TAR Palermo, sez. III, sentenza 2019-05-09, n. 201901278

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. III, sentenza 2019-05-09, n. 201901278
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201901278
Data del deposito : 9 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/05/2019

N. 01278/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01060/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1060 del 2012, proposto da
M S, M B, A S e A S, rappresentati e difesi dall'avvocato M G, con domicilio eletto presso lo studio Tiziana Milana in Palermo, via Noto n. 12;

contro

Comune di Erice, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S M C, con domicilio eletto presso lo studio Maria Beatrice Miceli in Palermo, via n. Morello, n.40;

per la condanna

al risarcimento del danno ingiusto, per equivalente monetario, derivante dalla mancata disponibilità del bene da collocare sul mercato e/o il suo deprezzamento, nella misura del danno emergente e del lucro cessante, stante il pregiudizio economicamente valutabile, connesso all’illecito comportamento del Comune di Erice, discendente dal provvedimento illegittimo annullato dal T.A.R. di Palermo con la sentenza n. 14293/10.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Erice;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 10 aprile 2019 il dott. C C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso depositato il 19 giugno 2012 e regolarmente notificato il 23 maggio 2012, i suindicati i ricorrenti, n.q. di eredi del sig. Francesco Scarpitta, hanno esposto di essere proprietari di un terreno sito in Erice, Casa Santa, tra via Cesarò e Piazza Lucca, censito al N.C.T. foglio 186, part. 299 esteso complessivamente mq. 1953.

Per il suddetto terreno, nel 1995, in ossequio al vigente programma di fabbricazione del Comune di Erice in Z.T.O. B1, era stata presentata un’istanza di concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato di civile abitazione.

Il rigetto da parte del Comune di tale istanza era stato impugnato dinnanzi al T.A.R. (R.G. 2653/1997) e annullato con sentenza n. 14293/2010 del 15 dicembre 2010 per illogicità e contraddittorietà della motivazione.

In pendenza del ricorso, il predetto terreno, con il P.R.G., approvato con D.A. n. 44/DRU/2001, era stato destinato a parcheggio pubblico.

Con istanza del 7 febbraio 2012, in forza della suddetta sentenza, i proprietari dell’area chiedevano una modifica del P.R.G. onde consentire l’attività edificatoria illegittimamente negata con il provvedimento di diniego annullato dal T.A.R.

Con nota del 12 marzo 2012, il Comune di Erice, nel riscontrare la predetta istanza, ha evidenziato come, in ragione di una generale revisione del P.R.G., fosse intenzione dell’ente locale reiterare il vincolo preordinato all’esproprio - decaduto e non rinnovato - sulla suddetta area, sicché, nelle more dell’approvazione della variante urbanistica, nei sensi anzidetti, l’attività edificatoria doveva ritenersi consentita nei limiti di cui alla circolare A.R.T.A. 20 marzo 1989, n. 14159, con l’esclusione, pertanto, delle nuove costruzioni.

Nonostante gli ulteriori tentativi promossi dai ricorrenti per ottenere la chiesta variante, il Comune di Erice è rimasto silente, sicché, con il presente giudizio, i ricorrenti hanno chiesto il risarcimento del danno subito per l’illegittima attività amministrativa accertata nella sentenza T.A.R. e per la conseguente impossibilità di realizzare le opere richieste nel 1995.

Si è costituito in giudizio il Comune di Erice che ha depositato della documentazione e con memoria del 7 marzo 2019 ha chiesto il rigetto del ricorso evidenziando come nel ricorso promosso al T.A.R. avverso il provvedimento di diniego la parte ricorrente, alla camera di consiglio del 31 luglio 1997 fissata per decidere l’istanza di sospensione, aveva chiesto il rinvio della trattazione al merito.

Inoltre, ad esclusione della costituzione in prosecuzione dei signori S A, S A, S M e B M, quali eredi di S F il 28 aprile 2010, nessuna altra attività era stata svolta nel giudizio dai ricorrenti fino all’udienza del 9 novembre 2010, data in cui, la causa è stata posta in decisione e successivamente definita con sentenza del 15 dicembre 2010, n. 14293, divenuta irrevocabile il 15 giugno 2011 di cui si è chiesta l’esecuzione, tramite variante al P.R.G., solo dopo un anno e 56 giorni, con il conseguente decadenza dall’azione risarcitoria, giacché non proposta nel termine di cui all’art. 30, comma 5, c.p.a.

Il Comune ha altresì evidenziato come il risarcimento del danno sia da escludere anche in applicazione del combinato disposto dell’art. 30, comma 3, ultima parte del c.p.a. e dell’art. 1227 c.c.

Con memoria ex art. 73, comma 1, c.p.a., i ricorrenti hanno replicato alle argomentazioni difensive spese dal Comune di Erice.

All’udienza di smaltimento del 10 aprile 2019, presenti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione,

DIRITTO

L’eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso sollevata dal Comune intimato non è fondata.

E invero, giacché la presente controversia ha a oggetto un’azione risarcitoria conseguente all’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa cui non è applicabile ratione temporis il termine di decadenza previsto dall’art. 30, comma 3, c.p.a. (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. n. 6/2015), ma il termine di prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c.

Nel merito, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Come ribadito anche in recentissime sentenze rese da questa Sezione (da ultimo cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 3 aprile 2019, n. 944), sull’istante portatore di un interesse legittimo pretensivo grava un preciso onere di attivazione al fine di reagire all’attività illegittima dell’Amministrazione.

Affinché il pregiudizio economico del privato possa qualificarsi come danno risarcibile, occorre verificare che il danneggiato - secondo un criterio di ordinaria diligenza codificato all’art. 1227, comma 2, c.c. che, nell’analitica della responsabilità della P.A., si declina (diversamente che per i rapporti privati [cfr. Cass. Civ., Sez. II, 13 gennaio 2014, n. 470]), ai sensi dell’art. 30, comma 3, ultima parte, c.p.a., anche con l’esperimento delle azioni impugnatorie e di condanna previste dal c.p.a. (cfr. T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. II, 14 maggio 2018, n. 437 e Cons. Stato, Sez. III, 14 settembre 2018, n. 5383 che ne evidenzia la valenza di principio generale già immanente nell’ordinamento ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c., e, pertanto applicabile anche alle fattispecie ante codice del processo amministrativo) - abbia attivato tutto il complesso di poteri e facoltà procedimentali e di reazione processuale concessi dall’ordinamento.

In tale ambito rientrano, altresì, gli strumenti di tutela cautelare (Cons. Stato, Sez. V, 27 dicembre 2017, n. 6087) in grado di escludere o limitare le conseguenze dannose del provvedimento illegittimo

così da garantire una tempestiva tutela delle posizioni giuridiche del danneggiato (Cons. Stato, Sez. V, 27 maggio 2014, n. 2708).

Nel caso che ci occupa, è circostanza pacifica poiché non contestata dalle parti e comprovata per tabulas che la dante causa dell’odierna parte ricorrente abbia rinunciato alla tutela cautelare chiedendo il rinvio al merito e che, per oltre dodici anni non ci sia stato nessun impulso di parte al fine di ottenere la decisione del ricorso.

Emerge ictu oculi che, ove la parte non avesse rinunciato alla tutela cautelare, avrebbe con alta probabilità - atteso l’esito finale della causa - ottenuto un provvedimento favorevole di accoglimento in grado di elidere gli effetti pregiudizievoli lamentati.

In ogni caso, dalla data di fissazione dell’udienza camerale per la discussione dell’istanza cautelare, 31 luglio 1997, alla data di adozione del nuovo P.R.G. del Comune di Erice, sono trascorsi ulteriori quattro anni senza che la parte ricorrente abbia compulsato il Tribunale per ottenere la fissazione dell’udienza di trattazione o per reiterare la domanda cautelare in vista dell’approvazione del nuovo strumento urbanistico.

Da quanto fin qui esposto consegue il rigetto della domanda risarcitoria.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza ex artt. 26 c.p.a. e 91 c.p.c. e si liquidano applicando i minimi tariffari previsti dal d.m. n. 55/2014, relativamente alla fase studio (euro 2.721,00) e alla fase introduttiva (euro 1.580,00), tenuto conto dello scaglione di valore applicabile (da € 520.001 a € 1.000.000) e della non particolare complessità delle questioni giuridiche affrontate. Non si procede, invece, alla liquidazione della fase istruttoria e di trattazione e della fase decisionale, giacché la prima non è stata concretamente svolta e la seconda è consistita in una mera riproposizione delle argomentazioni già esposte con l'atto introduttivo.

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