TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2018-07-02, n. 201807326

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2018-07-02, n. 201807326
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201807326
Data del deposito : 2 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/07/2018

N. 07326/2018 REG.PROV.COLL.

N. 02980/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2980 del 2018, proposto da C B, rappresentato e difeso personalmente ex art. 23 c.p.a., con domicilio eletto presso il proprio studio in Roma, via Nizza, n. 45;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato R M, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura comunale in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21

per

per l’accertamento del diritto del ricorrente di accedere ai documenti richiesti con istanza presentata in data 8 gennaio 2018, con conseguente ordine a Roma Capitale di esibizione ai sensi dell’art. 116 c.p.a..


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2018 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, l’avvocato C B ha agito ai fini del riconoscimento della pretesa ad exhibendum in relazione all’istanza presentata all’amministrazione di Roma Capiatale in data 8 gennaio 2018, con conseguente ordine a Roma Capitale di assicurare l’ostensione ai sensi dell’art. 116 c.p.a..

2. Il ricorrente ha premesso che la richiesta è correlata al patrocinio prestato, in qualità di avvocato, in favore dei Sig.ri Alteo e Filippo Paolucci, relativamente ad una procedura esecutiva immobiliare (risalente al 1994). Dalla documentazione prodotta in giudizio emerge che, nell’ambito della suddetta procedura, avente ad oggetto il terreno in proprietà del debitore degli assistiti dell’avvocato B, l’amministrazione comunale ha proposto opposizione ex art. 619 c.p.c., a motivo dell’acquisizione del bene al proprio patrimonio in conseguenza dell’inottemperanza ad una ordinanza di demolizione, adottata nel 1993. In base a quanto desumibile dalla esposizione contenuta nel ricorso introduttivo del presente giudizio, la richiesta di accesso è da porre in rapporto ad asseriti ritardi dell’amministrazione nel frazionamento del terreno oggetto della procedura esecutiva e nella trascrizione nei registri immobiliari dell’acquisizione, alla quale sarebbero correlate implicazioni pregiudizievoli per i creditori assistiti dal ricorrente in quel procedimento.

3. Nello specifico, l’istanza di accesso, formulata con un generico riferimento al d. lgs. n. 33 del 2013, al d. lgs. n. 97 del 2016, nonché alla l. n. 241 del 1990, ha avuto ad oggetto: a) l'indicazione del responsabile del procedimento di frazionamento e trascrizione ai fini dell'esecuzione del provvedimento di acquisizione prot 1141 del 13 gennaio 1993 alla data odierna;
b) l'indicazione del responsabile del procedimento di frazionamento e trascrizione ai fini dell'esecuzione del provvedimento di acquisizione prot 1141 del 13 gennaio 1993 allo stato attuale;
c) trasmissione della denuncia, per il reato di cui all'art 328 c.p.c (ed ogni altro reato ravvisabile) formulata dal Comune di Roma nei confronti di chiunque abbia provveduto alla trascrizione e comunque all'esecuzione del detto provvedimento prot. 1141 del 13 gennaio 1993;
d) la trasmissione dei provvedimenti disciplinari adottati nei confronti di chiunque non abbia provveduto alla trascrizione e comunque esecuzione del detto provvedimento prot. 1141 del 13 gennaio 1993;
e) l'indicazione del responsabile del procedimento avente ad oggetto l’accesso agli atti amministrativi.

4. A sostegno della pretesa azionata, il ricorrente ha sintetizzato alcune delle disposizioni in materia di accesso, ordinario e civico, c.d. semplice e generalizzato.

5. Il Comune di Roma Capitale si è costituito in giudizio per resistere al gravame, rappresentando che, in esito agli approfondimenti resisi necessari a motivo delle generiche indicazioni fornite dal ricorrente, l’intero fascicolo riferito al procedimento di acquisizione del terreno è stato messo a disposizione dell’avvocato B, con ritiro di copia da parte di un delegato del medesimo in data 22 marzo 2018. Su tali basi, nel rimarcare l’inammissibilità della richiesta nella parte in cui non sono stati richiesti atti bensì formulati quesiti in relazione a profili estranei all’ambito di operatività dell’accesso nelle sue varie declinazioni, l’amministrazione comunale ha, dunque, concluso per la declaratoria di cessazione della materia del contendere ovvero di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse.

6. Con memoria depositata in data 17 maggio 2018, il ricorrente ha articolato deduzioni in replica, insistendo per l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione e reiterando le domande già proposte.

7. Alla camera di consiglio del 5 giugno 2018 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

8. Il ricorso non merita accoglimento.

9. Il Collegio evidenzia che l’istanza di accesso presentata dal ricorrente reca riferimenti del tutto generici tanto alla l. n. 241 del 1990 quanto ai decreti legislativi n. 33 del 2013 e n. 97 del 2016, senza peraltro alcuna specificazione in ordine alla duplice fattispecie prevista dall’art. 5 del d. lgs. n. 33 del 2013 s.m.i., rispettivamente al comma 1 ed al comma 2, segnatamente riferiti all’accesso civico che si sostanzia nell’obbligo di pubblicazione ed all’accesso civico generalizzato, introdotto con il d. lgs. n. 97 del 2016.

9.1. Il Collegio ritiene, pertanto, imprescindibile una illustrazione delle diverse tipologie di accesso agli atti amministrativi previste nel nostro ordinamento

10. A seguito dell’introduzione, con il d. lgs. n. 97 del 2016 (sulla base della delega di cui all’art. 7, comma 1, lett. h della legge n. 124 del 2015), dell’accesso civico generalizzato (art. 5 co.2 del d.lgs. n. 33/2013), la tutela della trasparenza dell’azione amministrativa risulta rafforzata ed arricchita attraverso una disciplina che si aggiunge a quella che prevede gli obblighi di pubblicazione (articoli da 12 e ss. del d.lgs. n. 33 del 2013) e alla più risalente disciplina di cui agli articoli 22 e ss. della l. n. 241 del 1990 in tema di accesso ai documenti.

10.1. Accanto, quindi, all’accesso tradizionale, collegato alle specifiche esigenze del richiedente e caratterizzato dalla connotazione strumentale agli interessi individuali dell’istante, posto in una posizione differenziata rispetto agli altri cittadini che legittima il diritto di conoscere e di estrarre copia di un documento amministrativo, si è dapprima introdotto l’accesso civico c.d. “semplice”, imperniato su obblighi di pubblicazione gravanti sulla pubblica amministrazione e sulla legittimazione di ogni cittadino a richiederne l’adempimento e, poi, l’accesso civico generalizzato, azionabile da chiunque, senza previa dimostrazione circa la sussistenza di un interesse concreto e attuale in connessione con la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e senza alcun onere di motivazione della richiesta, al precipuo scopo di consentire una pubblicità diffusa ed integrale in rapporto alle finalità esplicitate dall’art. 5, comma 2 del d. lgs. n. 33 del 2013.

10.2. Pur condividendo lo stesso tipo di tutela processuale, già da quanto sopra esposto, si comprende la significativa differenza tra accesso ai documenti ed accesso civico, semplice e generalizzato, consentendo il primo una ostensione più approfondita ed il secondo, ove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire una conoscenza più estesa ma meno approfondita, l’accesso ad una larga diffusione di dati documenti e informazioni, fermi i limiti ,che di seguito si andranno ad evidenziare, posti a salvaguardia di interessi pubblici e privati suscettibili di vulnerazione. Emblematica di tale diversità è, del resto, la constatazione che mentre la legge 241/1990 esclude espressamente l'utilizzabilità del diritto di accesso per sottoporre l'amministrazione a un controllo generalizzato, il diritto di accesso generalizzato è riconosciuto proprio « allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico ».

10.3. Né vanno trascurate le differenti tecniche di bilanciamento degli interessi, affidate, nell’impianto definito dagli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 1990, al combinato disposto della disciplina primaria e di quella secondaria, costituita dai regolamenti di cui all’art. 24 del medesimo testo legislativo, con i quali possono essere individuate le tipologie di atti sottratti all’accesso, ove, per contro, con riferimento all’accesso civico generalizzato, la fonte primaria non reca prescrizioni puntuali – individuando una classificazione interessi, pubblici (art. 5 bis, comma 1) e privati (art. 5 bis, comma 2) suscettibili di determinare una eventuale esclusione dell’accesso, cui si associano i casi di divieto assoluto ( art. 5 bis, comma 3) – rinviando ad un atto amministrativo non vincolante (linee guida ANAC, adottate d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali) quanto alla precisazione dell’ambito operativo dei limiti e delle esclusioni dell’accesso civico generalizzato (Linee guida Anac in materia di accesso civico di cui alla Deliberazione n. 1309 del 28 dicembre 2016, recante indicazioni operative e le esclusioni e i limiti all'accesso civico generalizzato, adottata dall’ANAC d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata in base all’art. 5 bis, comma 6 del decreto trasparenza).

10.4. Giova precisare, altresì, sul piano procedurale, che nei casi di diniego parziale o totale all’accesso o in caso di mancata risposta allo scadere del termine per provvedere, contrariamente a quanto dispone la legge 241/1990, non si forma silenzio rigetto, ma il cittadino può attivare la speciale tutela amministrativa interna davanti al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza formulando istanza di riesame, alla quale deve essere dato riscontro entro i termini normativamente prescritti. Tale procedura di tutela amministrativa interna trova radice proprio nell’esigenza di assicurare al cittadino una risposta, chiara e motivata, attraverso uno strumento rapido e non dispendioso, con il coinvolgimento di un soggetto, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che svolge un ruolo fondamentale nell’ambito della disciplina di prevenzione della corruzione e nell’attuazione delle relative misure. L’assenza di una tipizzazione legislativa del silenzio, infatti, implica l’onere per l’interessato di contestare l’inerzia dell’amministrazione attivando lo specifico rito di cui all’art. 117 c.p.a. e, successivamente, in ipotesi di diniego espresso, ai dati o documenti richiesti, il rito sull’accesso ex art. 116 c.p.a.

11. Chiarito il quadro della disciplina di riferimento, il Collegio non può che evidenziare, in considerazione della domanda di accertamento del diritto a conoscere formulata dal ricorrente e delle conseguenti pretese dal medesimo avanzate, l’assenza dei presupposti prescritti per la stessa ammissibilità dell’accesso, sia ordinario che civico, generalizzato e non (c.d. accesso civico “semplice”).

11.1. Quanto all’accesso ordinario, in disparte il profilo correlato alla esaustiva e chiara indicazione degli elementi idonei a fondare la legittimazione, il Collegio reputa sufficiente evidenziare che l’accesso ordinario, per univoca giurisprudenza (il che esime da citazioni specifiche) ha ad oggetto documenti amministrativi, dovendosi, pertanto, escludere, come sopra esposto, che, attraverso detto istituto, possano trovare ingresso richieste finalizzate ad un controllo generalizzato dell’operato dell’amministrazione, tanto più quando, come nella fattispecie, non consti neanche l’esistenza di gran parte dei documenti richiesti dal ricorrente, i cui estremi, infatti, non sono stati dal medesimo indicati né, in qualche modo, resi identificabili. E, invero, non può che convenirsi con la difesa dell’amministrazione comunale, quanto all’inammissibilità di richieste che si risolvano, nella sostanza, in formulazione di quesiti. Del resto, avverso le pretese omissioni dell’amministrazione, l’ordinamento prevede specifici strumenti di tutela che avrebbero potuto essere azionati dall’interessato, al ricorrere dei relativi presupposti. A ciò aggiungasi che non è in contestazione che l’amministrazione abbia provveduto, a seguito della integrazione della richiesta originaria da parte del ricorrente, ad assicurare l’ostensione al fascicolo relativo al procedimento di acquisizione nella sua integralità, dovendosi, pertanto, ritenere che non residuino atti ulteriori nella disponibilità dell’amministrazione.

11.2 Né vengono il rilievo atti, dati ovvero informazioni per le quali sussista un obbligo di pubblicazione, risultando, sul punto, del tutto generiche le deduzioni del ricorrente, sia tenuto conto della risalenza della procedura acquisitiva sia, soprattutto, tenuto conto dell’ovvia constatazione che la pubblicazione postula l’esistenza degli atti richiesti.

11.3. Del pari, manca in radice anche il presupposto fondamentale per l’ammissibilità dell’accesso civico generalizzato.

11.4. E, infatti, prima ancora degli interessi declinati nell’art. 5 bis del d. lgs. n. 33 del 2013, devono essere valorizzate in chiave selettiva e delimitativa dell’accesso civico generalizzato le finalità per le quali tale strumento è stato previsto dal legislatore esplicitate, come sopra esposto, nell’art. 5 comma 2 del medesimo testo normativo attraverso il riferimento all’obiettivo di favorire forme diffuse di controllo sul “ perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico ”.

11.5. Per quanto, infatti, la legge non richieda l’esplicitazione della motivazione della richiesta di accesso, deve intendersi implicita la rispondenza della stessa al soddisfacimento di un interesse che presenti una valenza pubblica e non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale, egoistico o peggio emulativo che, lungi dal favorire la consapevole partecipazione del cittadino al dibattito pubblico, rischierebbe di compromettere le stesse istanze alla base dell’introduzione dell’istituto.

11.6. Emerge con immediatezza dalla lettura delle previsioni normative sopra indicate, che: a) l’accesso ai “ dati e documenti” può riguardare esclusivamente dati e documenti “detenuti” dall’amministrazione;
b) l’accesso ha la finalità di “ favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico ” sicché sono oggetti di accesso generalizzato esclusivamente documenti attinenti a tali finalità;
c) l’accesso non può prescindere dal rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis.

11.7. Orbene, quanto al primo di detti presupposti, va evidenziato che non consta che l’amministrazione abbia la disponibilità di dati ulteriori rispetto a quelli già forniti al richiedente, il quale, infatti, non è stato in grado di fornire neanche un elemento, sia pure di carattere indiziario, circa l’eventuale adozione di provvedimenti sanzionatori disciplinari ovvero in ordine all’eventuale redazione e trasmissione di una denuncia di reato.

11.8. Si evidenzia, inoltre, che nella fattispecie viene in rilievo un procedimento (quello di acquisizione di un bene al patrimonio comunale in conseguenza dell’inottemperanza ad un ordine di demolizione) risalente a decenni addietro (precisamente al 1993), rispetto al quale non è dato comprendere, né sono state esplicitate dal ricorrente, le finalità pubbliche sottese alla richiesta, per come esplicitate nelle previsioni normative sopra richiamate. E, invero, a prescindere dalla copiosa (per stessa ammissione del ricorrente) documentazione contenuta nel fascicolo del quale è stata finanche estratta copia, non è dato cogliere neanche una correlazione (con precipuo riferimento ai supposti provvedimenti disciplinari ed alla supposta denuncia di reato) con la procedura di esecuzione forzata cui il ricorrente ha fatto riferimento.

12. Il Collegio ritiene di poter prescindere, alla luce di quanto sopra esposto, da ulteriori considerazioni segnatamente riferite al coinvolgimento di eventuali controinteressati, limitandosi a rilevare che l’art.5, comma 5 del d. lgs. n. 33 del 2016 s.m.i., analogamente a quanto previsto dall’art. 3 del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, dispone che “ fatti salvi i casi di pubblicazione obbligatoria, l'amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 2,d.lgv. cit. è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione ” ai fini della eventuale opposizione. Ciò senza considerare che anche nella forma di accesso più penetrante, quale quella disciplinata dagli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 1990, l’accesso ai dati sensibili e giudiziari è consentito, ai sensi dell’art. 24, comma 7, nei limiti in cui sia strettamente indispensabile ai fini della tutela in rapporto alla quale detto accesso è strumentale. Ed è appena il caso di soggiungere che gli obblighi di tutela dei dati personali sono oggi ancor più pregnanti dopo l’entrata in vigore degli artt. 5, 6 e ss. del Regolamento UE 2016/679, con il quale è stata, tra l’altro rafforzata l’efficacia delle misure già previste dal d.lgs. n.196 del 2003.

13. In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso va rigettato.

14. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo.

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