TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2015-09-25, n. 201511403
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 11403/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00207/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 207 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
“FILMAURO S.r.l.”, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti A T e A G ed elettivamente domiciliata presso lo Studio del primo dei suindicati difensori in Roma, Via Cicerone, n. 49;
contro
il MINISTERO PER I BENI LE ATTIVITA’ CULTURALI ED IL TURISMO, la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE e la CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO E LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domiciliano per legge in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
per l'annullamento, anche in virtù di motivi aggiunti
- del decreto del Ministero per i beni e le attività culturali 22 marzo 2012 n. 64063, recante modalità tecniche di erogazione e monitoraggio dei contributi percentuali sugli incassi realizzati in sala dalle opere cinematografiche e di tutti gli atti connessi, collegati, anteriori e successivi;
- del decreto del Ministero per i beni e le attività culturali 22 marzo 2012 n. 64057, recante modalità tecniche per il sostegno alla produzione ed alla distribuzione cinematografica e di tutti gli atti connessi, collegati, anteriori e successivi;
- (con motivi aggiunti) del decreto del Ministero per i beni e le attività culturali 8 febbraio 2013 n. 67271, recante modalità tecniche di erogazione e monitoraggio dei contributi percentuali sugli incassi realizzati in sala dalle opere cinematografiche e di tutti gli atti connessi, collegati, anteriori e successivi.
Visto il ricorso originario e quello recante motivi aggiunti con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata nonché i documenti prodotti;
Esaminate le ulteriori memorie con i documenti prodotti;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2015 il dott. Stefano Toschei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Premette la società Filmauro S.r.l. di essere un’impresa cinematografica che ha prodotto numerosi film con il contributo statale e, in particolare, ha formalizzato la relativa istanza di contribuzione per i seguenti film: “Natale in Sud Africa” in data 16 febbraio 2011, “Manuale d’amore 3” in data 11 maggio 2011, “Amici miei come tutto ebbe inizio” in data 6 luglio 2011, “Vacanze di Natale a Cortina” in data 29 marzo 2012, “Posti in piedi in Paradiso” in data 18 maggio 2012
Ricorda la ricorrente che la complessa disciplina delle attività cinematografiche, con specifico riferimento agli interventi dello Stato per favorire dette attività, trova la propria “grundnorm” nel decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 28, recante la riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, in attuazione della norma di delega contenuta nell’art. 10 della legge 6 luglio 2002 n. 137. Detto decreto legislativo all’art. 10, in particolare e per quel che in questa sede rileva, stabilisce che: “A favore delle imprese di produzione dei film di cui all'articolo 2, commi 2, 4 e 5, del presente decreto, riconosciuti di nazionalità italiana ai sensi dell'articolo 5, è concesso, su istanza dell'interessato diretta al Direttore generale competente, a seguito delle verifiche effettuate dalla Commissione, un contributo calcolato in percentuale sulla misura degli incassi, al lordo delle imposte, realizzati dai film proiettati nelle sale cinematografiche, per la durata massima di diciotto mesi dalla prima proiezione in pubblico, con l'esclusione di ogni altro provento in qualsiasi modo ottenuto per l'utilizzo dell'opera. Non sono concessi contributi per opere che, nel suddetto periodo, abbiano realizzato incassi inferiori ad un limite minimo fissato con il decreto ministeriale di cui al comma 3. 2. Il contributo di cui al comma 1 è destinato prioritariamente all'ammortamento dei mutui contratti per la produzione del film e finanziati ai sensi dell'articolo 12, comma 3, lettera a), e per il residuo entra nel patrimonio dell'impresa anche al fine del reinvestimento, da parte del medesimo beneficiario, nella produzione di film che abbiano i requisiti di cui all'articolo 5, secondo le modalità indicate nel decreto ministeriale di cui al comma 4. 3. La misura percentuale del contributo di cui al comma 1 è articolata con criterio progressivo in base a scaglioni, per gli incassi fino ad un ammontare stabilito con il decreto ministeriale di cui al comma 4. Per gli incassi superiori a tale ammontare, si applica il medesimo criterio, con la fissazione, da effettuarsi nel decreto ministeriale di cui al comma 4, di un limite massimo ammissibile a contributo, determinato in base al costo di produzione del film, attestato da società di certificazione e revisione legalmente riconosciute. 4. Con decreto ministeriale sono stabiliti il tetto massimo di risorse finanziarie, a valere sulla quota cinema del Fondo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, destinate al contributo di cui al comma 1 ed a quello di cui al comma 5, le modalità tecniche di erogazione dei medesimi, i tempi e le modalità dell'eventuale reinvestimento nella produzione del contributo di cui al comma 1, nonché le modalità tecniche di monitoraggio circa l'impiego dei contributi erogati. Con il medesimo decreto sono, altresì, definite la periodicità di rilevazione degli incassi lordi ai fini della liquidazione dei contributi di cui al comma 1 ed al comma 5, e la percentuale del contributo di cui al comma 1 da versare alla Società italiana degli autori ed editori, di seguito denominata: «SIAE», ai sensi dell'articolo 11, comma 2, come corrispettivo del servizio di rilevazione”.
2. - Fermo quanto sopra, la società ricorrente soggiunge che le modalità di erogazione del c.d. contributo incassi (vale a dire dei contributi calcolati sulla misura degli incassi realizzati dai film proiettati nelle sale cinematografiche) e i tempi e le modalità dell’eventuale reinvestimento nella produzione di tale contributo erano stati inizialmente stabiliti con decreto dell’allora Ministero per i beni e le attività culturali 16 luglio 2004 n. 15323. Con decreto ministeriale 30 dicembre 2010 n. 51356 il Ministero ebbe a sospendere l'efficacia del decreto del n. 15323 del 2004 al fine di provvedere ad una nuova disciplina dei contributi in questione a valere dall'esercizio finanziario 2011. Tale disciplina è stata adottata con decreto ministeriale del 22 marzo 2012 n. 64063 relativo ai contributi percentuali sugli incassi e con decreto ministeriale 22 marzo 2012 n. 64057 relativo al sostegno alla produzione e alla distribuzione cinematografica. I due decreti ministeriali, pubblicati in G.U. il 20 ottobre 2012, hanno regolamentato “ex novo” - in sostituzione del DM 16.7.2004 e, più in particolare, abrogando tanto il DM 16.7.2004 che il DM 30 dicembre 2010 che aveva disposto la sospensione del citato DM del 2004 - la procedura di erogazione e di monitoraggio dei contributi percentuali sugli incassi realizzati in sala dalle opere cinematografiche nonché in ordine agli interventi per il sostegno alla produzione e alla distribuzione cinematografica, prevedendo illegittimamente, ad avviso della società ricorrente, contributi e sostegni più modesti rispetto alla precedente regolamentazione da un lato incoerentemente e comunque in aperta violazione delle previsioni della fonte primaria costituita dall’art. 10 della legge n. 28 del 2004.
Da qui la proposizione del ricorso principale con il quale la società ricorrente ha gravato entrambi i decreti ministeriali.
Le censure formulate nei confronti dei due decreti ministeriali, in disparte le contestazioni (marginali rispetto al punto centrale dell’odierno contenzioso interamente ed esclusivamente rivolto ad ottenere l’annullamento giudiziale dei due ridetti decreti) in merito alla illegittima inerzia amministrativa protrattasi nel corso di tutto il periodo che ha visto sospesa la efficacia del primo decreto ministeriale del 2004, coinvolgono in parte entrambi i decreti e, per altro verso, stante la parziale diversità degli istituti che vanno a disciplinare, si indirizzano verso i singoli provvedimenti ministeriali.
4. – Partendo dall’esame delle censure che hanno come bersaglio entrambe gli atti di regolamentazione ministeriale, la società ricorrente deduce un diffuso vizio di violazione di legge, con riguardo alle previsioni recate dall’art. 10 del decreto legislativo n. 28 del 2004, accompagnato da sintomi di eccesso di potere sintetizzabili nelle formule della incoerenza sistematica e dello sviamento di potere. La società ricorrente segnala in proposito che il citato articolo 10 stabiliva che il contributo da riconoscersi in favore delle imprese di produzione cinematografica, calcolato sulla misura degli incassi realizzati per i film proiettati nelle sale cinematografiche, deve essere “destinato prioritariamente all’ammortamento dei mutui contratti per la produzione del film, e per il residuo entra nel patrimonio dell’impresa anche al fine del reinvestimento, da parte del medesimo beneficiario, nella produzione di film che abbiano i necessari requisiti qualitativi” (così, testualmente, a pag. 11 del ricorso introduttivo). Contrariamente a questo chiaro approccio legislativo, il decreto ministeriale n. 64057 del 2012 (riferito al sostegno della produzione e della distribuzione cinematografica) destina il contributo statale prioritariamente ad un immediato recupero delle erogazioni statali. Analoga vicenda si ripete nel caso del decreto ministeriale n. 64063 del 2012 (incidente sul c.d. contributo incassi), dal momento che il contributo viene destinato prioritariamente alla copertura del costo del film e quindi, attraverso il meccanismo di trasferimento dei proventi allo Stato, l’impresa cinematografica che ha sostenuto i costi non se ne avvantaggia dal momento che il contributo, seppur sotto altra veste, ritorna prontamente allo Stato.
La società ricorrente poi contesta autonomamente al decreto ministeriale n. 64063 del 2012 la tecnica di attuazione retroattiva della nuova disciplina, la cui illegittimità emergerebbe nella circostanza che essa trova applicazione non solo per le istanze al contributo presentate successivamente alla entrata in vigore della nuova regolamentazione (per effetto della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale), ma anche con riferimento a tutte le istanze di contributo formalizzate a partire dalla data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto ministeriale che (a propria volta) aveva disposto la sospensione dell’efficacia del decreto ministeriale del 2004;ritenendosi illegittima quella sospensione nonché la successiva inerzia mantenuta dall’amministrazione nella formulazione della nuova disciplina, vieppiù il decreto ministeriale si presenta affetto da evidenti patologie, anche riflesse.
5. – Si è costituito in giudizio l’intimato Ministero contestando la fondatezza delle avverse prospettazioni e chiedendo la reiezione del gravame.
6. – Nelle “more” della definizione del presente contenzioso il Ministero ha adottato due nuovi decreti:
- il n. 67271 dell’8 febbraio 2013, recante modalità tecniche di erogazione e monitoraggio dei contributi percentuali sugli incassi realizzati in sala dalle opere cinematografiche;
- il n. 67272 dell’8 febbraio 2013, recante modalità tecniche per il sostegno alla produzione ed alla distribuzione cinematografica.
Entrambi gli atti normativi ministeriali contengono previsioni conclusive (l’art. 9 per il d.m. n. 67271 e l’art. 21 per il d.m. 67272) di identico tenore con le quali si specifica che ciascun nuovo provvedimento sostituisce, dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, avvenuta il 19 marzo 2013, il precedente d.m. del 22 marzo 2012.
La società ricorrente, con atto recante motivi aggiunti, grava espressamente solo il primo dei suindicati decreti e ciò appare evidente sia dalla piana lettura dell’epigrafe del ricorso per motivi aggiunti sia dalla affermazione della stessa ricorrente secondo la quale il Ministero, con riferimento alla disciplina relativa alle modalità tecniche per il sostegno alla produzione e alla distribuzione, con la modifica del 2013 avrebbe fatto proprie “le eccezioni sollevate dall’odierna ricorrente nel richiamato giudizio” (così, testualmente, a pag. 7 del ricorso recante motivi aggiunti).
Tenuta riservata la decisione all’udienza del 26 marzo 2015, la riserva è stata sciolta nella Camera di consiglio del 13 aprile 2015.
7. – In ragione di quanto si è poco sopra anticipato il Collegio deve in via preliminare rilevare come l’adozione del decreto ministeriale n. 67272 dell’8 febbraio 2013, recante modalità tecniche per il sostegno alla produzione ed alla distribuzione cinematografica, abbia soddisfatto le pretese avanzate dalla società ricorrente con il ricorso originario superando le censure di illegittimità mosse con il ricorso principale nei confronti del (precedente) decreto del Ministero per i beni e le attività culturali 22 marzo 2012 n. 64057, recante modalità tecniche per il sostegno alla produzione ed alla distribuzione cinematografica, (e ciò anche per espressa indicazione della parte ricorrente, per come si è più sopra rammentato), sicché per questa parte del gravame principale deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.
Con riferimento, invece, alla impugnazione, sempre sviluppata con il ricorso originario dalla società ricorrente, nei confronti del decreto del Ministero per i beni e le attività culturali 22 marzo 2012 n. 64063, recante modalità tecniche di erogazione e monitoraggio dei contributi percentuali sugli incassi realizzati in sala dalle opere cinematografiche, giacché il sopravvenuto decreto ministeriale 8 febbraio 2013 n. 67271 espressamente abroga il decreto ministeriale del 2012, sebbene la società ricorrente abbia riproposto per buona parte le censure già dedotte nel ricorso principale anche nei confronti del nuovo atto nell’impugnazione attivata con atto recante motivi aggiunti, essendo stato eliminato dal mondo giuridico attraverso l’istituto della abrogazione il decreto ministeriale del 2012 a suo tempo impugnato ed avendo chiarito l’art. 9, comma 1, del decreto ministeriale n. 67271 del 2013, quale norma recante disposizioni transitorie, che le nuove disposizioni estendono la loro applicazione anche nei confronti dei “film per i quali è stata presentata istanza per l’ammissione ai benefici di legge di cui all’art. 9 del decreto legislativo a partire dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto del Ministero per i beni e le attività culturali 30 dicembre 2010 di sospensione dell’efficacia del d.m. 16 luglio 2004 e successive modificazioni (…)”, non sopravvive l’interesse alla decisione da parte della società ricorrente anche con riferimento al primo gravame, dal momento che l’abrogazione realizzata dal decreto del 2013, per espressa indicazione dello stesso, coinvolge l’intero ambito di applicazione della disciplina contenuta nel decreto del 2012 impugnato con il ricorso principale, sicché, per tale parte deve rivelarsi il sopravvenuto difetto di interesse in capo alla società medesima a coltivare il relativo gravame, con dichiarazione di improcedibilità rispetto a quella impugnazione.
Va infine riferito, per completezza, che successivamente alla udienza del 26 marzo 2015, nel corso della quale la controversia è stata trattenuta in decisione, con decreto ministeriale 7 aprile 2015 l’efficacia del decreto n. 67271 del 2013 è stata sospesa (analogamente a quanto accadde nel 2010), ma tale vicenda non incide sul presente contenzioso, comunque processualmente “congelato” in epoca antecedente a tale fatto nuovo.
8. – Resta dunque al Collegio di scrutinare esclusivamente le censure dedotte dalla società ricorrente nei confronti del decreto del Ministero per i beni e le attività culturali n. 67271 dell’8 febbraio 2013 recante modalità tecniche di erogazione e monitoraggio dei contributi percentuali sugli incassi realizzati in sala dalle opere cinematografiche.
In argomento va anzitutto chiarito che, in realtà, la società ricorrente con l’atto recante motivi aggiunti, pur chiedendo nelle conclusioni l’annullamento dell’intero decreto, in realtà censura soltanto alcune previsioni normative in esso contenute;e quindi:
- quella recata dall’art. 1, comma 1, relativa all’ordine di priorità di imputazione dei c.d. contributi incassi;
- quella recata dall’art. 9 che stabilendo l’applicazione retroattiva del decreto rende retroattivo anche il meccanismo di imputazione dei c.d. contributi incassi;
- quella recata dall’art. 2, comma 1, che fissa un meccanismo di riduzione proporzionale dell’importo del contributo dovuto alla singola impresa cinematografica, qualora nel corso dell’esercizio finanziario si raggiunga un “tetto” di spesa, da fissarsi per ciascun esercizio finanziario con decreto ministeriale.
Ne deriva, quindi, che lo scrutinio del Collegio sarà limitato alla verifica di legittimità delle sopra descritte previsioni con la conseguenza che eventuali annullamenti giudiziali non potranno che essere limitati alle singole parti del decreto per come effettivamente impugnate.
9. - Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente evidenzia, nel meccanismo recato per il riconoscimento dei contributi statali dal decreto impugnato, la presenza della stessa patologia a suo avviso propria (anche) del (precedente) decreto ministeriale del 2012 e consistente nella violazione di legge con riguardo all’art. 10 del decreto legislativo n. 28 del 2004.
Afferma la ricorrente che il Ministero, mentre nel nuovo decreto di sostegno alla produzione n. 67272 del 2013 rispetto al precedente del 2012 (a suo tempo impugnato), “ha previsto opportunamente all’art. 4, comma 5, che, nel caso di film riconosciuti di interesse culturale e quindi destinatari del contributo statale ai sensi dell’art. 13 Legge Cinema (…) allo Stato è corrisposta la parte percentuale dei proventi corrispondenti alla propria quota di diritti di sfruttamento del film stesso, fino alla concorrenza di quanto erogato, cioè fino all’integrale recupero da parte dello Stato del contributo erogato” (così, testualmente, a pag 9 del ricorso recante motivi aggiunti) solo dopo che “i proventi netti derivanti dallo sfruttamento sia della quota di titolarità dell’impresa di produzione che di quella di cui al comma 4, ultimo periodo, abbiano consentito la copertura del costo industriale del film a carico dell’impresa di produzione” (così ancora, testualmente, a pag 9 del ricorso recante motivi aggiunti).
In altri termini, sostiene la ricorrente, seppure diverse sono le disposizioni della c.d. legge cinema che disciplinano i contributi alle imprese cinematografiche delle quali costituiscono attuazione i due decreti ministeriali in questione, vale a dire l’art. 13 quanto ai contributi a sostegno della produzione e l’art. 10 della medesima legge quanto ai contributi dovuti in ragione degli incassi conseguiti, in entrambi i casi la legge fissa il diritto dell’impresa a coprire in via prioritaria il costo del film a proprio carico e solo dopo consente di riconoscere allo Stato il pagamento di quanto ad esso spettante.
Al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente con riferimento alle previsioni dell’art. 10 del decreto legislativo n. 28 del 2004 in ordine al meccanismo di erogazione e gestione dei “contributi incassi” (e mentre il d.m. 67272 del 2013 rispetta l’identico meccanismo previsto dall’art. 13 della c.d. legge cinema), il d.m. n. 67271 del 2013, all’art. 1, comma 2, prevede il seguente ordine di priorità nella gestione del contributo riconosciuto alla singola impresa:
a) rimborso, anche mediante compensazione, dei contributi statali di cui all’art. 13 del decreto legislativo.
b) copertura del residuo costo industriale dell’opera filmica, ovvero, nel caso in cui non siano stati ottenuti contributi di cui alla lettera a), totale copertura dello stesso;
c) realizzazione, per l’eventuale quota residua, di opere filmiche di interesse culturale, entro cinque anni dalla liquidazione dei contributi di cui al comma 1.
Da tale previsione discenderebbero, ad avviso della società ricorrente, due ordini di patologie: la violazione dell’art. 10 del decreto legislativo n. 28 del 2004 (già manifestata nei confronti del corrispondente decreto ministeriale del 2012 con il ricorso principale) nonché l’eccesso di potere per contraddittorietà con riguardo al decreto ministeriale n. 67272 del 2013 che (correttamente rispetto all’art. 13 della c.d. legge cinema) disciplina il meccanismo della imputazione delle somme riconosciute a sostegno della produzione filmica.
10. – E’ bene, ad avviso del Collegio, rammentare ancora che l’art. 10, comma 2, del decreto legislativo n. 28 del 2004 così recita: “Il contributo di cui al comma 1 è destinato prioritariamente all'ammortamento dei mutui contratti per la produzione del film e finanziati ai sensi dell'articolo 12, comma 3, lettera a), e per il residuo entra nel patrimonio dell'impresa anche al fine del reinvestimento, da parte del medesimo beneficiario, nella produzione di film che abbiano i requisiti di cui all'articolo 5, secondo le modalità indicate nel decreto ministeriale di cui al comma 4”.
Il successivo comma 4 prevede che con decreto ministeriale “sono stabiliti il tetto massimo di risorse finanziarie, a valere sulla quota cinema del Fondo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, destinate” ai diversi incentivi alla produzione, nonché “le modalità tecniche di erogazione dei medesimi, i tempi e le modalità dell'eventuale reinvestimento nella produzione del contributo di cui al comma 1, nonché le modalità tecniche di monitoraggio circa l'impiego dei contributi erogati”. La stessa disposizione aggiunge che con “il medesimo decreto sono, altresì, definite la periodicità di rilevazione degli incassi lordi ai fini della liquidazione dei contributi di cui al comma 1 ed al comma 5, e la percentuale del contributo di cui al comma 1 da versare alla Società italiana degli autori ed editori (...) come corrispettivo del servizio di rilevazione”.
Va poi ulteriormente rammentato che la Corte costituzionale con la sentenza 19 luglio 2005 n. 285 ha precisato tra l’altro, con riferimento alle norme recate dal decreto legislativo n. 28 del 2004 (respingendo buona parte delle diverse censure di illegittimità costituzionale rivolte al testo normativo dalle Regioni Toscana ed Emilia Romagna), come “le disposizioni che prevedono il sostegno finanziario ad opere cinematografiche che presentino particolari qualità culturali ed artistiche si connotano (…) per il fatto di incidere sulla collocazione dell'offerta cinematografica sul mercato, nell'ottica della tutela dell'interesse, costituzionalmente rilevante, della promozione e dello sviluppo della cultura (art. 9 Cost.)”. La Corte ha poi chiarito, proprio con riguardo all’art. 10 del decreto legislativo n. 28 del 2004, che “Pur in una disposizione di delega notevolmente sintetica come l'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 (Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici), specie considerando la notevole complessità della normativa vigente nelle cinque differenziate materie rispetto alle quali la delega legislativa è stata conferita, emergono alcuni elementi che indicano con certezza come la delega nel settore cinematografico possa essere intesa nel senso di riguardare anche le disposizioni relative al finanziamento del settore, ivi compresa la rideterminazione dei requisiti per accedere ad essi. Anzitutto la delega non è meramente di riordinamento, ma è relativa al "riassetto" del settore;in secondo luogo, l'art. 10, comma 2, prevede che i decreti delegati non possano determinare «nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato»;in terzo luogo, soprattutto, l'art. 10, comma 2, lettera c), individua come principi e criteri direttivi anche il «miglioramento dell'efficacia degli interventi concernenti [...] le attività culturali, anche allo scopo di conseguire l'ottimizzazione delle risorse assegnate» e la «chiara indicazione delle politiche pubbliche di settore, anche ai fini di una significativa e trasparente impostazione del bilancio» (sull'interpretazione delle leggi di delegazione, cfr., ad es., sentenze n. 53 e n. 52 del 2005;n. 220 e n. 125 del 2003, n. 425 e n. 163 del 2000)”.
11. – I sopra riprodotti passi normativi e giurisprudenziali militano nel senso di consentire al Collegio di affermare come sia la legge di delega, che il decreto legislativo delegato, con disposizioni che (fino ad ora) hanno superato il vaglio della Corte costituzionale, consentono al Ministero, per il tramite di decreto ministeriale, di stabilire “le modalità tecniche di erogazione dei (contributi) medesimi, i tempi e le modalità dell'eventuale reinvestimento nella produzione del contributo” oltre al meccanismo di monitoraggio circa l’impiego dei contributi erogati, ciò tuttavia pur sempre nel rispetto delle indicazioni recate dall’art. 10 (per quanto concerne, ovviamente, il c.d. contributo incassi), nella parte in cui esplicitamente stabilisce che il ridetto contributo va imputato con la seguente scala di priorità:
A) anzitutto provvedere all'ammortamento dei mutui contratti per la produzione del film e finanziati ai sensi dell'articolo 12, comma 3, lettera a) (vale a dire attraverso il Fondo istituito con detto articolo nella parte in cui è volto “al sostegno degli investimenti promossi dalle imprese cinematografiche per la produzione di opere filmiche, anche con riferimento alla realizzazione di colonne sonore, e per lo sviluppo di sceneggiature originali di particolare rilievo culturale e sociale);
B) e per il residuo consentire che le somme “superstiti” entrino nel patrimonio dell'impresa anche al fine del reinvestimento, da parte del medesimo beneficiario, nella produzione di film che abbiano i requisiti di cui all'articolo 5
Il d.m. impugnato, all’art. 1, comma 2, esplicitamente stabilisce che i contributi (c.d. incassi) debbano essere utilizzati secondo la seguente scala di priorità:
a) rimborso, anche mediante compensazione, dei contributi statali di cui all'art. 13 del decreto legislativo;
b) copertura del residuo costo industriale dell'opera filmica, ovvero, nel caso in cui non siano stati ottenuti contributi di cui alla lettera a), totale copertura dello stesso;
c) realizzazione, per l'eventuale quota residua, di opere filmiche di interesse culturale, entro cinque anni dalla liquidazione dei contributi di cui al comma 1.
Appare evidente che inserendo il Ministero, nell’ordine delle priorità di utilizzo dei contributi e prima della copertura dei costi per la realizzazione dell’opera cinematografica la voce “rimborso, anche mediante compensazione, dei contributi statali di cui all'art. 13 del decreto legislativo”, ha introdotto una nuova metodologia di impiego dei contributi non presente nella fonte primaria rispetto alla quale, per la specifica parte relativa alla individuazione dell’ordine progressivo di utilizzo dei ridetti contributi, il decreto non può che assumere ruolo meramente esecutivo non potendo innovare tale aspetto della materia rispetto alla fonte primaria, non solo per la specificità e completezza della disposizione recata dal decreto legislativo ma per l’espressa individuazione del perimetro normativo attribuito al Ministero attraverso l’adozione del decreto “sui contributi incassi” da parte dell’art. 10, comma 4, del decreto legislativo n. 28 del 2004.
Lo stravolgimento del meccanismo inerente all’ordine di priorità di utilizzo dei benefici economici riconosciuti all’impresa cinematografica in ragione degli incassi ottenuti dalla proiezione dei film nelle sale cinematografiche si allontana dalla “ratio” della fonte primaria che evidentemente vuole indirizzare il contributo, in via prioritaria, al recupero dei costi sostenuti per la produzione del film, in ragione del fatto che quest’ultimo presenta le caratteristiche idonee a giustificare l’erogazione di un contributo a carico dello Stato.
Deriva da quanto sopra la fondatezza del primo ordine di censure dedotte dalla società ricorrente, potendo il Collegio convenire sulla segnalata patologia di violazione di legge che si appunta sulla disposizione del decreto ministeriale n. 67271 del 2013 contenuta nell’art. 1, comma 2.
12 – In conseguenza di quanto si è più sopra osservato, stante la stretta correlazione tra la previsione dell’art. 1, comma 2, del decreto impugnato e quella recata dallo stesso decreto all’art. 9, grazie alla quale il meccanismo circa l’ordine di priorità sopra censurato trova applicazione, in via retroattiva, e nello specifico “ai film per i quali è stata presentata istanza per l’ammissione ai benefici di legge di cui all’art. 9 del decreto legislativo a partire dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto del Ministero per i beni e le attività culturali DM 30 dicembre 2010 di sospensione dell’efficacia del d.m. 16 luglio 2004 (…)”, la caducazione per effetto dell’appurata illegittimità della previsione recata dall’art. 1, comma 2, del d.m. n. 67271 del 2013 travolge, inevitabilmente, anche la previsione recata dall’art. 9 del suddetto decreto ministeriale, nella sola parte in cui si riferisce all’applicazione del meccanismo relativo all’ordine di priorità di imputazione del contributo.
13. – Non condivide il Collegio, al contrario di quanto viene sostenuto dalla società ricorrente, la censura che ha quale bersaglio la previsione contenuta nell’art. 2, comma 1, del più volte citato decreto ministeriale del 2013.
In sintesi la società ricorrente contesta, pur condividendo in via di massima lo scopo manifestato dal Ministero con la norma censurata di voler controllare la spesa, ritiene non corretto il duplice strumento nel concreto individuato dal dicastero per raggiungere siffatto obiettivo attraverso la fissazione da un lato di un tetto di spesa, corrispondente all’importo massimo impiegabile dallo Stato per il riconoscimento di contributi alle imprese cinematografiche nel corso del singolo esercizio finanziario e, per altro verso, con la introduzione di un meccanismo di riduzione proporzionale dell’importo riconosciuto a ciascuna impresa cinematografica ammessa al contributo in caso di raggiungimento, nel corso dell’esercizio finanziario, di quel “tetto”.
Tale meccanismo, ad avviso della ricorrente, è da giudicarsi “irrazionale e sviante” (così, testualmente, a pag. 15 del ricorso recante motivi aggiunti) stante l’automatismo del suo impiego senza neppure prevedere “misure compensative e/o selettive in grado di assicurare, in ogni caso, che l’importo dovuto per ciascuna istanza non scenda oltre una determinata soglia minima di adeguatezza” (ancora, testualmente, a pag. 15 del ricorso recante motivi aggiunti)
Il Collegio non è dello stesso avviso della ricorrente sul punto.
Premesso che, in virtù dell’art. 10, comma 4, del decreto legislativo n. 28 del 2004 spetta al Ministero, con il decreto ministeriale in questione, di stabilire “il tetto massimo di risorse finanziarie” destinate ai diversi incentivi da riconoscere alle imprese cinematografiche e quindi anche di fissare le modalità per raggiungere tale obiettivo, pare evidente che la riduzione proporzionale del singolo riconoscimento,una volta raggiunto nel corso dell’esercizio finanziario il previsto “tetto di spesa” costituisca una delle possibili soluzioni che non reca in sé profili di irragionevolezza e rispetto alla quale questo giudicante non può contestare evidenti patologie, non rinvenendosene peraltro, anche sotto il profilo della (il)logicità tali da provocarne la sussunzione nell’alveo dei vizi idonei a provocare l’annullamento della previsione decreto ministeriale con riguardo alla disposizione recata dall’art. 2, comma 1. ai sensi dell’art. 21-octies, comma 1, della legge 7 agosto 1990 n. 241.
Ne deriva la dichiarazione di infondatezza delle relativa censura contenuta nell’atto contenente motivi aggiunti.
14. – In ragione delle suesposte osservazioni il ricorso principale va in parte dichiarato improcedibile ed in parte deve esserne dichiarata la cessazione della materia del contendere, mentre il ricorso recante motivi aggiunti va accolto in parte nei limiti e nei termini di cui in motivazione, con annullamento “in parte qua” del decreto ministeriale n. 67271 dell’8 febbraio 2013 limitatamente alle disposizioni impugnate nella quota in cui non si conformano ai principi espressi nella presente decisione e sopra sintetizzati.
Stante la peculiarità della vicenda contenziosa e della novità delle questioni che la caratterizzano, stima il Collegio che sussistano i presupposti, di cui all’art.92 c.p.c. novellato, per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare le spese di giudizio tra tutte la parti costituite.