TAR Torino, sez. II, sentenza 2020-07-24, n. 202000484

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza 2020-07-24, n. 202000484
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202000484
Data del deposito : 24 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/07/2020

N. 00484/2020 REG.PROV.COLL.

N. 02301/1993 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2301 del 1993, proposto da Casa di Riposo di Vercelli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato C R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via S. Agostino n. 12;

contro

Imprese artigiane Mazzoli Enza, Mantovani Adriana, Gaudino Antonia, Ditta Ruffino Maddalena, Ditta Giaconia Concetta, non costituite nel giudizio riassunto;

per l’accertamento

della inesistenza del diritto delle titolari delle predette imprese al riconoscimento della sussistenza di rapporto di impiego di natura subordinata con la Casa di Riposo di Vercelli, nonché dei diritti connessi e consequenziali a detto riconoscimento, in riferimento alle prestazioni rese tra il 1981 ed il 1991, a favore della Casa di Riposo medesima sulla scorta di apposite convenzioni annuali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 07 luglio 2020 il dott. Marcello Faviere e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La Casa di Riposo Vercelli ASP (avente natura di IPAB all’epoca dei fatti) gestisce una struttura ricettiva assistenziale. Nel periodo 1981-1991 si è avvalsa della collaborazione di una serie di artigiani per il servizio di manutenzione, confezione e rammendo biancheria. Alcune titolari di queste imprese, nel 1991, proponevano ricorso avanti il Pretore del Lavoro di Vercelli chiedendo il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato.

Con sentenza n. 262 del 08.04.1992, il giudice del lavoro declinava la giurisdizione in favore del giudice amministrativo.

Il giudizio veniva riassunto, dinanzi a questo TAR, con ricorso notificato dalla Casa di Riposo in date 06.10.1993, 07.10.1993 e 14.10.1993, al fine di ottenere l’accertamento della inesistenza del diritto delle titolari delle ditte artigiane Mazzoli Enza, Mantovani Adriana, Ruffino Maddalena, Gaudino Antonia e Giaconia Concetta al riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata, nonché dei diritti connessi e consequenziali a detto riconoscimento, in riferimento alle prestazioni rese, sulla scorta di apposite convenzioni annuali, tra il 1981 ed 1991.

Si costituivano le signore Mazzoli Enza e Mantovani Adriana, proponendo anche “controricorso” notificato il 25.11.1993 e depositato il 23.12.1993, svolgendo conclusioni analoghe a quelle formulate nel giudizio avanti al giudice del lavoro.

Con ordinanza n. 24/1996, adottata in data 19.01.1996, la Sezione disponeva incombenti istruttori a carico della Casa di Riposo, ottemperati in data 13.02.1996. La Segreteria del TAR, il 13.10.2008, notificava alla ricorrente “avviso di perenzione ultraquinquennale” ai sensi dell’art. 26, ultimo comma della legge 06.12.1971 n. 1034 e s.m.i., preavvisando la parte che il ricorso, essendo decorsi cinque anni dalla data del deposito, sarebbe stato dichiarato perento se non fosse stata presentata “nuova domanda di fissazione di udienza, con la firma della parte autenticata da un difensore, entro sei mesi dalla data di notifica del […] avviso”. Analoga comunicazione veniva notificata in data 07.10.2008 alle resistenti.

La ricorrente depositava, in data 02.04.2009, nuova istanza di fissazione di udienza.

Questo Tribunale, con sentenza n. 2087/09, ha dichiarato perento il ricorso in ragione della giuridica inesistenza dell’istanza di fissazione dell’udienza depositata dalla ricorrente, in calce alla quale era stato apposto (in luogo della firma) un segno grafico incomprensibile.

La pronuncia è stata impugnata avanti il Consiglio di Stato il quale, con sentenza n. 7657/2019, l’ha dichiarata inesistente con rinvio, ai sensi dell’art. 105, comma 1 del c.p.a, al giudice di primo grado.

Con atto notificato alle controparti il 3 ed il 5 febbraio 2020 e depositato il 10.02.2020, l’originaria ricorrente ha riassunto il giudizio avanti questo tribunale, contestualmente costituendosi a mezzo nuovo difensore. Viene quindi riproposto il ricorso originario che affida ad un unico motivo di diritto le critiche sulla fondatezza delle pretese delle resistenti, sintetizzabili nell’assenza di significativi indici di subordinazione e nella genuinità del rapporto di lavoro autonomo. In via istruttoria viene richiesta l’ammissione della prova testimoniale.

Nessuna delle controparti si è costituita nel giudizio riassunto.

In data 8.06.2020 e 16.06.2020 la ricorrente ha depositato ulteriore memoria e nota di udienza.

In considerazione dell’evoluzione processuale del ricorso, sia in primo che in secondo grado, occorre rilevare nuovamente i profili di inammissibilità di cui alla sentenza n. 2087/2009.

La decisione del Consiglio di Stato, infatti, ha rinviato a questo Tribunale il giudizio ai sensi dell’art. 105 c.p.a. senza statuire in ordine al contenuto della pronuncia impugnata.

La riassunzione del giudizio, del resto, non sana di per sé l’inesistenza giuridica dell’istanza depositata il 02.04.2009. La sentenza del TAR, invece, ha comunque accertato i seguenti fatti in punto di rito. “In data 2 aprile 2009 è stata depositata l’”Istanza di fissazione di udienza” datata 30 marzo 2009, del seguente tenore: “Il sottoscritto (avv. Claudio Dal Piaz, n.d.r.), unitamente alla propria assistita Casa di Riposo di Vercelli, in persona del Presidente legale rappresentante pro-tempore, ricorrente nel giudizio rubricato (…) propone istanza affinchè sia disposta la fissazione dell’udienza per la discussione del ricorso”. In calce, sotto l’espressione “per la Casa di Riposo di Vercelli”, è apposto un segno grafico assolutamente incomprensibile.

In definitiva, dalla lettura dell’atto in esame, per un verso non è dato conoscere il nominativo della persona fisica investita della legale rappresentanza dell’ente ricorrente e autorizzata, in quanto tale, ad esternare la volontà processuale del soggetto rappresentato;
per altro verso, non è nemmeno possibile desumere tale nominativo dalla sottoscrizione posta in calce all’atto, essendo quest’ultima vergata in forma che si direbbe contratta se non fosse, più esattamente, astratta e potenzialmente riferibile a qualsivoglia nominativo, risolvendosi, in definitiva, in un ghirigoro privo del benché minimo elemento di intellegibilità. Quanto sopra rappresentato, non consentendo al collegio di ritenere acquisita alcuna certezza circa l’effettiva riconducibilità all’ente ricorrente della nuova istanza di fissazione di udienza depositata in data 02.04.2009, ha rilievo sostanziale e fa sì che l’istanza medesima debba essere dichiarata inesistente, e quindi improduttiva di effetti. Va dunque affermata l’inesistenza dell’istanza di fissazione di udienza presentata dalla parte alla quale sia stato notificato l’avviso di perenzione ultra-quinquennale di cui all’art. 9, comma 2, della L. 21.07.2000 n. 205, come modificato dall’art. 54 comma 1 del D.L. 25.06.2008, n. 112, convertito in legge 06.08.2008, n. 133, nel caso in cui, sia dal contesto dell’atto sia dalla firma apposta in calce allo stesso, non risulti individuata né individuabile nominativamente la persona fisica investita della legale rappresentanza della parte stessa”.

Il giudizio, pertanto, deve continuare a considerarsi perento a causa della mancata valida sottoscrizione della parte (oltre che del difensore) dell’istanza di fissazione dell’udienza, depositata nel termine semestrale previsto dall’art. 9, comma 2, della L. n. 205/00 (oggi art. 82 c.p.a.), trattandosi di un requisito sostanziale e non meramente formale connotante la specificità dell’istituto della perenzione quinquennale, che opera di diritto (cfr Cons. Stato Ad. Plen. n. 6/2004). Sul punto la parte ricorrente, pur consapevole della questione, non ha svolto nessuna difesa.

In considerazione dei fatti esposti questo Collegio non può che confermare la perenzione del giudizio.

Quanto alle spese, non essendosi le parti resistenti costituite in sede di riassunzione, nulla può essere statuito.

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