TAR Pescara, sez. I, sentenza 2012-07-23, n. 201200360

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Pescara, sez. I, sentenza 2012-07-23, n. 201200360
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Pescara
Numero : 201200360
Data del deposito : 23 luglio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00087/2011 REG.RIC.

N. 00360/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00087/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 87 del 2011, proposto da:
G R e G I R, rappresentati e difesi dall'avv. L G, con domicilio eletto presso Paolo Di Giovanni in Pescara, p.zza Duca D'Aosta, 41;

contro

Comune di Ripa Teatina, rappresentato e difeso dall'avv. G G, con domicilio eletto presso Marco Febbo in Pescara, via Italica, 49;

per ottenere

- l’accertamento e la declaratoria dell’illegittimità dell’occupazione d’urgenza di terreni di proprietà dei ricorrenti per complessivi mq.

4.850 avvenuta il 24 settembre 1990 ad opere del Comune di Ripa Teatina;

- l’accertamento e la declaratoria dell’illegittimità dell’occupazione d’urgenza di ulteriori terreni di proprietà dei ricorrenti per complessivi mq.

5.669 avvenuta il 24 giugno 1992;

- la condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti per la perdita del diritto di proprietà.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ripa Teatina;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2012 il dott. Michele Eliantonio e uditi l'avv. Laura Di Tillio, su delega dell'avv. G G, per il Comune resistente;
nessuno presente per i ricorrenti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


Gli attuali ricorrenti riferiscono che il Comune di Ripa Teatina aveva proceduto all’occupazione d’urgenza di terreni di loro proprietà ed aveva realizzato su tali terreni un impianto sportivo polivalente;
in particolare, mq.

4.850 erano stati occupati il 24 settembre 1990 con una prima occupazione, mentre ulteriori mq.

5.669 erano stati occupati il 24 giugno 1992 con una seconda occupazione. Riferiscono, altresì, di aver proposto opposizione alla stima dinanzi alla Corte di Appello di L’Aquila, avverso il decreto di esproprio (23 aprile 1994, n. 200) intervenuto relativamente alla prima occupazione, ma che con sentenza n. 1800/2005 tale ricorso era stato dichiarato inammissibile in quanto il procedimento espropriativo non si era concluso nei termini, per cui tale occupazione era stata nella sostanza assunta in carenza di potere, con la conseguenza che ai ricorrenti non avrebbe dovuto corrispondersi l’indennità di esproprio, ma il risarcimento dei danni.

Gli interessati, dopo aver più volte diffidato (nel 2002 e nel 2007) l’Amministrazione comunale a provvedere al risarcimento dei danni subiti ed dopo aver ricevuto comunicazione il 27 luglio 2007 della volontà del Comune di “addivenire ad un accordo transattivo”, con il ricorso in esame, notificato il 15 gennaio 2011, hanno chiesto a questo Tribunale la declaratoria di illegittimità degli atti intervenuti e la condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti.

Hanno nella sostanza dedotto che gli atti intervenuti erano stati assunti in carenza di potere, in quanto non avrebbe potuto disporsi la proroga del termine quinquennale per concludere le procedure espropriative, per cui il Comune era tenuto a risarcire i danni subiti per effetto della c.d. accessione invertita.

Il Comune di Ripa Teatina si è costituito in giudizio e con memorie depositate il 19 marzo 2011 ed il 14 maggio 2012 ha, innanzi tutto, eccepito la tardività dell’impugnativa proposta, nonché l’intervenuta decorrenza del termine di prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento, decorrente dal momento in cui il suolo era stato irreversibilmente trasformato (agosto 1995);
nel merito ha, inoltre, diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte. Con atto ritualmente notificato ha, infine, anche proposto una domanda riconvenzionale con la quale hanno dedotto di avere in realtà usucapito i terreni in questione, in quanto era in possesso di tali terreni fin dal 1990.

Alla pubblica udienza del 21 giugno 2012 la causa è stata trattenuta a decisione.

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DIRITTO


1. - Con il ricorso in esame – come sopra esposto – gli attuali ricorrenti hanno chiesto la condanna del Comune di Ripa Teatina al risarcimento dei danni subiti a seguito della illegittima occupazione ed irreversibile trasformazione di alcuni terreni di loro proprietà. In particolare, tale richiesta è stata formulata relativamente a due distinte area:

- una prima area di complessivi mq. 4.850, la cui occupazione è avvenuta il 24 settembre 1990;

- ed una seconda area di complessivi mq. 5.669, la cui occupazione è avvenuta il 24 giugno 1992.

Relativamente alla prima occupazione il decreto di esproprio (23 aprile 1994, n. 200) è intervenuto dopo la scadenza dei termini per la conclusione del procedimento espropriativo, per cui la Corte di Appello di L’Aquila, alla quale gli interessati si erano rivolti per opporsi alla determinazione dell’indennità di esproprio, con sentenza n. 1800/2005 aveva dichiarato tale ricorso inammissibile in quanto il procedimento espropriativo non si era concluso nei termini, per cui tale decreto era stato nella sostanza assunto in carenza di potere, con la conseguenza che ai ricorrenti non avrebbe dovuto corrispondersi l’indennità di esproprio, ma il risarcimento dei danni.

Relativamente alla seconda occupazione non risulta che l’Amministrazione abbia mai adottato un decreto di espropriazione.

2. - In via pregiudiziale, va evidenziato che la questione, così come proposta, rientra nell’ambito della giurisdizione di questo Tribunale.

Va, invero, al riguardo osservato che, secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza, è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo la domanda di risarcimento dei danni proposta dal proprietario ogni volta che, come nel caso di specie, gli atti del procedimento ablativo intrapreso dall’ente siano venuti comunque meno o perché siano stati annullati o per la decorrenza dei termini dell’occupazione o di quelli fissati per la conclusione del procedimento;
mentre rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le domande risarcitorie e restitutorie relative a fattispecie di occupazione c.d. usurpativa, intese come occupazione di un fondo di proprietà privata in assenza di provvedimenti (Cass. Civ., sez. un., 12 gennaio 2011, n. 509, e 28 gennaio 2010, n. 1787, e Cons. St., sez. IV, 25 novembre 2011, n. 6261);
anche se non può al riguardo non rilevarsi che tale distinzione tra occupazione appropriativa ed usurpativa ha oggi perso di significato sia con riferimento alla giurisdizione (nel senso che residuano al g.o. le sole ipotesi in cui ab origine manchi del tutto una dichiarazione di pubblica utilità dell’opera), che alla decorrenza del termine di prescrizione, trattandosi nei due casi di un illecito permanente.

L’unico elemento di differenziazione ancora esistente riguarda, invero, l’individuazione del dies a quo di commissione dell’illecito (che rileva al solo fine di individuare il momento in cui misurare il valore venale ai fini della quantificazione del risarcimento del danno), posto che, in caso di occupazione usurpativa, esso va fatto decorrere dal momento dell’immissione in possesso da parte dell’Amministrazione, mentre, in caso di occupazione appropriativa, dalla scadenza del termine di occupazione legittima del terreno (Cons. St., sez. V, 2 novembre 2011, n. 5844).

Relativamente, infine, a fattispecie che non ricorrono nel caso di specie, va ricordato che la stessa giurisprudenza ha ritenuto sottoposte alla giurisdizione del giudice ordinario le questioni attinenti sia alla determinazione dell’indennizzo da corrispondere nelle ipotesi in cui venga adottato l’atto di acquisizione di cui all’art. 42- bis del D.P.R. n. 327 del 2001 (Cons. St, sez. VI, 16 marzo 2012, n. 14381) e sia alla determinazione dell’indennità di espropriazione per p.u. (Cons. St., sez. V, 14 maggio 2012, n. 2743).

3. - Precisato tale aspetto, va evidenziato per un verso che - come è già stato acclarato da altro Giudice (sentenza n. 1800/2005 della Corte di Appello di L’Aquila) - erano nella specie decorsi i termini per la conclusione del procedimento espropriativo e per altro verso che gli istanti non vogliono la restituzione di detti terreni (che debbono allo stato ritenersi ancora di loro proprietà, attesa l’inapplicabilità dell’istituto della accessione invertita), ma esclusivamente il risarcimento dei danni subiti a seguito della illegittima trasformazione di tali fondi.

Tale richiesta, inoltre, risulta proposta nel rispetto dei termini di prescrizione, in quanto - trattandosi, come già detto, di un illecito permanente - non è mai iniziato a decorrere il termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 2947 del codice civile, in base alla legislazione all’epoca vigente (che oggi, come è noto, è stata superata dall’art. 30 del codice del processo amministrativo). In ogni caso, ove voglia farsi riferimento al nuovo termine di 120 giorni introdotto da tale art. 30, deve, in ogni caso osservarsi, che il ricorso è stato notificato anche nel rispetto di tale termine, assumendo quale dies a quo la data di entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo.

Né appare in merito ammissibile in questa sede la domanda riconvenzionale proposta dall’Amministrazione resistente, che afferma di aver usucapito le aree in questione, in quanto per un verso questo Giudice è privo di giurisdizione in merito e per altro verso il Comune non ha dato la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva: il corpus , ossia l’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, l’ animus rem sibi habendi , vale a dire la volontà di comportarsi e farsi considerare come proprietario della res ed i requisiti del possesso necessari per l’usucapione, tra i quali anche la durata del possesso medesimo per il periodo prescritto dalla legge, tanto in applicazione della regola generale sull’onere probatorio fissata dall’art 2697 c.c. e dall’art. 64 del codice del processo amministrativo, in base alla quale chi intende far valere un diritto in giudizio ha l’onere di provare i fatti costitutivi di esso. E basta al riguardo, a tacer d’altro, ricordare che lo stesso Comune con nota del 27 luglio 2007 ha rapresentato agli attuali ricorrenti di voler “addivenire ad un accordo transattivo” in ordine al risarcimento dei danni, con cioè riconoscendo l’illegittimità del proprio operato.

4. - Da tali considerazioni discende, non avendo i ricorrenti chiesto la restituzione dei beni in questione, l’obbligo per l’Amministrazione resistente di risarcire i proprietari dei danni subiti.

In applicazione dell’art. 34, n. 4 del codice del processo amministrativo, va, pertanto, disposto che il Comune debba proporre ai ricorrenti, entro novanta giorni dalla data di comunicazione della presente sentenza, una somma a titolo di risarcimento dei danni causati pari al valore dei terreni in questione con riferimento alla data di scadenza della occupazione legittima. Sulla somma spettante a titolo di risarcimento danni, costituente la sorte capitale di un debito di valore, vanno, altresì, corrisposti la rivalutazione monetaria, secondo l’indice ISTAT dei prezzi al consumo, e gli interessi legali sulle somme anno per anno rivalutate fino alla data di deposito della sentenza e soltanto gli interessi legali da tale data fino a quella di effettivo soddisfo.

Dispone, inoltre, ove le parti non giungano ad un accordo, possa essere chiesta a questo Tribunale la determinazione della somma da corrispondere.

5. - Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere accolto.

Le spese, come di regola, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

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