TAR Firenze, sez. I, sentenza 2015-03-16, n. 201500418

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2015-03-16, n. 201500418
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201500418
Data del deposito : 16 marzo 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01474/2009 REG.RIC.

N. 00418/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01474/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1474 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
L C, rappresentata e difesa dagli avv.ti R R e G M, presso lo studio dei quali è elettivamente domiciliata in Firenze, Via Lamarmora 14;

contro

Università degli Studi di Pisa, in persona del Rettore pro tempore , Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliati in Firenze, Via degli Arazzieri 4;

per l'accertamento

del diritto soggettivo della ricorrente a permanere in servizio presso la Facoltà di Economia dell'Università di Pisa come titolare di cattedra, docente di 1° fascia a tempo definito,

e per l'annullamento, per quanto di ragione, previa sospensione dell'efficacia, del Decreto del Rettore dell’Università di Pisa prot. I/1 n. 9038 del 24 giugno 2009, con il quale è stato disposto che la ricorrente, per ragioni di pretesa incompatibilità tra lo status di professore universitario a tempo definito e la carica di Presidente della Cassa di Risparmio di San Miniato Spa, “è collocata in aspettativa senza assegni, ai sensi dell’art. 13 del D.P.R. 382/1980, a decorrere dalla data del presente provvedimento e per tutta la durata dell‘incarico di Presidente del Consiglio di Amministrazione della Cassa di Risparmio di San Miniato Spa, la cui scadenza è prevista il 30 aprile 2011”;

nonché, ove occorrer possa, della nota prot. n. 8381 del 10.06.2009, con la quale il Dirigente dell’Area Reclutamento e Amministrazione del Personale dell’Università di Pisa ha respinto le controdeduzioni formulate dalla ricorrente in data 9 marzo 2009, diffidandola a cessare dalla situazione di asserita incompatibilità contestata e di tutti gli atti comunque connessi presupposti e conseguenti, se lesivi.

e, in virtù dei motivi aggiunti depositati il 13 maggio 2010, per l’annullamento altresì del provvedimento n. 5090 del 12 aprile 2010, con cui il Dirigente dell’Area reclutamento e amministrazione del personale dell’Università di Pisa ha rigettato l’istanza di riesame del predetto decreto rettorale n. 9038/2009.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Pisa e del Ministero dell’Università e della Ricerca;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2015 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 28 luglio e depositato il 25 agosto 2009, la professoressa L C, in servizio a tempo definito presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Pisa, esponeva di ricoprire sin dal 27 giugno 2008 la carica di presidente del consiglio d’amministrazione della Cassa di Risparmio di San Miniato S.p.a., esercitando funzioni di mera rappresentanza, in quanto tali compatibili con lo status di docente universitario a tempo definito. Nondimeno, con nota del 18 febbraio 2009 il Dirigente dell’Area reclutamento e amministrazione del personale dell’ateneo pisano, premesso di aver appreso dagli organi di stampa dell’incarico predetto, l’aveva invitata a presentare richiesta di aspettativa ex art. 13 del D.P.R. n. 382/1980, reputando l’incompatibilità assoluta di quella carica con lo status di docente;
invito che era stato confermato con successiva nota del 10 giugno 2009, adottata all’esito del contraddittorio con l’interessata e contenente l’avvertimento che, per l’ipotesi di mancata cessazione entro quindici giorni della situazione di ritenuta incompatibilità, l’Università avrebbe avviato la procedura finalizzata alla decadenza dall’ufficio di professore universitario. Al solo scopo di evitare di incorrere nella preannunciata decadenza, la professoressa C aveva chiesto di essere collocata in aspettativa per la durata del mandato di presidente della Cassa di Risparmio di San Miniato, e il conforme provvedimento era stato immediatamente adottato per decreto rettorale del 24 giugno 2009.

Affidate le proprie doglianze a cinque, articolati motivi in diritto, la professoressa C concludeva quindi per l’annullamento del decreto di collocamento in aspettativa e degli atti allo stesso presupposti, nonché per l’accertamento del proprio diritto a permanere in servizio come docente universitario pur in costanza dell’incarico rappresentativo in questione.

Costituitisi in giudizio l’Università di Pisa e il Ministero della Ricerca e dell’Università, che resistevano alle domande della ricorrente, con ordinanza del 30 settembre 2009 il collegio respingeva la domanda incidentale di sospensione contenuta nello stesso atto introduttivo del giudizio. La decisione veniva confermata in appello con ordinanza del 15 – 16 dicembre 2009.

In corso di causa, la ricorrente proponeva quindi motivi aggiunti nei confronti del sopravvenuto provvedimento in data 12 aprile 2010, mediante il quale, sull’istanza di riesame da lei presentata a seguito dell’intervenuta modifica delle disposizioni statutarie della Cassa di Risparmio di San Miniato, l’Università di Pisa aveva ritenuto non sussistessero elementi utili per rivedere la propria posizione circa l’incompatibilità fra i poteri del presidente di quell’istituto e il ruolo di docente universitario. La contestuale domanda cautelare veniva peraltro respinta con ordinanza del 9 giugno 2010, anch’essa successivamente confermata in appello.

Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 14 gennaio 2015, preceduta dal deposito di memorie difensive.

DIRITTO

1. Come riferito in narrativa, con l’atto introduttivo del giudizio la professoressa L C impugna il decreto rettorale che ne ha disposto il collocamento in aspettativa in costanza della carica, da lei rivestita, di presidente del consiglio d’amministrazione della Cassa di Risparmio di San Miniato S.p.a., ritenuta dall’Università di Pisa incompatibile con lo status di docente universitario a tempo determinato. I motivi aggiunti proposti in corso di causa sono invece rivolti nei confronti del diniego di riesame del predetto decreto rettorale, pronunciato dallo stesso ateneo con provvedimento del 12 aprile 2010. La circostanza che, nelle more del giudizio, la ricorrente sia cessata dall’incarico presso la CA.RI.S.MI. non determina il venir meno dell’interesse alla decisione della controversia, che residua quantomeno ai fini del ristoro delle conseguenze patrimoniali sfavorevoli patite dalla professoressa C in dipendenza degli atti impugnati.

2. Con le articolate censure di cui al ricorso introduttivo, viene affermata la compatibilità fra lo status dei docenti universitari a tempo definito e l’incarico di presidente del C.d.A. CA.RI.S.MI. a suo tempo ricoperto dalla professoressa C, quest’ultimo non essendo riconducibile alla nozione di “esercizio del commercio e dell’industria” di cui all’art. 11 co. 3 del D.P.R. n. 382/1980. L’incompatibilità fra lo status di docente universitario e la carica di presidente di società scaturirebbe unicamente dall’attribuzione all’organo societario di poteri gestori, non riscontrabili nello statuto della Cassa di Risparmio di San Miniato, e in questo senso deporrebbero altresì le previsioni del regolamento sul conferimento degli incarichi esterni ai professori e ricercatori a tempo pieno, adottato nel 2002 dall’Università di Pisa, che, come autenticamente interpretato dal Senato accademico, individua nella partecipazione a soli organi muniti di poteri di gestione il profilo di incompatibilità con la docenza universitaria e, per questo aspetto, esprimerebbe un principio estensibile ai professori a tempo definito. Analogo principio sarebbe rinvenibile, del resto, nelle disposizioni regolamentari della gran parte degli atenei italiani.

L’assenza di compiti e poteri gestionali in capo al presidente del C.d.A. di CA.RI.S.MI. S.p.a., già evidenziata dalla ricorrente nel contraddittorio procedimentale che ha preceduto l’adozione del decreto rettorale impugnato, attraverso il parere pro veritate reso dal prof. Pietro Abbadessa, troverebbe conferma nelle modifiche statutarie approvate dalla Cassa di Risparmio di San Miniato in attuazione delle disposizioni di vigilanza della Banda d’Italia del 4 marzo 2008. In particolare, a norma dell’art. 15 dello statuto, come modificato, il presidente non rivestirebbe alcun ruolo esecutivo e non potrebbe svolgere funzioni gestionali neppure di fatto, tali funzioni essendo attribuite al C.d.A. e al direttore generale, figura equiparabile a quella dell’amministratore delegato.

2.1. Le doglianze sono infondate, meritando di essere integralmente confermata in questa sede la pur sommaria delibazione espressa dal collegio all’esito della fase cautelare.

2.2. Il decreto di collocamento della ricorrente professoressa C in aspettativa senza assegni è motivato, anche mediante il rinvio per relationem alla pregressa comunicazione del 10 giugno 2009 a firma del Dirigente dell’Area reclutamento e amministrazione del personale, con riferimento alla sussistenza di una situazione di incompatibilità originata dalla titolarità, in capo all’interessata, dei poteri gestori attribuiti al C.d.A. e al suo presidente dagli artt. 12 e 15 dello statuto della Cassa di Risparmio di San Miniato. La conclusione sarebbe rafforzata, ad avviso dell’amministrazione procedente, dalla mancata previsione da parte del medesimo statuto di una figura di amministratore investito della delega di tutti i compiti gestionali.

Della correttezza di tale valutazione non può dubitarsi alla luce del tenore del citato art. 15, nella versione anteriore alle modifiche apportate in attuazione delle disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia del 4 marzo 2008, il cui terzo comma assegnava al presidente compiti “di impulso dell’attività del Consiglio di Amministrazione e del Comitato Esecutivo”;
e, soprattutto, del precedente art. 12, che non solo attribuiva al C.d.A. tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione della società, ma, al terzo comma, riservava allo stesso C.d.A. una serie di deliberazioni non delegabili, ivi comprese quelle concernenti la determinazione degli indirizzi generali di gestione, la nomina del direttore generale, la determinazione della struttura organizzativa dell’azienda, l’assunzione, variazione e cessione di partecipazioni, l’acquisto e vendita di azioni proprie, la determinazione di funzioni, poteri e deleghe da conferire al direttore generale anche in materia di gestione corrente ed erogazione del credito, l’istituzione, chiusura o trasferimento di dipendenze e rappresentanze, l’acquisto, la costruzione, la permuta e la vendita di immobili. Si tratta, evidentemente, di un complesso di attribuzioni il cui contenuto innegabilmente gestorio non può non essere riferito anche al presidente del consiglio di amministrazione della società a titolo di concorso nell’esercizio dei relativi poteri, senza che la partecipazione individuale all’esercizio della gestione dell’ente possa considerarsi assorbita dalla collegialità dell’organo, come del resto già statuito da questo tribunale in controversia analoga alla presente (cfr. T.A.R. Toscana, sez. I, 2 dicembre 2010, n. 6699, pure inerente ai poteri gestori attribuiti dallo statuto CA.RI.S.MI. ai componenti del consiglio di amministrazione e alla conseguente incompatibilità con lo status di docente universitario a tempo pieno).

3. Le sopra ricordate modifiche allo statuto della Cassa di Risparmio di San Miniato costituiscono l’occasione che ha indotto la ricorrente a indirizzare all’Università di Pisa l’istanza di riesame che è stata respinta con nota del 12 aprile 2010, oggetto dell’impugnazione per motivi aggiunti.

3.1. Con il primo motivo aggiunto, è denunciata l’incompetenza del Dirigente firmatario dell’atto impugnato, trattandosi di attribuzioni riservate al rettore dal regolamento di ateneo e comunque in forza del principio del contrarius actus .

Il motivo è infondato.

L’impugnata nota del 12 aprile 2010 costituisce, infatti, un arresto procedimentale che si colloca nella fase dell’istruttoria dell’istanza presentata dalla ricorrente che, come tale, ben può essere demandata all’ufficio addetto al personale, e per esso al suo dirigente. Vertendosi peraltro in tema di attività vincolata, il vizio di incompetenza diviene irrilevante alla luce di quanto previsto dall’art. 21- octies co. 2 della legge n. 241/1990, a condizione che il giudizio sul rapporto consenta di accertare sul piano sostanziale il corretto agire dell’amministrazione.

3.2. In questa ottica, occorre allora passare all’esame delle censure svolte con il secondo motivo aggiunto, con cui la ricorrente lamenta che l’Università di Pisa non abbia tenuto adeguato conto delle modifiche statutarie adottate dalla CA.RI.S.MI. S.p.a. e non abbia perciò correttamente esercitato il potere di riesame, limitandosi a rinviare l’adozione di nuovi provvedimenti all’esito del giudizio pendente dinanzi al T.A.R.. Al contrario, l’Università avrebbe dovuto prendere atto delle modifiche apportate all’art. 15 dello statuto e riconoscere il definitivo venir meno di ogni incertezza circa l’assenza di poteri di gestione in capo al presidente del C.d.A., in consonanza con la riforma del diritto societario e le modificazioni apportate dal D.Lgs. n. 6/2003 all’art. 2381 c.c., nonché con le disposizioni di vigilanza impartite dalla Banca d’Italia.

La tesi non è condivisibile.

Se è vero che, nella nuova versione, l’art. 15 co. 3 dello statuto CA.RI.S.MI. esclude espressamente che il presidente rivesta un ruolo esecutivo e possa svolgere, anche solo di fatto, funzioni gestionali, è tuttavia rimasto fermo quanto previsto dall’art. 12 in ordine ai poteri gestionali non delegabili dal C.d.A., poteri al cui esercizio concorre, come si è già osservato, anche il presidente, ciò che giustifica il persistere della causa di incompatibilità stabilita dall’art. 11 co. 3 D.P.R. n. 382/1980, e questo anche ai sensi della nota interpretativa del Senato accademico, invocata dalla stessa ricorrente, il cui punto 4) chiarisce come il divieto di assumere cariche in società costituite a fini di lucro riguardi la partecipazione agli organi sociali sia individuali, sia collegiali, purché dotati, come nella specie, di poteri di gestione.

Si aggiunga che il citato art. 15 co. 3 dello statuto fa salva la previsione di cui all’art. 12 ultimo comma, in forza del quale “Nei casi di assoluta e improrogabile necessità, il Presidente, d’intesa con il Direttore Generale, potrà assumere ogni determinazione di competenza del Consiglio o del Comitato Esecutivo con immediata efficacia nei confronti di terzi, dandone comunicazione all’Organo competente nella sua prima riunione”. L’esistenza di un potere gestorio individuale, sia pure residuale, continua infatti a rilevare non tanto in ragione della sua compatibilità o meno con le regole del diritto societario, quanto della sua contrarietà al divieto sancito dall’art. 11 co. 3 cit., come peraltro significativamente rimarcato dal giudice d’appello, sia pure in sede cautelare.

4. In forza delle considerazioni che precedono, le domande proposte dalla ricorrente non possono trovare accoglimento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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