TAR Roma, sez. II, sentenza 2022-06-27, n. 202208763

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2022-06-27, n. 202208763
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202208763
Data del deposito : 27 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/06/2022

N. 08763/2022 REG.PROV.COLL.

N. 04338/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4338 del 2021, proposto dal Prof. -OMISSIS--OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avvocati Prof. C R, G G e M R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso l’Ufficio Legale Nazionale del -OMISSIS-, sito in Roma, Viale G. Mazzini n. 73;

contro

Roma Capitale, in persona del suo Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati Luigi D’Ottavi, G P, P L P e N S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso gli uffici dell’Avvocatura Capitolina siti in Roma, Via del Tempio di Giove n. 21;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati Prof. C R, G G, M R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in
Roma, Viale G. Mazzini n. 73;

PER L'ACCERTAMENTO, AI SENSI DELL'ART. 3 D.LGS. N. 198 DEL 2009, DELLA VIOLAZIONE DELL'OBBLIGO DI PROVVEDERE DI CUI ALL'

ARTICOLO

1,

COMMA

1, CIT. D.LGS.

e consistente nella mancata adozione, nel termine di 90 giorni dal ricevimento della diffida ex art. 1 e ss d.lgs n. 198/2009, da intendersi anche quale diffida ex art. 2 e ss l. n. 241/1990 ai fini del silenzio inadempimento, notificata in data 25 novembre 2020, di tutti quegli atti amministrativi di carattere generale ed obbligatorio e non aventi carattere normativo, di cui alle disposizioni nella stessa diffida richiamate, idonei ad adempiere l’obbligo di manutenzione stradale di cui all’art. 14 D.Lgs. 285/92, ivi compresi gli interventi previsti nel Documento Unico Programmatico 2018-2020 e riportati nei successivi DUP 2019-2021 e 2020-2022, nonché di ogni misura idonea a ripristinare la corretta erogazione del servizio di manutenzione stradale sulla base degli standard qualitativi già stabiliti all’interno dei Piani per la Performance richiamati, e/o comunque a riportare in termini di normale tollerabilità le condizioni del manto stradale del territorio della città di Roma.

E CONTESTUALMENTE RICHIEDENDO A CODESTO TRIBUNALE ADITO DI ORDINARE A ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco p.t.:

di porvi rimedio entro un congruo termine, nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum ;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2022 il dott. M T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’odierno ricorrente, con ricorso regolarmente notificato e depositato presso la segreteria di questo TAR, ha esposto che:

- “ le strade della città di Roma si trovano in una condizione di incuria ed abbandono nella quasi totalità del territorio. Le vie del centro, così come quelle della periferia, sono, infatti, dissestate e disseminate di buche e avvallamenti. Tale condizione è la conseguenza di fratture del cemento causate da pioggia, eventi atmosferici e radici sotterranee di piante ed alberi ed è, altresì, la causa di notevoli disagi per chiunque transiti per le strade della città, dai pedoni ai motociclisti e dagli utenti del servizio di trasporto pubblico agli automobilisti ”;

- “ in questa situazione, la circolazione è ancora più difficoltosa per i soggetti a mobilità ridotta che necessitano di ausilio o di carrozzelle o altri dispositivi per il movimento e che, a causa delle pessime condizioni del manto stradale, trovano ancora più difficoltà nel movimento per le strade della Capitale ”;

- “ la rassegna stampa nazionale è colma di articoli e notizie relative al cattivo stato di manutenzione delle strade della Capitale ”;

- in data 25 novembre 2020, il ricorrente (insieme a -OMISSIS-) notificava al Comune di Roma un’istanza ex art. 1 e ss. d.lgs n. 198 del 2009, da intendersi anche quale diffida ex art. 2 e ss. della legge n. 241 del 1990 ai fini del silenzio inadempimento, con cui diffidava l’Amministrazione resistente “ad adottare, entro e non oltre 90 giorni dal ricevimento della presente, gli atti amministrativi generali ed obbligatori e non aventi carattere normativo di cui alle disposizioni tutte sopra richiamate, ivi compresi gli interventi previsti nel Documento Unico Programmatico 2018-2020 e riportati nei successivi DUP 2019-2021 e 2020-2022, nonché ad adottare ogni misura idonea a ripristinare la corretta erogazione del servizio di manutenzione stradale sulla base degli standard qualitativi già stabiliti all’interno dei Piani per la Performance richiamati in narrativa, e/o comunque a riportare in termini di normale tollerabilità le condizioni del manto stradale del territorio della città di Roma”.

Sulla base di tali allegazioni, il ricorrente ha promosso l’odierno giudizio ex art. 1 del d.lgs n. 198 del 2009 (c.d. ricorso per l’efficienza della pubblica amministrazione), per far valere una “ lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi ” derivante “ dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento ”, nonché “ dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ” e “ dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 ”. Ciò al fine di condannare Roma Capitale a porre rimedio alle succitate inefficienze appalesate nella manutenzione della rete stradale comunale.

Roma Capitale si è costituita regolarmente in giudizio, instando per il rigetto del ricorso ed eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva ed interesse ad agire, nonché – avuto riguardo alla normativa processuale speciale che governa la materia ( id est l’art. 1 del d.lgs. n. 198 del 2009) – per omessa prospettazione da parte del ricorrente di “ una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi” .

È intervenuta successivamente in giudizio l’associazione -OMISSIS-, con atto di intervento ad adiuvandum volto ad instare per l’accoglimento del ricorso.

Alla camera di consiglio del 9 febbraio 2022 fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, parte ricorrente ha rinunziato alla domanda di misure cautelari e il Collegio ha rinviato all’udienza pubblica dell’8 giugno 2022.

Seguiva il deposito di memorie difensive.

Inoltre:

- con istanza istruttoria depositata in data 3 giugno 2022, parte ricorrente instava per un ordine giudiziale di esibizione ex artt. 63 c.p.a. e 210 c.p.c. di plurimi documenti in possesso di Roma Capitale, tra cui “ tutti gli atti e/o documenti e/o le attività istruttorie svolte dalla Commissione dei Lavori Pubblici incaricata dal Comune di Roma chiamata a valutare le proposte pervenute dalle aziende con riferimento al bando comunale per la manutenzione stradale del 2021 ”;

- con ulteriore istanza depositata in data 8 giugno 2022 in concomitanza con l’udienza pubblica, parte ricorrente chiedeva in via principale di disporre l’“ audizione del Prof. -OMISSIS--OMISSIS-, ai sensi dell’art. 63, cpa, al fine di fornire chiarimenti al collegio sui fatti di causa ”, ed in subordine di “ disporre l’esecuzione di apposita verificazione allo scopo di accertare se sul territorio di Roma Capitale dal 2018 al 2022, la situazione della mobilità dei disabili sia migliorata o peggiorata ”.

All’udienza pubblica dell’8 giugno 2022, la causa è stata dapprima discussa e poi trattenuta in decisione.

Tanto premesso in punto di fatto, il Collegio ritiene che sia necessario esaminare partitamente dapprima il ricorso introduttivo e poi l’atto di intervento ad adiuvandum .

- SUL RICORSO INTRODUTTIVO

Il ricorso introduttivo è inammissibile per difetto di allegazione di una specifica condizione processuale prescritta dalla disciplina di legge speciale che governa il caso de quo , e cioè quella della “ lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi” (cfr. art. 1, primo comma, del d.lgs. n. 198 del 2009), id est degli specifici interessi dell’odierno ricorrente.

In dettaglio, il giudizio de quo è stato instaurato con ricorso ex art. 1 del d.lgs. n. 198 del 2009, il quale prevede - sotto la rubrica “ Presupposti dell’azione e legittimazione ad agire ” – il seguente corredo di regole:

1. Al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio, con le modalità stabilite nel presente decreto, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali definite dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

1-bis. Nel giudizio di sussistenza della lesione di cui al comma 1 il giudice tiene conto delle risorse strumentali, finanziarie, e umane concretamente a disposizione delle parti intimate”.

Si tratta della c.d. azione per l’efficienza della pubblica amministrazione, azione volta a rimuovere ogni disfunzione sistematica dei servizi pubblici e ad assicurare il pieno soddisfacimento dell’utenza nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie e umane delle amministrazioni intimate.

Condizione imprescindibile ed espressa dell’azione de qua è la preventiva sussistenza di “ una lesione diretta, concreta ed attuale ” degli interessi del soggetto ricorrente (soggetto che può essere non soltanto un’associazione ma anche una persona fisica, cfr. nei termini, T.A.R. Lazio - Roma, sez. II quater, n. 2257/2014 del 26 febbraio 2014, e T.A.R. Lazio - Roma, sez. III bis n. 9546/2015).

In particolare, in disparte il tema generale della legittimazione ad agire, la giurisprudenza sviluppatasi in subiecta materia ha condivisibilmente affermato che “ una volta verificata l’ammissibilità dell’azione e la legittimazione ad agire, resta da scrutinare la sussistenza di un’altra condizione dell’azione: l’interesse al ricorso. A mente dell’art. 1 comma 1 del d.lgs 198/09 - riproduttivo della regola processuale generale - la proposizione dell’azione è condizionata alla sussistenza di una “lesione diretta, concreta ed attuale”, derivante dalle omissioni o dalla gestione inefficiente dell’amministrazione. Con tale precisazione il legislatore - richiedendo che sia dimostrata la sussistenza di un interesse che, al di là della sua natura, abbia una sua concretezza e sia stato o sia suscettibile di essere leso - intende evidentemente stemperare la portata dell’ampliamento della legittimazione ad agire, al fine di evitare che l’azione in discorso trasmodi sino a diventare uno strumento di controllo oggettivo e generalizzato dell’operato della P.A. e quindi un modello alternativo alla funzione di controllo politico-amministrativo. Non è sufficiente, quindi, che il ricorrente si limiti a dedurre, come nella specie, l’inefficienza in cui la pubblica amministrazione sarebbe incorsa, ma egli deve anche dedurre la lesione personale che abbia subito o che possa subire, nell’immediato o a breve, al proprio interesse omogeneo a quello di una determinata classe di utenti o consumatori ” (cfr. TAR Basilicata, sezione I, n. 478 del 2011 e, in termini, TAR Lazio, Sezione III bis, n. 9546 del 2015 e T.A.R. Lazio - Roma, sez. II quater, n. 2257 del 2014).

In sintesi, il ricorso per l’efficienza della pubblica amministrazione ex art. 1 del d.lgs. n. 198 del 2009 – sebbene caratterizzato da un indubbio ampliamento dei confini della legittimazione ad agire (estesa a tutti “ i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori ” ed atta a ricomprendere in via eccezionale persino l’intervento litisconsortile del cointeressato, cfr. art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 198 del 2009) – resta comunque un’azione soggettiva e non certo un’azione popolare del quisque de populo .

Con ciò non si vuole affatto negare l’indiscutibile portata generale (capace di trascendere la dimensione del singolo ricorrente) dell’eventuale provvedimento giudiziario che accerta l’inefficienza della pubblica amministrazione a valle del procedimento ex art. 1 del d.lgs. n. 198 del 2009, bensì soltanto sottolineare che per approdare a tale statuizione giudiziaria di portata “generale” occorre, a monte, una lesione diretta, concreta ed attuale di una situazione giuridica soggettiva specifica della parte ricorrente.

Orbene, nel caso di specie il ricorrente – lungi dal prospettare la lesione diretta, concreta ed attuale di un proprio interesse – si è limitato a dedurre un interesse di mero fatto, id est l’interesse a che Roma Capitale efficienti il sistema di manutenzione della rete stradale del proprio (amplissimo) territorio comunale. Difetta in particolare – al di là di alcune generiche e non circostanziate affermazioni – la benché minima allegazione delle specifiche ripercussioni negative che si sono riverberate sulla sfera giuridica del ricorrente a causa dell’asserita mala gestio di Roma Capitale.

Non v’è infatti alcuna traccia:

(a) né dello stato dei luoghi ove il ricorrente risiede;

(b) né degli itinerari stradali che il ricorrente è tenuto giornalmente a seguire;

(c) né delle condizioni rovinose ed insidiose di tali itinerari;

(d) né degli specifici rischi a cui il ricorrente è stato realmente esposto (o a cui potrà essere esposto) nel seguire detti itinerari.

Più nel dettaglio, le uniche allegazioni in fatto di parte ricorrente sono state le seguenti:

- “ è oramai fatto noto che le strade della città di Roma si trovino in una condizione di incuria ed abbandono nella quasi totalità del territorio. Le vie del centro, così come quelle della periferia, sono, infatti, dissestate e disseminate di buche ed avvallamenti. Tale condizione è la conseguenza di fratture del cemento causate da pioggia, eventi atmosferici e radici sotterranee di piante ed alberi ed è, altresì, la causa di notevoli disagi per chiunque transiti per le strade della città, dai pedoni ai motociclisti e dagli utenti del servizio di trasporto pubblico agli automobilisti ” (cfr. pag. 2 del ricorso);

- “ in questa situazione, la circolazione è ancora più difficoltosa per i soggetti a mobilità ridotta che necessitano di ausilio o di carrozzelle o altri dispositivi per il movimento e che, a causa delle pessime condizioni del manto stradale, trovano ancora più difficoltà nel movimento per le strade della Capitale. La consapevolezza della pericolosità delle strade, unitamente ad esperienze personali più o meno dirette di infortuni od incidenti quale conseguenza delle condizioni delle strade comportano notevole disagio per tutti i cittadini – con particolare riferimento ai diversamente abili - che sono costretti a circolare in uno stato emotivo di preoccupazione e paura per la propria incolumità. La rassegna stampa nazionale è colma di articoli e notizie relative al cattivo stato di manutenzione delle strade della Capitale ” (cfr. ancora pag. 2 del ricorso);

- “ in tale ottica il disagio e il rischio vissuto dai soggetti a mobilità ridotta è ancora maggiore. È, infatti, impossibile circolare in sicurezza se si hanno difficoltà nella deambulazione o ci si muove in carrozzella. Chi, infatti, deambula con difficoltà è esposto continuamente al rischio di inciampare nei dislivelli o nelle crepe dell’asfalto e le carrozzine sono spesso impossibilitate a superare dossi o avvallamenti senza un aiuto esterno ” (cfr. pag. 5 del ricorso).

A queste allegazioni generiche e non circostanziate – sostanzialmente mai focalizzate sulla specifica situazione in cui versa l’odierno ricorrente – si affianca la produzione di numerosi articoli di stampa, i quali però non forniscono parimenti alcuna evidenza del contesto specifico del ricorrente.

Altrimenti detto, parte ricorrente non ha mai “personalizzato” ( id est calato nella sua sfera soggettiva) gli effetti pregiudizievoli della denunziata inefficienza di Roma Capitale, con ciò privando l’azione de qua del suo prius logico, vale a dire l’allegazione di una “ lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi ” (cfr. art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 198 del 2009).

Ovviamente il Collegio è ben conscio del fatto che lo standard minimo di allegazione di siffatta lesione non può essere lo stesso atteso in un normale giudizio impugnatorio o risarcitorio, posto che ciò vanificherebbe la forte dimensione meta-individuale del rimedio processuale di cui si discorre.

Immaginando quindi un’ideale scala gerarchica di intensità “allegatoria”, è indubitabile che il minimum di deduzioni imposto dall’odierno rito speciale si posizioni in un livello inferiore rispetto a quello degli altri riti.

Il punto, però, è che nel caso di specie non è stato raggiunto neppure questo più modesto livello, stante la surriferita totale assenza di allegazioni sul contesto specifico dell’odierno ricorrente.

Tali assorbenti considerazioni non appaiono superabili dall’eccezione attorea secondo cui il ricorrente “ agisce in quanto componente di una comunità di utenti/consumatori per la tutela di un interesse riferibile alla suddetta “classe” di appartenenza, leso dall’agire disfunzionale della amministrazione comunale dell’Urbe: il risultato di tale azione, volto ad una corretta erogazione del servizio di viabilità - in caso di esito favorevole del ricorso - esplicherà i suoi effetti a vantaggio della collettività medesima e non meramente del singolo agente ” (cfr. pag. 2 della memoria di parte ricorrente).

L’eccezione non coglie nel segno perché in base ad una piana lettura dell’art. 1 del d.lgs. n. 198 del 2009, il fatto che l’interesse azionato dal ricorrente possa essere omogeneo a (e in una certa qual misura anche rappresentativo di ) quello di una “ pluralità di utenti e consumatori ”, non fa venir meno la necessità che esista comunque a monte “ una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi ”.

In altri termini, ben può il ricorrente farsi latore degli interessi di una comunità di utenti, ma egli deve prima allegare e dimostrare la lesione diretta , concreta ed attuale inferta alla propria sfera giuridica , facendo quindi valere un interesse individuale che precede e affianca quello collettivo.

Sennonchè, lo si ripete, nel caso di specie la suddetta lesione non è mai stata allegata.

Diversamente opinando, del resto, si sarebbe costretti ad affermare che nel rito speciale ex art. 1 del d.lgs. n. 198 del 2009 la singola persona fisica possa agire a tutela di interessi collettivi in luogo degli enti od associazioni specificamente preposti alla protezione di detti interessi, realizzando così una forma di sostituzione processuale che, però, non è affatto consentita dalla legge.

Con l’ulteriore rischio di trasformare il ricorso per l’efficienza in un rimedio volto a soddisfare interessi di natura “popolare” (in vista dell’adozione di imprecisate riforme politico-sociali), con ciò gravando l’Amministrazione di oneri palesemente sproporzionati e pregiudicando quella stessa esigenza di efficienza per cui il ricorso è stato previsto.

Il ricorso introduttivo è quindi inammissibile, con conseguente inammissibilità delle istanze istruttorie eccitate dal ricorrente con note difensive del 3 giugno 2022 ed 8 giugno 2022.

- SULL’ATTO DI INTERVENTO AD ADIUVANDUM

Acclarata l’inammissibilità del ricorso introduttivo, diversamente è a dirsi, invece, per l’atto di intervento dell’Associazione.

Giova premettere, al riguardo, che l’Associazione non auto-qualifica espressamente la natura giuridica del proprio atto di intervento, omettendo quindi di chiarire se si si tratti di intervento adesivo dipendente oppure, invece, di intervento litisconsortile.

Ritiene il Collegio che l’intervento de quo vada qualificato come litisconsortile, atteso che l’Associazione ha fatto valere un interesse collettivo omogeneo e parallelo rispetto a quello individuale del ricorrente ( id est l’interesse delle persone disabili alla sicurezza delle strade), che avrebbe certamente potuto legittimare la proposizione di un autonomo ricorso, giusta il disposto dell’art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 198 del 2009, il quale prevede claris verbis che “ il ricorso può essere proposto anche da associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori di cui al comma 1 ”.

Chiarita la natura litisconsortile dell’intervento ad adiuvandum dell’Associazione, va a questo punto verificato se esso sia ammissibile o meno.

Ad avviso del Collegio, l’intervento non è attinto da alcuna forma di inammissibilità né derivata ( id est dipendente dall’inammissibilità del ricorso introduttivo) né diretta.

Sotto il primo profilo, infatti, la natura litisconsortile o autonoma dell’intervento fa sì che le sue sorti siano svincolate da quelle del ricorso principale, sicchè l’intervento di -OMISSIS- non può dirsi inammissibile soltanto perché inammissibile è il ricorso principale.

Sotto il secondo profilo, è noto che l’intervento adesivo litisconsortile o autonomo è generalmente ammesso nelle materie di giurisdizione esclusiva, oppure qualora il cointeressato sia intervenuto prima della scadenza del termine per impugnare il provvedimento lesivo.

Orbene, nel caso di specie l’art. 1, comma 7, del d.lgs. n. 198 del 2009, devolve chiaramente l’odierno ricorso per l’efficienza della pubblica amministrazione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il che basta a rendere ammissibile l’atto di intervento litisconsortile.

A ciò si aggiunga che anche a voler prescindere dalla sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, va comunque osservato che l’intervento dell’Associazione cointeressata si è perfezionato ben prima della scadenza del termine perentorio per la proposizione del ricorso principale.

Tenuto conto, infatti, che il ricorso avrebbe dovuto essere notificato entro il termine perentorio di 1 anno dalla scadenza del termine di 90 giorni assegnato con la diffida stragiudiziale (cfr. art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 198 del 2009), l’atto di intervento litisconsortile dell’Associazione – notificato in data 10 maggio 2021 e depositato in data 21 maggio 2021 – appare pienamente rispettoso di tale tempistica, di talché esso risulta vieppiù ammissibile.

Né ha pregio affermare, in senso contrario, che la disposizione contenuta nell’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 198 del 2009 (a rigore della quale “ i soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica del ricorrente possono intervenire nel termine di venti giorni liberi prima dell’udienza di discussione del ricorso che viene fissata d’ufficio, in una data compresa tra il novantesimo ed il centoventesimo giorno dal deposito del ricorso ”), legittimerebbe l’intervento ad adiuvandum di quei soli soggetti che versano nella stessa identica situazione giuridica soggettiva del ricorrente.

L’eccezione non merita di essere positivamente apprezzata perché la disposizione di legge in questione – incidendo su una particolare materia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – si limita soltanto a specificare che in detta materia l’intervento litisconsortile, già generalmente ammesso in qualsiasi forma di giurisdizione esclusiva, è possibile per far valere anche (ma non solo) la stessa identica situazione giuridica soggettiva del ricorrente.

Detto in altri termini, si tratta di una norma autorizzativa che chiarisce l’esperibilità dell’intervento litisconsortile anche per far valere la medesima situazione del ricorrente, e non già di una norma proibitiva che vieti ciò che già è generalmente ammesso nella giurisdizione esclusiva, ossia l’intervento litisconsortile volto a far valere una situazione omogenea e parallela rispetto a quella azionata con il ricorso principale.

A ciò si aggiunga che anche a voler ammettere che la disposizione di legge in questione legittimi l’intervento litisconsortile dei soli soggetti che vantino la “ medesima ” situazione giuridica soggettiva del ricorrente principale, non v’è dubbio che nel caso di specie l’interesse azionato dall’Associazione – sebbene riferito all’intera categoria delle persone disabili e non ad una singola persona – coincide però contenutisticamente con il concreto interesse azionato dal ricorrente principale.

Il che milita nuovamente a favore della piena ammissibilità dell’intervento litisconsortile dell’Associazione.

Né osta all’ammissibilità e ricevibilità dell’atto di intervento de quo l’eccezione con cui Roma Capitale denunzia la presunta violazione del termine di riassunzione di 120 giorni ex art. 2 del d.lgs. n. 198 del 2009.

Il disposto dell’art. 2 del d.lgs. n. 198 del 2009 prevede, infatti, che:

1. Il ricorso di cui all’articolo 1 [NDR: il ricorso per l’efficienza della pubblica amministrazione] non può essere proposto se un organismo con funzione di regolazione e di controllo istituito con legge statale o regionale e preposto al settore interessato ha instaurato e non ancora definito un procedimento volto ad accertare le medesime condotte oggetto dell’azione di cui all’articolo 1, né se, in relazione alle medesime condotte, sia stato instaurato un giudizio ai sensi degli articoli 139, 140 e 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.

2. Nell’ipotesi in cui il procedimento di cui al comma 1 o un giudizio instaurato ai sensi degli articoli 139 e 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sono iniziati dopo la proposizione del ricorso di cui all’articolo 1, il giudice di quest’ultimo ne dispone la sospensione fino alla definizione dei predetti procedimenti o giudizi. A seguito del passaggio in giudicato della sentenza che definisce nel merito il giudizio instaurato ai sensi dei citati articoli 139 e 140, il ricorso di cui all’articolo 1 diviene improcedibile. In ogni altro caso, quest’ultimo deve essere riassunto entro centoventi giorni dalla definizione del procedimento di cui al comma 1, ovvero dalla definizione con pronuncia non di merito sui giudizi instaurati ai sensi degli stessi articoli 139 e 140, altrimenti è perento.

3. Il soggetto contro cui è stato proposto il ricorso giurisdizionale di cui all’articolo 1 comunica immediatamente al giudice l’eventuale pendenza o la successiva instaurazione del procedimento di cui ai commi 1 e 2, ovvero di alcuno dei giudizi ivi indicati, per l’adozione dei conseguenti provvedimenti rispettivamente previsti dagli stessi commi 1 e 2 ”.

Orbene, il summenzionato termine di riassunzione di 120 giorni viene in rilievo allorchè il ricorrente avvii un giudizio amministrativo per l’efficienza della pubblica amministrazione ex d.lgs. n. 198 del 2009 e poi - in un secondo momento - instauri anche una class action civilistica “ ai sensi degli articoli 139 e 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206” , la quale sfocia in una sentenza di rito insuscettibile di acquisire forza di giudicato.

Soltanto in questa specifica ipotesi, pertanto, il ricorrente – stante la sospensione del giudizio amministrativo innescata dal sopravvenuto avvio della class action civilistica – è gravato dall’onere della riassunzione del giudizio amministrativo (a pena di perenzione dello stesso) entro il termine di 120 giorni dalla definizione in rito della causa civile.

Sennonchè, il caso de quo non rientra ictu oculi nella fattispecie testè menzionata, atteso che l’odierno giudizio per l’efficienza della pubblica amministrazione è stato instaurato soltanto dopo la conclusione della class action civilistica, sicchè difettano in radice i presupposti per l’applicazione del summenzionato meccanismo riassuntivo e del relativo termine perentorio di riassunzione.

Ne discende che l’unico termine realmente applicabile all’atto di intervento de quo è soltanto quello previsto dall’art. 1, comma 3, del d.lgs n. 198 del 2009, a rigore del quale “ i soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica del ricorrente possono intervenire nel termine di venti giorni liberi prima dell’udienza di discussione”.

Orbene, tale termine è stato puntualmente rispettato nel caso di specie.

Va da sé, quindi, che l’atto di intervento di -OMISSIS- è pienamente ricevibile ed ammissibile.

Né è revocabile in dubbio il fatto che l’Associazione interveniente abbia allegato una lesione diretta, concreta ed attuale dell’interesse collettivo di cui essa si fa promotrice ( id est l’interesse della categoria delle persone disabili).

L’avvenuta prospettazione delle generali problematiche che le attuali condizioni manutentive delle strade di Roma possono determinare per la vita delle persone disabili – se da un lato non è sufficiente a radicare l’interesse ad agire della singola persona fisica (in assenza di qualsiasi personalizzazione e soggettivizzazione della situazione generale) – è dall’altro lato invece sufficiente a radicare l’interesse ad agire dell’Associazione che interviene a tutela di un interesse collettivo di un’intera categoria, interesse certamente differenziato e qualificato.

Ciò chiarito, occorre a questo punto esaminare il merito della domanda promossa con l’atto di intervento.

Orbene, si è già visto che ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 198 del 2009, la lesione della situazione giuridica soggettiva azionata con il ricorso per l’efficienza della pubblica amministrazione può derivare:

- dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento;

- dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ;

- dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti .

Ne discende che in astratto il petitum del ricorso per l’efficienza della pubblica amministrazione può consistere:

- in primo luogo nella condanna all’adozione di specifici atti amministrativi generali obbligatori (non aventi contenuto normativo) in tesi colpevolmente omessi dall’Amministrazione;

- in secondo luogo nella condanna all’adempimento di specifici obblighi contenuti nelle carte di servizi;

- in terzo luogo nella condanna a conformarsi a specifici standard qualitativi ed economici.

Nel caso di specie, fermo restando che l’atto di intervento di -OMISSIS- fa proprie le domande già spiegate con il ricorso introduttivo, va osservato che tali domande sono formalmente indirizzate ad ottenere da un lato l’emanazione di imprecisati atti amministrativi generali obbligatori non aventi contenuto normativo e, dall’altro lato , l’esecuzione degli “ standard qualitativi ed economici del servizio di manutenzione stradale stabiliti da Roma Capitale in conformità alle disposizioni in materia di performance di cui al Decreto Legislativo 27.10.2009, numero 150: il Piano della Performance 2018 – 2020 ”.

Quanto alla domanda di emanazione di atti amministrativi generali obbligatori non aventi contenuto normativo, ritiene il Collegio che nel caso specie difetti in radice l’allegazione degli specifici atti amministrativi che Roma Capitale sarebbe tenuta ad adottare, con la conseguenza che siffatta istanza non appare meritevole di positiva valutazione per difetto di allegazione.

Quanto, invece, alla domanda volta ad ottenere il rispetto degli standard qualitativi ed economici stabiliti da Roma Capitale con il Piano della Performance 2018-2020 per il servizio di manutenzione stradale, essa appare parzialmente fondata nei termini che seguono.

Gli standard qualitativi ed economici invocati nel presente giudizio sono infatti quelli stabiliti dal Piano della Performance 2018-2020 adottato da Roma Capitale in ossequio all’art. 10 del d.lgs. n. 150 del 2009.

In particolare, i suddetti standard sono stati declinati dal Documento Unico di Programmazione 2018-2020 di Roma Capitale (c.d. DUP) sotto forma di obiettivi strategici generali, a ciascuno dei quali corrispondono ulteriori obiettivi operativi più analitici e dettagliati.

A fronte di tali obiettivi, Roma Capitale ha prodotto in giudizio plurimi atti interni di rendicontazione indicanti gli specifici obiettivi operativi che l’Amministrazione comunale considera raggiunti nel triennio 2018-2020.

Le indicazioni contenute nei suddetti atti di rendicontazione interna non sono mai state specificamente contestate dall’Associazione interveniente, di talché esse vanno considerate pacifiche in ossequio al principio di non contestazione di cui all’art. 64, comma 2, c.p.a.

Cionondimeno, emergono dal DUP 2018-2020 alcuni specifici obiettivi strategici ed operativi – strettamente afferenti all’interesse collettivo azionato nel presente giudizio, id est l’interesse delle persone disabili alla sicurezza delle condizioni stradali – che Roma Capitale non ha provato di aver raggiunto e che, pertanto, vanno considerati insoddisfatti.

In particolare, gli atti di rendicontazione interna degli obiettivi del DUP 2018-2020 (cfr. allegati 7, 8 e 9 depositati da Roma Capitale in data 4 febbraio 2022) non recano alcuna indicazione del puntuale raggiungimento:

- dell’obiettivo strategico chiamato “ Migliorare la mobilità per i disabili ” (codice obiettivo strategico 3.2.1.1005.LH – codice programma 1005) e del corrispondente seguente obiettivo operativo: “ Applicazione nuovo Regolamento sulla mobilità dei cittadini disabili. Riformulazione delle liste d’attesa sulla base della nuova regolamentazione nell’ambito delle competenze del Dipartimento. Indizione gara ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di trasporto collettivo entro il 30/06/2018. Indicatori:

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