TAR Firenze, sez. III, sentenza 2014-03-12, n. 201400481

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. III, sentenza 2014-03-12, n. 201400481
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201400481
Data del deposito : 12 marzo 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00561/2012 REG.RIC.

N. 00481/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00561/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 561 del 2012, proposto da:
T S e T M, rappresentati e difesi dagli avv.ti C B e C S, ed elettivamente domiciliati presso quest’ultima in Firenze, via G. Richa n. 56;

contro

Comune di Firenze, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv. F D S e A M, ed elettivamente domiciliato in Firenze, Palazzo Vecchio - piazza Signoria;
Comune di Firenze, Direzione Nuove Infrastrutture e Mobilità Servizio Viabilità, in persona del Dirigente p.t., non costituito;

nei confronti di

Donatella Migliori, non costituita;

per l'annullamento

e per la declaratoria di illegittimità

a) del provvedimento del 14.03.2012 (prot. n. 36411 del 15.03.2012), successivamente comunicato, avente ad oggetto <<Cedimento della copertura del vano interrato afferente ai fondi posti in via Mariti 7/R e via Mariti 19/21/R>>, a firma del Dirigente del Servizio Viabilità del Comune di Firenze, con la quale viene intimato alla Sig.ra T S ed al Signor T M di provvedere <<con ogni urgenza>>
al ripristino della fiunzionalità del <<marciapiede comunale davanti ai fondi posti in via Mariti ai numeri 7/R e 19/21/R>>, nonchè di procedere alle <<dovute verifiche sugli ulteriori tratti di marciapiede caratterizzati dalla presenza dei succitati vani interrati al fine di un eventuale complessivo ripristino dei luoghi>>;

b) nonchè, per quanto occorrer possa, dell'ordinanza del Comune di Firenze del 14.12.1984, mai notificata ai ricorrenti ma richiamata per relationem dal provvedimento sub a), in particolare nella parte in cui dovesse essere interpretata nel senso di ritenere il marciapiede non di proprietà comunale;

c) delle risultanze ignote di cui al sopralluogo del 14.03.2012 effettuate da non meglio precisati tecnici del Comune di Firenze;

d) di tutti gli atti presupposti, necessari, connessi e conseguenti - ivi compresi quelli a carattere generale e di contenuto incognito - che possono aver dato luogo ai provvedimenti impugnati, mai conosciuti e/o comunicati a chi ricorre;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 marzo 2013 il dott. Eleonora Di Santo e uditi per le parti i difensori A. Domenicali delegato da C. Benelli e A. Minucci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso indicato in epigrafe, i Sigg.ri T S e T M, in qualità di proprietari di vani interrati facenti parte di un edificio situato in Firenze, Via Mariti 9/A e 9/C, hanno convenuto in giudizio il Comune di Firenze, chiedendo l'annullamento, previa sospensione, del provvedimento prot. 36411 del 15 marzo 2012, avente ad oggetto: "Cedimento della copertura di vano interrato afferente ai fondi posti in Via Mariti 7R e Via Mariti 19/21/R” .

Con il medesimo ricorso i predetti hanno impugnato anche l'ordinanza del Comune di Firenze del 14 dicembre 1984, con la quale era stato ordinato al loro dante causa, Sig. M M, di procedere alla rimozione dei pannelli in vetro-cemento posti a servizio dei fondi stessi, nonché gli atti presupposti, connessi e conseguenti.

Il provvedimento del 15 marzo 2012 veniva adottato sulla base di “un sopralluogo congiunto effettuato in data 14.3.2012” dal quale era “emerso che il marciapiede comunale davanti ai fondi posto … risulta essere costituito dalla copertura di vani interrati afferenti ai fabbricati … e che tale copertura sta cedendo causando l’impossibilità di utilizzo del marciapiede stesso” . Si aggiungeva, inoltre, che “i suddetti vani interrati risultavano essere utilizzati tramite copertura in pannelli di vetro-cemento come fonte di luce per i vani interrati” , pannelli di cui era stata richiesta – con intimazione del 14 dicembre 1984 dell’allora Assessore alla Polizia – la rimozione “e il ripristino del marciapiede a carico del proprietario” . E, pertanto, visti “gli obblighi derivanti dalla proprietà dei vani in ordine alla fruibilità in piena sicurezza del marciapiede” si chiedeva “al proprietario di provvedere con ogni urgenza al ripristino della funzionalità del marciapiede in questione entro e non oltre 30 gg. dal ricevimento della presente ricordando a tal proposito le sanzioni applicabili alla ... proprietà e le eventuali connesse responsabilità” . Allo stesso tempo, in considerazione della citata nota del 14 dicembre 1984, si richiedeva “di procedere alle dovute verifiche sugli ulteriori tratti di marciapiede caratterizzati dalla presenza dei succitati vani interrati al fine di un eventuale complessivo ripristino dei luoghi” .

Queste le deduzioni formulate a sostegno del gravame:

1) sarebbe stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento, senza che siano state specificate le ragioni dell’urgenza che consentirebbero di prescindere dalla partecipazione procedimentale degli interessati;
né sarebbe dato di comprendere perché debba essere imposto a un privato proprietario di un immobile sottostante al marciapiede comunale di via Mariti di ripristinare con la massima solerzia e sollecitudine la funzionalità di quest’ultimo, nonché “di procedere alle dovute verifiche sugli ulteriori tratti di marciapiede caratterizzati dalla presenza dei succitati vani interrati al fine di un eventuale complessivo ripristino dei luoghi” , senza comunque garantire un confronto fra la parte pubblica e quella privata;

2) non si comprenderebbe il motivo per cui un privato possa essere obbligato, con provvedimento della P.A., a ripristinare la funzionalità di un marciapiede comunale, né dal provvedimento impugnato emergerebbe la fonte normativa di rango primario dalla quale deriverebbe il potere esercitato nel caso di specie, con conseguente violazione dei principi tipici di legalità e tipicità discendenti dagli artt. 23 e 98 Cost.;

3) tenuto conto che i pannelli in vetro-cemento furono rimossi dal precedente proprietario per specifica volontà dell’Amministrazione e che il marciapiede fu ripristinato, la gestione e la conservazione dello stesso così ripristinato sarebbe tornata pienamente a carico dell’Amministrazione comunale;
conseguentemente il Comune non avrebbe svolto una adeguata istruttoria per comprendere se le crepe o i danneggiamenti sul marciapiede siano o meno diretta conseguenza dell’opera del privato;
sarebbe, infatti, presumibile che, al momento della rimozione dei pannelli in vetro-cemento, sia stato innanzitutto predisposto un adeguato zoccolo del soffitto dei locali sottostanti il marciapiede e, sopra a questo, steso il manto necessario all’utilizzo pubblico del marciapiede medesimo;
di talchè, ove l’Amministrazione avesse predisposto un’adeguata perizia tecnica per rappresentare correttamente lo stato dei luoghi con accesso sia nei vani sottostanti, sia un sopralluogo e saggi sulla parte soprastante, i ricorrenti avrebbero potuto chiaramente comprendere a chi spettasse concretamente l’obbligo di eseguire tali lavori;
infatti, ciò che il Comune definisce “ripristino della funzionalità del marciapiede” dovrebbe essere una diretta conseguenza logica dell’opera del privato affinchè possa legittimamente sorgere in capo a quest’ultimo un obbligo di intervenire e, comunque, di attivarsi in vista di una restituito ad integrum ;
inoltre, anche a voler ammettere la sussistenza di tale nesso eziologico, l’Amministrazione comunale avrebbe comunque azionato un potere autoritativo nei confronti dei ricorrenti, arrogandosi una pretesa – relativa ad un facere – extracontrattuale e, per di più, senza avvalersi degli ordinari strumenti civilistici;

4) genericità e indeterminatezza del provvedimento impugnato, non essendo state indicate le modalità attraverso le quali provvedere al ripristino della funzionalità del marciapiede;

5) l’intimazione del 14 dicembre 1984 sarebbe inefficace nei confronti dei ricorrenti in quanto agli stessi mai notificata e, comunque, erroneamente ritenuta ancora efficace tenuto conto che alla stessa si era già ottemperato.

Si è costituito il Comune di Firenze che ha controdedotto.

2. Il ricorso è fondato.

La parte motiva del provvedimento impugnato, datato 15 marzo 2012, si limita a:

a) richiamare gli accertamenti effettuati in loco il 14 marzo 2012 da cui sarebbe emerso il cedimento del marciapiede comunale antistante i fondi posti ai nn.cc. 7/R e 19/21R di Via Mariti, avente funzione di copertura dei vani interrati sottostanti;

b) richiamare l’intimazione effettuata in data 14 dicembre 1984, con cui veniva richiesto all’allora proprietario dei vani interrati di rimuovere i pannelli in vetro-cemento che fungevano da copertura e fonte di luce dei vani stessi e a ripristinare il marciapiede;

c) richiedere agli odierni ricorrenti di ripristinare la funzionalità del marciapiede, trattandosi di un obbligo gravante sugli stessi in quanto proprietari dei vani interrati in questione.

Né può darsi ingresso a una inammissibile integrazione postuma della motivazione asserendosi (cfr. il “rapporto della Direzione Nuove Infrastrutture e Mobilità prot. 5946” del 4 maggio 2012, nonché le memorie difensive dell’Amministrazione comunale) che gli odierni ricorrenti sarebbero titolari di una concessione di occupazione di (sotto)suolo pubblico e, pertanto, ai sensi dell’art. 12 del vigente “Regolamento comunale per l’applicazione del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche” , risulterebbero obbligati a “utilizzare lo spazio o aree concesse solo per l’uso previsto nel provvedimento curandone la manutenzione al fine di non limitare diritti di terzi e non arrecare danni ai medesimi” .

Infatti, la cd. integrazione postuma della motivazione, per giurisprudenza consolidata, resta inammissibile anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 15/2005, che ha introdotto la cd. dequotazione dei vizi formali del provvedimento, costituendo il divieto della cd. integrazione postuma della motivazione un presidio ineludibile a tutela del buon andamento amministrativo e dell’esigenza di delimitazione del controllo giudiziario (cfr., ex multis, Cons. St., VI, 19 agosto 2009, n. 4993).

Circoscritta, pertanto, nei sensi suindicati la portata motivazionale del provvedimento impugnato, lo stesso, ancorchè connotato da profili di pregnante discrezionalità tecnica, risulta adottato senza l’osservanza delle garanzie partecipative di cui agli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990.

Ciò in quanto, da un lato, è stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento culminato con l’adozione del provvedimento impugnato, e, dall’altro, nessuno dei ricorrenti risulta aver partecipato o è stato messo in condizione di partecipare al sopralluogo del 14 marzo 2012 – di cui, peraltro, non costa la redazione di alcun verbale - le cui risultanze sono state poste a fondamento del provvedimento stesso.

Infatti, quanto sostenuto a riguardo dall’Amministrazione comunale, e cioè che il sopralluogo del 14 marzo 2012 si sarebbe svolto alla presenza del sig. T M, odierno ricorrente, sembrerebbe sconfessato dalla certificazione medica prodotta dai ricorrenti da cui emerge che il sig. T M, proprio in data 14 marzo 2012, è stato ricoverato presso il centro “Don Gnocchi” di Firenze, ivi permanendo fino al successivo 8 maggio 2012, né comunque l’Amministrazione comunale è stata in grado di dimostrare quanto dalla stessa asserito, risultando viceversa che “al momento del sopralluogo non si è proceduto all’identificazione della persona presente” , come emerge dalla dichiarazione rilasciata a verbale dalla stessa Avvocatura comunale nel corso della camera di consiglio del 10 maggio 2012.

Né sono state specificate le ragioni dell’urgenza che avrebbero consentito di prescindere dalla partecipazione procedimentale degli interessati (cfr., Cons. St., sez. V, 10 gennaio 2013, n. 91).

Le considerazioni che precedono non consentono di porre a fondamento del provvedimento impugnato le risultanze dell’accertamento del 14 marzo 2012 e, conseguentemente, a fronte dell’impianto motivazionale del provvedimento impugnato, non può ritenersi fornita alcuna prova che i cedimenti del marciapiede asseritamente rilevati siano dipesi dalla cattiva esecuzione dei lavori di copertura dei vani interrati effettuati a seguito dell’intimazione datata 14 dicembre 1984, piuttosto che dall’ordinaria usura derivante dal pubblico passaggio con conseguente obbligo del Comune di provvedere alla ordinaria manutenzione dello stesso.

Ciò posto, l'art. 21 octies comma 2, l. n. 241 del 1990, ai sensi della quale l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento non può condurre all'annullamento del provvedimento finale ove emerge che quest'ultimo non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato, può trovare applicazione unicamente nei casi in cui tale contenuto sia vincolato o in cui risulti che palesemente lo stesso non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, in quanto inevitabile nella sua parte dispositiva. Laddove, invece, come nel caso di specie, deve procedersi ad un accertamento della sussistenza di una violazione sulla base di criteri non automatici, ma previa valutazione della valenza di determinate condotte, il carattere discrezionale del provvedimento finale esclude che possa trovare applicazione la possibilità di sanatoria dei vizi formali del procedimento prevista dal citato art. 21 octies (cfr., T.A.R. Lazio, Sez. II, 8 febbraio 2012, n. 1230).

La rilevata mancanza procedimentale si riflette, dunque, sulla legittimità dell'impugnato provvedimento, che, pertanto, va caducato, con assorbimento degli ulteriori motivi di gravame.

In aderenza ad un autorevole orientamento giurisprudenziale, va, infatti, riconosciuto il principio del carattere necessariamente assorbente della censura volta a far valere il mancato invio della comunicazione in discorso, nel senso che l'accoglimento di essa inibisce l'esame delle altre eventuali censure, stante l'invalidità dell'istruttoria svoltasi in carenza della comunicazione stessa (cfr., Cons. St., Sez. VI, 1° settembre 2000, n. 4649).

3. Il ricorso va, pertanto, accolto, con assorbimento dei profili di doglianza non esaminati, e, per l’effetto, va annullato il provvedimento con lo stesso impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

4. Quanto alle spese di giudizio, le stesse seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

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