TAR Catania, sez. IV, sentenza 2024-03-21, n. 202401124
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Testo completo
Pubblicato il 21/03/2024
N. 01124/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00316/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 316 del 2019, proposto da
Nuova Cooperativa Iblea soc. coop. a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli Avvocati F G e Salvatore Mole', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli Avvocati A F, G M, T G N e G A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
della comunicazione di reiezione della domanda di Cassa Integrazione Guadagni notificata a mezzo pec in data 12.12.2018, con il quale il Direttore della sede INPS di Ragusa ha disposto in relazione alla domanda 6502229776/65000003/10000009 del 18.08.2018;
di ogni atto del procedimento presupposto, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di I.N.P.S.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 4 marzo 2024 il dott. Francesco Elefante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Parte ricorrente ha adito l’intestata Sezione chiedendo l’annullamento della comunicazione del 12 dicembre 2018 con cui il Direttore della sede INPS di Ragusa, in relazione alla domanda 6502229776/65000003/10000009 presentata dalla ricorrente il 18 agosto 2018, ha respinto le istanze di integrazioni salariali per il periodo dal 6 agosto 2018 al 29 settembre 2018.
Allegava a tal fine quanto segue.
Premesso di svolgere attività di facchinaggio, carico, scarico e pulizia industriale nel territorio della provincia di Ragusa nei confronti di soggetti privati, esponeva che la principale azienda committente era la società Colacem s.p.a., operante nel settore edilizio dell’estrazione e della lavorazione delle materie prime cementizie, le cui commesse garantiscono alla ricorrente la maggior quota degli introiti annuali.
La forza aziendale della società si componeva di n. 15 dipendenti.
Sul finire del primo semestre dell’anno 2018, a causa di assenza di commesse, presentava tuttavia domanda di integrazione salariale (CIG – richiesta del 18-08-2018) per il periodo dal 06 agosto 2018 al 29 settembre 2018, avendo incolpevolmente subito la crisi del settore industriale di interesse, con conseguente riduzione dell’attività lavorativa e rischio di perdita dei posti di lavoro.
La scelta di chiedere la misura di integrazione salariale era stata adottata quale extrema ratio tant’è che il personale dipendente posto in CIG aveva regolarmente goduto delle ferie maturate sino alla data di richiesta della CIG stessa
Assumeva che la causa della depressione economica aziendale, che l’aveva costretta a presentare la domanda di cassa integrazione citata, era rintracciabile nella crisi del settore edile e metalmeccanico locale: in specie, la principale società committente, trovandosi a sua volta in un momentaneo periodo di crisi, aveva diminuito la produzione di cemento e, conseguentemente, ridotto (se non addirittura azzerato) le richieste di manutenzione e le attività di facchinaggio/pulizie civili ed industriali all’interno dei propri impianti.
Tale evento non era stato preannunciato dalla Committenza, di guisa che al rientro dal godimento del periodo di ferie residue, i lavoratori erano rimasti privi di retribuzione.
Tenuta comunque in considerazione la concreta ed effettiva possibilità di ripresa delle lavorazioni per i mesi successivi, aveva avanzato domanda di fruizione della CIG del 18 agosto 2018.
Sicché con comunicazione del 4 ottobre 2018 n. 5986337, l’INPS chiedeva integrazione documentale, alla quale dava riscontro con nota del 18 ottobre 2018.
Ciò nonostante, con il provvedimento gravato, l’Istituto intimato rigettava la domanda di integrazione salariale adducendo la seguente motivazione: “ La domanda non può essere accolta in quanto le motivazioni addotte anche in fase di supplemento istruttoria non giustificano, a nostro parere, l’intervento di integrazione salariale. Nel caso di specie la ditta, che occupa con assolta prevalenza personale a tempo indeterminato, ha più volte e sempre con le stesse motivazioni, chiesto l’ammortizzatore sociale facendo riferimento alla crisi delle ditte committenti. Da un’analisi si è potuto constatare che la ditta committente prevalente, con cui opera l’azienda, non ha attualmente situazioni di crisi configurabili con richiesta a loro volta di ammortizzatori sociali. Ad oggi purtroppo non si evince quale tipo di politica aziendale la ditta stia operando per uscire dalla propria crisi aziendale. Tra l’altro nella relazione aziendale viene chiaramente indicato che la CIGO rappresenta in extremis la soluzione per coprire la retribuzione e la contribuzione mensile. Pertanto per tali ragioni si ritiene che la ditta permanga in una situazione di crisi economica che non può trovare soluzione nell’utilizzo ciclico della cig ordinaria. Per tale motivo la causale non è integrabile poiché la crisi e/o carenza di commesse risulta riferibile all’organizzazione o comunque alla programmazione della ditta ”.
Avverso detto provvedimento deduceva in punto di diritto i seguenti motivi di gravame:
1) “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, punto 1, lett. b), della L. 20/5/1975, n. 164 e dell’art. 11 del decreto legislativo n. 148/2015 e delle circolari INPS – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, insufficienza, contraddittorietà ed erroneità della motivazione, nonché per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti di fatto e di diritto ” atteso che ai sensi dell’art.1 n.1 lett. a) della legge 20 maggio 1975, n.164 lo strumento della CIGO trovava applicazione nei casi in cui la crisi dell’azienda dipendeva da eventi temporanei, non imputabili all’imprenditore, e allorquando sussisteva la ragionevole prevedibilità che i lavoratori riprendano l’attività entro tempi brevi e che l’impresa continui ad operare nel mercato.
Il giudizio di ammissibilità al beneficio consisteva infatti in una prognosi ex ante , ora per allora, circa la ragionevole probabilità della ripresa dell’attività d’impresa, trattandosi di stabilire se la CIGO contribuisca a salvaguardare la potenzialità produttiva e la concorrenzialità dell’impresa alla stregua della situazione di fatto in cui questa versava al momento della