TAR Catania, sez. II, sentenza 2010-04-07, n. 201001043

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2010-04-07, n. 201001043
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201001043
Data del deposito : 7 aprile 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01654/2001 REG.RIC.

N. 01043/2010 REG.SEN.

N. 01654/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1654 del 2001, proposto da:
Consoli Lorenzo, rappresentato e difeso dagli avv. L C, L F, con domicilio eletto presso L F in Catania, via Oliveto Scammacca, 23/C;

contro

Comune di Calatabiano (Ct), rappresentato e difeso dall'avv. A S, con domicilio per legge presso la Segreteria del TAR;

per la condanna

del Comune intimato al risarcimento del danno per illegittima occupazione e conseguente irreversibile trasformazione del fondo di proprietà del ricorrente.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Calatabiano (Ct);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 marzo 2010 il dott. Francesco Brugaletta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’atto introduttivo del giudizio il ricorrente esponeva di essere proprietario di un terreno sito nel comune intimato e riferiva che parte del terreno era stato utilizzato dall’amministrazione intimata per la realizzazione di una opera pubblica. Esponeva inoltre che, dopo un bonario accordo per la determinazione della indennita’ di esproprio, la procedura espropriativa non era stata ultimata nonostante che i lavori fossero stati eseguiti.

Tutto ciò premesso, chiedeva che venisse accertata l’illegittimità del comportamento tenuto dall’amministrazione e che conseguentemente fosse disposta la condanna al risarcimento del danno patito.

Con la memoria di costituzione l’amministrazione intimata rilevava che la procedura si era svolta legittimamente, proponeva eccezioni in rito e nel merito e chiedeva il rigetto del ricorso avversario.

All’udienza pubblica del 10 marzo 2010 la causa passava in decisione.

DIRITTO

Occorre preliminarmente esaminare la dedotta questione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

L’eccezione è infondata trattandosi nella fattispecie in esame di richiesta risarcitoria per l’illegittima espropriazione intervenuta senza regolare emissione del decreto di espropriazione.

Nel quadro venutosi a formare con l'art. 34 d. lg. n. 80 del 1998 e con l'art. 53 del testo unico sull'esproprio n. 327 del 2001, infatti, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo va riconosciuta ogni qual volta l'amministrazione abbia occupato il fondo privato in assenza del previo decreto di esproprio ai sensi di legge ed abbia continuato ad utilizzare il suolo altrui per scopi di interesse pubblico.

Con riferimento poi alle altre eccezioni proposte in rito dall’amministrazione resistente - pur non essendo questa la sede per ripercorrere la controversa questione relativa alla c.d. pregiudiziale amministrativa - va rilevato che, nel caso di specie, dopo l’emanazione del provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità e di occupazione d’urgenza, l’amministrazione non ha provveduto a completare la procedura emanando il necessario decreto di esproprio.

A seguito dell’assetto delineato con le decisioni della Corte Cost. 204/2004 e 191/2006, non v’è dubbio che la relativa controversia spetti al giudice amministrativo e che questi possa emettere sentenza di condanna al risarcimento dei danni (“la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo va riconosciuta non solo quando si impugni un atto del procedimento amministrativo -per qualsiasi vizio-, ma anche quando il ricorso miri ad ottenere la tutela del diritto di proprietà, in presenza di un comportamento dell'amministrazione connesso all'esercizio della funzione pubblica;
tale connessione sussiste quando l'amministrazione abbia occupato il fondo privato in assenza del previo decreto di esproprio ai sensi di legge ed abbia continuato ad utilizzare il suolo altrui per scopi di interesse pubblico” (CFR: Cons. Stato 18 giugno 2008, n. 3026).

Da quanto sopra detto risulta evidente l’insussistenza della fondatezza delle eccezioni di decadenza e/o di prescrizione proposte dal Comune resistente.

Nel merito il ricorso appare fondato.

Invero nonostante la procedura espropriativa sia stata legittimamente intrapresa, dalla documentazione allegata al fascicolo di causa non emerge la conclusione della procedura in questione.

Sotto un primo aspetto non v’è dubbio che l’accordo bonario sull’indennità spettante all’espropriando non comporta immediatamente la cessione volontaria del bene.

Con l’accettazione dell’indennizzo da parte del proprietario espropriando l’entità dell’indennizzo stesso diventa definitiva solo in caso di emissione del decreto di esproprio;
in mancanza di tale ultimo atto la procedura perde gli originari connotati di legittimità (CFR: Cass. 23 maggio 2008 n. 13415).

Sotto un secondo aspetto, va ricordato che il negozio di cessione volontaria avente ad oggetto un immobile espropriando, indispensabile per concludere automaticamente la procedura espropriativa, è regolato dai principi civilistici sulla formazione del consenso e sottoposto alla disciplina propria della stipulazione del contratto;
pertanto, essendo posto in essere da un'Amministrazione comunale ed avendo per di più un oggetto di cui neppure la stessa può disporre, esso è soggetto a tutti gli adempimenti richiesti dall'evidenza pubblica per le P.A., primo fra tutti la forma scritta a pena di nullità, che può ritenersi osservata solo in presenza di un documento che contenga, in modo diretto, la dichiarazione della volontà negoziale, che venga redatto al fine specifico di manifestare tale volontà e dal quale dunque possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alle prestazioni da svolgersi da ciascuna delle parti;
la mera accettazione della proposta di vendita o di acquisto del bene fatta dall'uno o dall'altro contraente non è, infatti, sufficiente in quanto la sussistenza ed il perfezionamento della vendita possono configurarsi soltanto in presenza di un documento scritto stipulato dal rappresentante legale dell' Amministrazione e dall'espropriato e contenente l'enunciazione degli elementi essenziali del contratto, nonché l'accordo su di essi da parte dei contraenti (CFR: Cass., 27 settembre 2006, n. 21029).

Poiché dalla documentazione acquisita al fascicolo non risulta né il decreto di espropriazione né il provvedimento formale di cessione volontaria dell’area (non potendosi questo identificare con una disponibilità della parte ad addivenire ad una futura cessione dell’area), la procedura deve ritenersi illegittima.

Orbene, facendo applicazione dell’art. 35 d.lgs. 80/’98, il comune di Recalmuto dovrà proporre al ricorrente, tenendo conto di tutti gli atti di causa, dei documenti e degli atti esibiti dalle parti e detraendo dall’importo determinato quanto già corrisposto, il pagamento di una somma:

1) pari al valore venale dell’immobile — secondo i criteri ordinari di estimo e, tra l’altro, tenendo conto del prezzo medio di mercato per aree delle medesima tipologia, con le medesime caratteristiche urbanistiche, ricadenti nella stessa zona e svolgendo l’indagine sui prezzi praticati nel mercato immobiliare anche attingendo informazioni presso le agenzie immobiliari più accreditate della zona — all’epoca di notificazione del ricorso;

2) trattandosi di debito di valore, sulla somma così determinata, deve riconoscersi la rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT, da computarsi dalla data di proposizione della domanda innanzi a questo Giudice fino alla data di deposito della presente decisione;
sulle somme progressivamente e via via rivalutate sono, altresì, dovuti gli interessi nella misura legale secondo il tasso vigente nei diversi periodi di riferimento;
infine, sulla somma così liquidata, decorrono gli interessi legali dalla data di deposito della presente decisione fino all'effettivo soddisfo.

In conclusione il ricorso deve essere accolto e il comune resistente deve essere condannato al risarcimento dei danni in favore del ricorrente, danni da liquidare ex art. 35 d. lgs. 80/’98 nei limiti e con i criteri prima indicati.

Con riferimento alle spese e agli onorari di giudizio, attesa la complessita’ della controversia esaminata, si ritiene di compensarle fra le parti.

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