TAR Milano, sez. III, sentenza 2011-05-05, n. 201101179

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2011-05-05, n. 201101179
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201101179
Data del deposito : 5 maggio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02904/2006 REG.RIC.

N. 01179/2011 REG.PROV.COLL.

N. 02904/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2904 del 2006, proposto da:
C N, rappresentato e difeso dagli avv.ti E P e G S, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, Viale Romagna n. 46;

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via Freguglia, n.1;
Comando Carabinieri Regione Lombardia;

per l'annullamento

del provvedimento n. 947/64-2-1991 adottato dall’ufficio Personale del Comando Regionale Carabinieri Lombardia in data 21 settembre 2006 con il quale si disponeva la collocazione in aspettativa per infermità allo stato degli atti dipendente da causa di servizio per la durata di 65 giorni dal 3 novembre 2003 al 6 gennaio 2004;

del provvedimento n. 5330/45-230”P” adottato in data 12 settembre 2006 dalla Regione Carabinieri Lombardia – Reparto Servizi Magistratura;

della nota via e-mail n. 947/66-18-1-1991 emessa in data 7 settembre 2006 ove si dava atto della maturazione nei confronti di Nicola Catalano in data 3 novembre 2006 del termine del periodo di 715 giorni di aspettativa computabile nel periodo di riferimento.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2011 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il sig. Catalano Nicola, odierno ricorrente, è un Carabiniere che, al momento dei fatti causa, era in servizio presso il Reparto Servizi Magistratura di Milano.

Con il ricorso in esame impugna i seguenti provvedimenti: a) il provvedimento del 21 settembre 2006 con il quale è stata disposta la sua collocazione in aspettativa per infermità per un periodo di 65 giorni a decorrere dal 3 novembre 2003;
b) la nota del 12 settembre 2006 con la quale il Comandante del Reparto Servizi di Magistratura di Milano ha comunicato al Comando Regionale Carabinieri Lombardia e all’Ospedale Militare di Milano che il Catalano si trovava allo stato in licenza straordinaria di convalescenza per un periodo di 150 giorni, e che al termine della licenza (3 novembre 2006) lo stesso avrebbe maturato un periodo di aspettativa di giorni 715 nel quinquennio;
c) la nota del 7 settembre 2006 con la quale il Capo Ufficio del Personale invitava il Reparto Servizi Magistratura di Milano ad informare il Catalano che alla data del 3 novembre 2006 egli avrebbe maturato 715 giorni di aspettativa nel quinquennio, e che per tale ragione lo stesso avrebbe potuto godere successivamente di soli altri 15 giorni di aspettativa, superati i quali sarebbe stato posto in congedo illimitato.

Il ricorrente ritiene tali atti pregiudizievoli per i propri interessi, giacché dal loro insieme emerge, come visto, che egli avrebbe potuto beneficiare, per il periodo successivo al 3 novembre 2006, di soli 15 giorni di aspettativa per infermità;
e che se tale limite temporale fosse stato in ipotesi superato, egli sarebbe stato collocato in congedo illimitato.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa per resistere al gravame.

La Sezione, con ordinanza n. 2379 del 21 dicembre 2006 ha respinto l’istanza cautelare.

Tenutasi la pubblica udienza in data 16 marzo 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

Prima di affrontare il merito del ricorso, è opportuno illustrare brevemente il quadro giuridico sul quale si innesta la controversia.

Dal combinato disposto degli artt. 8, comma secondo, della legge 1 febbraio 1989 n. 53 e 49, comma primo, del d.P.R. 31 luglio 1995 n. 395 emerge che il personale appartenente ai ruoli dell’Arma dei carabinieri può essere collocato in aspettativa per infermità per un periodo non superiore a due anni in un quinquennio.

Ai sensi dell’art. 13 della legge 18 ottobre 1961 n. 1168 (recante “Norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei carabinieri”), oggi trasfuso nell’art. 929 del d.lgs. n. 66/2010, “Il militare (…) che non abbia riacquistato l'idoneità fisica allo scadere del periodo massimo di aspettativa (…) cessa dal servizio continuativo ed è collocato in congedo o in congedo assoluto, a seconda della idoneità”.

Da queste norme discende dunque che il personale appartenente ai ruoli dell’Arma dei carabinieri può essere posto in aspettativa per infermità per un periodo massimo di due anni in un quinquennio (periodo di comporto), scaduto il quale senza che si sia riacquistata l’idoneità fisica, scatta il collocamento in congedo.

Le stesse disposizioni prevedono tuttavia che, in casi particolari, allorquando le infermità siano particolarmente gravi e siano strettamente collegate ai compiti di istituto, il periodo di assenza ad esse afferente non sia computato ai fini della determinazione del periodo massimo di aspettativa.

Sovvengono al riguardo i commi secondo e terzo del citato art. 49 del d.P.R. n. 395/95.

In base al secondo comma “il periodo di ricovero in luoghi di cura a seguito di ferite o lesioni riportate per cause di servizio non è computato ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa”.

Tale norma richiede dunque tre condizioni affinché si vernichi l’effetto da essa previsto: a) l’infermità deve conseguire a ferite o a lesioni traumatiche;
b) l’infermità deve dipendere da causa di servizio;
c) l’infermità deve aver determinato il ricovero in un luogo di cura.

Al ricorrere di questi tre elementi, il periodo di ricovero non viene computato ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa.

Il terzo comma dell’art. 49 prevede un’altra ipotesi di esenzione dal computo.

Stabilisce tale disposizione che “Fino a completa guarigione clinica, i periodi di assenza del personale dovuti a ferite o lesioni traumatiche riportate in servizio, che non comportino inidoneità assoluta al servizio, non sono computati ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa”.

E’ importante ai fini della soluzione della presente controversia comparare le due disposizioni esaminate.

La differenza sostanziale fra le due fattispecie è che, nella seconda, condizione necessaria e sufficiente affinché si determini l’effetto dell’esenzione dal computo ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa è che le lesioni o le ferite traumatiche non solo dipendano da causa di servizio, ma siano state riportate in servizio, quando cioè il dipendente sta svolgendo i propri compiti di istituto. Vi deve essere dunque un doppio legame funzionale: il primo che lega l’attività svolta dal militare, nel momento in cui subisce le lesioni, e le funzioni proprie dell’amministrazione di appartenenza;
ed il secondo che lega le lesioni all’attività svolta, nel senso che le prime debbono essere state riportate per adempiere ai doveri istituzionali del militare (si pensi ad esempio alle ferite riportate in un conflitto a fuoco, o alle lesioni riportate in caso di incidente stradale occorso in occasione di un inseguimento).

In questo caso, l’esclusione dal computo riguarda tutto il periodo di aspettativa e non solo quello afferente a periodi di ricovero in luoghi di cura.

In altre parole, e per concludere sul punto, può dirsi che se l’infermità dipende da ferite o lesioni traumatiche riportate in servizio tutto il periodo di aspettativa è escluso dal computo;
se invece l’infermità dipende da causa di servizio, ma non da ferite o lesioni traumatiche riportate in servizio, non tutto il periodo di aspettativa è escluso dal computo, ma solo quello connesso a periodi di degenza in luoghi di cura.

Ciò premesso può ora essere affrontato il merito del ricorso.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta che l’Amministrazione avrebbe tenuto conto, computandoli nel calcolo di determinazione del periodo massimo di aspettativa, di periodi di assenza determinati da infermità per le quali è stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio.

Come detto poc’anzi tuttavia tale allegazione non è di per sé sufficiente per far ritenere che quei periodi di assenza dovessero essere effettivamente non computati nel suddetto calcolo.

Si è visto sopra che, in base ai commi secondo e terzo dell’art. 49 del d.P.R. n. 395/95, la dipendenza da causa di servizio è solo uno degli elementi che debbono concorrere affinché l’aspettativa possa essere non computata nel periodo di comporto. Accanto ad esso vi debbono essere altri elementi che nel caso specifico non risultano: in particolare il ricorrente, oltre a non dimostrare, neppure allega che le infermità di cui egli chiede l’esclusione dal computo fossero dovute a ferite o a lesioni traumatiche;
e non dimostra, pur avendolo allegato, che i periodi di assenza di 258 giorni complessivi (dal 22 luglio 2002 al 30 gennaio 2003 e dal 3 novembre 2003 al 6 gennaio 2004) siano coincisi con periodi di ricovero in luoghi di cura.

Per queste ragioni non è applicabile la disposizione di cui al citato secondo comma dell’art. 49 il quale, come visto, richiede, oltre alla dipendenza da causa di servizio, il ricorrere delle altre due circostanze suindicate.

A maggior deve ritenersi non integrata la fattispecie di cui al terzo comma dello stesso articolo giacché l’interessato non dimostra, e neppure allega, che le infermità qui considerate fossero connesse a ferite o a lesioni traumatiche riportate in servizio.

Per queste ragioni il motivo in esame non può essere accolto.

Con il secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90, atteso che, a dire del ricorrente, l’Amministrazione non avrebbe adeguatamente dato conto delle ragioni che sorreggono i provvedimenti impugnati.

In proposito va osservato che l’attività amministrativa qui considerata è totalmente vincolata.

L’Amministrazione, nel caso concreto, non doveva far altro che conteggiare i periodi di aspettativa in precedenza maturati dal dipendente e computarli nel periodo di comporto.

Nei provvedimenti impugnati, ed in particolare nella nota del 12 settembre 2006, vengono indicati i risultati dei conteggi effettuati dall’Amministrazione (che peraltro non vengono neppure contestati dall’interessato), e risultano dunque chiare le ragioni per le quali la stessa ha ritenuto che alla data del 3 novembre 2006 il ricorrente avrebbe maturato un toltale di 715 giorni di aspettativa per infermità.

Anche questo motivo è pertanto infondato.

Con il terzo motivo si deduce l’incompetenza del Vice Comandante ad adottare il provvedimento del 21 settembre 2006, con il quale si è disposta la collocazione in aspettativa del ricorrente per un periodo di 65 giorni.

In proposito si osserva quanto segue.

Stabilisce l’art. 56, comma 6, del d.P.R. 16 marzo 1999 n. 254 che “Il provvedimento di collocamento in aspettativa, che non comporti riduzione o sospensione del trattamento stipendiale, è emanato dal comandante di corpo”.

Nel caso concreto, il provvedimento impugnato ha disposto il collocamento in aspettativa del dipendente per soli 65 giorni, e non ha disposto la sospensione o la riduzione del suo trattamento stipendiale. Per questa ragione, lo stesso è stato correttamente adottato dal Vice Comandante (su delega del Comandante) di Corpo e non dal Comandante Generale.

Infine, con l’ultimo mezzo, viene dedotta la violazione di diverse disposizioni della legge n. 241/90, ed in particolare: la violazione dell’art. 3 per mancanza di motivazione;
la violazione delle norme che garantiscono la partecipazione procedimentale all’interessato;
la violazione dell’art. 4 per mancata comunicazione del responsabile del procedimento;
la mancata indicazione negli atti impugnati dell’autorità e dei termini per la proposizione del ricorso.

Anche questo motivo non può essere accolto.

Per ciò che concerne il difetto di motivazione si rinvia quanto esposto con riferimento al secondo mezzo di gravame.

Per ciò che concerne la partecipazione dell’interessato al procedimento amministrativo, ritiene il Collegio che - al di là di ogni considerazione circa l’effettiva necessità di inviare nel caso concreto al ricorrente la comunicazione di avviso di avvio del procedimento - sia applicabile la disposizione di cui all’art. 21 octies, comma secondo, della legge n. 241/90, in base al quale “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Come detto, l’impugnazione riguarda atti vincolati;
e dai conteggi effettuati dall’Amministrazione risulta evidente che il periodo residuo di aspettativa fruibile dall’interessato non poteva superare i quindici giorni.

Il contenuto dispositivo degli atti impugnati non potava quindi essere differente.

Per ciò concerne infine la mancata indicazione del responsabile del procedimento, dei termini e dell’autorità cui proporre ricorso avverso gli atti impugnati, si rinvia alla copiosa giurisprudenza intervenuta in materia secondo la quale tali omissioni non rilevano ai fini della legittimità del provvedimento, concretando mere irregolarità dello stesso e potendo aver rilievo, se del caso, ai fini della concessione dell'errore scusabile (cfr. ex multis C.d.S sez. VI, 28 gennaio 2011, n. 642;
T.A.R. Toscana Firenze sez. I 01 settembre 2005 n. 4287).

Anche questo motivo non può quindi trovare accoglimento.

In conclusione, per le ragioni illustrate il ricorso deve essere respinto.

Ragioni di equità inducono il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.

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