TAR Palermo, sez. IV, sentenza 2024-07-29, n. 202402332
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Pubblicato il 29/07/2024
N. 02332/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00928/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 928 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salemi, via P. Oliveri 33;
contro
il Ministero dell'Interno - Questura Trapani, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Palermo, via Mariano Stabile 182;
per l’annullamento
-del Decreto Cat-OMISSIS-notificato il 07.03.2022, con il quale il Questore della Provincia di Trapani ha rigettato la istanza del ricorrente volta ad ottenere il rinnovo del porto di fucile ad uso caccia;
-della Comunicazione di avvio del procedimento e preavviso di rigetto ex art. 10-bis L. n. 241/1990 della Divisione P.A.S.I. - Questura di Trapani;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Questura Trapani;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 aprile 2024 la dott.ssa G L M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’odierno ricorso-OMISSIS-ha impugnato il decreto con cui la Questura di Trapani ha rigettato la propria istanza di rinnovo del porto fucile per uso caccia. In particolare, la Questura ha desunto il pericolo di abuso nell’uso delle armi dalle frequentazioni del ricorrente con soggetti gravati da pregiudizi penali, nonché dal contesto familiare del medesimo, tenuto conto dello spessore criminale dello zio paterno e del suocero di quest’ultimo.
Il ricorrente ha articolato tre motivi di impugnazione, deducendo l’illegittimità del provvedimento per eccesso di potere e difetto di motivazione, in quanto fondato unicamente sui legami familiari con soggetti gravati da precedenti penali e sulla episodica ed occasionale frequentazione con persone controindicate, ritenuti inidonei a esprimere il venir meno del requisito dell’affidabilità, nonché per violazione dell’art. 24 della legge 241 del 1990, poiché l’Amministrazione, nel consentire l’accesso agli atti amministrativi, ha oscurato i nominativi dei soggetti controindicati con i quali il ricorrente è stato controllato. Ha, inoltre, formulato domanda volta ad ottenere il risarcimento dei danni subìti a causa dell’illegittima attività provvedimentale.
Costituendosi, l’amministrazione resistente ha chiesto il rigetto del ricorso.
DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto il diniego di rinnovo del porto fucile risulta scevro dai denunciati vizi.
Come noto, il potere di rilasciare le licenze in materia di armi costituisce unaderoga al divieto sancito dall’art. 699 cod. pen. e dall’art. 4, comma 1, l. n.110/1975. La regola generale è, pertanto, il divieto di porto delle armi, al quale l’autorizzazione di polizia può derogare soltanto a fronte della perfetta e completa sicurezza circa il loro buon uso, in modo da scongiurare dubbi o perplessità, sotto il profilo prognostico, per l’ordine pubblico e per la tranquilla convivenza della collettività (cfr., ex multis , Cons. St., Sez. III, 25marzo 2019, n. 1972;Cons. St., Sez. III, 7 giugno 2018, n. 3435).
Nel caso di specie, la prognosi inferenziale compiuta dalla Questura è attendibile e ragionevole, in quanto ancorata a fatti oggettivi che giustificano il giudizio di inaffidabilità posto a fondamento del provvedimento di diniego.
In particolare, il pericolo di abuso è desunto dai reiterati controlli eseguiti dalle Autorità, in un arco temporale particolarmente esteso (dal 2013 al 2021), in occasione dei quali sono stati accertati i plurimi contatti che il ricorrente ha intrattenuto, anche di recente, con soggetti gravati da precedenti di apprezzabile allarme sociale (reati in materia di sostanze stupefacenti, guida sotto l'influenza dell'alcol, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture di operazioni inesistenti, associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione di monete, falsità materiale, truffa, riciclaggio, associazione di tipo mafioso, furto aggravato, organizzazione di competizioni sportive in velocità art.9 bis C.d.S., lesioni personali, invasione di terreni, resistenza, violenza e oltraggio a pubblico ufficiale, possesso ingiustificato di chiavi alterate, rapina, foglio di via obbligatorio, avviso orale, maltrattamenti in famiglia e danneggiamento).
La frequenza delle segnalazioni e lo spessore criminale dei soggetti controllati in compagnia del ricorrente induce ragionevolmente ad escludere che si trattasse di frequentazioni meramente occasionali o inconsapevoli, risultando piuttosto i singoli episodi il momento di emersione di rapporti consolidati e continuativi, come tali espressivi del rischio che l'arma sia appresa dalle persone frequentate e sia impropriamente utilizzata.
Al riguardo, occorre richiamare il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui gli organi del Ministero dell’Interno ben possono rilevare come certe frequentazioni “ possano dare luogo al rischio che l’arma sia appresa dalle persone frequentate, e gravate da procedimenti penali, e sia impropriamente utilizzata: una tale valutazione risulta di per sé ragionevole, perché per una buona regola di prudenza è bene evitare che soggetti pregiudicati per gravi reati frequentino chi porti con sé armi, e viceversa ” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 13 ottobre 2016, n. 4242).
La fitta trama di relazioni, sociali e familiari, intrattenute dall’interessato è altresì indicativa di una possibile permeabilità rispetto ad ambienti criminali, tale da determinare il venir meno della fiducia che costituisce il fondamento del rilascio della licenza in materia di armi.
Del resto, non assume rilievo il carattere risalente di alcuni episodi, che, secondo la prospettazione del ricorrente, non potrebbero essere valorizzati dalla Questura in quanto non hanno in precedenza impedito il primo rilascio e il rinnovo del porto d’armi, da ultimo riconosciuto nel settembre 2015.
La prognosi di pericolosità della Questura si basa infatti sulla valutazione globale e sintetica di tutti gli elementi acquisiti e non si presta pertanto ad essere depotenziata isolando i singoli episodi contestati, i quali non assumono rilievo singolarmente, ma nella reciproca interconnessione. Ne discende che gli elementi antecedenti ai precedenti rinnovi non perdono di rilevanza per il solo trascorrere del tempo, in assenza di sopravvenuti elementi oggettivi che esprimano una discontinuità rispetto al passato, atteso che è proprio legandosi agli episodi successivi che tali fatti acquistano un preciso rilievo sintomatico.
In definitiva, alla luce dell’esigenza prioritaria di tutela dei beni dell’ordine e della sicurezza pubblica, le valutazioni dell’amministrazione risultano ragionevoli, proporzionate, non manifestamente incongrue o illogiche, e sono, come tali, insindacabili in sede di legittimità.
Deve essere altresì rigettato il terzo motivo di ricorso, con cui il ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 24 della legge 241 del 1990, per avere l’amministrazione, nel consentire l’accesso agli atti amministrativi, oscurato i nominativi dei soggetti controindicati con i quali è stato controllato.
La tutela avverso le determinazioni o il silenzio in materia di accesso ai documenti amministrativi si esplica infatti attraverso l’esercizio un’azione tipica con petitum ordinatorio, trattata nell’ambito dello speciale rito disciplinato dall’art. 116 cod. proc. amm.
Il ricorrente, tuttavia, non ha attivato lo speciale giudizio di accesso preordinato all’esibizione della documentazione in forma integrale, presentando apposita istanza ai sensi dell'art. 116 cod. proc. amm., ma con l’odierno ricorso, avente carattere meramente impugnatorio, si è limitato a chiedere l’annullamento dei provvedimenti avversati.
La censura pertanto, nella misura in cui mira semplicemente a conseguire la caducazione dei provvedimenti adottati dalla Questura, deducendo la violazione del diritto di difesa, deve essere rigettata.
L’infondatezza dei motivi ricorso comporta il rigetto della domanda di risarcimento del danno, in quanto la sostanziale legittimità del provvedimento impugnato elide il requisito dell’ingiustizia del danno richiesto per l’integrazione dell’illecito.
Sussistendo i presupposti di legge, deve essere disposta in via definitiva l’ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio, già provvisoriamente disposta con decreto n. 71 del 30 giugno 2022 della competente Commissione per il patrocinio a spese dello Stato di questo Tribunale.
La natura delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese di lite.