la data di scadenza del condono edilizio con principi tranquillamente applicabili anche al caso di specie, " la dichiarazione sostitutiva di notorietà dell'intervenuta ultimazione delle opere entro la data di scadenza non ha alcuna valenza privilegiata. Ai fini della condonabilità delle opere abusive la stessa rappresenta solo un principio di prova potenzialmente idoneo e sufficiente a dimostrare la data di ultimazione delle opere. Detta dichiarazione sostitutiva non preclude all'Amministrazione, in sede di esame della stessa, la possibilità di raccogliere nel corso del procedimento elementi a contrario e pervenire a risultanze diverse, senza che ciò faccia ricadere su quest'ultima l'onere di fornire la prova dell'ultimazione dei lavori in data successiva a quella dichiarata dall'interessato. La prova sulla realizzazione delle opere abusive entro la data fissata grava sul richiedente la sanatoria, che può avvalersi - se non vi è contestazione - della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ma a fronte di elementi di prova a disposizione dell'Amministrazione che attestino il contrario, il responsabile dell'abuso è gravato dall'onere di provare, attraverso elementi certi, quali fotografie aeree, fatture, sopralluoghi e così via, l'effettiva realizzazione dei lavori entro il termine previsto dalla legge per poter usufruire del beneficio, non potendo limitarsi a contestare i dati in possesso dell'Amministrazione senza fornire alcun elemento di prova a corredo della propria tesi, in quanto l'Amministrazione, in assenza di elementi di prova contrari, non può che respingere la domanda di sanatoria ." (cfr. T.A.R. Lazio Roma sez. II, 06 dicembre 2010, n. 35404).

Alla stregua di quanto testè osservato, il Collegio ritiene che correttamente l’Amministrazione Comunale resistente abbia qualificato, nel provvedimento impugnato con il ricorso principale, gli interventi in questione alla stregua di interventi di nuova costruzione realizzati in assenza di titolo edilizio.

Conseguentemente, non è ravvisabile a parere del Tribunale neanche la dedotta la violazione dell’art. 33 o 37 del D.P.R. n. 380/2001, a cagione dell’asserita errata qualificazione delle opere in contestazione e delle norme di legge violate;
in particolare, secondo il ricorrente non sussisterebbero i presupposti per disporre la demolizione dei manufatti di cui all’ordinanza impugnata, in quanto la mera ristrutturazione di edifici preesistenti, peraltro risalenti nel tempo, non sarebbe sanzionabile con la sanzione estrema della demolizione e della riduzione in pristino dello stato dei luoghi, non essendo suscettibile di qualificazione, ai fini della sanzione applicabile, come un intervento edilizio in assenza di permesso di costruire.

A tale riguardo, osserva il Collegio che, per quanto in precedenza osservato, non si ravvisano nella fattispecie che occupa elementi che consentano di ritenere che gli interventi effettuati dal ricorrente siano qualificabili non quali interventi di nuova costruzione in assenza di titolo edilizio bensì alla stregua di interventi di ristrutturazione, realizzati in assenza di titolo edilizio ma relativi a preesistenti edifici urbanisticamente regolari.

Correttamente, pertanto, l’A.C., dopo avere accertato la realizzazione degli stessi in assenza di titolo edilizio, ne ha ingiunto l’abbattimento con il provvedimento impugnato che si palesa, pertanto, legittimo.

Quanto poi alle tettoie sanzionate, descritte nell’impugnato provvedimento come “Tettoia in muratura e copertura con solaio latero-cementizio, ubicata sul lato sud-est del lotto, con superficie coperta pari a circa 80 mq ed altezza pari a 3.70 m”, “Tettoia in struttura metallica e copertura in lamiera coibentata, ubicata sul lato sud-ovest del lotto, con superficie coperta complessiva di circa 635 mq ed altezza pari a 3,70 m” e “Tettoia in struttura metallica e copertura in lamiera coibentata, sita tra le unità n° 5 e n° 6, con superficie coperta pari a circa 150 mq ed altezza di 3,20 m”, il Collegio si limita ad evidenziare come, secondo la giurisprudenza condivisibile e prevalente, la realizzazione una serie di tettoie di notevoli dimensioni non integranti, come nella fattispecie, una struttura leggera facilmente smontabile e demolibile, comportando la trasformazione edilizia del territorio ex art. 3 comma 1 lett. e) del D.P.R. n. 380/2001, si caratterizzano in termini di "nuova costruzione", tale da necessitare il previo rilascio del pertinente titolo abilitativo (T.A.R. Genova (Liguria) sez. I, 5/06/2014, n. 876, T.A.R. Napoli (Campania) sez. II, 15/05/2014, n. 2710).

Tanto premesso, non risulta - pertanto - condivisibile la tesi sostenuta dal ricorrente secondo cui, per la realizzazione delle tettoie in parola, non sarebbe necessario il previo rilascio del permesso di costruire, con la conseguenza che correttamente, l’A.C., dopo avere accertato la realizzazione delle stesse in assenza di titolo edilizio, ne ha ingiunto l’abbattimento.

Parimenti infondate si palesano le doglianze espresse dal ricorrente, inerenti l’asserita violazione dell’art. 3 della Legge n° 241/1990.

A tale ultimo riguardo, il Tribunale si limita a richiamare la prevalente e condivisibile giurisprudenza amministrativa che afferma che «il provvedimento di repressione degli abusi edilizi (ordine di demolizione e ogni altro provvedimento sanzionatorio) costituisce atto dovuto della p.a., riconducibile ad esercizio di potere vincolato, in mera dipendenza dall’accertamento dell’abuso e della riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge;
ciò comporta che il provvedimento sanzionatorio non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente la mera descrizione e rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata, né è necessaria una previa comparazione dell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso, che è in re ipsa, con l’interesse del privato proprietario del manufatto;
e ciò anche se l’intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso, ove il medesimo non sia stato oggetto di sanatoria in base agli interventi legislativi succedutisi nel tempo» (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 20 luglio 2011, n. 4254;
Consiglio di Stato, sez. V, sent. 7 settembre 2009, n. 5229;
Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 14 maggio 2007, n. 2441;
Consiglio di Stato, sez. V, sent. 29 maggio 2006, n. 3270).

Orbene, considerato che, nella fattispecie che occupa, il provvedimento impugnato contiene l’esatta indicazione delle opere da abbattere, e ritenute abusive perché realizzate in assenza del titolo edilizio, anche tali doglianze appaiono infondate, alla luce del carattere doveroso del provvedimento repressivo per cui è controversia, al pari delle doglianze inerenti l’asserita violazione dell’art. 7 L. 241/90, posto che, come è stato chiarito da condivisibile giurisprudenza in tema di D.I.A., ma con principio pacificamente applicabile anche al caso di interventi di nuova costruzione realizzati in assenza o difformità dal titolo edilizio, "i provvedimenti repressivi di abusi edilizi non devono essere preceduti dall’avviso di inizio del relativo procedimento, trattandosi di provvedimenti tipici e vincolati emessi all’esito di una mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo delle medesime che, in quanto tali, non richiedono neppure una specifica motivazione. Pertanto, in caso di adozione di misure sanzionatorie conseguenti alla violazione di disposizioni in materia di denuncia di inizio di attività - trattandosi di provvedimenti vincolati e basati su presupposti verificabili in modo immediato - non sussistono le esigenze di garanzia e trasparenza cui sovviene il principio di partecipazione del privato al procedimento amministrativo" (T.A.R. Campania, sez. V, 15.1.2015, n. 225).

Nessun rilievo assume infine, a parere del Collegio, la preannunziata presentazione da parte del ricorrente, successivamente alla notifica dell’ordinanza di demolizione, di un’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 T.U.E.;
al riguardo, il Tribunale si limita ad evidenziare, da un lato, che la richiesta di accertamento di conformità ex art. 36 citato risulta solo preannunciata e, dall’altro lato, che in ogni caso la validità e l’efficacia dell’ordine di demolizione non risultino pregiudicate dalla successiva presentazione di un’istanza di accertamento di conformità, atteso che, decorso il termine di sessanta giorni, la legge espressamente riconnette al silenzio serbato sulla predetta istanza dall’Amministrazione la formazione del provvedimento di rigetto, che è onere della parte impugnare, senza poter addurre che dalla mera presentazione dell’istanza in parola discenda la paralisi degli effetti del provvedimento sanzionatorio, la cui esecuzione resta solo temporaneamente sospesa sino alla scadenza del termine suddetto (cfr. ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. 3ª, sent. n. 4282/2018;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. 7ª, sent. n. 3915/2018 e T.A.R. Campania, Napoli, sez. 3ª, sent. n. 708/2018).

Conclusivamente, il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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