TAR Firenze, sez. III, sentenza 2023-06-19, n. 202300604
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Pubblicato il 19/06/2023
N. 00604/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00059/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 59 del 2022, proposto da
-O-, rappresentato e difeso dagli avvocati R A e M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Carrara, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati S F e L F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero della Cultura, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex lege in Firenze, via degli Arazzieri 4;
nei confronti
-O-, -O-, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento prot. -O- in data -O- a firma Dirigente del Settore Urbanistica/SUAP del Comune di Carrara e ricevuta con pec inviata ai sottoscritti difensori del Signor -O- in pari data, avente ad oggetto rigetto dell’istanza di annullamento in autotutela del Signor -O- in merito alla SCIA n. -O- presentata dalla Signora -O- in data -O- ex art. 21 nonies L. 241/1990 per i lavori effettuati nel Comune di Carrara nell’immobile di Via -O- e, in ogni caso, rifiuto di avviare il relativo procedimento sanzionatorio di annullamento della SCIA, nonché di ogni atto preparatorio, presupposto, conseguente e/o connesso e, segnatamente:
- della SCIA n. -O- presentata dalla Signora -O- -O-;
- della determina n. -O- del -O- del Dirigente del Settore Urbanistica e Suap del Comune di Carrara con la quale stata annullata la determina n. -O- del -O- di annullamento della predetta SCIA;
- per quanto possa occorrere della nota in data -O- prot. n. -O- del Comune di Carrara con la quale è stata disposta la chiusura del procedimento sanzionatorio;
- per quanto possa occorrere, della nota -O- prot. -O- con la quale il Comune Carrara informava il Signor -O- che il procedimento si era concluso e che avrebbe potuto avere conoscenza delle relative motivazioni della conclusione del procedimento mediante richiesta di accesso agli atti;
- di tutti gli atti connessi, precedenti e conseguenti e/o comunque connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Carrara e del Ministero della Cultura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 maggio 2023 il dott. P G;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor -O- è proprietario del primo piano e di una porzione del pianterreno di un edificio residenziale a due piani sito in Carrara, alla via -O-. La restante porzione del pianterreno è stata fino al 21 giugno 2021 di proprietà della signora -O-, la quale ha poi donato il bene alla figlia signora -O-.
Il ricorrente espone che, con C.I.L.A. del -O-, la signora -O- aveva comunicato l’avvio di lavori interni al proprio immobile. Nondimeno, l’intervento avrebbe altresì comportato la alterazione dei prospetti tramite modifica delle aperture (sul prospetto sud-est, realizzazione di due finestre in luogo di una porta finestra con due finestre ai lati;sul prospetto nord-ovest, eliminazione di due finestre e realizzazione di una porta finestra;sul prospetto sud-ovest, chiusura di una porta finestra;su tutte le finestre, montaggio di persiane in luogo delle preesistenti tapparelle). La situazione sarebbe stata rappresentata al Comune dal tecnico di fiducia del signor -O-, con l’ausilio di materiale fotografico, il 4 -O-.
-O-, la signora -O- ha presentato la S.C.I.A. n. -O- relativa ad opere di ristrutturazione edilizia conservativa che, secondo il ricorrente, avrebbe avuto il solo scopo di legittimare a posteriori l’intervento già eseguito senza titolo sui prospetti.
Sollecitato dal signor -O-, il Comune di Carrara ha verificato la corrispondenza tra le opere eseguite e quelle descritte nella segnalazione certificata di inizio di attività. Quindi, nell’ambito del procedimento penale occasionato da un esposto dello stesso signor -O-, la Polizia Locale delegata allo svolgimento delle indagini ha accertato che, effettivamente, la modifica delle finestrature dell’immobile di proprietà -O- era avvenuta prima della presentazione della S.C.I.A..
Archiviato il procedimento penale, l’odierno ricorrente ha dapprima sollecitato il Comune e la locale Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio ad adottare le misure repressive del caso, per poi formulare, con nota dell’-O-, istanza di accesso agli atti del procedimento sanzionatorio e, contestualmente, di annullamento in autotutela della S.C.I.A. dell’-O-.
L’istanza è stata respinta dal Comune con provvedimento del -O-, ove si rappresentava all’interessato che:
- con determina dirigenziale n. -O- del -O-, la S.C.I.A. n.-O- della signora -O- era stata annullata sulla scorta delle indagini penali condotte dalla Polizia Locale e sul presupposto della falsità delle dichiarazioni rese dalla segnalante e dal progettista a supporto della segnalazione certificata;
- pertanto era stato avviato nei confronti della signora -O- un procedimento sanzionatorio a fronte della realizzazione di opere senza permesso di costruire in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e idrogeologico;
- con nuova determina n. -O- del -O-, successiva all’intervenuta archiviazione del procedimento penale a carico della signora -O-, la determina n. -O- di annullamento della S.C.I.A. era stata a sua volta annullata, stante l’impossibilità di stabilire se tutte le opere fossero state realizzate anteriormente alla presentazione della S.C.I.A..
1.1. Tanto premesso, il signor -O- impugna la predetta determina n. -O- unitamente al diniego di annullamento della S.C.I.A. n.-O- di cui al provvedimento comunale del -O-, e ne chiede l’annullamento sulla scorta di cinque motivi in diritto.
1.2. Resiste al gravame il Comune di Carrara, mentre non si sono costituite in giudizio le controinteressate -O- e -O-.
Spiega difese solo formali il Ministero della Cultura.
1.3. La causa è stata trattenuta per la decisione sulla base degli atti nell’udienza del 3 maggio 2023, preceduta dallo scambio di documenti, memorie difensive e repliche ai sensi dell’art. 73 c.p.a..
2. Il ricorrente signor -O- si duole degli interventi eseguiti dalla controinteressata -O- sull’unità abitativa posta al pianterreno dell’edificio sito in Carrara alla via -O- e consistiti nella modifica delle finestrature, con interessamento dei prospetti.
A fronte dell’intervento, la signora -O- ha presentato la S.C.I.A. n.-O-, in un primo momento annullata d’ufficio dal Comune con determina n. -O-, la cui motivazione riposava sulla falsità delle dichiarazioni rese dalla segnalante e dal professionista asseveratore. Come si legge nel provvedimento, dalle indagini di polizia giudiziaria esperite a seguito dell’esposto indirizzato alla Procura della Repubblica di -O- dal signor -O-, era infatti emerso che le modifiche alle finestrature dell’appartamento di proprietà della signora -O- risalivano a data anteriore alla presentazione della S.C.I.A., corredata di una rappresentazione dello stato dell’immobile diversa da quella reale.
La determina di “annullamento” della S.C.I.A. ( rectius : esercizio dei poteri di cui all’art. 19 co. 4 della legge n. 241/1990, in presenza delle condizioni previste dall’art 21- nonies della stessa legge n. 241/1990) è stata a sua volta annullata d’ufficio con la determina n. -O-, che muove dall’archiviazione del procedimento penale a carico della signora -O-, nonché dalla dichiarazione sostitutiva resa da quest’ultimo in ordine all’epoca di realizzazione dei lavori. Alla luce di tali elementi, il Comune ha concluso di non poter accertare se tutte le opere fossero state realizzate anteriormente al deposito della S.C.I.A.
Della sequenza di iniziative adottate dal Comune di Carrara, il ricorrente ha appreso nel momento in cui si è visto respingere, con provvedimento del -O-, l’istanza finalizzata a ottenere l’annullamento della S.C.I.A. n.-O- e l’accesso agli atti e provvedimenti relativi all’immobile (allora) di proprietà della signora -O-.
2.1. Alla citata determina n. -O- sono dedicati i primi tre motivi di ricorso, rubricati sub A).
Con il primo motivo, si afferma che entrambi i presupposti assunti a base del provvedimento sarebbero errati e, in ogni caso, non avrebbero potuto inficiare il già disposto annullamento della S.C.I.A..
In particolare, l’anteriorità dell’intervento sulle facciate dello stabile sarebbe stato accertato con verbale di polizia giudiziaria, né l’archiviazione del procedimento penale a carico della signora -O-, motivata con il difetto dell’elemento soggettivo del reato, avrebbe potuto incidere sull’accertamento di fatto in questione, che non avrebbe trovato alcuna smentita.
Allo stesso modo, nessun rilievo potrebbe attribuirsi alla dichiarazione sostitutiva di atto notorio rilasciata dal tecnico asseveratore della S.C.I.A., e anche a voler ammettere che il Comune non disponesse di sufficienti elementi per determinare l’epoca di realizzazione dei lavori, questi avrebbero dovuto essere in ogni caso ritenuti privi di titolo, incombendo sull’interessata l’onere di fornire la prova della loro regolare esecuzione. Oltretutto l’intervento, ricadente in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e idrogeologico, sarebbe da qualificarsi in termini di ristrutturazione edilizia soggetta a permesso di costruire, e la sanzione applicabile sarebbe quella demolitoria disciplinata dall’art. 199 co. 3 della legge regionale n. 65/2014.
Sotto altro profilo, il provvedimento impugnato sarebbe viziato da difetto di istruttoria e di motivazione, giacché l’unico elemento nuovo rispetto all’istruttoria a suo tempo compiuta dalla Polizia Locale in sede penale sarebbe costituita dalla dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio
prodotta dalla signora -O-, di per sé certamente inidonea a superare quanto accertato da un pubblico ufficiale.
Con il secondo motivo, il ricorrente sostiene che gli atti impugnati sarebbero illegittimi anche laddove si ritenesse che i lavori eseguiti dalla signora -O- non fossero antecedenti alla S.C.I.A. n.-O-. L’intervento oggetto della S.C.I.A., riguardando i prospetti dell’edificio, avrebbe infatti richiesto il preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ancorché semplificata, a norma dell’Allegato B del d.P.R. n. 31/2017. Il rilievo, benché ampiamente evidenziato nell’istanza di annullamento in autotutela, non sarebbe stato riscontrato né dalla Soprintendenza, né dal Comune.
Con il terzo motivo, è dedotta l’illegittimità del provvedimento per difetto di istruttoria e di motivazione, nonché per violazione degli artt. 11 e 20 del d.P.R. n. 380/2001. Con la S.C.I.A. n.-O- la signora -O- avrebbe dichiarato di essere legittimata ad eseguire l’intervento, pur non avendo mai ottenuto il consenso del ricorrente quale comproprietario dell’edificio, circostanza ben nota al Comune, cui il signor -O- aveva ripetutamente manifestato la propria contrarietà all’esecuzione delle modifiche sulla facciata.
Vi sono poi il quarto e il quinto motivo, rubricati sub B), che investono il diniego di autotutela pronunciato con il provvedimento del -O-.
Con tali censure il ricorrente fa valere, rispettivamente, le medesime doglianze articolate contro la determina n. -O- e la doverosità dell’intervento in autotutela nei confronti della S.C.I.A. n.-O-, viziata da erronea rappresentazione della realtà ad opera della segnalante, nonché dalla carenza dell’autorizzazione paesaggistica.
2.1.1. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono fondati e possono essere accolti nei sensi di seguito precisati.
L’art. 200 della legge regionale toscana n. 65/2014, al comma primo, prevede per l’esecuzione di interventi ed opere edilizie in assenza della prescritta S.C.I.A. la sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dall’ufficio tecnico comunale conseguente alla realizzazione delle opere stesse e, comunque, in misura non inferiore a euro 1.000,00, a condizione che tali interventi ed opere non risultino difformi rispetto alle norme urbanistiche o alle prescrizioni degli strumenti della pianificazione urbanistica comunali adottati o approvati o dei regolamenti edilizi, oppure dalla disciplina relativa alla distribuzione e localizzazione delle funzioni.
Il secondo comma del medesimo art. 200 stabilisce, peraltro, che la sanzione è applicata nella misura minima qualora la S.C.I.A. venga presentata in corso di esecuzione dei lavori, purché prima che sia accertato e contestato l’avvio delle opere senza titolo, ai sensi dell’art. 193 co. 3 e 4 della stessa l.r. n. 65/2014.
La S.C.I.A. n.-O- presentata dalla signora -O- riguarda un intervento di ristrutturazione edilizia “leggera” consistente nel completamento dei lavori già oggetto della C.I.L.A. presentata il -O- e nella modifica delle aperture esterne dell’immobile. Le indagini condotte ai fini del procedimento penale avviato a carico della signora -O- hanno consentito di verificare che almeno una parte delle opere, quella inerente la modifica delle aperture, era stata realizzata prima del deposito della S.C.I.A., ma il dato non è stato ritenuto sufficiente per sostenere l’accusa in giudizio e il giudice per le indagini preliminari ha disposto l’archiviazione del procedimento per infondatezza della notizia di reato sia in ordine alle violazioni edilizie, sia in ordine alla prospettata condotta di falso e truffa.
Le conclusioni raggiunte dal giudice penale sono condivisibili e possono essere trasferite, con le opportune declinazioni, anche sul versante amministrativo, ove si consideri che il comportamento della signora -O- appare riconducibile proprio alla fattispecie contemplata dal sopra citato art. 200 co. 2 l.r. n. 65/2014: la S.C.I.A. risulta infatti presentata nel corso dei lavori avviati in virtù della originaria C.I.L.A. del -O-, e prima che fossero intervenute contestazioni da parte del Comune di -O-;né è possibile frazionare l’intervento di ristrutturazione oggetto della S.C.I.A. nelle diverse opere che lo componevano, di modo che appare corretto il rilievo del Comune – contenuto nella determina n. -O- – circa l’insussistenza dei presupposti che avevano condotto al precedente annullamento della S.C.I.A..
Del resto, è appena il caso di ricordare che lo stesso rapporto della Polizia Locale dell’-O-, invocato dal ricorrente, sottolinea come solo alcune delle opere in questione fossero state realizzate prima del deposito della S.C.I.A., a conferma del fatto che quest’ultimo era intervenuto quando i lavori, complessivamente considerati, erano ancora in corso di esecuzione (e non erano intervenute contestazioni).
Si aggiunga che il ricorrente non contesta, sotto il profilo strutturale e funzionale, il carattere unitario dell’intervento di ristrutturazione realizzato sulla unità immobiliare oggi di proprietà della controinteressata -O- in forza della S.C.I.A. del -O-. Questo, a più forte ragione, non permette di scindere le opere che hanno interessato le aperture in facciata dalle restanti opere interne ed esterne, con l’ulteriore conseguenza che la presentazione della S.C.I.A. in corso d’opera non può che essere riferita all’intervento nella sua globalità, e non alla mera volontà di fornire una copertura postuma alla sola modifica delle aperture.
Per gli aspetti considerati, legittimamente il Comune di -O- ha escluso la falsità delle dichiarazioni rese a corredo della S.C.I.A. e riesaminato il proprio operato.
2.1.2. Lo stesso non può dirsi quanto al tema del rapporto fra S.C.I.A. e (mancata richiesta dell’) autorizzazione paesaggistica, pure sollevato dal ricorrente e di fatto ignorato dai provvedimenti impugnati.
È pacifico che l’edificio di via -O- ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. L’intervento sui prospetti, consistente nella modifica delle aperture esistenti e nella creazione di nuove aperture, avrebbe pertanto dovuto essere preceduto dal rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, sia pure secondo il regime semplificato di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 31/2017 (l’intervento si inquadra nel punto B.3 dell’Allegato B al predetto d.P.R. n. 31/2017, che include gli “ interventi sui prospetti, diversi da quelli di cui alla voce B.2, comportanti alterazione dell'aspetto esteriore degli edifici mediante modifica delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali o delle finiture esistenti, quali: modifica delle facciate mediante realizzazione o riconfigurazione di aperture esterne, ivi comprese vetrine e dispositivi di protezione delle attività economiche, o di manufatti quali cornicioni, ringhiere, parapetti;interventi sulle finiture esterne, con rifacimento di intonaci, tinteggiature o rivestimenti esterni, modificativi di quelli preesistenti;realizzazione, modifica o chiusura di balconi o terrazze;realizzazione o modifica sostanziale di scale esterne ”).
L’autorizzazione paesaggistica non è stata mai richiesta dalla signora -O-, circostanza che, ad avviso della difesa del Comune, non sarebbe tuttavia idonea a giustificare un intervento in autotutela sulla S.C.I.A. n.-O-, essendo oramai decorso il termine all’uopo stabilito dall’art. 21- nonies della legge n. 241/1990 e non potendosi comunque prescindere da una valutazione comparativa degli interessi in gioco, che vedrebbe prevalere la tutela dell’affidamento incolpevolmente maturato dalla segnalante in merito alla legittimità delle opere realizzate sull’immobile.
La prospettazione non può essere condivisa.
Nel disegno del legislatore, l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo rispetto agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio, stante la diversità degli interessi pubblici tutelati dall’una e dagli altri (giurisprudenza consolidatissima, da ultimo cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 maggio 2022, n. 3446;id., 4 aprile 2022, n. 2441), al punto che è lo stesso legislatore a sancire espressamente il principio di differenziazione delle competenze (e degli uffici) tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio delle funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia (art. 146 co. 6 d.lgs. n. 42/2004).
In giurisprudenza è controverso se il rapporto fra l’autorizzazione paesaggistica e il titolo edilizio configuri una vera e propria presupposizione, tale per cui in mancanza dell’autorizzazione il procedimento edilizio non possa essere definito positivamente, ovvero se la mancanza dell’autorizzazione paesaggistica non osti alla legittima formazione del titolo edilizio, ma ne condizioni l’efficacia e impedisca perciò l’avvio dei lavori (per una rassegna dei precedenti sul punto, si veda da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2023, n. 3638).
Che l’autorizzazione paesaggistica costituisca atto presupposto rispetto al permesso di costruire ed agli altri titoli edilizi è testualmente statuito dal quarto comma dell’art. 146 d.lgs. n. 42/2004, il cui secondo comma fa divieto di avviare i lavori fino all’ottenimento dell’autorizzazione. Per gli interventi sottoposti a S.C.I.A. da eseguirsi su immobili vincolati o ricadenti in zona vincolata, l’art. 22 co. 6 del d.P.R. n. 380/2001 prevede invece che la realizzazione ne è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell’autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative.
L’art. 145 della legge regionale n. 65/2014, al comma terzo, stabilisce a sua volta che la S.C.I.A. è inefficace qualora sia presentata senza asseverazione del professionista abilitato, senza gli elaborati progettuali occorrenti per consentire all’amministrazione di effettuare le verifiche di competenza e, per quanto qui interessa, senza i pareri, nulla osta o atti d’assenso comunque denominati necessari per poter eseguire i lavori, compresi quelli relativi a vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, se presenti. E, al successivo comma sesto, assegna al Comune il termine di trenta giorni per esercitare i propri poteri inibitori nei confronti della S.C.I.A. laddove, fra l’altro, sia riscontrata l'assenza di uno o più degli atti di cui al comma secondo, che, lo si è detto, fa riferimento anche all’autorizzazione paesaggistica.
Il combinato disposto delle due norme regionali lascia residuare, sul piano letterale, il dubbio se l’inefficacia sancita dal comma terzo debba farsi coincidere con quella sancita dal comma sesto e, pertanto, debba essere dichiarata nel termine perentorio di trenta giorni, che replica quello stabilito dall’art. 19 co. 3 e 6- bis della legge n. 241/1990. Oppure se, nel caso del terzo comma, si tratti di un’inefficacia ex lege che non richiede di essere accertata e dichiarata dall’amministrazione a pena di decadenza dall’esercizio del potere inibitorio.
La almeno apparente incertezza può essere risolta alla luce e in coerenza con le indicazioni che si ritraggono dalla legislazione statale, che, com’è noto, nella materia urbanistico-edilizia racchiude i principi cui inderogabilmente i legislatori regionali debbono attenersi.
L’istituto della S.C.I.A. è stato interessato da una profonda rivisitazione per effetto dei decreti legislativi n. 126/2016 (c.d. “ S.C.I.A. 1 ”) e n. 222/2016 (c.d. “S .C.I.A. 2 ”) emanati in attuazione della legge “Madia” n. 124/2015.
L’art. 3 del d.lgs. n. 126/2016 ha aggiunto alla legge n. 241/1990 l’art. 19- bis , che al terzo comma disciplina l’ipotesi in cui l'attività oggetto di una S.C.I.A. risulti condizionata all'acquisizione di atti di assenso comunque denominati o pareri di altri uffici e amministrazioni. In tale evenienza, la norma prevede che l’interessato presenti allo sportello unico deputato alla ricezione della S.C.I.A. anche l’istanza relativa agli atti di assenso necessari “ e l'inizio dell'attività resta subordinato al rilascio degli atti medesimi, di cui lo sportello dà comunicazione all'interessato ”.
In dottrina, sulla scorta delle espressioni adoperate dal Consiglio di Stato in sede di Commissione speciale nei pareri nn. 839 e 1784 del 2016, resi sugli schemi dei decreti legislativi predetti, si parla di S.C.I.A. “impura” per evidenziare l’assenza dell’effetto legittimante immediato allo svolgimento dell’attività che caratterizza la S.C.I.A. “pura” a partire dalla riscrittura dell’art. 19 l. n. 241/1990 ad opera dell’art. 49 co. 4- bis del d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni in legge n. 122/2010.
La S.C.I.A. “impura” si atteggia, come ancora una volta rimarcato dal Consiglio di Stato nei pareri citati, in una “richiesta di inizio di attività”, più che in una “segnalazione”. E il d.lgs. n. 222/2016 – cui è stata demandata la ricognizione dei regimi amministrativi delle attività private – chiarisce al riguardo che per gli interventi edilizi sottoposti a S.C.I.A. o C.I.L.A., qualora sia necessario acquisire l’autorizzazione paesaggistica semplificata, la relativa istanza deve essere presentata contestualmente alla presentazione della S.C.I.A. o C.I.L.A., le quali non hanno effetto fino al rilascio dell’autorizzazione (si veda la Tabella A allegata al d.lgs. n. 222/2016, Sezione II, sottosezione 1.2., voce 62.), applicandosi il regime della S.C.I.A. condizionata ad atti di assenso comunque denominati, ai sensi dell’art. 19- bis co. 3 della legge n. 241/1990 (art. 2 co. 3 d.lgs. n. 222/2016).
Il quadro regolatorio così delineato depone inequivocabilmente nel senso dell’inefficacia originaria della S.C.I.A. condizionata al conseguimento della necessaria autorizzazione paesaggistica, ancorché semplificata. Fino al rilascio dell’autorizzazione, essa non è idonea a spiegare alcun effetto e non permette l’avvio, neppure provvisorio, dell’attività, senza che il Comune sia onerato di intervenire entro i termini stabiliti dall’art. 19 co. 3 e 4 della legge n. 241/1990, riprodotti dagli artt. 145 co. 3 e 146 l.r. toscana n. 65/2014.
Se così è, nelle occasioni in cui ha effettivamente riesaminato la vicenda in questione (dapprima all’atto dell’adozione della determina n. -O- e, al più tardi, nel rispondere all’istanza presentata dal signor -O- nell’-O-), il Comune resistente avrebbe dovuto avvedersi del fatto che l’intervento oggetto della S.C.I.A. n.-O- richiedeva, per la parte relativa alla modifica delle aperture in facciata, il preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica;e, verificata l’assenza di quest’ultima, avrebbe dovuto adottare le conseguenziali misure sanzionatorie ai sensi sia dell’art. 167 d.lgs. n. 42/2004, sia della disciplina urbanistico-edilizia (art. 200 l.r. n. 65/2014), posto che l’intervento è stato eseguito in assenza di S.C.I.A. o, più precisamente, in costanza di una S.C.I.A. inefficace quantomeno per la parte inerente le modifiche dei prospetti.
Il riesame operato dal Comune di -O- risulta altresì deficitario, in punto di istruttoria, sotto un ulteriore aspetto. Ferma restando l’inefficacia della S.C.I.A., per le ragioni esposte, il Comune non ha infatti verificato la legittimazione della signora -O- a intervenire sulle facciate dell’edificio pur in mancanza di consenso del signor -O-, proprietario dell’appartamento posto al primo piano dello stabile.
3. In forza delle considerazioni che precedono, i provvedimenti impugnati e, segnatamente, la determina dirigenziale n. -O- e il diniego di autotutela del -O-, vanno annullati ai fini di un nuovo riesame, da condursi nel rispetto delle indicazioni impartite con la presente sentenza.
3.1. Le spese di lite seguono la soccombenza del Comune di -O- e sono liquidate come in dispositivo.
Le spese possono essere compensate nei rapporti fra il ricorrente e il Ministero della Cultura, cui non competono i poteri di vigilanza sollecitati dal signor -O-, e delle controinteressate, rimaste estranee al giudizio, ma anche al procedimento conclusosi con il diniego di riesame.