TAR Firenze, sez. II, sentenza 2009-05-06, n. 200900773

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2009-05-06, n. 200900773
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 200900773
Data del deposito : 6 maggio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00042/2007 REG.RIC.

N. 00773/2009 REG.SEN.

N. 00042/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 42 del 2007, proposto da:
Ente Provincia Toscana denominata “Addolorata” dell’Istituto delle Suore Passioniste di S. Paolo della Croce, in persona del legale rappresentante, suor A A, rappresentato e difeso dagli avv.ti F M B e F S e con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Signa, via degli Alberti 3

contro

Azienda U.S.L. 10 di Firenze, in persona del direttore generale, ing. L M, rappresentata e difesa dall’avv. A F e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Firenze, via San Gallo 80
Azienda Sanitaria Locale Lanciano Vasto, in persona del direttore generale, dr. M C, rappresentata e difesa dall’avv. Eugenio Galluppi e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Denis De Sanctis, in Firenze, via Lamarmora 53
Comune di Fossacesia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Diego De Carolis e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Stancanelli, in Firenze, via Masaccio 172

per l’accertamento

del diritto dell’Ente ricorrente al pagamento delle rette di degenza ed assistenza della sig.ra Peca Anna Maria, ospitata presso l’Istituto “Villa Serena” in Signa

e quindi per la condanna al pagamento di dette rette:

- in via principale, dell’A.S.L. di Lanciano Vasto e dell’A.S.L. di Firenze, in solido e/o in concorso tra loro, eventualmente pro quota, ovvero in via alternativa;

- in via subordinata, del Comune di Fossacesia.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria U.S.L. 10 di Firenze, dell’Azienda Sanitaria Locale Lanciano Vasto e del Comune di Fossacesia;

Visti le memorie ed i documenti depositati dalle parti a sostegno delle rispettive tesi e difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato relatore, nell’udienza pubblica del 19 marzo 2009, il dott. Pietro De Berardinis;

Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

L’Ente ricorrente espone di essere tra l’altro titolare di una struttura di accoglienza ed assistenza per persone affette da deficit fisici e mentali denominata “Villa Serena” e con sede in Signa. L’Istituto “Villa Serena” ospita, tra i propri assistiti, dal 1963 la sig.ra Anna Maria Peca, nata a Fossacesia (Ch) ed affetta da oligofrenia ed epilessia, per la cui assistenza l’Istituto stesso ha percepito fino al febbraio del 1998 una retta giornaliera di £. 75.000, corrisposta per £. 32.500 dalla ex U.S.L. n. 7 di Lanciano e per le restanti £. 42.500 dall’A.S.L. n. 10 di Firenze.

Con nota del 4 giugno 1998 prot. n. 599/SAS, tuttavia, l’Azienda Sanitaria di Firenze comunicava che, poiché in data 5 febbraio 1998 la sig.ra Peca era stata riconosciuta persona handicappata, essendo l’Istituto ospitante una struttura di socializzazione, l’intera retta del ricovero avrebbe dovuto essere pagata dal Comune di provenienza (Fossacesia), a partire dal 1° marzo 1998. Da questo momento sia l’A.S.L. di Firenze, sia quella di Lanciano Vasto sospendevano ogni pagamento in favore dell’Istituto delle Suore Passioniste, le cui richieste di pagamento formulate nei confronti del Comune di Fossacesia (con lettere dell’ottobre e novembre 1998) rimanevano, peraltro, senza esito. Successivamente, in data 18 aprile 2002 l’Ente ricorrente intimava al Comune di Fossacesia il pagamento della retta in questione a far data dal 1998 (non essendosi interrotta l’attività di assistenza della sig.ra Peca, che dura tuttora), ma il predetto Comune respingeva la richiesta di pagamento. Identica sorte ricevevano le analoghe intimazioni effettuate in data 4 novembre 2002 nei confronti dell’A.S.L. Lanciano Vasto e dell’A.S.L. di Firenze, in quanto la prima (pur dopo ulteriori colloqui e richieste documentali) non procedeva ad alcun pagamento, mentre la seconda negava qualunque propria competenza a provvedere al riguardo.

Con lettera del 30 dicembre 2003 il Comune di Signa rendeva noto che, per effetto di deliberazione della Giunta Comunale n. 211/2003, la retta giornaliera per l’ospitalità presso l’Istituto “Villa Serena” era stata stabilita in € 43,90, con decorrenza dal 1° gennaio 2004. Per vedere tutelate le proprie ragioni, l’esponente conveniva quindi in giudizio davanti al Tribunale di Firenze l’A.S.L. di Firenze, quella di Lanciano Vasto ed il Comune di Fossacesia per sentirli condannare in solido ed in concorso tra loro, ovvero in via alternativa, al pagamento a proprio favore della somma dovuta per l’assistenza prestata alla sig.ra Peca dal 1° marzo 1998;
con sentenza n. 2676/2005 del 9 luglio 2005, tuttavia, il Tribunale dichiarava il proprio difetto di giurisdizione.

Tanto premesso, l’Ente esponente ha riproposto dinanzi a questo Tribunale Amministrativo la domanda per ottenere il soddisfacimento del proprio credito, arrivato nel frattempo, al 31 dicembre 2006, ad un totale di € 130.692,74.

In via principale, affermata la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia, l’Ente ricorrente sottolinea che nella fattispecie, alla sig.ra Peca, affetta da malattia psichica cronica, sono erogate prestazioni sanitarie, sotto forma di somministrazione continua di farmaci diretti a controllarne le crisi di aggressività, con il corollario della qualificazione del ricovero della stessa come attività socio-assistenziale di rilievo sanitario, di competenza del S.S.N. (Servizio Sanitario Nazionale). Per conseguenza, l’Ente ricorrente ha chiesto in via principale la declaratoria dell’obbligo dell’A.S.L. di Firenze e di quella di Lanciano Vasto, in via solidale e/o in concorso, ovvero in via alternativa, di pagare le somme dovute a titolo di retta per il ricovero e l’assistenza prestata a favore della sig.ra Anna Maria Peca, a far data dal 1° marzo 1998, con l’avvertenza che l’importo della retta è stato quantificato in £. 75.000 giornaliere fino al 1° gennaio 2004 e, da tale data, in € 43,90. In via subordinata, per l’ipotesi in cui le prestazioni erogate alla sig.ra Peca dovessero considerarsi di natura esclusivamente socio-assistenziale, ha chiesto la declaratoria dell’obbligo di pagamento da parte del Comune di Fossacesia, quale Comune di provenienza dell’assistita.

Si è costituita in giudizio l’Azienda U.S.L. 10 di Firenze, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, poiché il soggetto tenuto a farsi carico delle spese di degenza dei malati psichiatrici andrebbe determinato sulla base del Comune di residenza di questi al momento del loro ricovero: perciò, anche ove si accertasse che a favore della sig.ra Peca sono erogate prestazioni di carattere sanitario, queste sarebbero a carico dell’Azienda U.S.L. di Lanciano Vasto.

Si è costituita in giudizio, altresì, l’Azienda U.S.L. di Lanciano Vasto, depositando memoria con cui ha eccepito che il ricovero della sig.ra Peca avrebbe avuto sin dall’origine natura di prestazione assistenziale, poiché sostitutiva dell’assistenza familiare. Ha inoltre eccepito che l’Istituto ricorrente non avrebbe la capacità di erogare prestazioni per conto ed a carico del S.S.N., concludendo, anche sulla base di una minuziosa analisi della normativa di settore (in specie, il d.P.C.M. 8 agosto 1985), per l’insussistenza di un obbligo a proprio carico di accollarsi gli oneri del ricovero in discorso: oneri che ricadrebbero sul Comune di Fossacesia (o sull’A.S.L. di Firenze, qualora esistesse una specifica convenzione in proposito).

Si è, infine, costituito il Comune di Fossacesia, eccependo in primo luogo che le prestazioni erogate dall’Istituto ricorrente rientrerebbero a pieno titolo tra gli interventi sanitari o almeno tra le attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali, comunque di competenza delle Aziende U.S.S.L.;
in ogni caso, ad opinare diversamente, la domanda subordinata contenuta nel ricorso dovrebbe essere giudicata tardiva, poiché, essendo la posizione fatta valere un interesse legittimo economicamente condizionato, il ricorrente avrebbe dovuto azionarla nel termine di decadenza decorrente dalla comunicazione della risposta negativa del Comune sulla richiesta di pagamento.

All’udienza del 19 marzo 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe l’Ente ricorrente domanda l’accertamento del proprio diritto ad ottenere, a far data dal 1° marzo 1998, il pagamento delle rette di degenza della sig.ra Anna Maria Peca, ospite dell’Istituto “Villa Serena” di Signa, dal ricorrente stesso gestito, affetta da oligofrenia ed epilessia. Domanda, inoltre, la condanna al pagamento delle suddette rette in via principale dell’A.S.L. di Lanciano Vasto e dell’A.S.L. di Firenze, in solido e/o in concorso tra loro, oppure in via alternativa, ed in subordine, del Comune di Fossacesia, quale Comune di provenienza dell’assistita.

In via pregiudiziale, va affermata l’appartenenza della presente controversia alla giurisdizione del G.A.: ciò, in quanto nel caso di specie – come già ha osservato il Tribunale di Firenze, che ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione con sentenza del 9 luglio 2005 – non è contestato il diritto dell’Ente ricorrente di vedersi pagato il servizio reso, ma si controverte sulla natura di quest’ultimo (esplicantesi in prestazioni di tipo sanitario, ovvero di tipo socio-assistenziale) e, per l’effetto, sul soggetto pubblico legittimato passivo al pagamento delle predette prestazioni. Orbene, tale problema è stato specificamente affrontato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con la recentissima decisione n. 3 del 30 luglio 2008, si è pronunciata per la devoluzione al G.A. delle controversie aventi ad oggetto una siffatta questione, ai sensi dell’art. 29, primo comma, nn. 5 e 7, del R.D. n. 1054/1924, recante il Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato, nonché dell’art. 7 della l. n. 1034/1971, che ha confermato le previsioni del citato art. 29. Vero è che la questione su cui si appuntava la controversia rimessa alla Plenaria riguardava il riparto degli oneri in riferimento al domicilio di soccorso e non (come nel caso qui in esame) in riferimento alla natura assistenziale o sanitaria delle prestazioni erogate, dal momento che l’A.S.L. intimata aveva rifiutato il pagamento in ragione del trasferimento della residenza del degente presso il Comune in cui era ubicato l’Istituto ricorrente in primo grado, senza fare questione, invece, circa la natura delle prestazioni da esso erogate. Nondimeno, l’Adunanza Plenaria ha affermato esplicitamente che le norme da essa individuate per fondarvi l’affermazione della sussistenza della giurisdizione amministrativa nel caso di specie, sono pienamente applicabili anche all’ipotesi in cui, ai fini del riparto delle spese, si controverta in ordine al carattere assistenziale o sanitario delle stesse. Secondo la Plenaria, anche tali controversie sono rimesse, ai sensi dell’art. 29, primo comma, nn. 5 e 7, del R.D. n. 1054/1924 e dell’art. 7 della cd. l. T.A.R., al vaglio del giudice amministrativo, in quanto oggetto centrale del contendere è, in una simile evenienza, sempre e comunque l’individuazione del soggetto pubblico eventualmente debitore di somme correlate a prestazioni sanitarie;
“ciò che rafforza ulteriormente il convincimento della perdurante operatività del disposto di cui all’art. 29, comma primo, n. 5, del r.d. n. 1054 del 1924, dal momento che si tratta di stabilire, in tal caso, sulla base di criteri di prevalenza, se si verta in tema di spese sanitarie facenti o meno capo ad un soggetto appartenente al S.S.N.”. Né al riguardo – chiarisce la Plenaria – ha avuto alcuna efficacia abrogatrice l’entrata in vigore dell’art. 33 del d.lgs. n. 80/1998, recante una previsione generalizzata di giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di servizi pubblici, sottratta alla frammentarietà della normativa del 1924: ciò, sia per il carattere speciale delle norme di cui all’art. 29, primo comma, nn. 5 e 7, cit. – non abrogate, ma solo assorbite o “sopite” dal ricordato art. 33, nella sua originaria formulazione –, sia soprattutto in quanto, dopo la parziale modificazione (restrittiva) dell’ambito operativo dell’art. 33 cit. a seguito dell’intervento del giudice costituzionale, le suddette norme speciali, “mai espressamente abrogate, hanno logicamente ripreso visibilità, nel senso che, ridimensionata la norma generale che le assorbiva, hanno, per naturale vis espansiva, ripreso a disciplinare il circoscritto ambito materiale che le caratterizza;
l’assetto normativo di carattere generale rimodellato a seguito delle modifiche legate agli interventi della Corte costituzionale non avendo, in effetti, fatto venire meno le ragioni di interesse pubblicistico che, prima dell’entrata in vigore del ripetuto art. 33, già avevano indotto il legislatore a rimettere al giudice amministrativo quelle particolari materie settoriali”. Né si deve dimenticare – aggiunge la Plenaria – che l’art. 29, primo comma, n. 5 cit. dà luogo (come rammenta l’ultimo comma dell’art. 7 della l. n. 1034/1971) ad un’eccezionale ipotesi di giurisdizione del G.A. estesa al merito, mai rimossa dal Legislatore e che l’art. 33 del d.lgs. n. 80/1998, dal canto suo, non ha mai contemplato, né esplicitamente abrogato. Se ne deduce che detta ipotesi, da sempre posta al di fuori ed in aggiunta rispetto alla giurisdizione esclusiva delineata dall’art. 33 cit., non abbia per tal motivo mai subito quel temporaneo assorbimento o “sopimento” della propria vigenza che l’art. 33 stesso avrebbe operato nei confronti delle altre disposizioni speciali sulla giurisdizione del G.A. in materia di servizi pubblici, come più sopra accennato. Ed invero, non si vede come l’art. 33 cit. avrebbe potuto abrogare una norma avente una portata più ampia e speciale rispetto all’ambito di giurisdizione esclusiva riconosciuto dall’art. 33 medesimo. In definitiva, l’art. 29, primo comma, n. 5, cit. ha continuato ad operare anche nella vigenza dell’art. 33 del d.lgs. n. 80/1998, nella sua originaria stesura, nonché in quella conseguente alle modifiche apportatevi dalla l. n. 205/2000, ed a fortiori è operativo nel quadro normativo attuale, dopo il “ridimensionamento” della portata dell’art. 33 scaturito dall’intervento della Corte costituzionale.

Venendo al merito del ricorso, osserva il Collegio che, in via preliminare, va dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Azienda U.S.L. 10 di Firenze rispetto alla richiesta di pagamento e, più in generale, alla domanda dell’Ente ricorrente.

Infatti, anche se si accede ad una configurazione delle prestazioni rese all’assistita quali prestazioni di carattere essenzialmente sanitario, ovvero di tipo misto, resta comunque escluso ogni obbligo di pagamento a carico dell’Azienda U.S.L. sunnominata. Ciò perché, come osservato dalla giurisprudenza (C.d.S., Sez. V, 25 febbraio 1997, n. 187, T.A.R. Lombardia, Brescia, 25 marzo 1998, n. 244, con i precedenti ivi citati), anche di questo Tribunale (T.A.R. Toscana, Sez. II, 23 agosto 2001, n. 1333), nelle controversie concernenti l’individuazione del soggetto legittimato passivo circa le spese relative al ricovero di un alienato mentale, ove si accerti che vengono rese prestazioni sanitarie o comunque con una qualche valenza terapeutica (tale da farle rientrare nella categoria degli interventi di rilievo sanitario, connessi con quelli socio-assistenziali, i cui oneri gravano sul Fondo sanitario nazionale), l’obbligo di pagamento delle rette di degenza non potrà che gravare sull’Azienda U.S.L. nel cui territorio l’avente diritto alle prestazioni di rilievo sanitario aveva la residenza nel momento in cui le prestazioni stesse hanno avuto inizio. In argomento, la giurisprudenza ha infatti sottolineato la necessità di far riferimento al collegamento territoriale sussistente al momento del ricovero, e, dunque, alla residenza del ricoverato risultante a quell’epoca, rimanendo, viceversa, irrilevante la circostanza – inevitabile ove si ricolleghi la residenza, intesa conformemente all’impostazione dell’art. 43 c.c., ad una situazione di fatto – che questi, in seguito al ricovero, abbia acquisito la residenza nel luogo in cui é situata la struttura in cui egli stabilmente vive (C.d.S., Sez. V, n. 187/1997 cit.). Ad opinare diversamente, del resto, si dovrebbe affermare che le spese di ricovero dei pazienti con problemi psichici vanno poste a carico delle sole UU.SS.LL. nel cui territorio si trovino le strutture ospitanti ed in proporzione alle dimensioni di dette strutture: affermazione che, oltre a non essere coerente con la previsione di una articolazione territoriale del S.S.N., porterebbe alla conclusione, di più che dubbia conformità ai principi costituzionali di ragionevolezza e buon andamento, per cui un’U.S.S.L., la quale in ipotesi non curi direttamente, o tramite strutture convenzionate poste nel proprio ambito territoriale, il ricovero di malati psichici ivi residenti, non sosterrebbe gli oneri relativi ai medesimi, essendo questi inviati altrove per le necessarie cure (T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 244/1998, cit.). Nel pervenire alla medesima conclusione circa la necessità di fare esclusivo riferimento alla residenza del malato al momento del ricovero, questo Tribunale (Sez. II, n. 1333/2001, cit.) ha richiamato l’art. 14 della l. n. 833/1978, in base al quale all’assistenza psichiatrica provvedono le UU.SS.LL. nell’ambito delle rispettive competenze territoriali.

Se ne desume che l’Azienda U.S.L. n. 10 di Firenze non può considerarsi tenuta al pagamento delle rette di degenza pretese dall’Ente ricorrente né qualora alle prestazioni di cui è chiesto il pagamento sia riconosciuta natura socio-assistenziale (nel qual caso legittimato passivo sarebbe il Comune di Fossacesia), né ove venga ad esse, invece, riconosciuta natura sanitaria od anche mista (nel qual caso dovrebbe reputarsi passivamente legittimata, in toto o pro quota, l’Azienda U.S.L. di Lanciano Vasto).

Chiarita l’assenza di legittimazione passiva in capo all’Azienda U.S.L. n. 10 di Firenze, al fine di individuare quale sia – tra Azienda U.S.L. di Lanciano Vasto e Comune di Fossacesia – il soggetto obbligato al pagamento delle rette, non rimane, dunque, che stabilire se le prestazioni rese a favore della ricoverata abbiano carattere sanitario, ovvero socio-assistenziale.

Orbene, nel caso di specie ad avviso del Collegio non par dubbio che le prestazioni rese alla sig.ra Anna Maria Peca, degente presso l’Istituto “Villa Serena” di Signa, abbiano natura eminentemente socio-assistenziale e che, pertanto, tenuto al pagamento delle relative rette di degenza sia il Comune di Fossacesia, ai sensi dell’art. 6 della l. n. 328/2000, quale Comune di residenza dell’interessata al momento del suo ricovero nella citata struttura. Ciò si ricava da una molteplicità di elementi.

In primo luogo, la natura socio-assistenziale dell’intervento pare emergere – sia pure solo a livello indiziario – dalla corrispondenza versata in atti. Ciò si evince in particolare dalle lettere indirizzate alla Superiora dell’Istituto Suore Passioniste dal Presidente dell’Ente Comunale di Assistenza di Fossacesia, datate 14 giugno e 19 giugno 1963 (docc. 6 e 7 dell’Azienda U.S.L. n. 10 di Firenze), nelle quali non c’è alcun riferimento ad esigenze di cura e terapeutiche, ma si usano espressioni (come quella relativa alla sistemazione “in una casa serena e ospitale” dell’assistita) che adombrano indubbiamente una finalità socio-assistenziale del ricovero.

In secondo luogo, debbono essere condivise le osservazioni formulate dalla difesa dell’Azienda U.S.L. Lanciano Vasto circa la mancata dimostrazione della sussistenza, in capo alla struttura denominata “Villa Serena”, dei titoli abilitanti all’erogazione di prestazioni sanitarie.

In terzo luogo – e soprattutto – appare evidente la necessità di una distinzione tra costo del ricovero di per sé considerato, avente natura e finalità socio-assistenziali e gli oneri relativi al quale, dunque, fanno capo al Comune di Fossacesia, e trattamento farmacologico (nonché qualunque altro tipo di trattamento medico-sanitario) erogato in favore dell’assistita, gli oneri del quale, ove debitamente documentati, non potranno che far capo, invece, all’Azienda U.S.L. Lanciano Vasto. Ad una simile conclusione il Collegio perviene sulla base della ricognizione della normativa vigente, ed in specie del d.P.C.M. 8 agosto 1985, recante l’atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni e Province autonome in materia di attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali, ai sensi dell’art. 5 della l. n. 833/1978. L’art. 1 di tale decreto dispone che le attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali di cui all’art. 30 della l. n. 730/1983, sono le attività che richiedono personale e tipologie di intervento propri dei servizi socio-assistenziali, purché siano dirette immediatamente ed in via prevalente alla tutela della salute del cittadino e si estrinsechino in interventi a sostegno dell’attività sanitaria di prevenzione, cura e/o riabilitazione fisica e psichica del medesimo, in assenza dei quali l’attività sanitaria non può svolgersi o produrre effetti. Gli oneri di tali attività – le cui finalità vengono compiutamente elencate nell’art. 6 del d.P.C.M. 8 agosto 1985 cit. – ai sensi del medesimo art. 6 sono a carico del Fondo sanitario nazionale. Né si deve dimenticare l’art. 2 del d.P.C.M. in questione: disposizione che esclude dal novero delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali (di cui al precedente art. 1, a carico del Fondo sanitario nazionale), le attività direttamente ed esclusivamente socio-assistenziali, comunque estrinsecantisi, anche se indirettamente finalizzate alla tutela della salute del cittadino, tra cui i ricoveri in strutture protette extra-ospedaliere meramente sostitutivi, sia pure temporaneamente, dell’assistenza familiare.

Orbene, nel caso di specie, la documentazione in atti conduce ad escludere che il ricovero sia stato finalizzato immediatamente ed in via prevalente alla tutela della salute dell’assistita, non essendovi alcun riferimento a tal riguardo nella copiosa corrispondenza depositata e pur tenendo conto del diverso assetto ordinamentale all’epoca (1963) in vigore. Ciò non toglie che per quanto concerne le spese di sottoposizione alla terapia farmacologica, la cui esistenza è dimostrata dalla certificazione medica prodotta dall’Ente ricorrente (doc. 5), i relativi oneri debbano essere addossati all’Azienda U.S.L. di Lanciano Vasto. Ad identica conclusione deve poi pervenirsi per quanto concerne le spese connesse alle attività di assistenza e sorveglianza che, sempre in base alla menzionata certificazione medica, sono rese necessarie dalle condizioni cliniche generali dell’interessata, ormai stabilizzate da tempo: anche queste attività sono, infatti, finalizzate alla tutela della salute dell’interessata (oltre che, evidentemente, degli altri degenti, ed in generale delle persone e delle cose esistenti in loco) e, per conseguenza, i relativi oneri ricadono sul Fondo sanitario nazionale. Tutte le altre prestazioni rese alla sig.ra Peca (per es. vitto ed alloggio), avendo natura eminentemente assistenziale, debbono essere addossate al Comune di Fossacesia ai sensi del già richiamato art. 6 della l. n. 328/2000, stante la non assimilabilità della struttura in esame (di cui – come già accennato – non è dimostrato il possesso dei titoli abilitanti all’erogazione di prestazioni sanitarie) a quelle ospedaliere (cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 12 marzo 2003, n. 90). A siffatta conclusione induce, oltre alla normativa sopra rammentata, anche e soprattutto l’art. 30 della l. n. 730/1983, in base al quale sono a carico del Fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali.

Pertanto, il Collegio ritiene di aderire all’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, nel caso di assistenza ai malati cronici mentali, l’onere di spesa va ripartito tra Azienda Sanitaria Locale ed Enti tenuti all’assistenza sociale, qualora all’infermo siano erogate prestazioni sanitarie in aggiunta a quelle assistenziali, nel senso di addossare le prime al Fondo sanitario nazionale e, per l’effetto, all’Azienda U.S.L. territorialmente – secondo il criterio sopra delineato – competente (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 21 maggio 2002, n. 884;
T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, n. 90/2003 cit.). A carico del Comune di Fossacesia restano, invece, le altre spese, cioè – si ribadisce – tutte le spese, salvo quelle per la cura farmacologica e le attività di assistenza in senso stretto/sorveglianza della malata. Sul punto, deve essere respinta l’eccezione di tardività del gravame avanzata dalla difesa comunale in relazione alle spese da addossare al suddetto Comune, atteso che l’Ente ricorrente ha fatto valere una posizione di diritto soggettivo, del tutto compatibile con la giurisdizione devoluta in materia al G.A., avente, ai sensi del ricordato art. 29 del R.D. n. 1054/1924, natura di giurisdizione esclusiva (C.d.S., A.P., n. 3/2008, cit.;
T.A.R. Lombardia, Brescia, 2 ottobre 2006, n. 1255).

In definitiva, quindi, premessa l’estromissione dell’Azienda U.S.L. 10 di Firenze in quanto priva di legittimazione passiva, la domanda deve essere accolta nel senso che si è sopra precisato e cioè:

- riconoscendo il diritto dell’Ente ricorrente a vedersi corrisposte le somme per le rette di degenza riguardanti la sig.ra Anna Maria Peca ed addossando il relativo onere al Comune di Fossacesia, il quale va quindi condannato al relativo pagamento a far data dal 1° marzo 1998;

- ponendo, invece, a carico dell’Azienda U.S.L. Lanciano Vasto l’obbligo di pagare tutte le somme spese, sempre a far data dal 1° marzo 1998, per le cure farmacologiche e le altre prestazioni di tipo sanitario (in specie, l’attività di assistenza e sorveglianza) svolte in favore della malata.

Le somme da versarsi, rispettivamente dal Comune di Fossacesia e dall’Azienda U.S.L. Lanciano Vasto, integrano debiti di valuta, in relazione ai quali debbono pertanto applicarsi i noti principi giurisprudenziali che escludono, per siffatto tipo di debiti, il cumulo di interessi e rivalutazione monetaria: è, invero, tesi uniformemente condivisa che, nelle obbligazioni di valuta, la liquidazione del danno da ritardato pagamento trova un limite nel divieto di cumulo di rivalutazione ed interessi, sicché questi ultimi non possono essere applicati sulle somme già rivalutate (cfr., ex multis, Cass. civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 27747;
id., 24 settembre 2002, n. 13906). Pertanto, in relazione alla domanda dell’odierno ricorrente di corresponsione di interessi e rivalutazione sulle somme ad esso spettanti, escluso – come detto – il cumulo di tali due voci, si deve procedere, alla stregua delle indicazioni fornite sul punto dalla più recente giurisprudenza (Cass. civ., Sez. III, 28 giugno 2006, n. 14975), provvedendo all’integrale rivalutazione dei crediti: rivalutazione che si sostituisce al danno presunto costituito dagli interessi legali ed è idonea, quale espressione del danno complessivo sofferto in concreto, a coprire l’intera area dei danni subiti dal creditore. Ne consegue che solo dalla data di liquidazione dei crediti, debitamente attualizzati a tale data attraverso la loro rivalutazione (eseguita dal Comune di Fossacesia e dall’Azienda U.S.L. di Lanciano Vasto, ciascuno sulle somme al cui pagamento è tenuto), spetteranno all’Ente ricorrente, sulle somme così rivalutate e fino al soddisfo, gli interessi legali.

Quanto, infine, alla liquidazione delle spese ed onorari di causa, il Collegio ravvisa la sussistenza di giusti motivi per disporre la compensazione di dette spese, a causa della complessità delle questioni trattate.

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