TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2016-10-14, n. 201610321

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2016-10-14, n. 201610321
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201610321
Data del deposito : 14 ottobre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/10/2016

N. 10321/2016 REG.PROV.COLL.

N. 14517/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14517 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
G A, B V, B M, C G, C V, C F, C V, C L, G M, M R, M P, P G, P G, S D, S M, S G, T N, Z G, B G, D G A, B L, C G, D L G, D T M, G G, M M, M V, S D, R G, P G, D F, D L G, E V, F D, F V, L A A, S A, S M, T F, Carbone Arcangelo Raffaele, Daniello Carlo, De Paola Giacomo, Farella Michele, Legrottaglie Nicola, Liantonio Vito, Locorriere Nicola, Panzarino Nicola, Parrulli Giovanni, Regina Giuseppe, Rutigliano Nicola, Salinaro Francesco, Santamaria Nino, Sciacovelli Nicola, Stallone Giuseppe, Tetro Rocco, Vessia Natale, Zaccheo Vito, Iurlo Nicola, Licci Ascanio, Padovano Cloderico, D’Antoni Vittorio, Procacci Luigi, Diletti Enrico, Ottoni Maurizio, Improta Ciro, Toga Silvio, Castoro Carlo, Magnarelli Roberto, Palladino Saverio, Palmieri Giacinto, rappresentati e difesi dall'avvocato Vincenzo Gigante C.F. GGNVCN40D20L049G, con domicilio eletto presso Gianmarco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Presidenze della Repubblica, Ministero della Salute, Ministero Dell’Economia e delle Finanze, Ministero per la Pubblica Amministrazione e La Semplificazione dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Interno, Ministero della Difesa, Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del decreto interministeriale emanato il 06.08.20114 dal Ministro della Difesa di concerto con il Ministro della Salute e il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione;

del decreto interministeriale emesso il 24.09.2014 dal Ministro della Difesa avente ad oggetto: Selezione per la formazione del contingente di 300 unità di personale militare della Croce Rossa in servizio attivo del corpo militare della associazione Croce Rossa (C.R.I.) di cui all’art. 5, comma 5 e 6 del decreto legislativo del 28.09.2012 n. 178;

nonché, con motivi aggiunti:

del D.I. del 7.8.2015 che modifica i criteri per la costituzione del contingente di 300 unità;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 13 luglio 2016 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


I ricorrenti premettono di essere tutti componenti del Corpo Militare Ausiliari delle FF.AA. e di aver impugnato con ricorso, pendente presso la Prima Sezione, iscritto al ruolo con n. rgr. 243/13, 2), il decreto legislativo n. 178/12 per sentire dichiarare il diritto al mantenimento dello status militare ed alla conservazione del Corpo Militare della CRI come Corpo Ausiliare delle FF.AA.

Con il ricorso in esame, i predetti impugnano i decreti attuativi del decreto legislativo n. 178/12 indicati in epigrafe: il decreto interministeriale del 6.8.2014 contenente modifiche al decreto 10.04.2013, concernente le determinazioni dei criteri per la costituzione, nell’ambito del personale di cui al comma 6, dell’art. 5 del decreto legislativo 28.09.2013 n. 178, con il quale è stato prorogato al 31.12.2016 il termine entro il quale il personale del corpo militare in servizio attivo, interessato alla procedura di selezione di cui al comma 6, art. 5 del decreto legislativo del 28.09.2012 n. 178 transita nel ruolo civile delle Croce Rossa Italiana e viene sostituito l’allegato D del decreto del 10.04.2013 del Ministro della Difesa in concerto con gli altri Ministri;
il decreto interministeriale del 24.09.2014, avente ad oggetto “selezione per la formazione del contingente di 300 unità di personale militare della Croce Rossa in servizio attivo del corpo militare della associazione Croce Rossa (C.R.I.), di cui all’art. 5, comma 5 e 6 del decreto legislativo del 28.09.2012 n. 178”.

I ricorrenti precisano, anche in quest’occasione, di agire in giudizio per “la tutela degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi, riguardanti a) la conservazione dello status di militare, b) la conservazione del Corpo Militare della CRI come Corpo Ausiliare delle FF.AA., come elemento costituivo di diritto acquisito da parte dei ricorrenti, facenti parte dell’attuale Corpo Militare della Croce Rossa, in servizio permanente per effetto di provvedimenti di assunzione a tempo indeterminato (personale militare vincitore del concorso 12.02.1988 nonché di p.c.m. del 09.11.1988 adottato ai sensi dell’art. 24 comma 8 L. 11.03.1988 n. 67, nonché in forza della L. 730

art. 12 del 28.10.1986, nonché DPCM del 19.09.1986 adottato ai sensi dell’art. 6 comma 17 L. 28.02.1986 n. 41), nonché del personale Militare con arruolamento volontario e trattenuto in servizio (OP 621/61 – OC 112/87 – stabilizzato con concorso autoparco), nonché relativo al personale civile con contratto a tempo indeterminato e determinato della Croce Rossa, appartenente comunque al Corpo Militare, per effetto dei richiami ai sensi dell’art. 1668 c.o.m., e in servizio al momento dell’entrata in vigore del decreto del 28.09.2012 n. 178”.

Il ricorso è affidato a motivi così rubricati: “1) Violazione di legge, eccesso di potere, decadenza della validità della delega in relazione alla legge 183/2010, con riferimento anche alle sentenze della Corte Costituzionale in argomento. Violazione degli artt. 76 e 77 della Carta

Costituzionale;
2) Violazione di legge ed eccesso di potere, decadenza di validità della delega in

relazione all’art. 5 commi n. 5 e 6, e 6 del d.lgs. 178/12 come riferimento ai decreti interdirigenziali del 06.08.2014 e 24.09.2014;
3) Violazione di legge, eccesso di potere, violazione degli artt. 17 e 18 della Carta Costituzionale in relazione al d.lgs. 178/12 n. 5 e 6 dell’art. 5;
anche in relazione ai decreti interministeriali 06.08.2014 e 24.09.14;
illegittimità, illogicità ed incostituzionalità manifesta;
4) Violazione di legge, eccesso di potere, illogicità di comportamento da parte del Consiglio dei Ministri e dei Ministri interessati in relazione alla perdita dello status di militare di coloro che attualmente costituiscono il Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, come ausiliari delle FF.AA”.

Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero della Difesa, che resistono solo formalmente.

Con successivi motivi aggiunti, impugnano il successivo D.I. del 7.8.2015, che modifica il DI 10.4.2013, concernente i criteri per la costituzione del contingente di 300 unità ed avvia la procedura per la selezione del relativo personale.

All’udienza pubblica del 13.7.2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

Si può prescindere dall’esaminare le questioni dell’ammissibilità del ricorso collettivo in esame (in quanto proposto da una molteplicità di ricorrenti, che potrebbero, eventualmente, trovarsi in posizioni conflittuali tra loro), attesa la sua infondatezza nel merito, alla luce delle sentenze già pronunciate dalla Sezione (TAR Lazio, I bis n. 4124/2016 e 9840/2016), alle quali si fa integrale rinvio.

Va premesso, per un migliore inquadramento della questione, che, nelle sentenze richiamate, erano stati ritenuti palesemente infondati di dubbi sulla illegittimità costituzionale del Decreto Legislativo n. 178/2012 - che costituiscono oggetto del ricorso n. 243/2013con cui si denuncia il contrasto con gli artt. 76 e 77 Costituzione per indeterminazione dell’oggetto della delega e per superamento dei limiti di delega imposti dall'art. 2 della L. 183/2010, nonché dei termini da questi imposti – sulla base della considerazione che l'art. 2 della L. 183/2010 delegava il Governo ad adottare provvedimenti di “riordino e semplificazione dell’attività” degli enti vigilati dal Ministero della Salute, sulla base dei criteri e dei principi direttivi indicati dal comma 1, compreso quello, indicato alla lett. a), della “semplificazione e snellimento dell’organizzazione e della struttura amministrativa degli enti…adeguando le stesse ai principi di efficacia, efficienza ed economicità dell’attività amministrativa e all’organizzazione”, operazione nella quale si deve ritenere inclusa anche la trasformazione della natura della personalità giuridica della CRI (con trasformazione dell’Associazione Croce Rossa Italiana da ente pubblico o comunque di rilevanza pubblica a soggetto di diritto privato) “in quanto, nell’ottica funzionale sottesa al processo di semplificazione e riorganizzazione promosso dal legislatore delegante, la veste giuridica privata è ritenuta quella che consente di svolgere più proficuamente la specifica attività di protezione civile - con conseguente connessa riallocazione dei relativi compiti nell’alveo delle attività volontarie delle Associazioni, in armonia con il principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 Cost. (…) con conseguente mutamento di status giuridico del personale interessato - a partire dalla “smilitarizzazione” del Corpo Ausiliario della Croce Rossa (con transito dei militari in servizio permanente in un ruolo civile ad esaurimento da ricollocare, attraverso la mobilità, in altre Amministrazioni pubbliche)”. Soluzione ermeneutica condotta tenendo conto dei criteri, dei principi e delle finalità perseguite, enunciate nel medesimo articolo 2, per cui “si deve riconoscere che la delega attribuita al Governo ha un ambito materiale estremamente ampio investendo la riorganizzazione degli enti vigilati (nonché il rapporto di vigilanza ministeriale) rendendo quindi possibile – fermo restando il limite della natura e della finalità dei compiti – la scelta del modello organizzativo ritenuto più adatto (…). Si tratta pertanto della nota questione dell’alternativa tra moduli privatistici e pubblicistici e della relativa migliore idoneità, in determinate circostanze di specifici e contingenti momenti storici, dell’uno e dell’altro modulo per svolgere determinati compiti ed attività che sono ritenute di interesse pubblico. Pertanto, la legge delega limitava il legislatore delegato quanto al “fine” da perseguire, precludendogli di modificare compiti e funzioni della CRI, attribuendogli potere di disciplinare esclusivamente “le modalità organizzative dell’azione”, tra cui rientra, appunto, la scelta tra il modulo pubblicistico e quello privatistico, che è stata legittimamente operata dal Governo nell’ambito delle decisioni ad esso attribuite”. Anche in questa sede, il Collegio deve ribadire che non ignora le delicate problematiche sollevate dall’attuazione di tale riforma, ma che, tuttavia, si tratta di questioni politiche da affrontare nelle competenti sedi parlamentari (tant’è che le Camere sono state già investite dalla questione, da ultimo anche dal recente disegno di legge presentato al Senato, proprio sulla base delle problematiche applicative del decreto legislativo n. 178 del 2012, che ha profondamente inciso sulle modalità operative dell’Ente, che, anche a causa dei drastici tagli di risorse, affronta notevoli difficoltà di funzionamento, di addestramento del personale, di manutenzione e gestione dei beni, etc.) e, soprattutto, dei dubbi sul mantenimento degli stessi livelli qualitativi e quantitativi dei servizi mediante il ricorso a solo personale volontario a titolo gratuito una volta completata la fase transitoria di “smobilitazione” del Corpo militare.

Tanto premesso, risultano infondate le censure dedotte con il primo motivo di ricorso, nella parta in cui vengono riprese le questioni relative alla mancata definizione dell’oggetto della delega.

Per le restanti censure, il primo mezzo di gravame va esaminato congiuntamente al secondo motivo di ricorso, con cui si denuncia la tardività dei decreti ministeriali impugnati lamentando che sarebbero stati adottati oltre il termine di scadenza di 60 gg prescritto dall’art. 5 co. 6 del Decreto Legislativo n. 178/2012, il quale stabiliva che il decreto del Ministro della Difesa, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro per la pubblica amministrazione e semplificazione avrebbe dovuto emanarsi “entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto”. I predetti Ministri, pertanto, ad avviso dei ricorrenti, sarebbero “decaduti” dal poteri di adottare i decreti in argomento “che possano avere valore di legge ordinaria”.

Va innanzitutto disattesa la prospettazione del ricorrente in merito alla qualificazione dei decreti attuativi in parola come atto con cui il Governo è chiamato a “legiferare in materia di riorganizzazione della CRI”, con conseguente applicazione delle prescrizioni in materia di attività normativa sancite dagli art. 76 e 77 Cost. – sicchè gli atti attuativi sarebbero nulli o illegittimi in quanto adottato oltre il termine di 60 giorni dall’entrata in vigore di quel decreto legislativo (e cioè entro il 3.1.2013 considerato che il d.lvo 28.9.2012, pubblicato sulla GU del 19.10.2012 è entrato in vigore il 3 novembre 2012 dopo l’ordinario periodo di vacatio legis ). Non vi è dubbio, infatti, che i decreti attuativi (D.M. 10 aprile 2013 D.M. 17 dicembre 2013 e D.M. 6 agosto 2014) hanno natura giuridica di atti amministrativi e ad essi non è estensibile la disciplina dettata dalla Costituzione per i decreti legislativi ed i decreti legge. Inoltre l’art. 5, comma 6 del predetto decreto legislativo non attribuisce al termine predetto alcun carattere perentorio - e questo non è deducibile né dalla natura, né dalla funzione dell’atto da adottare e non commina, per il caso di mancato rispetto, alcuna decadenza - sicchè si deve ritenere avente carattere meramente ordinatorio. Ne consegue che i decreti attuativi in contestazione risultano immuni dai vizi dedotti con i primi due mezzi di gravame.

Con il terzo motivo di ricorso - rubricato “Violazione di legge, eccesso di potere, violazione degli artt. 17 e 18 della Carta Costituzionale in relazione al d.lgs. 178/12 n. 5 e 6 dell’art. 5;
anche in relazione ai decreti interministeriali 06.08.2014 e 24.09.14;
illegittimità, illogicità ed incostituzionalità manifesta” - sollevano una pluralità di problematiche applicative, che dovranno trovare soluzione in ulteriori atti applicativi (quali i criteri di inquadramento del contingente;
la regolazione dei rapporti interorganici) e che, però, non valgono ad individuare vizi di legittimità dei decreti attuativi impugnati: in altri termini, tali elementi sono indicativi dell’esigenza di completamento della disciplina da questi dettata, più che dell’illegittimità della stessa. Tale rilievo vale in particolare per le osservazioni dei ricorrenti, con cui lamentano che non si comprende come sarà regolato il rapporto di dipendenza funzionale dei membri del contingente, che si troveranno ad operare alle dipendenze della CRI (in particolare per quanto riguarda i procedimenti disciplinari) o quali criteri saranno adottati per l’inquadramento del contingente, che risulta indicativo solo della necessità di adottare ulteriori atti per individuare la disciplina di dettaglio , ma non costituisce, di per sé, vizio di legittimità.

Altri rilievi, con cui si prospettano vizi di legittimità, vanno, invece, disattesi, come quelli con cui si lamenta l’illogicità del d.lgs. 178/12 e dei decreti attuativi, nella parte in cui prevedono la riorganizzazione della Croce Rossa con la istituzione di due “organismi”, l’Associazione della Croce Rossa Italiana, avente la personalità giuridica di diritto privato, e l’altro, l’Ente CRI, qualificato come ente pubblico non economico con personalità giuridica di diritto pubblico, che hanno alcuni componenti comuni. Si tratta di un profilo di doglianza che non può essere condiviso, in quanto censurano, in sostanza, un fenomeno di pluriappartenza a diverse organizzazioni che è pacificamente ammesso nel nostro ordinamento giuridico- così come la dipendenza funzionale da amministrazione diversa da quella di appartenenza -, tant’è che i ricorrenti non individuano alcuna norma violata.

In altri profili di censura, invece, viene dedotta la violazione di una specifica norma, ma la norma invocata risulta inconferente al caso in esame, come nel passo in cui si denuncia che la creazione di un contingente di 300 unità di un corpo militare, sia pure ausiliario, alle dipendenze dei Comitati e Locali della Croce Rossa, avente natura di associazione privata e personalità di diritto privato, si porrebbe in contrasto con il divieto, sancito dagli artt. 17 e 18 della Costituzione, “di associazioni segrete e che perseguono, anche indirettamente, scopi politici, mediante organizzazioni di carattere militare”. Si tratta di ipotesi che non hanno alcuna riferibilità alla CRI, che è un’associazione che persegue esclusivamente scopi di solidarietà sociale, opera senza imporre vincoli di segretezza ai propri associati, a cui sono estranee finalità politiche e strutture militari.

Con il terzo motivo di ricorso in esame, inoltre, i ricorrenti lamentano che il D.lgs. 178/12 ed i decreti attuativi “dimenticano completamente l’esistenza di un certo numero di personale del Corpo Militare ausiliare delle FF.AA, costituito da coloro che furono inseriti in con rapporto di lavoro continuativo con la CRI, in forza della L. 730 del 1986, mantenuti in servizio in un ruolo speciale ad esaurimento;
di guisa che non essendo prevista dalla legge, la loro eliminazione si verificherebbe la contestuale esistenza di un nuovo Corpo Militare, costituito dalla selezione delle 300 unità tra quelle in attività, e un Corpo formato dai vincitori del bando previsto dalla legge. 730/86;
di questi ultimi, come già detto, nel decreto d.lgs. 178/12 non si fa alcun cenno”.

Tale doglianza viene ulteriormente sviluppata nei motivi aggiunti, con cui si impugna il D.I. del 7.8.2015 - che modifica i criteri per la costituzione del contingente di 300 unità – contestando la legittimità della riserva di 150 posti a favore del personale militare di cui all’art. 6 co. 9 terzo periodo in servizio alla data del 31.12.2014 (“precari contrattisti” e in rinnovo biennale), che finirebbe per danneggiare quelli che, come i ricorrenti, prestano servizio effettivo nel Corpo Militare del CRI da oltre 30 anni in virtù della vincita di concorso di cui all’art. 24 della legge 730/86 e

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