TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2013-11-13, n. 201300997
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Testo completo
N. 00997/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01032/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1032 del 2012, proposto da Pianeta S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. G L ed elettivamente domiciliata in Catanzaro, via Citriniti n. 5, presso lo studio dell’avv. A P;
contro
il Comune di Acri, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. O M, domiciliato presso la Segreteria del Tribunale;
per l’annullamento
del provvedimento n. 7983 del 4 giugno 2012 del Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Acri di annullamento del permesso di costruire n. 2284 del 30 dicembre 2009, rilasciato alla Ditta Pianeta S.r.l., per la costruzione di un fabbricato in località Calvario ad uso attività commerciale e magazzini;
- degli atti presupposti connessi e conseguenti ed in particolare delle risultanze del sopralluogo del 7 marzo 2012;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Acri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 18 ottobre 2013 il Cons. Giovanni Iannini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 19 e il 20 settembre 2012, depositato il successivo 16 ottobre, la Pianeta S.r.l. impugnava il provvedimento n. 7983 del 4 giugno 2012 con il quale il Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Acri aveva annullato il permesso di costruire n. 2284 del 30 dicembre 2009, rilasciato alla stessa società, per la costruzione di un fabbricato in località Calvario ad uso attività commerciale e magazzini.
La ricorrente premetteva:
- che con concessione edilizia n. 1094 del 13 dicembre 1999, rilasciata ad istanza di F Rosario Pasquale e F Francesco, il Comune di Acri aveva assentito la costruzione di 17 villette, sulla base di convenzione di lottizzazione, contemplante la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo;
- che con atto del 5 aprile 2001, i F vendevano a Pianeta S.r.l. parte dell’appezzamento di terreno in relazione al quale era stata rilasciata la concessione edilizia di cui sopra;
- che il contratto di compravendita prevedeva che la società acquirente poteva presentare progetto in variante ai fini della realizzazione, al posto delle undici villette ricadenti nell’appezzamento acquistato, di un unico corpo di fabbrica, con volumetria complessiva invariata, nonché rinuncia dei venditori, per i medesimi e gli aventi causa, al diritto di passaggio su tratto di strada colorato in giallo sulla planimetria, ferma restando la realizzazione delle rimanenti sei villette da parte dei venditori;
- che la concessione edilizia n. 1094 del 1999 prevedeva la realizzazione di corpi di fabbrica posizionati su quello che, a seguito del frazionamento conseguente alla compravendita, era divenuto il confine tra le proprietà;
- che il 30 giugno 2005 veniva rilasciato permesso di costruire in variante n. 1752 in favore della Pianeta, per la costruzione di un unico corpo di fabbrica, in luogo delle 11 villette previste dalla concessione edilizia n,. 1094 del 1999;
- che con provvedimento del 15 giugno 2006 n. 13044 l’Amministrazione comunale di Acri annullava il permesso di costruire in variante n. 1752 del 30 giugno n. 1752, a causa della mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione previste in variante e del posizionamento del fabbricato su parte della viabilità interna, da realizzare nel quadro delle opere di urbanizzazione, attuato in difetto di assenso;
- che l’annullamento del permesso di costruire in sanatoria non formava oggetto di impugnazione;
- che nell’anno 2006 essa presentava nuova istanza di permesso di costruire;
- che con ricorso iscritto al n. 441/2007 R.G. impugnava la concessione in variante e sanatoria in favore dei venditori F, lamentando l’utilizzazione, ai fini del computo della volumetria utile, del terreno venduto alla società;
- che venivano realizzate le sei villette di cui al progetto originario dei venditori e che una di esse risultava posta a muro cieco sulla linea di confine;
- che il 30 dicembre 2009 veniva rilasciato in favore di essa permesso di costruire in variante n. 2284;
- che con provvedimento n. 14978 dell’8 settembre 2010 il Responsabile del Settore urbanistica del Comune di Acri disponeva l’annullamento d’ufficio del permesso di costruire in variante n. 2284 del 30 dicembre 2009, in quanto “ ... il progetto non descrive correttamente la realtà perché negli elaborati planimetrici non è stato indicato il vero confine di proprietà tra il suolo della soc. PIANETA SRL ed il suolo limitrofo della ditta ricorrente nel tratto della corte sul lato nord del fabbricato di quest’ultimo, quindi, il fabbricato in progetto della soc. PIANETA srl, risulta per una parte da edificarsi sul confine di proprietà e non posizionato correttamente alla distanza dai confini di mt 5,00 per come prescritto dalle NTA del vigente PRG, ed inoltre la strada e la rampa di accesso al piano seminterrato del fabbricato da costruire non possono essere previsti ricadenti nel cortile del fabbricato di proprietà del ricorrente invece che nella proprietà della soc. PIANETA srl…. ”;
- che avverso tale provvedimento essa proponeva ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, iscritto al n. 1470/2010 R.G. e che, nell’ambito del relativo giudizio, veniva disposta verificazione in relazione allo stato dei luoghi:
- che con sentenza n. 1697 del 31 dicembre 2011 il TAR accoglieva il ricorso della Pianeta, annullando l’impugnato provvedimento comunale di annullamento del permesso di costruire n. 2284 del 30/12/2009, precisando, fra l’altro, che, “ ...in definitiva, avendo riguardo esclusivamente ai motivi posti a base dell’atto censurato e “confrontandoli” con l’esito della verificazione disposta, deve ritenersi che la motivazione esternata non è sufficiente a giustificare l’annullamento del permesso di costruire ”;
- che con provvedimento n. 7983 del 4 giugno 2012 il Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Acri, a seguito di sopralluogo effettuato in data 7 marzo 2012 e dell’invio della comunicazione di avvio del procedimento, disponeva nuovo annullamento d’ufficio del permesso di costruire in variante n. 2284 del 30 dicembre 2009, sulla base delle seguenti motivazioni:
- “ …Verificata l’inosservanza delle distanze per come riconosciuto dalla sentenza citata;
- Rilevato, inoltre, che l’iniziativa edilizia di cui al detto permesso di costruire andrebbe ad occupare una striscia di suolo sottoposta a vincolo di inedificabilità poiché destinata a viabilità (per come statuito nell’atto di impegno per l’assunzione dei vincoli per la densità edilizia e per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione ex art. 11 L. n. 10/77, rogato in data 4/11/1999 rep. 2327 e registrato in Acri il 5/11/1999 n. 620 serie 1), si precisa che la società Pianeta Srl è sempre stata a conoscenza del suddetto vincolo di in edificabilità, per come risulta, anche, dall’atto di compravendita del 5/4/2001 Rep. 35168 rogato dal Notaio M D V da Acri con allegata planimetria allega.
- Constatato altresì che in base al rilievo, effettuato, misurando dalle fondamenta coi richiami dei pilastri, (realizzati dalla soc. Pianeta srl in base a precedente permesso di costruire n. 1752 del 30.6.2005, poi annullato con provvedimento prot. 13044 del 15/6/2006), è emerso che non vengono rispettate le distanze di distacco tra i fabbricati, posti sul lato sud est, poiché inferiori a mt. 10,00 ed in contrasto con le prescrizioni dell’art. 18 delle N.T.A. del PRG secondo cui nelle zone di completamento b2 deve essere rispettato – nella costruzione di un nuovo fabbricato – un distacco dai fabbricati contermini di mt. 10,00... ”
La ricorrente, a fondamento del gravame proposto avverso il provvedimento n. 7983 del 4 giugno 2012 il Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Acri, deduceva:
1) Violazione e falsa applicazione art.7 e ss della legge n. 241/90 e dei principi di partecipazione e del giusto procedimento amministrativo. Sviamento.
Il sopralluogo sulla cui base è stato emesso il provvedimento impugnato sarebbe avvenuto in data antecedente all’adozione dello stesso, non consentendosi un’effettiva partecipazione al procedimento.
2) Contraddittorietà. Violazione del principio di imparzialità della pubblica amministrazione. Sviamento dal pubblico interesse.
Il provvedimento, emesso a seguito di pronuncia del giudice amministrativo che aveva riconosciuto l’illegittimità di un precedente atto di annullamento, sarebbe basato su una motivazione contraddittoria, ispirata dalla caparbia volontà di impedire la realizzazione del progetto della ricorrente. Il comportamento dell’Amministrazione comunale sarebbe contrario al principio di imparzialità e frutto di ostilità, tanto più grave in presenza di un giudicato di annullamento del precedente provvedimento.
3) Violazione dell’art.1 della l. 241/90, dei principi interni e comunitari sul procedimento amministrativo. violazione del principio del buon andamento, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa e del principio del giusto procedimento in particolare in materia di autotutela.
Il potere di autotutela non potrebbe essere esercitato prescindendo da un esame complessivo dell’atto oggetto di ritiro ed enucleando di volta in volta diversi profili di illegittimità.
4) Difetto, insussistenza e falsità del presupposto. Travisamento. Contrasto con sentenza TAR Calabria n 1697/2011. Violazione normativa urbanistica vigente in acri e disciplina di costruzioni in Aderenza sul confine. Contraddittorietà e disparità di trattamento.
Non sarebbe esatta l’affermazione di cui al provvedimento impugnato secondo cui la sentenza del TAR ha riconosciuto un’inosservanza delle distanze.
In ogni caso il posizionamento di corpi di fabbrica sul confine, senza il rispetto della distanza di 5 metri dallo stesso, ricalcherebbe quanto già previsto dall’originaria concessione edilizia e sarebbe espressamente consentito dall’atto di compravendita.
Non vi sarebbe alcuna occupazione di suolo destinato a viabilità, in quanto la Pianeta avrebbe concordato con l’assessore all’Urbanistica in carica nel 2009 di cedere solo una parte del terreno destinato a strada dall’originaria convenzione urbanistica. Nel progetto della Pianeta la strada sarebbe spostata a monte.
Quanto al distacco tra fabbricati, inferiore a dieci metri, al più esso potrebbe rilevare come abuso edilizio e non già quale motivo di annullamento del permesso di costruire in variante.
In ogni caso la contestata violazione non sussisterebbe.
5) Difetto di istruttoria. Difetto e contraddittorietà di motivazione;Violazione art. 3 l. 241/90.
Il provvedimento sarebbe motivato in maniera inadeguata.
6) Violazione art. 21 nonies della legge n. 241/90. Violazione dei principi generali in materia di autotutela e particolari relativi all’annullamento dei permessi di costruire. Insussistenza interesse pubblico concreto ed attuale. Difetto di motivazione. Motivazione apparente. Travisamento e falsità del presupposto.
Non sussisterebbe un interesse pubblico attuale all’annullamento del permesso di costruire in sanatoria, tenuto anche conto del tempo trascorso.
7) Violazione dell’art. 38 del T.U. Edilizia e dei principi in materia di annullamento di permesso di costruire.
Non sarebbe stata espletata una fase preliminare finalizzata alla eliminazione degli eventuali vizi, onde consentire la conservazione dell’atto.
La ricorrente concludeva chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato.
Si costituiva il Comune di Acri rilevando l’infondatezza delle censure dedotte e chiedendo il rigetto del ricorso.
Nel corso del giudizio veniva prodotta sentenza n. 123 del 6 febbraio 2013 del Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, resa in relazione al ricorso n. 441/2007, di accoglimento del ricorso proposto dalla Pianeta S.r.l. avverso il permesso di costruire rilasciato al dante causa.
Alla pubblica udienza del 18 ottobre 2013 la causa veniva trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. La vicenda oggetto della controversia trae origine da una convenzione di stipulata dai danti causa della Pianeta S.r.l. e il Comune di Acri, sulla base della quale era stata rilasciata concessione edilizia n. 1094 del 13 dicembre 1999 per la costruzione di 17 villette a schiera.
La Pianeta S.r.l., acquirente della parte del terreno su cui si sarebbero dovute allocare 11 delle 17 villette, ha intenzione di realizzare, in luogo delle villette, un unico corpo di fabbrica, che dovrebbe estendersi fino a quello che, a seguito del frazionamento operato sulla base dell’atto di compravendita, è diventato il confine tra proprietà.
Di ciò si era dato atto fin dal contratto di compravendita e, a tal fine, i venditori avevano rinunziato, anche per i loro aventi causa, al diritto di passaggio sul tratto della strada originariamente prevista, posto sulla porzione di terreno ceduta alla Pianeta.
Si è detto nell’esposizione in fatto del rilascio di una prima concessione edilizia in variante, poi annullata con atto che non ha formato oggetto di impugnazione, nonché del successivo rilascio di permesso di costruire in variante n. 2284 del 30 dicembre 2009, annullato una prima volta con provvedimento a sua volta annullato con sentenza di questo Tribunale, e poi nuovamente annullato con l’atto oggetto di gravame in questa sede.
Il nuovo provvedimento di annullamento è basato, sostanzialmente, su tre ordini di motivi indipendenti fra loro:
- l’immobile, costituente, come detto, un unico corpo di fabbrica è collocato ad una distanza inferiore a 5 m. dal confine della proprietà, in violazione di quanto previsto, in violazione del disposto dell’art. 18 N.T.A.;
- l’immobile andrebbe ad occupare una striscia di suolo sottoposta a vincolo di in edificabilità poiché destinata a viabilità;
- mancato rispetto delle distanze di distacco tra i fabbricati, posti sul lato sud est, poiché inferiori a m. 10,00, in contrasto con le prescrizioni dell’art. 18 delle N.T.A. del PRG secondo cui nelle zone di completamento b2 deve essere rispettato un distacco dai fabbricati contermini di m. 10,00.
2. Una prima, articolata, serie di censure attiene alla violazione delle garanzie procedimentali di cui agli artt. 7 e ss. della legge n. 241/1990. Parte ricorrente lamenta, in sostanza, che la comunicazione di avvio del procedimento è stata inviata successivamente all’effettuazione di un sopralluogo in data 7 marzo 2012. Aggiunge che la comunicazione inviata non specifica che il procedimento è volto all’annullamento in autotutela, facendosi riferimento a un generico riesame.
La censura non ha fondamento.
L’effettuazione di un sopralluogo è finalizzata ad acquisire cognizione dello stato dei luoghi. Tale attività ha carattere meramente ricognitivo e non presuppone l’instaurazione di un contraddittorio. Essa non influisce in alcun modo sulla partecipazione procedimentale del soggetto interessato, data la possibilità di accedere agli atti e di contestare eventuali discordanze tra lo stato dei luoghi quale rappresentato e quello effettivo.
D’altra parte, nessuna rilevanza può avere la circostanza che nella comunicazione non si parli espressamente di annullamento in autotutela, atteso che, a seguito di essa, il soggetto interessato è messo nelle condizioni di acquisire contezza dell’oggetto specifico del procedimento.
3. Il secondo motivo di ricorso è diretto, in sostanza, a rilevare l’esistenza di una volontà dell’amministrazione di individuare a tutti i costi profili di illegittimità del titolo edilizio a suo tempo rilasciato, come sarebbe dimostrato dalla circostanza che essa si è rideterminata su una vicenda su cui era già intervenuta una pronuncia del giudice amministrativo.
Anche tale censura è infondata.
Se è principio certo e indiscusso che il giudicato amministrativo esplica, accanto ad un effetto eliminativo, anche un effetto conformativo nei confronti dell’amministrazione titolare del potere, nel senso che essa non può discostarsi nel prosieguo dell’attività da quanto affermato dal giudice amministrativo nel motivare l’annullamento dell’atto, è anche vero che la titolarità del potere resta sempre in capo all’amministrazione pubblica, che, quindi, potrà pur sempre pronunciarsi nuovamente sulla vicenda in senso sfavorevole all’amministrato, sempre che basi la statuizione su motivi diversi o comunque non in conflitto con quanto affermato nella sentenza.
Il fatto che l’amministrazione si sia nuovamente pronunciata sullo stesso oggetto non è, in sé considerato, motivo di illegittimità.
Parte ricorrente sembra voler dedurre anche profili di sviamento. È chiaro, tuttavia, che sarebbe stato onere della stessa addurre elementi di prova precisi e concordanti idonei ad individuare la divergenza del provvedimento dalla sua tipica funzione ( ex plurimis , TAR, Umbria, 30 agosto 2013 n. 459).
4. Con il terzo motivo di ricorso si evidenzia che l’Amministrazione comunale avrebbe esercitato un potere di autotutela “a rate”, nel senso che avrebbe individuato ulteriori profili di illegittimità oltre quelli già rilevati con il precedente provvedimento di annullamento.
La censura non è fondata, non essendovi alcuna regola che vieti un nuovo esercizio del potere di autotutela, purché rispettoso del precedente giudicato di annullamento. Ciò, beninteso, sempre nel rispetto dei principi concernenti l’esercizio del potere di autotutela di cui all’art. 21 nonies della legge n. 241/1990.
5. Proprio a proposito dei principi dell’autotutela, è il caso di affrontare a questo punto le censure di cui al sesto motivo del ricorso, col quale viene dedotta la violazione dell’art. 21 nonies sopra richiamato.
Rileva la ricorrente che non sarebbe stato dato conto dell’interesse pubblico concreto e attuale all’annullamento del permesso di costruire, tenuto conto della situazione di affidamento consolidatasi in capo alla stessa, a causa del tempo trascorso e dell’inizio dei lavori di cui si tratta.
Il provvedimento impugnato risulta motivato in questi termini:
“ …Valutata la preminenza dell’interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica ed al ripristino della legalità nel caso di specie palesemente violata.
Evidenziata, in particolare, l’esistenza del superiore interesse pubblico al mantenimento di viabilità di lottizzazione nonché al rispetto della normativa urbanistica sopra evidenziata posto che l’esecuzione di un edificio a distanza dal confine e tra i fabbricati inferiore a quella prescritta configura una illiceità per contrasto con una norma inderogabile posta a tutela dell’interesse pubblico a un prefigurato modello urbanistico… ”.
Le argomentazioni della ricorrente sono sicuramente condivisibili in relazione a quella parte della motivazione in cui si fa astratto riferimento al rispetto della disciplina urbanistica e della legalità, nonché al rispetto delle norme sulle distanze.
Tali profili non sarebbero certamente in grado di sostenere l’annullamento di un permesso di costruire in variante rilasciato nel 2009, con parte delle opere già eseguite.
Tuttavia, nella motivazione viene richiamato un profilo di estrema rilevanza, di cui naturalmente va vagliata nel merito la fondatezza, vale a dire la contrarietà dell’intervento alle previsioni della lottizzazione e, segnatamente, di quelle relative alla viabilità.
L’attualità e concretezza dell’interesse relativo al rispetto delle previsioni della lottizzazione relative alle opere di urbanizzazione sono inscindibilmente legate al fatto stesso che si discute di un intervento che costituisce attuazione del piano. Non è dedotto, quindi, il solo intento di ristabilire la legalità, ma ciò di cui si tratta è il rispetto dei vincoli previsti dalla convenzione in ordine ad opere di urbanizzazione primaria.
Ciò, secondo il Collegio, è sufficiente a radicare un interesse pubblico attuale e concreto all’esercizio del potere di autotutela, sempre che, come accennato, ne sussistano i presupposti, vale a dire siano effettivamente violati i vincoli di piano.
5. Può passarsi, ora, all’esame congiunto dei motivi quarto e quinto, nei quali vengono affrontati profili direttamente connessi alle motivazioni alla base del provvedimento di annullamento. L’esame congiunto è giustificato dal fatto che, con il quinto motivo, non si fa altro che dedurre profili di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, che non hanno reale autonomia concettuale rispetto agli argomenti dedotti con il quarto motivo.
5.1 Un primo ordine di questioni attiene alla distanza della costruzione della Pianeta dal confine, inferiore a cinque metri, in quanto essa è posta proprio sul confine. Ciò implicherebbe violazione dell’art. 18 N.T.A., che prescrive la detta distanza.
Nel provvedimento impugnato si specifica che l’inosservanza delle distanze è stata riconosciuta dalla sentenza n. 1697/2011 di questo Tribunale.
Il Responsabile del Settore Urbanistica fa riferimento evidentemente al fatto che nella sentenza si è preso atto delle conclusioni cui era giunto il verificatore nominato in quella sede, che aveva rilevato una parziale inosservanza delle distanze, ritenendo quest’ultimo che, sulla base delle previsioni delle N.T.A. allo strumento urbanistico del Comune di Acri, è ammessa la realizzazione sul confine solo per la porzione che fronteggia il fabbricato prospiciente realizzato a muro cieco sul confine di proprietà Roselli/Morelli. Per la parte rimanente, quella sporgente rispetto al fabbricato prospiciente, secondo il verificatore, andrebbero rispettate le distanze minime previste, vale a dire 5 m. dal confine e 10 m. dai fabbricati.
Il verificatore, in sostanza, afferma che la costruzione sul confine è ammessa solo per la parte in aderenza a fabbricato già costruito in precedenza e posto sul confine.
Su questi argomenti si è basato l’Ufficio al fine di affermare il mancato rispetto delle distanze.
Le argomentazioni dell’Amministrazione non appaiono convincenti.
Non è condivisibile, innanzi tutto, l’affermazione secondo la quale la sentenza di cui sopra avrebbe riconosciuto l’inosservanza delle distanze. Nella sentenza vengono riportate le conclusioni cui è giunto verificatore, ma esse non vengono poste alla base della pronuncia, tanto è vero che il ricorso della Pianeta è stato accolto. Se il giudicante avesse ritenuto sussistente una violazione delle N.T.A. l’esito del giudizio sarebbe stato diverso.
Fatta questa premessa, osserva il Collegio che tale ordine di ragioni poste a base dell’annullamento non tiene conto del fatto che l’esistenza di un confine è frutto di un frazionamento conseguente alla compravendita di parte di un appezzamento originariamente appartenente ad un unico proprietario o a comproprietari. Il progetto di cui all’originaria concessione edilizia, quella del 1999, prevedeva l’esistenza di corpi di fabbrica posizionati su quello che, successivamente, sarebbe diventato il confine di proprietà.
L’atto di compravendita e la conseguente creazione di un confine tra proprietà non possono incidere sul diritto dell’acquirente di posizionare il fabbricato a distanza inferiore a cinque metri dal confine, anche per la parte eccedente quanto costruito in aderenza, stante anche la presenza di un’espressa previsione contrattuale, vincolante per i venditori e per i loro aventi causa, della possibilità di realizzare un unico corpo di fabbrica posto sulla viabilità interna e, quindi, necessariamente non in aderenza.
Le censure relativo a questo profilo del provvedimento appaiono, quindi, fondate.
5.2 La fondatezza dell’esaminata censura non esime dal vaglio di quelle relative alle ulteriori motivazioni poste a base del provvedimento di annullamento, che, come segnalato, sono indipendenti fra di loro. È chiaro, infatti, che allorché un provvedimento sia fondato su diverse ragioni indipendenti fra di loro, l’accertamento dell’inattaccabilità anche di una sola di esse vale a sorreggere il provvedimento e a determinare il rigetto del ricorso.
L’altro ordine di argomentazioni poste a sostegno del ricorso attiene al fatto che il corpo di fabbrica unico progettato dalla Pianeta andrebbe ad occupare una striscia di suolo sottoposta a vincolo di in edificabilità poiché destinata a viabilità.
La società Pianeta nega siffatta circostanza, rilevando che, a seguito della compravendita, il tratto di strada che il fabbricato andrebbe ad occupare è di esclusiva proprietà di essa e che comunque risultano pienamente soddisfatti gli oneri di urbanizzazione posti a carico della stessa, stante il fatto che la strada di cui si tratta è stata spostata a monte.
La censura della ricorrente è infondata.
Va premesso che sull’argomento in questione non è intervenuta alcuna pronuncia giurisdizionale, atteso che il problema della viabilità risultava posto solo nel primo provvedimento di annullamento, che non ha formato oggetto di impugnazione.
Non è controverso che il rilascio dell’originaria concessione edilizia ha avuto luogo previa stipulazione di una convenzione tra il Comune di Acri e i danti causa della società Pianeta, trascritta alla conservatoria dei registri immobiliari, con la quale costoro si impegnavano a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione a scomputo totale dei contributi sugli oneri di urbanizzazione.
L’affermazione concernente l’esclusiva proprietà del tratto di strada in questione (individuato sulle planimetrie mediante colorazione in giallo) risulta basata, tra l’altro, sull’affermazione della ricorrente di avere raggiunto un accordo con un assessore del Comune riguardo alla cessione al Comune stesso dei soli tratti di strada colorati in rosso.
È evidente, tuttavia, che un siffatto accordo, di cui comunque non è dato rinvenire traccia tra i documenti prodotti, non potrebbe, in ogni caso, valere a incidere su quanto a suo tempo pattuito tra i danti causa e il Comune di Acri.
Ne consegue che l’intervento proposto dalla Pianeta, che implica l’esclusiva proprietà di essa del tratto di strada su cui verrebbe a sorgere l’edificio e, quindi, l’esclusione della cessione al Comune, presuppone necessariamente la modifica della convezione.
Né appare fondata l’osservazione secondo la quale con la realizzazione della strada a monte del fabbricato si sono comunque soddisfatti gli oneri assunti. Di ciò, infatti, non è data dimostrazione alcuna e, d’altra parte, questo non modificherebbe quanto sopra specificato riguardo alla necessità di modifica della convenzione.
L’infondatezza delle censure concernenti il profilo esaminato, costituente una delle ragioni, indipendente dalle altre, sulle quali è basato il provvedimento impugnato, rende non necessario l’esame delle ulteriori censure.
6. In conseguenza il ricorso risulta infondato e deve essere rigettato.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.