TAR Roma, sez. II, sentenza 2023-09-04, n. 202313578

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2023-09-04, n. 202313578
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202313578
Data del deposito : 4 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/09/2023

N. 13578/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02610/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2610 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Open Fiber s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati N M, M G e T F M, con domicilio digitale in atti e domicilio eletto presso il loro in Roma, via Barberini, n. 86;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato R C, con domicilio fisico eletto presso la sede dell’Avvocatura dell’Ente in Roma, via Tempio di Giove, n. 21;

per l'annullamento

quanto al ricorso introduttivo

- della deliberazione della Giunta Capitolina n. 199 del 4 settembre 2020, recante “ Approvazione dei capitoli 2 e 3 costituenti l'integrazione del Disciplinare Tecnico, nonché approvazione dello Schema di Convenzione di cui all'art. 6, comma 6 del Regolamento per l'esecuzione e il ripristino degli scavi per la posa di canalizzazioni e relative opere civili e manufatti destinati alla fornitura di servizi a rete nel sottosuolo e soprassuolo di Roma Capitale, approvato con Deliberazione Commissario Straordinario n. 21 del 31 marzo 2016 ” e relativi allegati, incluso il Disciplinare tecnico e lo Schema di convenzione;

- della nota del Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana del Comune di Roma Capitale e relativi allegati;

- di ogni altro atto e/o provvedimento connesso, collegato, consequenziale ovvero antecedente, presupposto, ancorché non conosciuto, tra cui, ove occorrer possa, la deliberazione del Commissario Straordinario con i poteri dell'Assemblea Capitolina n. 21/2016 di approvazione e adozione del “ Regolamento per l'esecuzione ed il ripristino degli scavi stradali per la posa di canalizzazioni e relative opere civili e manufatti destinate alla fornitura di servizi a rete nel suolo, sottosuolo e soprassuolo di Roma Capitale” e relativi allegati;

quanto al primo ricorso per motivi aggiunti

- della deliberazione della Giunta Capitolina n. 258 del 14 ottobre 2021, recante “ Modifica alla Deliberazione della Giunta Capitolina n. 199 del 4 settembre 2020 avente ad oggetto la “Approvazione dei capitoli 2 e 3 costituenti l'integrazione del Disciplinare Tecnico, nonché approvazione dello Schema di Convenzione di cui all'art. 6, comma 6 del Regolamento Scavi … approvato con Delib. C.S. n. 21 del 31 marzo 2016 ”;

- della deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 70 del 13 luglio 2021 con cui è stata approvata la proposta di modifica;

- di ogni atto e/o provvedimento presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto;

quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti

- della comunicazione del Dipartimento Coordinamento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana di Roma Capitale prot. 243608 del 20 dicembre 2022 avente ad oggetto “ costituzione Polizza fideiussoria, di cui all'art. 3 comma 5 della Deliberazione della Giunta Capitolina n. 199 del 4 settembre 2020 e ss.mm.ii. ”;

- di ogni atto e/o provvedimento presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 giugno 2023 la dott.ssa E M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso introduttivo ed il primo ricorso per motivi aggiunti, Open Fiber s.p.a. (di seguito semplicemente “OF”) – soggetto incaricato da Infratel Italia s.p.a. (società in house del Ministero dello sviluppo economico) della progettazione, della realizzazione e della gestione della rete in fibra ottica nelle c.d. “ aree bianche ”, qualificate a fallimento del mercato – impugna le deliberazioni della Giunta Capitolina n. 199/2020, di “ Approvazione dei capitoli 2 e 3 costituenti l'integrazione del Disciplinare Tecnico, nonché … dello Schema di Convenzione di cui all'art. 6, comma 6 del Regolamento per l'esecuzione e il ripristino degli scavi per la posa di canalizzazioni e relative opere civili e manufatti destinati alla fornitura di servizi a rete nel sottosuolo e soprassuolo di Roma Capitale, approvato con Deliberazione Commissario Straordinario n. 21 del 31 marzo 2016 ” (c.d. “ Regolamento Scavi ” di seguito, anche semplicemente “Regolamento”), e n. 258/2021 di “ modifica ” della precedente, sostenendone l’illegittimità per aver Roma Capitale adottato una disciplina per le attività di scavo e manomissione del suolo unica ed omogenea per tutte le tipologie di intervento che riguardino l’erogazione di servizi di rete (acqua, gas, elettricità, illuminazione, telefonia etc.), senza tener conto della circostanza che il settore delle telecomunicazioni (TLC), a differenza di quanto avviene per altri servizi pubblici, è invece sottoposto ad una legislazione speciale contenuta nel “ Codice delle comunicazioni elettroniche ” di cui al d.lgs. n. 259/2003 (di seguito, anche “Codice TLC” o “CCE”), che, anche in deroga alla normativa generale dettata in primis dal Codice della strada (d.lgs. n. 285/1992), disciplina in maniera esaustiva ogni aspetto della materia:

i) qualificando le infrastrutture di rete di comunicazione, i lavori e le opere connesse come opere di urbanizzazione primaria nonché, soprattutto, di pubblica utilità (artt. 43 e 51 CCE - già artt. 86 e 90 del testo anteriore alla riforma di cui al d.lgs. n. 207/2021, di recepimento del Codice europeo delle comunicazioni elettroniche di cui alla direttiva

UE

2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018);

ii) declinando i procedimenti amministrativi per il rilascio delle autorizzazioni e dei titoli attraverso la predisposizione dei moduli ed i formulari che gli enti locali devono utilizzare per istruire le pratiche (art. 49 CCE - ex art. 88 del testo anteriore alla riforma del 2021);

iii) indicando le prescrizioni e le prestazioni patrimoniali e reali che la pubblica amministrazione può richiedere agli operatori per l'impianto di reti o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica (art. 54 CCE - ex art. 93 del testo anteriore alla riforma del 2021).

Parte ricorrente chiede, dunque, l’annullamento - per quanto di interesse - di tali atti, sostenendone l’illegittimità nella parte in cui impongono agli operatori di TLC l’accettazione di prescrizioni regolamentari difformi dallo schema fissato a monte dal legislatore nazionale nel Codice TLC nonché tecniche di scavo e di ripristino sproporzionate e diverse rispetto a quelle stabilite a livello nazionale dalla normativa tecnica di riferimento, vieppiù sanzionate con l’applicazione di relative penali.

In particolare, contesta OF le previsioni contenute nello Schema di convenzione nella parte in cui, anche nel settore delle TLC:

I. subordinano il rilascio dell’autorizzazione all’effettuazione degli interventi di scavo e posa delle infrastrutture di TLC all’assolvimento di una serie di prestazioni (versamento dei diritti di istruttoria e sopralluogo nonché del deposito cauzionale di cui all’art. 27, comma 9, del Codice della strada) per violazione dell’art. 54 CCE (ex art. 93), come interpretato dall’art. 12 del d.lgs. n. 33/2016 nel senso che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti dal comma 2 della medesima disposizione ”;

II. impongono anche agli operatori di TLC di versare al Comune dei corrispettivi economici coattivi a titolo di penale, atteso che ai fini del rilascio del titolo autorizzativo, Roma Capitale impone l’accettazione di tutte le clausole dello Schema di convenzione, ivi incluse le penali ivi previste;

III. condizionano il conseguimento dell’autorizzazione per gli scavo e la posa delle infrastrutture di TLC alla preventiva accettazione e sottoscrizione della convenzione, secondo lo Schema unico approvato con gli atti impugnati;

IV. introducono talune specifiche relative alla profondità minima degli scavi e al rifacimento dei ripristini del manto stradale incompatibili con l’impiego della tecnica della c.d. micro-trincea, in contrasto con la vigente e sovraordinata normativa di settore.

2. Roma Capitale si costituiva in giudizio, sostenendo la legittimità delle contestate previsioni.

3. La società ricorrente con successivo ricorso per motivi aggiunti impugna, poi, la comunicazione del Dipartimento Coordinamento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana di Roma Capitale del 20 dicembre 2022, con cui si chiede anche agli operatori di TLC di costituire il deposito cauzionale di cui all’art. 27, comma 9, del Codice della strada, in conformità di quanto prescritto all’art. 7 del Regolamento Scavo, tramite polizza fideiussoria avente validità annuale, adempimento ivi espressamente prescritto quale “ condizione per il rilascio delle autorizzazioni allo scavo da parte dei Municipi ”.

4. Con ulteriore memoria, OF insisteva per l’accoglimento delle doglianze proposte e per l’annullamento - in parte qua e per quanto di interesse – delle avversate previsioni contenute nello Schema di convenzione unico approvato dalla Giunta Capitolina e nell’ultima comunicazione attuativa impugnata in sede di secondo ricorso per motivi aggiunti, in cui è reiterato, anche per l’autorizzazione agli interventi di scavo e posa delle infrastrutture di TLC, l’obbligo di sottoscrizione dello Schema di convenzione e di versamento del deposito cauzionale.

5. Roma Capitale replicava, ribadendo la legittimità dei contestati atti anche per quel che riguarda gli interventi afferenti al settore delle TLC.

6. Parte ricorrente depositava, infine, in prossimità dell’udienza pubblica fissata per la trattazione nel merito del ricorso, la sopravvenuta deliberazione della Giunta Capitolina n. 209 dell’8 giugno 2023 di “ Approvazione dello schema di convenzione per le società operanti ai sensi del Codice delle comunicazioni elettroniche (D.lgs. n. 259 del 2003 come modificato dal D.Lgs. n. 207 del 2021) ” – che, espressamente, “ prevede … l'esclusione dell'obbligo di versamento del deposito cauzionale nei confronti degli operatori di TLC e, contestualmente, … adotta … uno specifico Schema di convenzione per gli operatori di questo settore, che seppur epurato delle parti relative al versamento del deposito cauzionale, mantenga inalterati gli obblighi prestazionali e la definizione delle penalità per le singole fattispecie di violazione, così come già stabiliti nello schema di convenzione allegato alla D.G.C. n. 199/2020 e successivamente modificato con D.G.C. n. 258/2021, compatibilmente con le previsioni di cui all'art. 6, comma 6 del Regolamento Scavi e con la normativa speciale di settore e con la normativa nazionale che in ogni caso obbliga tutti gli operatori a riconsegnare in buono stato il territorio pubblico o di uso pubblico oggetto dei lavori ”.

7. All’udienza pubblica del 28 giugno 2023, la causa veniva trattata e, quindi, trattenuta per la decisione.

8. Oggetto della presente controversia è, come accennato, lo Schema di convenzione di cui all'art. 6, comma 6 del Regolamento Scavi di Roma Capitale, approvato con le contestate deliberazioni n. 199/2020 e n. 258/2021, sostanzialmente censurato da OF sotto il profilo della violazione degli artt. 43, 49, 51 e 54 CCE (ex artt. 86, 88, 90 e 93), per aver dettato l’amministrazione comunale resistente una disciplina unica per tutti i servizi che utilizzano infrastrutture di rete nel sottosuolo - ivi incluso quello di telefonia, di esclusivo interesse della ricorrente - senza tener conto della specificità del settore delle TLC e, segnatamente, dell’essere i relativi interventi sottoposti ad una disciplina di settore – peraltro di recepimento di norme europee vincolanti per gli Stati membri - ispirata alla massima semplificazione e valevole sull’intero territorio nazionale, senza poter essere arbitrariamente derogata a livello locale.

Ebbene, sostiene la ricorrente che Roma Capitale, non tenendo conto delle peculiarità tecniche e normative che caratterizzano le attività concernenti l’implementazione e la manutenzione della rete pubblica di TLC, si sia dotata di uno Schema di convenzione che sarebbe illegittimo oltre che materialmente inattuabile.

9. Ciò posto, ben si comprende come appaia, innanzi tutto, ingiustificata la preoccupazione manifestata dalla difesa capitolina in atti circa le possibili implicazioni negative derivanti dall’accoglimento del gravame sugli altri servizi pubblici a rete.

L’annullamento dello Schema di convenzione è, infatti, invocato da OF nei limiti dell’interesse dedotto in giudizio e, dunque, nei limiti delle sole previsioni contestate e soltanto nella parte in cui esse si pongono in contrasto con il Codice TLC, con la conseguenza che l’accoglimento del presente gravame non potrà che essere riferito ai soli interventi di manomissione del suolo e del sottosuolo per la posa delle infrastrutture di TLC, senza in alcun modo incidere sulla regolare esecuzione degli interventi afferenti agli altri servizi pubblici ricadenti nell’ambito di applicazione del presupposto Regolamento, invero estranei al presente giudizio.

Dall’accoglimento del ricorso non discenderebbe, quindi, l’integrale caducazione delle previsioni impugnate, che resterebbero, infatti, valide e vincolanti per i gestori degli altri servizi a rete (a titolo esemplificativo, il gas, l’idrico, il fognario e l’illuminazione), atteso che esse verrebbero annullate nella sola parte in cui esse violano le regole, le prescrizioni e i divieti specificamente stabiliti dal d.lgs. n. 259/2003 per gli interventi riguardanti il settore delle telecomunicazioni, plesso normativo, recentemente riordinato con il d.lgs. n. 207/2021, a seguito del recepimento del Codice europeo delle TLC di cui alla direttiva UE n. 1972/18, che ha ribadito e specificato principi già affermati nel previgente sistema.

10. Chiarito, dunque, il perimetro del presente giudizio, il Collegio ritiene, altresì, opportuno osservare - per quanto nell’imminenza dell’udienza di trattazione nel merito della controversia, l’amministrazione capitolina con deliberazione della Giunta Capitolina n. 209 dell’8 giugno 2023 (versata in atti da OF il 27 dello stesso mese) abbia modificato il contestato Schema di convenzione unica, affiancandogli uno Schema di convenzione dedicato al settore delle TLC che non prevede più l’obbligo per i relativi operatori di versare la contestata garanzia - le doglianze ora in esame non sono diventate perciò improcedibili, nella misura in cui tale ultimo atto “ adotta … uno specifico Schema di convenzione per gli operatori di questo settore, che … seppur epurato delle parti relative al versamento del deposito cauzionale, mantenga inalterati gli obblighi prestazionali e la definizione delle penalità per le singole fattispecie di violazione, così come già stabiliti nello schema di convenzione allegato alla D.G.C. n. 199/2020 e successivamente modificato con D.G.C. n. 258/2021”, replicandone integralmente i relativi contenuti.

Lo stesso è a dirsi anche per la censura relativa all’obbligo di versamento del deposito cauzionale, atteso che essa – dopo essere stata formulata in sede di ricorso introduttivo e di primo ricorso per motivi aggiunti avverso le citate deliberazioni n. 199/2020 e n. 258/2021 (di approvazione e successiva modifica di quello Schema di convenzione unico, da ultimo ulteriormente modificato da Roma Capitale) – è stata poi riproposta, mediante ulteriori motivi aggiunti, anche nei confronti della comunicazione del Dipartimento Coordinamento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana di Roma Capitale del 20 dicembre 2022, che, infatti - sulla scorta di quanto stabilito all’art. 7 del Regolamento (tutt’ora vigente) - continua a prevedere l’obbligo di versamento del contestato deposito cauzionale quale “ condizione per il rilascio delle autorizzazioni allo scavo da parte dei Municipi ”.

Ciò trova, peraltro, conferma nelle difese svolte in sede di discussione dell’Avvocatura Capitolina che, pur a fronte del palese revirement al riguardo espresso dall’amministrazione comunale, insiste nell’affermare la legittimità delle previsioni regolamentari che continuano a prevedere l’obbligo di versamento del deposito cauzionale, di fatto disconoscendo che la Giunta Capitolina abbia nella deliberazione dell’8 giugno 2023 preso atto dell’orientamento da ultimo espresso al riguardo dalla più recente giurisprudenza amministrativa in termini conformi alla tesi prospettata da OF (in tal senso il richiamato parere del Consiglio di Stato, Sezione I, n. 131 del 20 gennaio 2023).

11. Acclarata, dunque, l’attualità delle censure di cui si discorre, il gravame proposto da OF è in parte fondato, nei limiti e con le precisazioni che seguono.

12. In linea generale, occorre premettere come il Codice TLC esprime un particolare favor per la realizzazione di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico. La normativa prevede che “ Le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, e le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica...sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'art. 16, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia” .

In termini procedimentali, il Codice prevede iter semplificati per tali tipologie di impianti, nel senso che “ Gli impianti di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, ovvero esercitati dallo Stato, e le opere accessorie occorrenti per la funzionalità di detti impianti hanno carattere di pubblica utilità, ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 ”.

Il procedimento di installazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici, ivi disciplinato, costituisce, poi, un procedimento unico, nell’ambito del quale devono confluire anche le valutazioni edilizie e non solo, in conformità delle esigenze di semplificazione procedimentale (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 9 giugno 2021, n. 3019, 22 gennaio 2021, n. 666 e 21 gennaio 2020, n. 506).

Il carattere preminente della normativa, nei rilevati termini di accelerazione e semplificazione, è confermato dal testo della stessa, laddove si consente agli enti locali di dettare regole diverse ma unicamente i termini di ulteriore accelerazione.

Ne discende come, in tema di installazione di impianti di telefonia e di telecomunicazioni, i Comuni non possono introdurre nei loro regolamenti o nei loro atti di pianificazione limitazioni di ordine generale all’installazione degli impianti medesimi, posto che tali restrizioni generalizzate si porrebbero in contrasto con la richiamata normativa di rango primario ed al sotteso interesse pubblico alla diffusione ed alla capillarità del relativo servizio (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II - 9/9/2022 n. 1984).

Ciò, per quel che qui interessa, trova definitiva conferma nella norma di coordinamento contenuta all’art. 231, comma 3, del Codice della strada (d.lgs. n. 285/1992), in cui è previsto che le disposizioni sull’occupazione e utilizzo del suolo e sottosuolo stradale non si applicano alle TLC, per le quali occorre fare riferimento unicamente alle disposizioni contenute agli artt. 43 e ss. CCE (ex artt. 86 e ss.).

13. Ciò posto, il Collegio conviene con la difesa di parte ricorrente, nel ritenere che il vizio di fondo dell’impugnato Schema di convenzione – nonché, prima ancora, del presupposto Regolamento Scavi - risiede nell’aver Roma Capitale trattato, accumunato e disciplinato tutte le tipologie di intervento che comportino delle attività di scavo, manomissione e ripristino del suolo, senza considerare che i servizi di comunicazione elettronica, a differenza di quanto avviene per altri servizi pubblici di rete, come detto, soggiacciono ad una normativa speciale di settore contenuta nel CCE di cui al d.lgs. n. 259/2003, che ne impone un esame distinto rispetto al resto degli scavi o, quantomeno, l’inserimento di talune clausole di riserva.

Tale vizio di impostazione ha, dunque, determinato l’inserimento nel contestato Schema di convenzione e nella successiva comunicazione attuativa di una disciplina per le comunicazioni elettroniche contraria alle regole e prescrizioni fissate dal Codice TLC, atteso che sostanzialmente le contestate previsioni:

- impongono agli operatori di TLC prestazioni patrimoniali, reali e finanziarie nonché oneri ulteriori rispetto a quelli tassativamente elencati dal Codice TLC, contrari a quanto stabilito all’art. 54 CCE (ex art. 93), come interpretato dall’art. 12 del d.lgs. n. 33/2016;

- costringono i medesimi operatori a sottoscrivere una convenzione per ottenere l’occupazione del suolo pubblico, subordinando il rilascio dei titoli alla stipula di un documento in cui sono riproposte le prescrizioni illegittime dettate a livello di Regolamento e di Disciplinare;

- anche tramite l’obbligo di sottoscrizione della convenzione, impongono specifiche tecniche di scavo e di rifacimento dei ripristini del manto stradale che rendono di fatto impossibile l’utilizzo della micro-trincea.

14. Passando, quindi, ad esaminare i singoli motivi di doglianza, è fondata la doglianza con cui OF censura gli atti impugnati, nella parte in cui subordinano il rilascio del titolo abilitativo all’effettuazione degli interventi di scavo e posa anche delle infrastrutture di TLC all’assolvimento di una serie di prestazioni, quali, in particolare, il pagamento dei diritti di istruttoria e sopralluogo nonché alla prestazione del deposito cauzionale di cui all’art. 27, comma 9, del Codice della strada a garanzia dei danni che possano derivare dall’esecuzione di tali lavori e successivi rinterri.

14.1. Per quel che concerne, innanzi tutto, il deposito cauzionale previsto come condizione necessaria per il rilascio delle autorizzazioni ad eseguire interventi sul territorio comunale, ritiene il Collegio - in ossequio a quell’orientamento del Consiglio di Stato da ultimo richiamato anche dalla Giunta Capitolina - che nei confronti degli operatori di TLC sia vietata ogni forma di cauzione a garanzia dei danni che possono essere arrecati alla sede stradale in occasione dell'esecuzione di opere di installazione e manutenzione dei relativi impianti, risultando il relativo onere estraneo al novero di quelli previsti e consentiti dal legislatore (in tal senso, anche Consiglio di Stato, Sezione V, n. 4412 del 2 maggio 2023 nonché questo T.A.R., Sezione V, n. 3539/2023).

Stabilisce, infatti, il comma 1 dell’art. 54 CEE (ex art. 93) che “ Le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni, i consorzi, gli enti pubblici economici, i concessionari di pubblici servizi, di aree e beni pubblici o demaniali, gli enti pubblici non economici nonché ogni altro soggetto preposto alla cura di interessi pubblici non possono imporre per l'impianto di reti o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, nonché per la modifica o lo spostamento di opere o impianti resisi necessari per ragioni di viabilità o di realizzazione di opere pubbliche, oneri o canoni ulteriori a quelli stabiliti nel presente decreto, fatta salva l'applicazione del canone previsto dall'articolo 1, comma 816, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, come modificato dalla legge 30 dicembre 2020 n. 178. Resta escluso ogni altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsiasi ragione o titolo richiesto, come da art. 12 del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 33, come integrato dall'art. 8 bis, comma 1, lettera c) del decreto-legge14 dicembre 2018, n. 135, coordinato con la legge di conversione 11 febbraio 2019, n. 12 ”.

Come già evidenziato, l’art. 12 del d.lgs. n. 33/2016 ha interpretato tale previsione (già contenuta nell’art. 93 del CEE anteriore alla riforma del 2021), chiarendo che essa “ si interpreta nel senso che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente (ivi) previsti …, restando quindi escluso ogni altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsivoglia ragione o titolo richiesto ”.

Ebbene a fronte di tali prescrizioni, ritiene il Collegio, anche in ossequio ai canoni interpretativi indicati dall'art. 12 disp. prel., che gli oneri economici connessi alla copertura assicurativa rientrino nell’ampia formula, utilizzata dal Legislatore, per escludere a carico degli operatori di TLC la previsione di ogni onere o canone che non sia previsto dal Codice TLC e, dunque, nel novero di quelle altre indennità vietate anche dall’art. 49, comma 11, CCE (ex art. 88).

In tal senso, si è espresso anche il Consiglio di Stato che, nel richiamato parere n. 131/2023, afferma che - se “ È vero che la prestazione di un deposito cauzionale potrebbe apparire in linea con la disposizione normativa contenuta nell’art. 54, comma 6, del codice delle comunicazioni elettroniche (già art. 93 ante riforma del 2021), ove si prevede che “6. Gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l'obbligo di tenere indenne la pubblica amministrazione, l'ente locale, ovvero l'ente proprietario o gestore, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall'ente locale”, ed è altrettanto vero che, indipendentemente dalle norme sull’edilizia e sui lavori pubblici, può considerarsi immanente nella funzione comunale il potere/dovere di assicurarsi idonee garanzie, a tutela dell’erario, affinché le obbligazioni indennitarie dei privati siano puntualmente e speditamente adempiute ” – “ ciò nondimeno, a giudizio del collegio, dopo attenta riflessione, sembra prevalente la chiara volontà del legislatore, espressa dall’uso di termini molto ampi e generici di escludere qualsivoglia “extra-costo” amministrativo a carico dei concessionari/gestori delle reti, oltre il mero canone di occupazione di suolo pubblico (comunque denominato)”, statuendo che “ In questa chiave interpretativa, l’obbligo di prestare un deposito cauzionale, ancorché strumentale a garantire l’adempimento dell’eventuale obbligazione indennitaria/risarcitoria in caso di danni cagionati ai beni comunali dall’esecuzione degli interventi, rappresenta pur sempre un costo aggiuntivo messo a carico dell’impresa, e come tale sembra ricadere nell’ambito applicativo del sopra indicato divieto ”.

Il divieto di imposizione di oneri aggiuntivi stabilito nel Codice TLC rappresenta, dunque, una preclusione assoluta e generale a che il rilascio dell'autorizzazione e la realizzazione delle infrastrutture necessarie per l'esercizio degli impianti della rete di comunicazione elettronica siano subordinati al previo pagamento di importi ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti dalla medesima norma di legge.

Già la Corte Costituzionale con la sentenza n. 47 del 26 marzo 2015 aveva evidenziato come la ratio dell’art. 93 CCE (l’attuale art. 54) sia diretta a garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, vietando alle pubbliche amministrazioni, alle Regioni, alle Province e ai Comuni di imporre, per l'impianto di reti o per l'esercizio di servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge.

Il pagamento di un deposito cauzionale, pur risultando astrattamente ripetibile, costituisce, infatti, un onere non previsto dal Codice TLC, che obbliga l'operatore a sopportare i costi di immobilizzazione e non utilizzo di una determinata somma di denaro, con conseguente illegittimità del Regolamento, del Disciplinare e dei successi atti applicativi impugnati nella parte in cui prevedono per gli operatori di TLC la corresponsione di un deposito cauzionale a garanzia degli obblighi assunti.

14.2. Le considerazioni fin qui espresse valgono anche ai fini dell’accoglimento della doglianza relativa all’imposizione agli operatori di TLC del versamento di una somma a titolo di diritti di istruttoria e di sopralluogo, risultando per gli stessi motivi pure tale previsione contraria al principio espresso dal citato art. 54 CEE, che come visto vieta a tutte le pubbliche amministrazioni di subordinare il rilascio del titolo abilitativo all’assolvimento di ogni onere o canone che non sia stabilito da tale normativa di settore, nell’intento di escludere ogni possibile tipo di sovrapposizione sulla libera concorrenza nel settore di mercato delle telecomunicazioni che possa dipendere dalla sottoposizione all'interno del territorio dello Stato a canoni o oneri geograficamente differenziati.

15. Appare ugualmente fondato il motivo di ricorso con cui parte ricorrente denuncia l’illegittimità dello Schema di convenzione, nella parte in cui, anche per il settore delle TLC, subordina il rilascio delle relative autorizzazioni e concessioni alla sottoscrizione della convenzione secondo lo Schema di convenzione approvato.

Nessuna norma del Codice TLC condiziona, infatti, il rilascio delle autorizzazioni a tale adempimento, osservando il Collegio come l' iter autorizzatorio tassativamente declinato all’art. 49 CCE (ex art. 88) non contempli la necessaria sottoscrizione di alcuna convenzione con l’amministrazione (in tal senso, da ultimo, Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 4101/2022).

16. Il Collegio condivide, poi, anche la censura formulata da OF nei confronti dello Schema di convenzione, nella parte in cui Roma Capitale, pur introducendo con tale seconda deliberazione delle metodologie di intervento a basso impatto ambientale in origine escluse - segnatamente l’impiego della c.d. micro-trincea - ha contraddittoriamente inserito anche per gli interventi relativi agli impianti di TLC ulteriori specifiche di esecuzione dei relativi lavori, relative alla profondità minima degli scavi e ai ripristini, incompatibili con l’utilizzo di tale tecnologia.

Ebbene, osserva il Collegio come le contestate disposizioni tecniche contenute nello Schema di convenzione siano illegittime nella misura in cui si pongono in effettivo contrasto con la normativa tecnica di settore invocata da parte ricorrente.

La tecnica della micro-trincea è, infatti, prevista all’art. 5 del d.lgs. n. 33 del 15 febbraio 2016 di “ Attuazione della direttiva 2014/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, recante misure volte a ridurre i costi dell'installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità ”, (c.d. “ decreto fibra ”), come novellato dall’art. 38 del d.l. n. 76/2020, convertito nella l. 11 settembre 2020, n. 120, che, infatti, stabilisce per gli impianti in fibra ottica che:

- “ Al fine di favorire lo sviluppo delle infrastrutture digitali e minimizzare l'impatto sul sedime stradale e autostradale, la posa di infrastrutture a banda ultra larga da parte degli operatori può essere effettuata con la metodologia della micro-trincea, attraverso l'esecuzione di uno scavo e contestuale riempimento di ridotte dimensioni (larghezza da 2,00 a 4,00 cm, con profondità regolabile da 10 cm fino a massimo 35 cm), in ambito urbano ed extraurbano, anche in prossimità del bordo stradale o sul marciapiede ” (comma 1 bis);

- “ L’ente titolare o gestore della strada o autostrada, ferme restando le caratteristiche di larghezza e profondità proposte dall'operatore in funzione delle esigenze di posa dell'infrastruttura a banda ultra larga, può concordare con l'operatore stesso ulteriori accorgimenti in merito al posizionamento dell'infrastruttura e le concrete modalità di lavorazione allo scopo di garantire le condizioni di sicurezza e non alterare le prestazioni della sovrastruttura stradale ” (comma 1 ter);

- “ L’operatore è tenuto a svolgere le attività di scavo e riempimento a regola d'arte in modo da non arrecare danno all'infrastruttura stradale o autostradale interessata dai lavori” (comma 1 quater).

L'esecuzione di scavi mediante la tecnica della micro-trincea è stata, poi, ulteriormente incentivata dall’art. 40, comma 4, del d.l. 77/2021 (convertito nella l. 11 settembre 2020, n. 120), che - anche in deroga all'art. 5 d.lgs. 33/2016 - detta una disciplina transitoria (valida fino al 31 dicembre 2026), che configura la micro-trincea quale tecnica standard per l'esecuzione degli scavi strumentali alla collocazione di infrastrutture a banda ultra larga, ivi prevedendosi che, “qualora sia tecnicamente fattibile per l'operatore, la posa in opera di infrastrutture a banda ultra larga viene effettuata con la metodologia della micro trincea, attraverso l'esecuzione di uno scavo e contestuale riempimento di ridotte dimensioni (larghezza da 2,00 a 4,00 cm, con profondità variabile da 10 cm fino a massimo 35 cm), in ambito urbano ed extraurbano, anche in prossimità del bordo stradale o sul marciapiede. … L'ente titolare o gestore della strada o autostrada, ferme restando le caratteristiche di larghezza e profondità stabilite dall'operatore in funzione delle esigenze di posa dell'infrastruttura a banda ultra larga, può concordare con l'operatore stesso accorgimenti in merito al posizionamento dell'infrastruttura allo scopo di garantire le condizioni di sicurezza dell'infrastruttura stradale ”.

Ne discende, quindi, che:

i) lo scavo in micro-trincea può essere eseguito a una profondità variabile da 10 cm a 35 cm;

ii) tale tecnica è suscettibile di utilizzazione in ogni ambito urbano ed extraurbano, anche in prossimità del bordo stradale e sul marciapiede;

iii) è rimessa all'operatore di TLC la scelta della larghezza e della profondità dello scavo;

iv) l'ente titolare della strada (ossia, per le strade comunali, il Comune) può solamente concordare con l'operatore speciali accorgimenti sul posizionamento dell'infrastruttura e non anche dettare per l’utilizzo di tale metodologia nel settore delle TLC delle prescrizioni tecniche diverse ed ulteriori rispetto a quelle già dettate da tali disposizioni, valevoli sull’intero territorio nazionale;

v) contrariamente a quanto affermato dall’Avvocatura Capitolina, la resistente, nemmeno in ragione della cennata disciplina transitoria, può imporre unilateralmente modalità operative agli operatori di TLC, dovendo a tal fine ricercare il loro consenso.

Per quanto concerne il riempimento e il ripristino delle aree manomesse, trova, poi, applicazione il citato comma 1 quater (nemmeno derogato dall’art. 40, comma 4, del d.l. n. 77/2021), che nel fissare a carico dell’operatore un parametro generale di diligenza, mantiene ferma la discrezionalità del medesimo operatore nel selezionare le tecniche per l'esecuzione a regola d'arte del riempimento, non consentendo all’ente comunale dettare specifiche prescrizioni su come tale riempimento debba essere effettuato.

Ben si comprende, dunque, come l’amministrazione comunale avrebbe, dunque, dovuto, per lo specifico settore delle TLC, fare diretto riferimento o applicazione della sopracitata normativa tecnica di settore, contenente una esaustiva specificazione delle regole tecniche per l’esecuzione degli scavi, per la posa della rete e delle infrastrutture e per i ripristini a regola d’arte.

Ancora una volta, l’errore di fondo che permea l’intero plesso regolamentare dettato da Roma Capitale è quello di aver voluto l’amministrazione comunale disciplinare in maniera omogenea e uguale tutti i tipi di intervento che riguardino l’erogazione di servizi di rete (acqua, gas, elettricità, illuminazione, telefonia etc.), non valutando, però, la peculiarità del settore delle TLC, non a caso sottoposto a normative (anche tecniche) speciali.

17. Per quel che riguarda, infine, il motivo di ricorso con cui OF contesta la potestà dell’amministrazione comunale di irrogare agli operatori di TLC delle penalità per le violazioni delle prescrizioni contenute nella convenzione allegata al provvedimento di autorizzazione/concessione, il Collegio è dell’avviso che le argomentazioni svolte da parte ricorrente a sostegno di tale doglianze non possano essere condivise.

17.1. Il Collegio ritiene al riguardo necessario innanzi tutto chiarire come la questione appartenga alla giurisdizione di legittimità di questo Tribunale, anche alla luce della recente ordinanza della Corte di cassazione 12 gennaio 2021, n. 254, da cui è possibile desumere a contrario come rientri nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., la controversia nell’ambito della quale – come nel caso di specie - viene “contestato in concreto il non corretto esercizio del potere regolatorio che compete all'autorità amministrativa ” e non già inerenti “ a questioni afferenti diritti soggettivi, quali l'esatto adempimento delle clausole convenzionali, l'imputabilità degli inadempimenti, il corretto ricorso alla clausola penale ”.

Nella fattispecie OF discute, infatti, in radice proprio il potere di Roma Capitale di prevedere nello Schema di convenzione le penali di cui si discorre, nemmeno risultando che esse siano mai state in concreto mai irrogate nei confronti della società ricorrente.

17.2. Ciò posto tale questione risulta essere già stata affrontata dalla Sezione in alcuni precedenti relativi ad analoghe previsioni inserite dall’amministrazione capitolina nel contesto dei previgenti regolamenti scavi (quello di cui alla deliberazione del Consiglio comunale n. 260 del 20 ottobre 2005 e quello di cui alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 105 del 23 novembre 2009).

In quella occasione questo Tribunale accolse le doglianze proposte, annullando la previsione regolamentare - oggi sostanzialmente trasposta nel contestato Schema di convenzione – negando che “ la clausola penale possa essere contenuta in un regolamento, vale a dire in una fonte normativa di natura secondaria la cui portata ed efficacia non è limitata ai due protagonisti della relazione contrattuale, ma la cui osservanza si impone ad un numero indefinito di consociati posto che non si ha prova documentale che la clausola penale sia riprodotta o richiamata negli atti di autorizzazione o di concessione … sedes materiae per l’apposizione della clausola stessa e non certo il regolamento” , espressamente affermando “ la legittima apposizione della clausola idonea a governare il rapporto discendente dall’atto autoritativo di autorizzazione o di concessione …. esclusivamente (nel) l’atto che disciplina dal punto civilistico la relazione civilistica rispetto alla quale l’atto amministrativo costituisce solo il suo presupposto giuridico e fenomenico ” (in tal senso, la sentenza n. 3161/2011, poi richiamata dalla successiva pronuncia conforme n. 9507/2021).

Ebbene, il Collegio, nel condividere tale orientamento, ritiene che la previsione di tali penalità nell’ambito della convenzione di cui si discorre - per l’appunto destinata a disciplinare la relazione civilistica discendente dall’atto autorizzativo agli interventi di scavo e posa delle infrastrutture - sia dunque legittima, ferma restando la facoltà delle parti di concordare tra loro, in sede di relativa negoziazione, delle diverse previsioni contrattuali in deroga allo Schema di cui si discorre.

Tale doglianza deve, quindi, essere disattesa.

18. In conclusione, per quanto si qui detto, il ricorso proposto da OF, come integrato da successivi ricorsi per motivi aggiunti, deve essere in parte respinto ed in parte deve essere accolto nei sensi e nei termini sopraesposti.

Per l’effetto, le contestate previsioni dell’avversato Schema di convenzione, così come il successivo atto applicativo rappresentato dalla (anch’essa) impugnata comunicazione del Dipartimento Coordinamento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana di Roma Capitale devono essere - per quanto di interesse - annullate nella parte in cui dettano, anche per il settore delle TLC, una disciplina per il rilascio dell’autorizzazione agli interventi di scavo e posa delle infrastrutture e della connessa concessione temporanea di suolo pubblico nonché per l’esecuzione dei relativi lavori di manomissione e rispristino del suolo comunale che è contraria a quella statale dettata per tale settore dal d.lgs. n. 259/2003 e dalla relativa normativa tecnica di riferimento.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo

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