TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2024-10-04, n. 202417167

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2024-10-04, n. 202417167
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202417167
Data del deposito : 4 ottobre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/10/2024

N. 17167/2024 REG.PROV.COLL.

N. 07980/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7980 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Acosan S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati P C e S V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Cultura, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato U G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

del provvedimento prot. 0009818 del 10/5/2017, ricevuto dalla società ricorrente tramite posta ordinaria in data 23/5/2017, con cui il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, in risposta al Foglio del 9/2/2017 Prot. n. QI 23259 dell'Ufficio Condoni di Roma Capitale, ha espresso parere vincolante negativo, ai sensi dell'art. 32 della l. n. 47/1985, in ordine alle concessioni edilizie in sanatoria richieste dalla società ACOSAN per gli immobili censiti al N.C.E.U. fgl. 1078 part: 2814, 2815 e 2816 c.c. A/10 e C/3 e destinati ad attività artigianale e industriale, richiedendo l'adozione da parte del Sindaco di Roma Capitale di ordinare la demolizione delle opere abusivamente realizzate e la rimessione in pristino dello stato dei luoghi antecedente agli abusi;

per quanto riguarda il primo atto recante motivi aggiunti:

- della determinazione dirigenziale di reiezione rep. n. QI/915/2021, prot. QI/97910/2021 del 19 maggio 2021, ricevuta dalla società ricorrente tramite PEC in data 11 giugno 2021, con cui Roma Capitale - Ufficio di Scopo Condono Edilizio, ha rigettato l'istanza di concessione edilizia in sanatoria prot. 86/39646 formulata dalla Acosan S.r.l. per gli immobili censiti al N.C.E.U. fgl. 1078, part. 2814, destinati ad attività artigianale e industriale;

- di tutti gli atti presupposti e connessi, e per quanto occorrer possa, del preavviso di rigetto prot. n. QI 2017/158437 del 26 settembre 2017 ricevuto dalla ricorrente in data 4 ottobre 2017, nonché del silenzio serbato dal Ministero della Cultura, Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma sulle controdeduzioni presentate dalla società ricorrente, a seguito del preavviso di rigetto dell'istanza di concessione in sanatoria;

per quanto riguarda i secondi motivi aggiunti

della determinazione dirigenziale di reiezione rep. n. QI/1181/2021, prot. QI/126669/2021 dell’8 luglio 2021, ricevuta dalla società ricorrente tramite PEC il 12 luglio 2021, con cui Roma Capitale - Ufficio di Scopo Condono Edilizio, ha rigettato l’istanza di concessione edilizia in sanatoria prot. 86/39645 formulata dalla Acosan S.r.l. per gli immobili censiti al N.C.E.U. fgl. 1078, part. 2813, destinati ad attività artigianale e industriale;

di tutti gli atti presupposti e connessi, e segnatamente del preavviso di rigetto prot. QI 2017/62899 del 31 marzo 2021 ricevuto dalla ricorrente tramite PEC in data 7 aprile 2021, nonché della relazione di valutazione dell’Ufficio tecnico prot. QI 113802 del 15 giugno 2021, dal contenuto non conosciuto.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e del Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria del giorno 19 luglio 2024, tenutasi da remoto, il dott. R V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con atti, assunti al protocollo comunale con i nn. 39645 e 39646, del 17/3/1986, la società ricorrente instava, avanti il Comune di Roma, per il rilascio della concessione in sanatoria in relazione alle opere abusive realizzate in Roma, alla via Ostiense n. 2365 (già Via Ostiense km 22.850), ultimate nel 1975 e adibite a destinazione d’uso industriale-artigianale (attività di demolizione autoveicoli e uffici).

Con nota prot. n. 9818 del 10.5.2017, l’allora Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo esprimeva “ parere negativo vincolante al rilascio delle Concessioni Edilizie in Sanatoria, non risultando compatibili con la conservazione dei valori archeologici, architettonici, artistici, storici, naturali, morfologici ed estetici dell’intera fascia costiera ”, chiedendo al sindaco del Comune di Roma delle ridette opere abusive.

Con determinazione dirigenziale del 19 maggio 2021, l’istanza n. 39646 del 17/3/1986 veniva rigettata, anche tenuto conto del parere della Soprintendenza.

Con determinazione dirigenziale dell’8 luglio 2021 anche l’istanza n. 39645 del 17/3/1986 veniva rigettata in quanto dalla disamina della documentazione presente agli atti si evinceva che il manufatto in esame, accatastato con categoria C3 (industriale-artigianale), non era autonomamente utilizzabile in quanto privo dei servizi igienici, elemento essenziale per l'identificazione della destinazione d'uso richiesta e, comunque, trattandosi di opera avente dichiarato carattere di pertinenza del fabbricato principale di cui all’istanza di condono n. 86/39646, già oggetto di reiezione.

Avverso il parere della Soprintendenza la Acosan insorgeva avanti questo TAR con il gravame introduttivo, lamentando l’omessa comunicazione del cd. preavviso di rigetto nonché l’erroneo apprezzamento dei presupposti e dello stato dei luoghi, oltre che il travisamento della finalità della verifica di compatibilità richiesta dall’art. 32 della l. 47/1985.

Avverso le determinazioni dirigenziali di reiezione delle istanze di condono, di poi, la Acosan esperiva i due atti recanti motivi aggiunti in epigrafe individuati, censurandole sulla scorta delle doglianze già proposte con il gravame introduttivo, oltre che per sviamento nella richiesta effettuata dalla Soprintendenza al Comune di ordinare la demolizione.

Si costituivano le intimate Amministrazioni, instando per la reiezione del gravame e dei motivi aggiunti, e la causa, al fine, veniva introitata per la decisione.

Il ricorso e i motivi aggiunti non sono fondati.

Va, in via liminare, rimarcata la inammissibilità, prima ancora che la infondatezza, della doglianza afferente all’omesso preavviso da parte della Soprintendenza, stante:

- la natura di atto endoprocedimentale del ridetto apporto consultivo fornito dalla Soprintendenza, non a caso indirizzato al Comune;

- il di per sé dirimente rilievo per cui, in ogni caso, le deduzioni presentate dalla ricorrente al Comune – dopo il preavviso di rigetto da quest’ultimo comunicato in data 31 marzo 2021- sono state in ogni caso inviate alla Soprintendenza.

D’altra parte:

- siccome reiteratamente affermato in sede di scrutinio di analoghe doglianze (TAR Campania, VI, 24 luglio 2023, n. 4418;
Id., id. 21 ottobre 2021, n. 6618) non è stato rappresentato nel gravame alcun plausibile argomento la cui “introduzione” nel procedimento - rectius , la cui omessa valutazione da parte delle Amministrazioni interessate- sarebbe stata in grado di diversamente orientare il processo decisionale della Amministrazione (siccome si avrà modo di illustrare infra , in sede di scrutinio delle censure afferenti al “merito” degli interventi edilizi contestati);

- la stessa ricorrente ha ben provveduto, pochi giorni la ricezione del preavviso di rigetto delle domande doi condono da parte del Comune, a formulare articolate deduzioni difensive, volte a giustappunto a giustificare la sanabilità degli interventi;
ciò che vale: i) da un canto, a dimostrare l’effettivo raggiungimento dello scopo cui il cd. “preavviso di rigetto” è preordinato, id est portare nella sfera di conoscibilità dell’istante le ragioni potenzialmente fondanti il diniego, al fine di eccitare la vis difensiva e collaborativa di esso istante, vivificando il contraddittorio e consentendo alla stessa Amministrazione la formazione di una consapevole voluntas provvedimentale, anche in ossequio al principio della massima acquisizione degli interessi al procedimento;
ii) dall’altro, a disvelare la effettiva esplicazione del contraddittorio, con la partecipazione procedimentale della ricorrente estrinsecatasi plena causae cognitio et tota re perspecta , anche nei confronti della Soprintendenza, cui le deduzioni del 13 e del 23 ottobre 2017 risultano essere state trasmesse.

Sotto altro aspetto, non è, in ogni caso, indicata la rilevanza che in concreto hanno assunto gli asseriti vizi procedimentali e, dunque, la valenza incidente della pretesa carenza del preavviso di rigetto ad opra della Soprintendenza e dei successivi dinieghi sul contenuto sostanziale dei fatti fondanti i gravati provvedimenti.

Ne discende la inammissibilità per genericità delle censure, ove si abbia riguardo al di per sé risolutivo rilievo che non risulta allegato un concreto pregiudizio al diritto di difesa e di partecipazione procedimentale, mancando parte ricorrente di indicare in qual modo e in che misura i lamentati vizi abbiano in concreto precluso la introduzione di deduzioni in grado di sostanzialmente incidere sulle determinazioni delle resistenti Amministrazioni, ovvero abbia potuto in qualche modo ledere il diritto di essa ricorrente all’ottenimento di una decisione “equa”.

Non fondate si appalesano, altresì, le doglianze afferenti “al merito” della questione, id est alla “insanabilità” delle opere abusive de quibus .

E, invero, l’area ove i manufatti abusivi insistono è connotata da una peculiare valenza paesaggistica, siccome partitamente e puntualmente evidenziato dalla Soprintendenza, essendo colà collocabili:

- l’antica via Ostiense (tratto iniziale della “via del sale”);

- strutture interrate dell’antico Acquedotto che fiancheggiava via Ostiense;

- area di sedime di uno dei Bracci del Delta del Tevere (Canale dei Pescatori);

- area di sedime dell’Antico Stagno e Saline di Levante;

- porto fluviale di Ostia antica;

- Città di Ostia antica (necropoli e Basilica Paleocristiana di Sant’Aurea);

- borgo medievale fortificato di Gregoriopoli;

- Castello di Papa Giulio II.

Ora, siccome rappresentato nel parere ministeriale:

- “ l’ampio complesso monumentale, costituito dalle aree e dalle strutture sopra elencate è di rilevante interesse culturale ”;

- di qui la imposizione di una congerie di vincoli (DM 21 ottobre 1954;
DM 7 febbraio 1997;
PTP;
PTPR);

- talchè, “ le opere abusive realizzate e le precarie condizioni igienico-sanitarie delle aree, adibite illegittimamente a stoccaggio di veicoli a motore fuori uso, arrecano nocumento a tutto il complesso monumentale e paesaggistico ”;

- e ciò al di là ed a prescindere dalla destinazione edilizia ed urbanistica impressa dal PRG, vertendo le valutazioni gravate sui beni diversi valori paesaggistici, culturali ed archeologici rivestiti dall’area in esame e giustificante la stringente regolazione vincolistica che all’uopo la governa.

Ora, a fronte di tali valutazioni operate dalla competente Amministrazione -afferenti alla cogenza dei plurimi vincoli conformanti la azione di antropizzazione in un’are che riveste eccezionale rilievo paesaggistico, culturale ed archeologico- supportate peraltro da apposita azione istruttoria operata anche attraverso la aggiornata ricognizione dello stato di luoghi, siccome cristallizzata nelle immagini “Google Maps e Bing Maps”, affatto generiche si appalesano le allegazioni operate dalla ricorrente, non mai idonee ad incidere sulla “attendibilità” ovvero sulla “plausibilità” del giudizio posto a fondamento delle gravate determinazioni.

Inammissibile, di poi, si appalesa il –per vero generico- riferimento ad “asseriti” provvedimenti di sanatoria che sarebbero stati adottati in relazione ad immobili contigui a quelli in oggetto, stante, a tacer d’altro, la improponibilità in subiecta materia di una censura di disparità di trattamento.

Parimenti immune da vizi si appalesa il provvedimento di reiezione della domanda di condono prot. n. 39645 impugnato con il secondo atto recante motivi aggiunti, giusta le risultanze istruttorie in forza delle quali (ad onta di quanto dichiarato dalla ricorrente a supporto della istanza di condono):

- il manufatto in esame, accatastato con categoria C3 (industriale/artigianale), risulta non autonomamente utilizzabile “ in quanto privo dei servizi igienici ”, id est di un “ elemento essenziale per l’identificazione della destinazione d’uso richiesta ”;

- in ogni caso, la valenza preclusiva della agognata sanatoria rivestita dalla natura di “pertinenza” del manufatto in relazione ad un fabbricato abusivo già oggetto della precedente determinazione di rigetto del 19 maggio 2021.

Orbene, tale due autonome rationes –che ben valgono, solitariamente, a fondare il diniego- non sono incrinate dalle allegazioni della ricorrente, atteso che:

- incontestata è la assenza nel manufatto che ne occupa dei servizi igienici, rivelatore della mancata ultimazione e del mancato completamento della opera che, in ogni caso –e ad onta di quanto quivi asserito dalla ricorrente- è stata oggetto di una distinta e autonoma domanda di condono, munita giustappunto della dichiarazione (risultata smentita in punto di fatto) della ultimazione della opera e del suo completamento funzionale nell’anno 1979;
e tanto basterebbe per la reiezione delle censure di parte ricorrente;

- in ogni caso, assume carattere dirimente la circostanza per cui il manufatto che ne occupa -anche a voler accedere alla tesi di parte ricorrente sul suo carattere pertinenziale rispetto ad altra opera abusiva- avrebbe valenza ancillare e strumentale rispetto ad un fabbricato la cui connotazione in termini di abusività è anche in questa sede stata acclarata pel tramite della reiezione del primo atto recante motivi aggiunti;
all’uopo, non può non rammentarsi l’inveterato dato giurisprudenziale in forza del quale le opere costituenti pertinenze urbanistiche ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente (TAR Campania, VI, 8 aprile 2024, n. 2256;
CdS, VII, 25 gennaio 2024, n. 805).

E, invero, accessorium sequitur principale .

Talchè, affatto necessitato si appalesa l’ agere della Amministrazione comunale nella parte in cui –anche sul presupposto della già acclarata abusività ed insanabilità del “fabbricato principale”- denega, all’istesso modo e a fortiori , il condono per il manufatto che si dichiara avere connotazione pertinenziale di essa opera abusiva “principale”.

Anche la doglianza relativa ad un preteso sviamento di potere che affliggerebbe l’operato della Soprintendenza –nella parte in cui si è richiesta al Comune la demolizione dei manufatti- si appalesa priva di fondamento, trattandosi di indicazione fornita dalla Autorità ministeriale:

- sul presupposto della natura toto corde abusiva e “non recuperabile alla liceità paesaggistica” delle opere de quibus , in quanto tali arrecanti un vulnus permanente ai superiori interessi meta-individuali presidiati da essa Autorità;
trattasi, indi, di indicazioni che naturaliter discendono dalle negative valutazioni espresse circa la “sanabilità” delle opere “ a latere paesaggistico ”;

- in ogni caso, non mai aventi connotazione lesiva della sfera giuridica della ricorrente –che, al più, è suscettibile di essere lesa dall’effettivo esercizio della potestas repressiva spettante al Comune, e volta alla demolizione dei manufatti abusivi- risolvendosi, in definitiva, in un atto di “rappresentazione” e di “interlocuzione procedimentale” tra due Amministrazioni –anche in ossequio al principio di leale cooperazione- non, ex se solo, suscettibile di riverberarsi “ ab externo ” sulla sfera di essa ricorrente.

Le peculiari connotazioni della controversia inducono a compensare tra le parti le spese di lite.

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