TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2021-12-03, n. 202112519

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2021-12-03, n. 202112519
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202112519
Data del deposito : 3 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/12/2021

N. 12519/2021 REG.PROV.COLL.

N. 04973/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4973 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Brt S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati E F, A M, L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A M in Roma, via Alberico II, 33;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

PER L'ACCERTAMENTO

che nessun contributo è dovuto dalla ricorrente all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per l'anno 2020;

E PER IL CONSEQUENZIALE ANNULLAMENTO

per quanto occorrer possa, dell'avviso in data 10 aprile 2020 e del sollecito di pagamento in data 1° giugno 2020, trasmessi alla ricorrente sulla base dell'erroneo presupposto che essa sia tenuta a contribuire alle spese di funzionamento dell'Autorità;

NONCHÉ, IN SUBORDINE, PER L'ANNULLAMENTO

- della delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 435/19/CONS del 4 novembre 2019 concernente “Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per l'anno 2020 dai soggetti che operano nel settore dei servizi postali”, pubblicata sul sito dell'Autorità il 24 febbraio 2020;

- del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 5 dicembre 2019 (non conosciuto), con cui è stata approvata la delibera n. 435/19/CONS;

- della delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 48/20/CONS del 13 febbraio 2020 concernente “Modello telematico e istruzioni relativi al contributo dovuto all'Autorità per l'anno 2020 dai soggetti che operano nel settore dei servizi postali”, ivi compresi gli allegati A e B, pubblicata sul sito dell'Autorità a decorrere dal 24 febbraio 2020;

- ove occorra, della delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 480/19/CONS del 16 dicembre 2019 concernente “Bilancio di previsione per l'esercizio 2020 dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni”, disponibile sul sito dell'Autorità dal 17 gennaio 2020;

- nonché di ogni ulteriore atto presupposto, connesso o comunque consequenziale agli atti di cui sopra.

PER QUANTO RIGUARDA I MOTIVI AGGIUNTI PRESENTATI DA BRT S.P.A. il 13.1.2021:

PER L'ANNULLAMENTO, PREVIA SOSPENSIONE CAUTELARE

della delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 531/20/CONS recante “Diffida alla Società BRT S.P.A. al pagamento del contributo dovuto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per l'anno 2020”, notificata alla ricorrente in data 3 novembre 2020, ivi compresa la relazione del Commissario L A (citata nella delibera ma non allegata alla stessa e non conosciuta dalla ricorrente), nonché di ogni atto ad essa connesso, presupposto o consequenziale.

PER QUANTO RIGUARDA I MOTIVI AGGIUNTI PRESENTATI da BRT S.p.A. il 1.4.2021:

PER L’ANNULLAMENTO

per quanto occorrer possa, dell'avviso in data 10 aprile 2020 e del sollecito di pagamento in data 1° giugno 2020, trasmessi alla ricorrente sulla base dell'erroneo presupposto che essa sia tenuta a contribuire alle spese di funzionamento dell'Autorità;

NONCHÉ, IN SUBORDINE, PER L'ANNULLAMENTO

del parere del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, prot. n. 21561 del 2 dicembre 2019 (prodotto in giudizio dall'AGCom in data 30 gennaio 2021);

del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 dicembre 2019 (prodotto in giudizio dall'AGCom in data 30 gennaio 2021);

della Relazione tecnico finanziaria dell'AGCom (non prodotta in giudizio e non conosciuta dalla ricorrente);
nonché del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 settembre 2019.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2021 il dott. L D G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società BRT (già Bartolini s.p.a) svolge in ambito nazionale attività di corriere espresso, oltre che attività di autotrasporto merci per conto terzi, spedizione, deposito e logistica sotto il marchio “BRT Corriere Espresso”;
in quanto tale, è munita dell’autorizzazione generale “prevista per l’offerta al pubblico di servizi non rientranti nel servizio universale” rilasciata dall’Autorità Garante nelle Comunicazioni (Agcom).

1.1 L’Autorità Garante con delibera 435/19/CONS - recante “Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per l’anno 2020 dai soggetti che operano nel settore dei servizi postali” - ha fissato quale contributo a carico degli operatori postali (art. 2) l’importo dell’1,35 per mille dei ricavi - realizzati dalla vendita dei servizi postali la cui fornitura è subordinata ad autorizzazione generale ai sensi dell’art. 6 del D.LGS n. 261/99 - come risultanti dalla voce A1 del conto economico - ricavi delle vendite delle prestazioni- dell’esercizio finanziario del 2018.

La delibera disciplina dunque l’imposizione del contributo economico che annualmente grava sugli operatori del mercato dei servizi postali, sia titolari di autorizzazione generale che titolari di licenza individuale, nella misura calcolata dalla stessa Autorità, sulla base imponibile rappresentata dai ricavi derivanti dallo svolgimento di servizi postali (o ad essi collegati ed accessori).

1.2 Lo scopo del contributo è quello di finanziare le spese di funzionamento dell’AGCOM, afferenti ai compiti di Autorità di regolazione del mercato dei servizi postali attribuiti alla stessa AGCOM dall’ordinamento del settore.

1.3 Con avviso del 10 aprile 2020 l’AGCOM ha dato avviso a BRT del termine ultimo per l’invio all’Autorità del modello “Contributo SP – anno 2020” e per il versamento delle somme dovute a tale titolo.

2. Con il ricorso in epigrafe, BRT ha chiesto di accertare che nessun contributo è dovuto dalla ricorrente all’Autorità per l’anno 2020 e di annullare di conseguenza l’avviso di pagamento dell’Autorità in data 10 aprile 2020 ed il sollecito di pagamento in data 1° giugno 2020 oltre che la delibera dell’Autorità n. 435/19/CONS del 4 novembre 2019, che reca la misura e la modalità di versamento del contributo dovuto.

Vengono dedotti i seguenti motivi di doglianza:

I. sulla non riconducibilità dell’attività svolta dalla ricorrente all’attività di “offerta al pubblico di servizi” e sulla consequenziale insussistenza in capo ad essa di alcun obbligo contributivo: violazione dell’articolo 6 del decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261, violazione degli articoli 23, 41 e 97 della Costituzione, violazione dell’art.

1.65 della legge n. 266/2005, eccesso di potere per insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità manifesta, sviamento, ingiustizia grave e manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione;

II. violazione dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50, dell’articolo 1.9 della legge 31 luglio 1997 n. 249 e dell’articolo 1.65 della legge 23 dicembre 2005 n. 266, violazione della direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997, violazione degli artt. 3 e 23 della Costituzione;

III. violazione dell’articolo 9 della direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997, dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50, dell’articolo 1, comma 65, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria e di motivazione, nonché della violazione del principio di proporzionalità;

IV. ulteriore violazione dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50, dell’articolo 1, comma 65, e comma 66 della legge 23 dicembre 2005 n. 266 e dell’articolo 23 Cost.;

V. violazione dell’articolo 65 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50;

VI. eccesso di potere sotto il profilo dell’illegittimità degli atti presupposti;

VII. violazione dell’art. 65 del d.l. 24 aprile 2017, n. 50, dell’art. 1, comma 65, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria e dei presupposti, difetto di motivazione, violazione dell’art. 97 della Costituzione, violazione dell’art. 31 d.lgs. 33/2013.

2.1 Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate, tramite l’Avvocatura dello Stato, chiedendo la reiezione del gravame.

La società ricorrente con comunicazione del 17 aprile 2020 ha poi fatto presente che nell’anno di riferimento del contributo “non ha svolto l’attività di offerta al pubblico di servizi non rientranti nel servizio universale” e che l’importo indicato alla voce “Ricavi conseguiti nel settore postale” non sarebbe formato da ricavi riconducibili ad attività di offerta al pubblico di servizi non rientranti nel servizio universale.

1.5 L’Autorità con atto del 1.6.2020 n. 531/20/CONS, ribadendo l’obbligo di contribuzione a carico di BRT s.p.a., alle spese di funzionamento dell’Autorità, ha invitato la stessa a “inviare la dichiarazione “Contributo SP – anno 2020” e a pagare il contributo dovuto all’Autorità nella misura di 1.007.744,65 euro, oltre agli interessi legali maturati alla data di versamento, entro e non oltre il 15 giugno p.v.”, sottolineando che “l’Autorità, qualora verifichi il mancato o non corretto versamento del contributo, procederà all’accertamento e diffida al pagamento delle somme dovute, con eventuale successiva riscossione coattiva”.

3.1 Il detto provvedimento è stato impugnato con motivi aggiunti deducendo:

VIII. eccesso di potere sotto il profilo dell’illegittimità degli atti presupposti;

IX. violazione dell’art. 97 della Costituzione, violazione del principio del contraddittorio, eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza dei presupposti, illogicità, violazione del principio di trasparenza, violazione del principio affermato in cause identiche dal giudice amministrativo (ordinanze del Cons. Stato, sez. vi, n. 3280/2018, n. 2396/2018, 3080/2019, 4634/2020, e TAR Lazio, sez. iii, n. 8015/2019), violazione dell’art. 6 del decreto legislativo n. 261/1999, violazione dell’art. 23 della Costituzione, violazione dell’art. 65 del d.l. n. 50/2017, carenza dei presupposti, illogicità.

3.2 La difesa delle amministrazioni resistenti successivamente ha prodotto in giudizio il parere del Ministero dell’Economia e delle Finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, prot. n. 21561 del 2 dicembre 2019 e il D.P.C.M. del 5 dicembre 2019, recante approvazione della delibera n. 435/19/CONS.

4. Con ulteriore atto di motivi aggiunti, la BRT ha quindi impugnato i suindicati atti denunziando:

- eccesso di potere sotto il profilo dell’illegittimità degli atti presupposti;

- incompetenza, nullità, eccesso di potere sotto il profilo dell’illegittimità degli atti presupposti, della carenza di istruttoria e della carenza di motivazione, violazione dell’articolo 1.65 della legge 23 dicembre 2005 n. 266.

5. All’udienza pubblica del 13 ottobre 2021 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

6. La domanda è in parte infondata e in parte inammissibile.

6.1 Va accolta l’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dall’Avvocatura statale con riferimento all’impugnativa dell’atto di accertamento del contributo e alla speculare domanda di accertamento giudiziale di non debenza del contributo.

Il Collegio ritiene sul punto di dover aderire a quanto statuito da ultimo dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ordinanza del 30 luglio 2021, n. 21961 a cui si rinvia per maggiori riferimenti) secondo cui spetta al giudice tributario la giurisdizione in materia di accertamento e riscossione contributo dovuto dagli operatori del settore postale per il finanziamento dell’Autorità.

Con tale pronuncia, rivedendo espressamente il precedente orientamento, la Corte ha ricondotto il contributo per cui è causa alla nozione di prestazione patrimoniale imposta ex art. 23 Cost. e dunque a quella di tributo in senso lato;
tale prestazione, caratterizzata dal carattere coattivo e sganciata da un qualsiasi rapporto sinallagmatico con la beneficiaria, appare collegata ad una pubblica spesa (quale risorsa per il funzionamento di un'amministrazione) e riferita ad un presupposto economicamente rilevante, in quanto commisurato al volume di fatturato assunto ad indice della capacità contributiva;
pertanto, ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, come modificato dall'art.12 della L. n. 448/2001 (che ha esteso la giurisdizione tributaria a tutte le cause aventi ad oggetto tributi di ogni genere), le controversie relative all’accertamento e alla riscossione dei predetti oneri di funzionamento, come quella de qua , devono essere devolute alla giurisdizione del giudice tributario.

Conseguentemente il ricorso principale è inammissibile per difetto di giurisdizione relativamente all’impugnativa dell'avviso in data 10 aprile 2020 e del conseguente sollecito di pagamento in data 1° giugno 2020, atti che costituiscono parte del procedimento di accertamento e liquidazione del contributo;
per le stesse ragioni l’inammissibilità concerne la domanda di accertamento negativo del rapporto impositivo.

Va invece trattenuta la giurisdizione sulla delibera dell'Autorità n. 435/19/CONS del 4 novembre 2019 concernente la misura del contributo, delibera avente natura regolamentare, e comunque generale, in quanto volta a disciplinare i presupposti e l’entità del contributo;
la controversia sugli atti amministrativi generali esula infatti dalla giurisdizione delle commissioni tributarie, il cui potere di annullamento riguarda soltanto gli atti indicati dall'art. 19 d.lg. n. 546 del 1992 o a questi assimilabili, e non si estende agli atti amministrativi generali, dei quali l'art. 7 dello stesso d.lgs. consente al giudice tributario soltanto la disapplicazione, ferma restando l'impugnabilità degli stessi dinanzi al giudice amministrativo (orientamento consolidato cfr. Cass. Sez. Un. 7665/2016);
gli atti generali che costituiscono espressione di potestà discrezionale e incidono su posizioni di interesse legittimo restano dunque tutelabili dinanzi al giudice amministrativo (Cass. sez. V n. 5632/2020).

7. Nel merito, per la parte in cui si è radicata la giurisdizione, il ricorso è infondato.

7.1 Con il primo motivo di gravame si deduce che nessun contributo sarebbe dovuto per l’anno 2020 in quanto le attività svolte, e comprese nella disciplina generale, non rientrerebbero fra quelle assoggettabili a contribuzione posto che trattandosi di offerte rivolte esclusivamente a clienti business, con i quali vengono negoziate su base individuale tariffe e prestazioni, va escluso che possa configurarsi “un’offerta al pubblico” di servizi postali.

Il motivo non ha pregio.

In primo luogo sulla base di quanto statuito dalla Corte di Giustizia (sentenza del 31 maggio 2018 nelle cause riunite C 259/16 e C 260/16) deve escludersi quindi che l’attività di corriere espresso fuoriesca dalla nozione di servizio postale (cfr. in termini Tar Lazio n. 7576/2020, 3024/2020);
infatti “benché sia possibile operare una distinzione fra il servizio universale e il servizio di corriere espresso, basata sulla sussistenza o meno di un valore aggiunto apportato dal servizio, occorre constatare che un simile criterio di differenziazione è del tutto privo di rilevanza quanto alla natura dei servizi elencati all’articolo 2, punto 1, della direttiva 97/67. La circostanza, quindi, che detti servizi apportino, eventualmente, un valore aggiunto non è tale da far venir meno la loro qualità di «servizi postali», ai sensi della menzionata disposizione”.

Va poi escluso che la società ricorrente eserciti un’attività distinguibile dalla nozione di “offerta al pubblico” di servizi postali richiamata dalla normativa (cfr. quale precedente conforme di questo Tribunale sentenze n. 3767/2020, 7576/2020).

In primo luogo non può condividersi la tesi della ricorrente secondo cui la nozione di offerta al pubblico del servizio postale ex art. 6 D.lgs. 261/1999 coincida con l’offerta al pubblico di cui all’art. 1336 c.c., disposizione quest’ultima che non concerne la modalità di offerta del servizio ma riguarda - sul piano civilistico - le modalità di conclusione del contratto e la natura della proposta (“l'offerta al pubblico, quando contiene gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta”);
nel caso odierno il concetto di “offerta al pubblico” concerne invece l’attività di prestazione dei servizi postali nei confronti del pubblico indistinto dei consumatori e delle imprese;
in questa prospettiva la disposizione indica l’ambito di applicazione della disciplina nazionale, in attuazione della direttiva 97/67/CE, volta a stabilire regole comuni nel mercato europeo del settore postale.

Va poi escluso che la soggezione alla disciplina in oggetto possa dipendere dalla standardizzazione o meno delle clausole contrattuali che disciplinano il servizio svolto.

Resta in primo luogo indimostrato che BRT, quale operatore nazionale primario, non operi secondo schemi e modalità standardizzate che, com’è d’uso, possono adattarsi alla tipologia di clientela ma secondo un approccio tipologico e categoriale pervenendo così, semmai, “ad un mix tra le varie tipologie di offerte disponibili e predeterminate, secondo modalità analoghe a quanto praticato dalle aziende operanti nel settore delle comunicazioni elettroniche” (sent. n. 3767/2020 cit.)

Non rileva quindi l’eventualità che BRT ricorra a contratti personalizzati con singole aziende mittenti, legati alla elevata entità delle consegne da eseguire normalmente. Ciò esula infatti dalla massa dei servizi eseguiti a beneficio degli utenti “comuni” e spesso occasionali che non vanno intesi soltanto come “mittenti” ma anche come “destinatari”. Conduce a quest’ultima conclusione la definizione di cui all’art. 2, n. 17 della Direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997 (“Regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi comunitari e il miglioramento della qualità del servizio postale”), come modificata dalla Direttiva 2008/6/CE, secondo cui l’utente del servizio postale è “qualunque persona fisica o giuridica beneficiaria di una prestazione del servizio postale in qualità di mittente o di destinatario [….] ).

Le considerazioni che precedono, a conferma dei precedenti di questa Sezione, portano a concludere che i servizi di un operatore come BRT devono intendersi rivolti alla massa dei potenziali consumatori e dimostrano l’infondatezza del primo motivo di gravame.

7.2 Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta l’illegittimità della delibera in quanto pone in capo agli operatori postali il finanziamento integrale delle attività dell’Agcom, senza tenere conto del finanziamento statale che sarebbe limitato alla “parte non coperta dal finanziamento a carico del bilancio dello Stato” (cfr. art. 1, comma 65, l. 266/2005).

La censura è infondata.

In base alla disciplina di cui ai commi 65 e 66 dell’art. 1 del d.lgs. n. 266/2005 ove è soltanto previsto che le spese delle autorità di regolazione sono finanziate dal mercato di competenza “per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato” va esclusa l’obbligatorietà del cofinanziamento statale delle attività della ANR (cfr. in senso conforme Tar Lazio n. 3024/2020, 252/2020).

In base quindi al dato normativo, la parte coperta dal finanziamento statale può anche essere, per ciascuna annualità considerata, pari a zero posto che il citato comma 65 si limita a parlare di un finanziamento a carico del mercato di competenza (c.d. auto-finanziamento) per la parte non coperta da fondi statali, ma non fissa né percentuali di ammontare né criteri o procedure di quantificazione di quest’ultima fonte, sicché si deve anche ammettere la possibilità e la legittimità di un finanziamento pubblico - a carico della fiscalità generale - di importo nullo.

La stessa direttiva europea in materia riconosce agli Stati membri il potere di coprire i costi delle ANR mediante l’autofinanziamento da parte del mercato di competenza, disponendo l’art. 9, comma 2, che la concessione di autorizzazioni (sia che si tratti di autorizzazioni generali, sia che si tratti di licenze individuali, cfr. CGUE sentenza C-2/2016) “se opportuno, può essere subordinata all’obbligo di contribuire finanziariamente ai costi operativi delle autorità nazionali di regolamentazione di cui all’articolo 22”.

Con il terzo mezzo di censura BRT lamenta di non conoscere il dettaglio delle voci di costo che è chiamata a finanziare, tenuto conto che “l’AGCom non ha mai svolto alcuna concreta attività regolatoria con riferimento allo specifico settore in cui opera la ricorrente”.

La doglianza non ha pregio.

Va escluso che per determinare l’imposizione vi debba essere una correlazione precisa e concreta tra attività i cui ricavi sono soggetti a contribuzione e l’esercizio dei poteri di regolazione, essendo sufficiente che la prestazione sia legata a tutte le attività che, direttamente o indirettamente, attengono all’autorizzazione generale;
la scelta di determinare in astratto la base imponibile, facendo riferimento alla voce A1 del conto economico degli operatori economici, risponde infatti all’esigenza di assicurare una base impositiva certa e uguale per tutte le società contribuenti, in modo da assicurare una ripartizione equa e proporzionale del contributo stesso tra tutti i soggetti obbligati. Nella voce A1 del conto economico, vengono inseriti tutti i ricavi derivanti dall’attività caratteristica dell’impresa (cfr. art. 2425 cod. civ.) che, nel caso degli operatori postali, corrispondono ai ricavi maturati nell’ambito della fornitura di servizi postali (così questo Tribunale sentenze n. 1221/2017, 4357/2021;
cfr. anche Corte di Giustizia sentenza 21/07/2011 “Telefonica SA”, causa C-284/10, secondo cui un criterio di contribuzione basato sui redditi lordi dei soggetti autorizzati risulta obiettivo, trasparente, non discriminatorio e “non privo di relazione con i costi sostenuti dall’autorità nazionale competente”).

Né l’imposizione può essere condizionata all’effettivo svolgimento delle funzioni regolatorie, essendo il presupposto da considerare in astratto con riferimento all’esistenza del potere e alla possibilità del suo esercizio.

Anche il procedimento di controllo appare ritualmente svolto. Come risulta, infatti, dai documenti depositati dall’Avvocatura, l’Autorità ha trasmesso la delibera alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con nota del 15 novembre 2019, per l’approvazione richiesta dall’art. 1, comma 65, della legge n. 266/2005. Successivamente, con nota del 3 dicembre 2019, il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha riscontrato la nota della Presidenza del 15 novembre, trasmettendole le valutazioni di esito favorevole svolte dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato;
all’esito delle quali è stato adottato il D.P.C.M. 5 dicembre 2019 di esecutività della delibera n. 435/19/CONS.

E’ infine smentito dalla pubblicazione della delibera n. 480/19/CONS depositata in atti – delibera che ha approvato il bilancio di previsione per l’esercizio 2020 dell’Autorità – che sia mancata la pubblicazione delle spese previste nell’attività di regolazione e controllo, risultando da tale delibera e dagli allegati l’indicazione degli oneri futuri, suddivisi per settore di intervento.

7.4 Con il quarto motivo di doglianza, la ricorrente lamenta l’illegittimità della delibera per aver l’Autorità previsto l’esenzione dal pagamento del contributo per gli operatori con fatturato pari o inferiore a € 100.000,00, ovvero in stato di crisi, in liquidazione o nuovi entranti.

La censura va disattesa.

L’art. 1, comma 66, della legge n. 266/2005 demanda all’Autorità le eventuali variazioni della misura e delle modalità della contribuzione;
alla stessa, debbono riconoscersi dei margini discrezionali di manovra sulle modalità di riscossione, finalizzati alla semplificazione delle procedure (in senso conforme TAR Lazio sentenza n. 3024 del 2020). Si deve inoltre tener conto della necessaria correlazione – già sopra evidenziata – tra l’obbligazione contributiva di natura impositiva per cui è causa ed il ruolo dell’AGCOM quale garante della concorrenzialità del mercato, elemento che giustifica, sul piano della proporzionalità e della ragionevolezza, la scelta dell’Autorità di far gravare le spese finalizzate al corretto funzionamento del mercato sulle sole imprese caratterizzate da presenza significativa nel mercato stesso (cfr. Corte Costituzionale n. 269/2017).

7.5. Con il quinto motivo di ricorso, si lamenta la mancata previsione nella delibera di un meccanismo di verifica e restituzione degli importi eventualmente eccedenti il contributo ricevuto.

La doglianza è infondata.

Come eccepito dalla difesa erariale, il meccanismo di restituzione al mercato delle eventuali eccedenze contributive è prestabilito per legge dall’art. 34 comma 2-ter, del d.lgs. n. 259/2003, secondo la procedura già delineata per il mercato delle comunicazioni elettroniche, che trova applicazione anche per il mercato postale.

7.6. Il sesto motivo di doglianza - tramite il quale parte ricorrente si limita a far valere l’illegittimità derivata degli atti applicativi - deve essere dichiarato inammissibile, atteso che sugli atti consequenziali, in quanti facenti parte del procedimento impositivo, questo Tribunale – si ribadisce - difetta di giurisdizione.

7.7. Va infine respinto il settimo motivo di ricorso, tramite il quale si lamenta la mancata esibizione del decreto di approvazione del Presidente del Consiglio dei Ministri e del parere del Ministro dell’economia e delle finanze.

L’esistenza di tali atti è dimostrata per tabulas dalla produzione documentale effettuata dall’amministrazione.

8. I primi motivi aggiunti, proposti avverso l’ulteriore atto di diffida (n. 531/20/CONS) che liquida il quantum, comprensivo degli interessi legali, dovuto dando avviso, in caso di inottemperanza, della riscossione coattiva e delle sanzioni previste vanno ugualmente dichiarati inammissibili per difetto di giurisdizione, trattandosi di atti applicativi facente parte del procedimento di accertamento e riscossione del contributo, la cui cognizione appartiene al giudice tributario, come già evidenziato.

9. I secondi motivi aggiunti sono infondati.

Va anzitutto disattesa l’istanza istruttoria della causa volta all’acquisizione della Relazione tecnico finanziaria e gli ulteriori atti posti a fondamento della delibera impugnata posto che la controversia risulta già adeguatamente istruita e matura per la definizione.

Nel merito delle censure, quanto alla eccepita incompetenza del Sottosegretario di Stato che ha firmato il d.P.C.M. di approvazione dell’esecutività della delibera impugnata, occorre evidenziare che l’Amministrazione resistente ha dimostrato che l’ambito della delega di firma conferita legittimava pienamente la firma dell’organo delegato, in quanto comprendente tutti gli atti che non presupponevano una delibera del Consiglio dei Ministri, come nel caso odierno.

Il parere della Dipartimento di Ragioneria, depositato in atti infatti contiene e sviluppa l’iter argomentativo che giustifica, per i profili di competenza, l’esito positivo del controllo;
in particolare la spesa imputabile all’attività di regolazione postale 9,418 milioni di euro risulta adeguatamente coperta dall’applicazione dell’aliquota sull’imponibile previsto e oggetto di stima (7,2 miliardi di euro);
la spesa attiene alla attività delle strutture operative di controllo e regolazione, nonché delle strutture trasversali e di supporto, nei termini già stabiliti negli esercizi precedenti “e quindi in un

importo sostanzialmente in linea con il quantum dell’anno precedente che è oggetto della presente pronuncia” (così già questo Tribunale 3024/2020, 7575/2020).

Appare quindi da disattendere la doglianza relativa al difetto di approfondimento istruttorio e di motivazione, posto che dagli atti della procedura di controllo risulta l’effettivo svolgimento dell’attività e un’esposizione argomentativa delle ragioni di favore, correttamente fondata anche per relationem, muovendo dalle allegazioni prodotte dall’Autorità.

10. In conclusione, il ricorso è in parte inammissibile per difetto di giurisdizione, spettando la cognizione sulla domanda proposta - nei termini suindicati - alla giurisdizione del giudice tributario davanti al quale la causa potrà essere riproposta nei termini e con gli effetti previsti dall’art. 11, comma 2, c.p.a.;
per la residua parte, concernente gli atti generali posti a fondamento dell’imposizione, il ricorso deve essere ritenuto infondato.

11. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite vista la novità e complessità delle questioni trattate.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi