TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2024-03-28, n. 202406173
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Pubblicato il 28/03/2024
N. 06173/2024 REG.PROV.COLL.
N. 10961/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO I
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10961 del 2019, proposto da
I S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato B M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato U G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove 21;
per l'annullamento
della determinazione dirigenziale del 15 maggio 2019 n. rep. CD 917, con la quale è stata ordinata la demolizione delle opere realizzate presso l'immobile sito in Roma, Via Nomentana 1111.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 15 marzo 2024 il dott. L D G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con l’ordinanza suindicata del 15 maggio 2019 Roma Capitale ingiungeva alla società I srl, quale conduttrice dell’immobile, e alla società Agricola Immobiliare Riserva della Cecchina srl, quale proprietaria dell’immobile, la demolizione rimozione di opere abusive realizzate presso di un’area posta in via Nomentana 1111, adibita a deposito/rivendita di automobili.
Segnatamente, in base a sopralluogo, venivano riscontrate una serie di opere edilizie prive di titolo edilizio e in difformità dai titoli rilasciati tra cui l’ampliamento di fabbricati edilizi ad uso ufficio o misto, la realizzazione di una tettoia esterna realizzata con struttura in acciaio e copertura in lamiera, la modifica dei prospetti e della sagoma, la realizzazione di un manufatto prefabbricato su ruote ad uso ufficio e di un locale tecnico, la trasformazione di suolo inedificato in deposito a cielo aperto di autovetture. L'immobile sopra indicato ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e archeologico.
Avverso l’ingiunzione parte ricorrente ha proposto l’impugnativa in epigrafe deducendo i seguenti motivi:
1. violazione di legge in relazione agli artt. 31 e 33 D.P.R. 380/01. Estraneità della ricorrente alla fattispecie abusiva. Mancata motivazione ed incompleta istruttoria;
2. violazione di legge in relazione agli artt. 31 e 33 D.P.R. 380/01. Mancanza dei presupposti per l’adozione del provvedimento. Eccesso di potere per mancanza di motivazione ed istruttoria.
Si è costituita in giudizio Roma Capitale per resistere all’accoglimento del ricorso.
All’udienza straordinaria del 15 marzo 2023 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo la società ricorrente sostiene di essere soggetto del tutto estraneo alla vicenda contestata e, pertanto, di non poter essere soggetto passivo dell’ordine di demolizione assunto dall’Ente.
La censura è infondata.
L’articolo 31, comma 2, Dpr 380/2001, prevede espressamente che, una volta accertata l’esecuzione di interventi, in assenza di permesso o in totale difformità dal medesimo, ne viene ingiunta la rimozione o demolizione “al proprietario e al responsabile dell'abuso”.
Come risulta chiaramente dalla tipologia di opere realizzate, funzionali all’attività di officina e deposito auto, le stesse opere sono riconducibili alla responsabilità della società conduttrice, che esercita un’impresa commerciale sull’area interessata dall’ordinanza, area di cui ha la piena disponibilità;correttamente dunque l’ordinanza è stata indirizzata alla società ricorrente quale responsabile dell’abuso individuato sulla base della situazione di fatto (cfr. TAR Lazio n. 1311/2020 “qualora un abuso edilizio sia stato posto in essere su un immobile concesso in locazione, la relativa responsabilità va riferita sia al conduttore che al proprietario”).
Con il secondo motivo si deduce che la natura delle opere richiamate nell’ordinanza non sia tale da giustificare l’adozione del provvedimento ripristinatorio.
Il motivo è privo di pregio.
In primo luogo non ha rilevanza che uno dei manufatti prefabbricati ad uso ufficio, oggetto di contestazione, poggi su ruote in quanto per orientamento costante, in applicazione dell’art. 3, comma 1 lett. e) DPR 380/2001, costituisce nuova costruzione, a prescindere dal sistema di ancoraggio, ogni struttura prefabbricata, anche su ruote, quando non sia diretta a soddisfare esigenze meramente temporanee. dovendosi valutare l'oggettiva precarietà o stabilità dell'opera edilizia in relazione all'effettivo utilizzo della stessa (in termini TAR Palermo n. 2479/2023, TAR Palermo n. 2339/2018);nel caso odierno, come emerge anche dalla documentazione fotografica e dalla stabile destinazione ad ufficio, il detto manufatto ha natura permanente e dunque va considerato struttura stabile che comporta una definitiva trasformazione urbanistica dell’area.
Non ha pregio neanche l’assunto del ricorrente secondo cui le opere di cui ai punti 5, 6 e 7 del provvedimento impugnato (un “manufatto in muratura utilizzato come locale tecnico” e due interventi di “trasformazione di suolo inedificato in deposito a cielo aperto”) non sarebbero di per sé suscettibili di un ordine ripristinatorio in quanto frutto di attività edilizia libera o di ridotta rilevanza;tali interventi fanno parte infatti a pieno titolo della complessiva trasformazione urbanistica dell’area compiuta dalla ricorrente per il tramite di una serie di operazioni edilizie che devono essere valutate globalmente e sanzionate nel loro insieme.
La valutazione degli abusi edilizi e/o paesaggistici comporta una visione complessiva e non atomistica delle opere eseguite, ciò in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio non deriva da ciascun intervento in sé considerato, ma dall'insieme dei lavori nel loro contestuale impatto edilizio e paesaggistico (ex multis Cons. Stato n. 6235/2021).
Tanto premesso, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.