TAR Firenze, sez. II, sentenza 2023-07-28, n. 202300796
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Pubblicato il 28/07/2023
N. 00796/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00055/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 55 del 2023, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato T P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno - Questura di Grosseto e U.T.G. - Prefettura di Grosseto nonchè Ministero della Difesa - Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona dei rispettivi Ministri
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato domiciliataria
ex lege
in Firenze, via degli Arazzieri, 4;
per l'annullamento
- del Decreto del Prefetto della Provincia di Grosseto n.-OMISSIS-del 14/11/2022 (notificato via PEC il 15/11/2022), di rigetto del ricorso gerarchico presentato dal Sig. -OMISSIS- per l'annullamento del divieto ex art. 13-bis d.l. n. 14/2017 disposto nei suoi confronti dal Questore della Provincia di Grosseto, nonché delle relative note di trasmissione prot. -OMISSIS- del 15/11/2022 e, per quanto occorrer possa, della non conosciuta nota Questura della Provincia di Grosseto del 9/8/2022 richiamata nel Decreto prefettizio e relativa a valutazioni espresse sul ricorso gerarchico presentato;
- del Provvedimento del Questore della Provincia di Grosseto prot. n. -OMISSIS- del 26/7/2022 (notificato il 3/8/2022), con il quale è stato disposto nei confronti del Sig. -OMISSIS- il divieto ex art. 13-bis d.l. n.14/2017 e, per quanto occorrer possa, della presupposta e non conosciuta nota della Stazione Carabinieri di Porto Santo Stefano prot. -OMISSIS- del 25/7/2022 ivi richiamata;
- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale rispetto a quelli impugnati, ancorché non conosciuti, ove lesivi dei diritti e degli interessi del ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno (Questura di Grosseto e U.T.G. - Prefettura di Grosseto) e del Ministero della Difesa (Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2023 il dott. Marcello Faviere e udita la difesa di parte ricorrente, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. Tommaso -OMISSIS- veniva raggiunto da un provvedimento della Questura di Grosseto (prot. n. -OMISSIS- del 26/7/2022) con cui gli è stato imposto il divieto, per un periodo di due anni (ex art. 13-bis commi 1 e 1-ter del D.L. n. 14/2017, come modificato dall’art. 11 lett. b) del D.L. n. 130/2020), di accesso e stazionamento nei pressi degli esercizi commerciali per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande e intrattenimento musicale e danzante dell’intero territorio del Comune di Monte Argentario (cd. DASPO urbano).
Il provvedimento trae origine dalla segnalazione del Comando dei Carabinieri di Porto Santo Stefano in cui si riporta un episodio di vandalismo notturno (avvenuto in Porto Ercole (GR) in cui il ricorrente, insieme ad un'altra persona, ha cagionato danneggiamenti ad arredi urbani e ad una vettura parcheggiata) nonché di offesa a un pubblico ufficiale intervenuto, in abiti civili, per sedare l’attività violenta.
Il Prefetto della provincia di Grosseto, con decreto n. -OMISSIS-del 14.11.2022, respingeva il ricorso gerarchico proposto dall’interessato avverso il provvedimento questorile.
2. Avverso i provvedimenti citati il sig. -OMISSIS- ha proposto ricorso avanti questo Tribunale, notificato il 13.01.2023, ritualmente depositato con cui lamenta, in tre distinti motivi, violazione di legge ed eccesso di potere sotto plurimi profili.
Per resistere al gravame si sono costituite le amministrazioni resistenti (il 19.01.2023) che hanno depositato documenti (il 30.01.2023 e il 01.02.2023). Il ricorrente ha depositato memoria il 9.06.2023.
All’udienza pubblica dell’11.07.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Il ricorso è fondato.
4. Con il primo articolato motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 13-bis del D.L. n. 14/2017 e s.m.i., eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità, arbitrarietà, travisamento di atti e fatti e difetto di proporzionalità.
In sostanza il ricorrente sostiene:
- l’illegittimità del provvedimento questorile in considerazione del fatto che egli non è mai stato destinatario di denunce pregresse (soprattutto nell’ultimo triennio), come richiederebbe la disposizione citata. Allo stesso modo anche il decreto prefettizio di rigetto del ricorso gerarchico sarebbe illegittimo nella parte in cui ritiene sufficiente, ai fini del mantenimento della misura di cui al citato art. 13-bis, anche una sola denuncia qualora la stessa sia scaturita da un episodio grave;
- l’illegittimità dei due provvedimenti nella misura in cui applicano il divieto di accesso e stazionamento nei pressi degli esercizi commerciali per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande e intrattenimento musicale e danzante, per episodi che non hanno nessun collegamento fattuale diretto con la frequentazione di tali tipi di locali, contrariamente a quanto statuirebbe l’art. 13-bis citato;
- l’illegittimità dei due provvedimenti nella misura in cui la motivazione sul pericolo per la sicurezza sarebbe affidata a clausole di rito, non effettivamente motivate e non supportate da reale istruttoria;
- l’illegittimità dei due provvedimenti che sarebbero stati applicati per una serie di condotte estranee e di minor rilievo per l’ordine pubblico rispetto a quelle prese in considerazione dalla norma evidenziando che, in sede penale, per il reato di danneggiamento, ex art. 635 c.p., il G.I.P. del Tribunale di Grosseto ha disposto l’archiviazione per particolare tenuità del fatto e, per quello di “disturbo dell’occupazioni e del riposo delle persone”, ex art. 659 c.p., è stata ammessa l’oblazione mentre il reato di oltraggio di cui all’art. 341 bis c.p. non lederebbe né “la persona” né “il patrimonio”, unici beni giuridici richiamati dall’art. 13-bis sopra citato.
Il ricorrente chiede che laddove venga condivisa l’interpretazione prefettizia, sia sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 13-bis d.l. n. 14/2017 per violazione degli artt. 3,13 e 117 in relazione all’art. 2 Prot. add. n. 4 CEDU, 24, 25 della Costituzione in ragione di quanto sopra prospettato.
Il motivo, nella prospettazione proposta dal ricorrente, è fondato.
Occorre premettere che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la fattispecie del DASPO appartiene al diritto amministrativo della prevenzione, stante la chiara volontà del legislatore di anticipare la soglia d’intervento alle situazioni di pericolo concreto, per le quali vale la logica del “più probabile che non”, non richiedendosi la certezza, ogni oltre ragionevole dubbio, che le condotte siano ascrivibili ai destinatari dello stesso, ma, appunto, una dimostrazione fondata su “elementi di fatto” gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato a una elevata attendibilità (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 4/02/2019, n. 866).
La giurisprudenza ha, inoltre, rilevato che si tratta di un provvedimento connotato da ampia discrezionalità, in quanto spetta all’Autorità amministrativa la valutazione in concreto dell’inaffidabilità del soggetto in forza di un equo bilanciamento tra il prevalente interesse pubblico alla tutela dell’ordine e della sicurezza dei cittadini, da un lato, e l’interesse privato ad accedere liberamente negli stadi o, come nel caso di specie, nei locali di pubblico intrattenimento, dall’altro (Consiglio di Stato, sez. III, 29/09/2022, n. 8381).
Con particolare riferimento al cd. DASPO urbano, l’art. 13-bis, comma 1, del DL n. 14/2017 (convertito in legge n. 42/2017, nel testo sostituito ad opera dell’art. 11, co. 1, lett. b), n. 1, d.l. n. 130/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 173/2020), dispone che “ fuori dei casi di cui all'articolo 13, nei confronti delle persone denunciate, negli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio ovvero aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale, qualora dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza, il Questore può disporre il divieto di accesso a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento specificamente individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi i predetti reati ovvero delle persone con le quali l'interessato si associa, specificamente indicati. Il Questore può altresì disporre, per motivi di sicurezza, la misura di cui al presente comma anche nei confronti dei soggetti condannati, anche con sentenza non definitiva, per taluno dei predetti reati ”.
I commi successivi (1-bis e 1-ter) riguardano le modalità applicative della misura con riferimento ai luoghi del divieto, mentre il comma 2 ne disciplina la durata, che non può essere inferiore a sei mesi né superiore a due anni, disponendo inoltre che essa è disposta “ con provvedimento motivato, individuando comunque modalità applicative compatibili con le esigenze di mobilità, salute e lavoro del destinatario”.
La norma pone quindi due condizioni per l’adozione della misura:
a) la denuncia del destinatario, “ negli ultimi tre anni, per reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi, o per delitti non colposi contro la persona o il patrimonio ovvero aggravati ai sensi dell'articolo 604-ter del codice penale ”. Secondo un primo filone giurisprudenziale condiviso da questo Tribunale, il rapporto tra le figure delittuose isolate dalla norma è di alternatività, assumendo rilievo tanto una qualsiasi fattispecie criminosa che risulti però commessa “ in occasione di gravi disordini avvenuti in pubblici esercizi o in locali di pubblico trattenimento ovvero nelle immediate vicinanze degli stessi ” quanto i reati specificamente individuati in relazione al bene giuridico tutelato (contro la persona o il patrimonio) ovvero in considerazione della contestazione dell’aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso ex art. 604-ter c.p., purché in relazione a questa seconda categoria si tratti di delitti non colposi. È stato pertanto statuito che “ Il divieto di accesso impugnato trova fondamento sufficiente sulla sola denuncia per disordini in aree limitrofe a locali pubblici situati in aree urbane” ed altresì che “il provvedimento impugnato risulta legittimato dal presupposto della pendenza di un procedimento penale per uno dei fatti previsti dall’art. 13 bis citato ” (TAR Lazio, sez. I ter, 21 ottobre 2021, n. 5755);
b) la valutazione che “dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza”.
Il primo requisito ha natura oggettiva in quanto si limita a rilevare il fatto storico della “denuncia”, negli ultimi tre anni, per uno dei reati indicati.
Il secondo presupposto invece afferisce a “ una valutazione ‘dinamica’ di natura prognostica, risultando subordinata l’adozione della misura, integrante una speciale forma di DASPO, al rischio che “dalla condotta possa derivare un pericolo per la sicurezza”. E’ il tenore letterale dell’inciso a rendere manifesta la volontà legislativa di ancorare l’adozione del provvedimento, incidente sulla libertà di circolazione, alla sussistenza di un pericolo necessariamente ‘attuale’ – in coerenza d’altro canto con le finalità precauzionali e preventive della misura –, posto che, ove al contrario la condizione si fosse voluta collegare temporalmente ai soli accadimenti, la formulazione della norma sarebbe stata evidentemente diversa, declinandosi la relazione con i fatti al tempo passato (… qualora dalla condotta sia derivato un pericolo per la sicurezza…), con ascrizione all’istituto di una funzione tipicamente sanzionatoria, da ritenersi invece del tutto estranea ” (TAR Calabria, 7/01/2022, sent. n. 21)
Nel caso di specie ricorre il presupposto della denuncia per delitti non colposi contro il patrimonio (quale il danneggiamento, ex art. 635 c.p.), che risulta sufficiente sul piano oggettivo alla adozione della misura. A nulla rileva la circostanza che i fatti contestati siano avvenuti in una piazza in cui non sono presenti locali, giacché risulta sufficiente il requisito della vicinanza dei luoghi a locali di pubblico trattenimento nonché la concatenazione degli eventi (risulta infatti pacifico che gli eventi delittuosi venivano commessi subito dopo l’uscita dal Bar Roma in Porto Ercole in cui gli stessi autori erano stati identificati da personale militare intenti a consumare sostanze alcoliche).
Non ricorre, invece, il secondo necessario presupposto relativo ad una compiuta valutazione in ordine al pericolo per la sicurezza pubblica.
Il provvedimento questorile richiama sul punto la relazione dei Carabinieri -OMISSIS-del 25/07/2022 che propone una circostanziata descrizione dei fatti nonché una prima valutazione sulla pericolosità per la sicurezza pubblica del ricorrente.
La valutazione sulla pericolosità sociale del ricorrente, pertanto, avviene sulla base dei fatti accaduti senza la formulazione di un giudizio prognostico sulla attualità del pregiudizio per la sicurezza pubblica (si legge nella relazione richiamata nel provvedimento che “ gli atti vandalici posti in essere dai due indagati hanno creato un profondo turbamento nella popolazione residente, poiché sono oramai anni che gruppi di giovani provenienti per lo più dalla capitale, spesso sotto l'effetto dell'alcol pongono in essere una serie di condotte criminose a danno dei residenti, peraltro sono state raccolte alcune denunce per danneggiamento e schiamazzi due delle quali riconducibili ai due soggetti identificati. Per fare maggiore chiarezza si riferisce che i due proponenti erano stati identificati all'interno del bar Roma alle ore 03.20 intenti a consumare sostanze alcoliche fuori dell'orario consentito, tanto che il personale Arma contestava la relativa sanzione amministrativa al bar in questione, e, dopo le formalità di rito legate all'identificazione dei due soggetti, questi, venivano lasciati assolti dalle incombenze. Subito dopo venivano colti in flagranza di reato e le loro azioni criminose si concretizzavano nei danneggiamenti registrati in Via della Marina ed in Via San Paolo della Croce, strade poste a pochi metri dal Bar, tra le ore 3:30 e le ore 04: 00. Le azioni compiute […] sono caratterizzate da una particolare aggressività ed hanno arrecato un grave pregiudizio all'ordine ed alla sicurezza pubblica nel Comune di Monte Argentario, località a forte vocazione turistica, tanto che sono giunte molte proteste per il comportamento violento ed irriguardoso nei confronti della popolazione residente che è costretta a subire continuamente tali condotte criminose. I due proponenti sono da considerarsi socialmente pericolosi circostanza desumibile dalla modalità di esecuzione dell'attività delittuosa, infatti senza apparente motivo appena usciti dal bar sopra indicato, urlando con schiamazzi in orario notturno hanno preso di mira alcuni arredi urbani distruggendoli ”).
Il provvedimento questorile ed il decreto prefettizio impugnati nulla aggiungono a tale valutazione limitandosi ad una mera deduzione, non motivata ulteriormente, della pericolosità del ricorrente per la sicurezza pubblica prendendo come riferimento solo i fatti occorsi e le modalità di realizzazione. Nulla viene aggiunto in ordine al permanere delle condizioni di pericolosità pro futuro. Tale elemento, come evidenziato dalla giurisprudenza sopra citata, risulta essere presupposto indefettibile per l’esercizio del potere inibitorio esercitato dall’autorità governativa.
Per quanto precede, quindi, i provvedimenti impugnati risultano legittimi per carenza di motivazione in ordine al presupposto del pericolo per la sicurezza pubblica normativamente imposto per la relativa adozione. La proposta questione di costituzionalità si palesa quindi non rilevante al fine del decidere.
5. Con il secondo motivo di ricorso si estendono i medesimi vizi sopra rubricati alla parte sanzionatoria del provvedimento questorile, che estende il divieto all’intero territorio del comune di Monte Argentario, sostenendo la violazione dell’art. 13-bis citato.
Se ne lamenta pertanto la sproporzione, anche con riferimento all’applicazione del massimo edittale (esteso dalla stessa norma ad ipotesi di comportamenti ben più gravi di quelle che vengono qui in considerazione) nonché l’assenza di motivazione in ordine al pericolo per la sicurezza derivante dalla condotta.
Le medesime censure si estendono al provvedimento del Prefetto che ha rigettato il ricorso gerarchico. Nel complesso i due provvedimenti sarebbero pertanto inidonei a garantire la sicurezza dei locali pubblici, non necessari (visto il diverso ambito di applicazione del divieto) e non proporzionati.
Il motivo è fondato.
Come sopra evidenziato l’art. 13-bis del DL n. 14/2017, al comma 1, dispone che “ il Questore può disporre il divieto di accesso a pubblici esercizi o locali di pubblico trattenimento specificamente individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi i predetti reati ovvero delle persone con le quali l'interessato si associa, specificamente indicati ”. La norma precisa altresì, al comma 2, che “ il divieto di cui ai commi 1 e 1-bis può essere limitato a specifiche fasce orarie e non può avere una durata inferiore a sei mesi né superiore a due anni. Il divieto è disposto, con provvedimento motivato, individuando comunque modalità applicative compatibili con le esigenze di mobilità, salute e lavoro del destinatario dell'atto”.
Dal combinato di tali disposizioni si desume che la norma conferisce al Questore il potere di disporre la misura restrittiva purché il divieto di accesso ai locali pubblici sia riferito a luoghi specificamente individuati e che siano connessi ai fatti che ne hanno giustificato l’adozione.
La succitata giurisprudenza ha evidenziato che “ siffatta lettura trova d’altro canto un preciso appiglio normativo nella previsione che impone che la misura sia disposta ‘con provvedimento motivato’, potendo da ciò desumersi, per non ridurla ad un inutile pleonasmo, che la motivazione debba dar concretamente conto tanto della specifica posizione assunta dal destinatario in relazione agli accadimenti verificatisi, con esposizione dei dati indiziari da cui tale coinvolgimento sia stato desunto, quanto dell’insorgenza di un pericolo per la sicurezza, illustrando infine le ragioni per le quali si ritenga che l’imposizione al destinatario del divieto di accedere negli esercizi e nei locali di pubblico trattenimento “specificamente individuati in ragione dei luoghi in cui sono stati commessi i predetti reati ovvero delle persone con le quali l'interessato si associa, specificamente indicati” possa servire a contenere il pericolo anzidetto” (TAR Calabria, 7/01/2022, sent. n. 21).
Nel caso di specie l’autorità pubblica ha esteso le restrizioni ad ogni locale di pubblico trattenimento e ad ogni esercizio pubblico di somministrazione di alimenti e bevande nell’intero territorio comunale, vietando anche la sosta nelle immediate vicinanze.
Si tratta di una determinazione priva di dettaglio perché è riferita a luoghi non specificatamente indicati anche sul piano della correlazione con i luoghi in cui sono stati commessi i fatti contestati.
Il divieto, pertanto, è illegittimamente generico e si sostanzia nell’imposizione di una restrizione contrastante con il canone della proporzionalità. Tale carenza non è sufficientemente colmata dalla possibilità, riconosciuta al ricorrente, di soggiornare nel territorio comunale, giacché la restrizione imposta alla libertà personale risulta comunque disancorata dal contesto di accadimento dei fatti e priva dei connotati di specificità imposti dalla legge.
Per quanto precede, quindi, anche il secondo motivo è fondato.
6. In ragione degli esiti del giudizio il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame della terza doglianza, volta a censurare la mancata comunicazione di avvio del procedimento, che può ritenersi assorbita.
7. Il ricorso, nel suo complesso, è fondato e pertanto deve essere accolto. Per l’effetto i provvedimenti impugnati sono annullati.
8. Le spese di lite, in ragione della novità delle questioni trattate, sono compensate.