TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-03-27, n. 202301016
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 27/03/2023
N. 01016/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00047/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 47 del 2023, proposto da
F S, rappresentato e difeso dall'avvocato F S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Santa Maria di Licodia, rappresentato e difeso dall'avvocato G M T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio eletto presso lo studio G M T in Catania, Via Caronda 482;
per l’esecuzione
della sentenza del Tribunale di Catania n. 2145 in data 13 maggio 2022.
Visti tutti gli atti della causa e le difese delle parti, come in atti o da verbale;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2023 il dott. D B;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame, notificato in data 10 gennaio 2023, il ricorrente ha chiesto l’esecuzione della sentenza del Tribunale di Catania n. 2145 in data 13 maggio 2022.
Con tale decisione il Tribunale ha rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 1791/2017 e, rigettando ogni altra domanda, ha condannando il Comune al pagamento di quanto ancora eventualmente dovuto, nonché al pagamento delle spese di lite in favore dell’opposto e dei terzi chiamati, liquidate in complessivi € 2.400,00 ciascuno per compensi, oltre IVA e CPA e spese generali come per legge, e, altresì, al pagamento di € 500,00 per lite temeraria ex art. 96, terzo comma. c.p.c.
Il ricorrente ha osservato che l’Amministrazione non aveva corrisposto le spese di lite e quelle liquidate ai sensi del menzionato art. 96 c.p.c., osservando di aver concluso in data 25 novembre 2021 un accordo con il proprio Segretario Generale, il quale aveva ceduto all’Ente il credito dallo stesso vantato nei confronti dell’odierno interessato.
Sul punto il ricorrente ha osservato in sintesi quanto segue: a) anche a prescindere dall’illiceità dell’accordo intercorso con il Segretario Generale, il Comune con nota del 10 giugno 2022 ha trasmesso all’interessato la delibera di Consiglio Comunale n. 36 in data 9 giugno 2022, con cui ha riconosciuto come dovute tutte le somme richieste (ossia €. 4.412,64);b) l’Ente ritiene di poter compensate tale importo, in forza dell’accordo intervenuto con il Segretario Generale in data 25 novembre 2021 - anteriore alla pubblicazione della sentenza del Tribunale di Catania in data 13 maggio 2022 - e, comunque, la somma in questione doveva essere liquidata tenuto conto dei cospicui importi ancora dovuti dal Comune per l’esecuzione della sentenza della Corte di Appello n. 1720 del 6 settembre 2021 (mentre il credito sorto a seguito della cessione risulta successivo);c) la cessione del credito non è mai stata accettata dal ricorrente e, ad ogni buon conto, l’Amministrazione non ha osservato il disposto dell’articolo 1249 c.c. quanto all’imputazione dei pagamenti;d) il Comune neppure ha corrisposto la somma di € 343,16 di cui si è pur dichiarato debitore, in forza della sentenza portata in esecuzione con il presente ricorso, giusta delibera consiliare n. 36 in data 9 giugno 2022, con cui l’Amministrazione ha ritenuto, invece, di compensare il residuo importo di € 4.069,48 con il credito acquisito dal Segretario Generale.
Il Comune intimato, costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando, in sintesi, quanto segue: a) effettuata la compensazione, è residuata la somma di € 343,16, che è stata regolarmente versata al ricorrente, come risulta dalla documentazione in atti;b) nella sua qualità di debitore, l’interessato non può opporsi alla cessione del credito che è intervenuta fra il Segretario Generale e l’Ente;c) correttamente l’Amministrazione ha provveduto a dare esecuzione alla sentenza n. 2145/2022, in quanto tale pronuncia è coperta dal giudicato;d) il ricorso è, comunque, inammissibile per mancata impugnazione della deliberazione di Giunta n. 75 del 23 novembre 2021, con cui è stata approvata la cessione del credito;e) va anche eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla validità e agli effetti della cessione di credito;f) in questa sede il Tribunale può solo rilevare che l’Amministrazione ha ottemperato al giudicato, eseguendo il pagamento (anche) tramite una compensazione che deriva da atti privatistici ed amministrativi non impugnati e avulsi dal contenuto del giudicato;g) in altre parole, il giudice amministrativo può sindacare il giudicato nella sua forma e nel suo contenuto, ma non gli atti successivi con cui l’Ente abbia deciso di eseguirlo, se questi sono dotati di una loro autonomia;h) in ogni caso, la deliberazione di Giunta n. 75 del 23 novembre 2021, con in seno la scrittura privata di cessione del credito, è stata regolarmente comunicata al ricorrente e, ai sensi dell’art. 1264 c.c., i presupposti alternativi ai fini della validità della cessione sono l’accettazione da parte del debitore o la notifica della cessione (da intendersi come qualsiasi comunicazione certa), non essendo necessaria l’accettazione del debitore ceduto.
Il ricorrente ha depositato una memoria tardiva in data 20 marzo 2023.
Nella camera di consiglio in data odierna le parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni e la causa è stata trattenuta in decisione.
A giudizio del Collegio il ricorso è in parte infondato e in parte inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
L’Amministrazione ha dato formalmente esecuzione alla sentenza portata in ottemperanza tramite compensazione e liquidazione del residuo importo di € 343,16.
Quanto alla liquidazione dell’importo residuo di € 343,15, il Comune ha versato in atti il mandato di pagamento n. 1124 in data 27 giugno 2022, sicché il ricorso appare in parte qua infondato.
Esula, invece, dalla giurisdizione di questo Tribunale la questione relativa alla compensazione effettuata in forza dell’accordo di cessione del credito intervenuto fra l’Ente e il Segretario Generale, venendo in rilievo profili di natura civilistica che appartengono alla cognizione del giudice ordinario.
Al riguardo vanno richiamate le seguenti affermazioni della giurisprudenza: a) T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 1 settembre 2020, n. 2151: “a fronte di statuizioni giudiziali rese dal giudice civile, il giudice dell'ottemperanza è chiamato a svolgere essenzialmente una mera attività esecutiva;il giudice amministrativo dell'ottemperanza non ha, infatti, la possibilità di integrare in alcun modo la decisione civile, essendo rigidamente vincolato al comando contenuto in sentenza e non potendo dar vita a quell'attività di precisazione e integrazione del giudicato che contraddistingue l'attività di esecuzione delle sentenze del giudice amministrativo, nell'ambito del cosiddetto fenomeno del giudicato a formazione progressiva;ciò in quanto il giudice amministrativo dell'esecuzione non è fornito di giurisdizione nella materia oggetto di giudicato, e ove gli si riconoscesse una cognitio piena, con il potere integrare la decisione del giudice ordinario per quanto non precisato nel giudicato, si ammetterebbe la sindacabilità attraverso il giudizio d'ottemperanza del rapporto sottostante di cui difetta di giurisdizione”;b) Cons. Stato, Sez. IV, 20 maggio 2020, n. 3196: “i poteri cognitori del giudice dell'ottemperanza, allorché viene chiamato a pronunciarsi sull'avvenuta esecuzione di un provvedimento emesso da un altro plesso giurisdizionale, sono limitati alla mera esecuzione del titolo azionato, senza che sia possibile alcuna interpretazione del giudicato o, addirittura, una sua integrazione;conseguentemente, a fronte di una statuizione del decreto ingiuntivo che quantifica esattamente le somme dovute dall'amministrazione statale, il pagamento effettuato per un importo inferiore non potrà che dirsi inesatto, con conseguente fondatezza della domanda proposta da chi assume l'inottemperanza del provvedimento giudiziario”;c) T.A.R. Sicilia, Palermo. Sez. I, 23 aprile 2020, n. 737: “in sede di esecuzione di sentenze amministrative il giudice dell'ottemperanza può ‘riempire’ gli spazi vuoti lasciati dal giudicato e adottare statuizioni simili a quelle del giudizio di cognizione;analogo potere integrativo non sussiste, diversamente, nel caso di ottemperanza di sentenze del giudice ordinario;in tale seconda ipotesi, infatti, il giudice amministrativo dell'esecuzione non è fornito di giurisdizione nella materia oggetto di giudicato, come nel caso in specie: sicché l'azione del giudice dell'ottemperanza si deve contenere nell'ambito di un'attività meramente esecutiva del disposto del giudice ordinario, che si pone come un limite particolarmente stringente;il giudice amministrativo, quindi, in sede di giudizio di ottemperanza delle pronunce del giudice ordinario, non può porre in essere quell'attività cognitoria di precisazione e integrazione del giudicato che spesso contraddistingue l'attività di esecuzione delle sentenze del giudice amministrativo”;d) T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 1 dicembre 2020, n. 3232: “secondo quanto previsto dall'art. 112, comma 2, lettera c, c.p.a., l'ottemperanza di sentenza del giudice civile può essere richiesta al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della Pubblica Amministrazione di conformarsi per quanto riguarda il caso deciso al giudicato e di conseguenza per dare esecuzione a puntuali statuizioni che non sono state eseguite, ma non per introdurre, come si vorrebbe fare nel caso, nuove questioni di cognizione che sono invece riservate alla giurisdizione del giudice ordinario;e) T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. II, 9 ottobre 2020, n. 1194: il giudice dell'ottemperanza non può esercitare il potere di integrare il titolo azionato, se questo è stato adottato da un giudice appartenente a un diverso ordine su una questione rientrante nella di lui giurisdizione”;f) T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 1 ottobre 2020, n. 4158: “una statuizione giudiziale recante condanna generica, non è suscettibile di essere portata ad esecuzione mediante il rimedio dell'ottemperanza: invero, tale tipo di pronuncia non solo non costituisce valido titolo esecutivo per difetto del requisito di liquidità del diritto portato dal titolo ex art. 474 c.p.c., ma implica, altresì, che per la sua attuazione dovrebbe essere svolto un accertamento nel merito del rapporto sottostante, oggetto di cognizione del giudice ordinario, che non può tuttavia essere effettuato nell'ambito del giudizio di ottemperanza da parte del giudice amministrativo, essendo quest'ultimo sprovvisto di giurisdizione su tale rapporto”;g) Cons. Stato Sez. III, 25 agosto 2020, n. 5201: “a fronte di statuizioni giudiziali del giudice civile recanti condanne al pagamento di somme, a differenza delle sentenze che operano una disapplicazione, o delle sentenze amministrative di annullamento, il giudice dell'ottemperanza svolge generalmente una mera attività esecutiva e non ha alcuna possibilità di integrare la decisione civile, non foss'altro poiché, diversamente, si finirebbe per ammettere la sindacabilità del rapporto sottostante in palese difetto di giurisdizione”;g) T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 21 agosto 2020, n. 3621: “non è ammissibile il giudizio di ottemperanza di una sentenza con la quale il giudice civile abbia impartito al Comune l'ordine del ripristino dello stato dei luoghi, senza però indicare in modo puntuale quali siano le opere da eseguire, così da demandare alla fase esecutiva l'individuazione delle sole concrete modalità di esecuzione delle stesse;il giudice amministrativo può, infatti, integrare la sentenza della quale si chiede l'ottemperanza esclusivamente ove si tratti di sentenza emessa da un giudice della medesima giurisdizione”.
Ne consegue che il Tribunale può solo prendere atto del formale adempimento del Comune tramite compensazione, mentre la questione sostanziale relativa alla validità e all’efficacia di tale compensazione deve essere conosciuta dal giudice ordinario, innanzi al quale la domanda potrà essere riproposta ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11, secondo comma, c.p.a.
In conclusione, il ricorso va in parte rigettato e in parte dichiarato inammissibile, mentre, tenuto conto del complessivo svolgimento della vicenda, le spese di lite possono essere compensate.