TAR Roma, sez. I, sentenza breve 2013-06-10, n. 201305781
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Testo completo
N. 05781/2013 REG.PROV.COLL.
N. 03695/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 3695 del 2013, proposto da:
M A H, rappresentato e difeso dall'avv. G L, con domicilio eletto presso Valerio Vianello Accorretti in Roma, via Guido Reni;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
previa sospensione dell’esecuzione.
del provvedimento del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia, Direzione Generale della Giustizia Penale, n. TC-3593/2002-GE, emesso e notificato via fax al difensore il 1° febbraio 2013, con cui è stata rigettata la richiesta formulata In nome e per conto del ricorrente di ottenere il trasferimento di persona condannata nel Paese di origine, giuste disposizioni del Codice di Procedura Penale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2013 il cons. Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Con il ricorso in epigrafe si impugna il provvedimento del Ministero della Giustizia emesso e notificato il 1° febbraio 2013, con cui è stata rigettata la richiesta formulata in nome e per conto del ricorrente di ottenere il trasferimento all’estero (in Giordania) di persona condannata nel Paese di origine, giuste disposizioni del Codice di Procedura Penale.
Si è costituito il Ministero della Giustizia per resistere al ricorso e ne ha chiesto il rigetto nel merito.
Le censure svolte nell’epigrafato gravame non sembrano meritevoli di positiva considerazione in quanto:
a) in merito alla contestata adozione del provvedimento impugnato senza il preventivo vaglio da parte della Corte di Appello, di cui all’art. 743 c.p.p., si osserva che in subjecta materia l'iniziativa della fase giurisdizionale spetta esclusivamente al Ministro della Giustizia, il quale, dopo un'attenta valutazione, trasmette gli atti al Procuratore generale affinché costui promuova il procedimento davanti alla Corte d'Appello;in particolare, il Ministro opera una valutazione di ammissibilità della richiesta sotto il profilo giuridico, ossia considerando se sussistano le condizioni e i presupposti fissati dalla legge per l'esecuzione, nonché di opportunità politica;
b) in merito alla dedotta infondatezza delle ragioni dell’impugnato diniego, secondo cui le richieste ex art. 742 c.p.p. troverebbero accoglimento solo in presenza di un accordo internazionale vigente tra l’Italia e il Paese in cui il detenuto dovrebbe espiare la sua pena ovvero in caso di estradizione, non è condivisibile la tesi argomentativa di parte ricorrente per la quale il contesto normativo renderebbe legittima ed eseguibile una domanda di trasferimento anche verso uno Stato che non abbia mai sottoscritto un apposito accordo con il nostro Paese. Rileva a riguardo il Collegio che proprio in base al richiamato art. 742 c.p.p., l'istituto in questione trova applicazione solo nel caso in cui sia espressamente previsto in una convenzione o in un trattato (le cui norme, in base al combinato disposto degli artt. 10 Cost. e 696 c.p.p., prevalgono su quelle di diritto interno) ed è riservato, come già considerato, ad una scelta del Ministro della giustizia, che può richiedere l'esecuzione all'estero, previa deliberazione favorevole della Corte d'Appello competente per territorio (sub art. 743), ovvero acconsentire alla corrispondente domanda proveniente dallo Stato straniero.
Per le considerazioni svolte il ricorso deve essere dunque respinto.
Per la natura delle questioni trattate sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.