TAR Brescia, sez. I, sentenza 2014-10-01, n. 201401025

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2014-10-01, n. 201401025
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201401025
Data del deposito : 1 ottobre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00569/2011 REG.RIC.

N. 01025/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00569/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 569 del 2011, proposto da:
A B, G B, F B, rappresentati e difesi dall'avv. C A, con domicilio eletto presso l’avv. Laura Rota in Brescia, via Solferino 55;

contro

COMUNE DI MONZAMBANO, non costituitosi in giudizio;

nei confronti di

AZIENDA ARICOLA BARONI ANGELO, A B, C B, rappresentati e difesi dall'avv. A I, con domicilio eletto presso l’avv. Pierluigi Bianchi in Brescia, viale Duca D'Aosta 7;

per l'annullamento

- del permesso di costruire gratuito n. 7 del 2 febbraio 2011, rilasciato all’azienda agricola Baroni Angelo per la realizzazione di un deposito agricolo e di un portico a uso agricolo in via strada S. Pietro (mappali n. 99-100);

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’azienda agricola Baroni Angelo, e di Angelo Baroni e Claudio Baroni;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2014 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti Alessandro Bosio, Gianmarco Bosio e Francesca Bosio sono proprietari di un edificio residenziale situato nel Comune di Monzambano, in via S. Pietro (mappali n. 178-179-180).

2. La proprietà dei ricorrenti confina con l’azienda agricola Baroni Angelo, la quale in data 2 febbraio 2011 ha ottenuto dal Comune il permesso di costruire gratuito per la realizzazione di un deposito agricolo e di un portico a uso agricolo. Le aree interessate dall’edificazione (mappali n. 99-100) sono classificate in zona E1 (agricola normale) e sono sottoposte a vincolo paesistico.

3. Contro il suddetto provvedimento i ricorrenti hanno presentato impugnazione con atto notificato l’11 aprile 2011 e depositato il 20 aprile 2011. Il ricorso è limitato alla parte del provvedimento che autorizza il deposito agricolo. Le censure possono essere sintetizzate in una duplice violazione dell’art. 35.2 delle NTA, perché (i) manca la continuità spaziale con le altre strutture dell’azienda agricola, separate da una strada comunale, e (ii) non è stata motivata l’impossibilità di recuperare il patrimonio edilizio esistente. L’interesse all’impugnazione consiste nei disagi provocati dalla nuova struttura, sia per le ragguardevoli dimensioni (65x26x8,65 metri), che ostruiscono le vedute dalla proprietà dei ricorrenti, sia per i rumori derivanti dall’attività agricola, sia per il rischio di incendio collegato alla presenza di materiali infiammabili (legno, fieno).

4. I controinteressati si sono costituiti in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

5. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni:

(a) le verifiche preliminari al rilascio del permesso di costruire sono state effettuate correttamente. Il titolo edilizio è stato infatti preceduto dall’autorizzazione paesistica, dal parere favorevole della ASL, dal parere di conformità dei Vigili del Fuoco, dall’accertamento del possesso della qualità di imprenditore agricolo professionale, e dall’acquisizione del vincolo notarile ex art. 60 della LR 11 marzo 2005 n. 12;

(b) per quanto riguarda la continuità spaziale della nuova struttura (composta da due edifici, uno per le attrezzature e uno per il foraggio) rispetto al sito originario, si può ritenere che tale requisito (imposto dall’art. 35.2 delle NTA) sia assicurato anche in presenza di una strada comunale. In realtà, secondo l’azienda agricola controinteressata si tratterebbe di una strada vicinale, ma l’esatta qualificazione è irrilevante, trattandosi comunque di una via di collegamento sottoposta al regime delle strade comunali;

(c) occorre premettere che, come emerge dalla cartografia di progetto, la nuova struttura si colloca a lato degli edifici storici, in una sorta di enclave che si incunea tra le proprietà confinanti. Si tratta, come spiega l’azienda agricola nelle sue difese, dell’area di proprietà situata a minore distanza dagli edifici storici, essendo la superficie aziendale in gran parte composta da terreni in comodato o in affitto. Sussiste quindi un preciso interesse organizzativo a posizionare la nuova struttura nella localizzazione prescelta;

(d) tornando al punto, la strada vicinale non interrompe la continuità spaziale tra le varie strutture aziendali, in quanto la tipologia del traffico presente su tale strada è compatibile con l’attraversamento da parte dei mezzi e delle persone che operano all’interno dell’azienda agricola. I principali utenti della strada vicinale sono infatti, verosimilmente, a loro volta imprenditori agricoli, o comunque soggetti che operano in un contesto agricolo, e dunque fanno un uso della viabilità locale non dissimile da quello della controinteressata. La nuova struttura, pertanto, non risulta realmente separata dal sito originario dell’azienda agricola, essendo possibile un comodo accesso tramite passi carrabili, senza che questo determini rischi o disagi particolari per gli altri utenti della strada;

(e) circa la reale necessità di costruire nuovi edifici agricoli senza procedere al recupero di quelli esistenti, occorre sottolineare che i poteri di controllo dei comuni sono alquanto limitati;

(f) l’art. 59 comma 2 della LR 12/2005 pone infatti un chiaro ordine gerarchico tra ristrutturazione e nuova costruzione solo per quanto riguarda i nuovi edifici residenziali. L’interesse pubblico codificato dal legislatore regionale è evidentemente quello di favorire le strutture produttive, evitando improprie speculazioni di tipo residenziale. Coerentemente, l’art. 60 comma 2-c della LR 12/2005 specifica che le esigenze edilizie connesse alla conduzione dell'impresa (ossia, in primo luogo, quelle riguardanti le strutture produttive) devono essere certificate da un’autorità pubblica solo in assenza della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Ne consegue che quando tale qualifica sussista i comuni possono impedire la realizzazione di strutture agricole produttive solo a fronte di richieste palesemente irragionevoli o sproporzionate. Al di fuori di queste ipotesi i comuni non hanno il potere di sindacare l’organizzazione produttiva e le dimensioni aziendali scelte dal privato;

(g) l’equilibrio individuato dal legislatore regionale mediante gli art. 59 e 60 della LR 12/2005 non può essere modificato dai comuni, essendo tale disciplina assistita dalla clausola di prevalenza sugli strumenti urbanistici comunali posta dall’art. 61 della LR 12/2005. Si tratta di un orientamento costante della normativa regionale, in quanto la medesima clausola era contenuta anche nell’art. 4 della LR 7 giugno 1980 n. 93;

(h) per quanto riguarda l’edificazione in zona agricola occorre quindi distinguere un profilo economico, già regolato dal legislatore regionale negli art. 59 e 60 della LR 12/2005 e non modificabile dai comuni, e un profilo paesistico-ambientale, ossia riferito ai valori del paesaggio e alle criticità idrogeologiche. Solo questo secondo profilo apre ai comuni spazi per una regolamentazione autonoma delle facoltà edificatorie degli imprenditori agricoli, le quali possono dunque essere limitate o annullate sulla base di un’attenta analisi delle caratteristiche del territorio. Nel caso in esame, peraltro, non vengono in rilievo norme comunali che incidano su questioni paesistico-ambientali, e non è stata esplicitamente impugnata l’autorizzazione paesistica;

(i) per quanto riguarda, infine, il disturbo derivante dalle attività svolte nella nuova struttura, si tratta di un problema che appartiene propriamente alla categoria delle immissioni moleste, e come tale fuoriesce dai confini della giurisdizione amministrativa. Parimenti, una volta accertato il rispetto dell’altezza massima e delle distanze minime, non spetta agli uffici comunali la verifica della perdita di visuale da parte delle abitazioni vicine, tranne quando sia rappresentata la violazione di una vera e propria servitù di veduta;

(j) i ricorrenti possono comunque chiedere al Comune di essere tutelati sul piano amministrativo in due modi: (1) mediante l’ordine di puntuale esecuzione del contenuto del permesso di costruire, che nelle cartografie allegate prevede la piantumazione dei confini con alberatura autoctona;
(2) mediante misurazioni delle immissioni sonore per la verifica dei limiti della zonizzazione acustica.

6. Ferme queste ultime precisazioni, il ricorso deve essere respinto.

7. La complessità dei problemi relativi all’edificazione in zona agricola e le difficoltà di coordinamento della normativa regionale con le disposizioni degli strumenti urbanistici comunali consentono la compensazione delle spese di giudizio.

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