TAR Napoli, sez. III, sentenza 2022-11-28, n. 202207373

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2022-11-28, n. 202207373
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202207373
Data del deposito : 28 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/11/2022

N. 07373/2022 REG.PROV.COLL.

N. 04052/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4052 del 2022, proposto da
L M, rappresentato e difeso dall'avvocato I M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Comune di Trecase, Ministero per i Beni e Le Attività Culturali e per il Turismo (Mibact) – non costituiti in giudizio;
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per L'Area Metropolitana di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;



per la declaratoria di illegittimità

del silenzio serbato da parte del Comune di Trecase in ordine all'istanza presentata dal ricorrente in data 22/06/2022 prot.n°4593 con cui è stata richiesta la conclusione del procedimento di sanatoria ed, in ogni caso, rituale riscontro alla medesima, e di ogni atto, anche endoprocedimentale, comunque non conosciuto, consequenziale, connesso, preordinato e presupposto


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per L'Area Metropolitana di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2022 la dott.ssa A P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

Parte ricorrente agisce per l’accertamento della illegittimità del silenzio serbato sulla conclusione del procedimento attivato con istanza di condono edilizio per opere su fondo sito in Trecase alla via Nazionale n°40, sul quale insiste un manufatto la cui superficie lorda è di mq. 78 oggetto di condono edilizio ex lege 724/94 pratica 250 del 27.02.1995 prot.n°1771.

La stessa assume che la pratica di condono era completa ed integrata nel corso del tempo e che l’amministrazione comunale si palesava del tutto silente, omettendo di concludere il procedimento con l’adozione dell’atto finale.

Pertanto, con l’atto di diffida stragiudiziale, inoltrato al comune resistente in data 22/06/2022 prot.n°4593, diffidava il Comune di Trecase a concludere il procedimento in argomento mediante l’adozione di un provvedimento espresso.

Il Comune predetto, rimaneva silente.

La parte ricorrente lamenta pertanto violazione dell’obbligo di provvedere e chiede la declaratoria dell’obbligo del Comune di Trecase di concludere con provvedimento espresso il procedimento; invoca la formazione del silenzio assenso sulle domanda e la violazione del termine ultimo per provvedere .

L’amministrazione comunale non si è costituita in giudizio, mentre l’amministrazione statale si è costituita, sostenendo l’infondatezza della domanda.

Alla udienza in camera di consiglio del 8.11.2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.



DIRITTO

1- Il ricorso merita accoglimento, nei termini di seguito precisati.

In via generale, il dovere delle pubbliche amministrazioni di concludere il procedimento discende dall’art. 2 L. n. 241/1990, disposizione di portata generale che risponde all’esigenza di non consentire alla pubblica amministrazione di lasciare gli interessati in una perdurante incertezza sull’esito del procedimento medesimo.

L’amministrazione è dunque tenuta a dare riscontro all’istanza proveniente dal privato (ovvero, com’è nella specie, al sollecito affinché il procedimento sia definito), poiché quest’ultimo è portatore di una legittima aspettativa a conoscere la determinazione incidente sulla sua sfera giuridica (cfr. Cons. Stato – Sez. IV, 27 aprile 2012 n. 2468, secondo cui: “In linea di massima, infatti, l'obbligo giuridico di provvedere - ai sensi dell'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dall’art. 7 della legge 18 giugno 2009, n. 69 - sussiste in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l'adozione di un provvedimento e quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell'Amministrazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 2010, n. 3487)”).

Per inciso, si nota che la portata generale dell’obbligo di dare risposta al richiedente risulta rafforzata dalla modifica legislativa al citato art. 2 L. n. 241/1990, recata dall’art. 1, comma 38, della legge 6 novembre 2012, n. 190, la quale impone il riscontro all’istanza, anche qualora essa sia non accoglibile o manifestamente infondata (si veda il testo secondo cui: “Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo”).

Al Giudice adito con il ricorso avverso il silenzio spetta poi il compito di accertarne l’illegittimità, essendo rimessa all’amministrazione la valutazione del merito della pretesa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 25 febbraio 2014 n. 884, secondo cui “Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo per discostarsi, il ricorso avverso il silenzio serbato dall’amministrazione su di un’istanza sulla quale essa ha l’obbligo di provvedere è finalizzato ad ottenere un provvedimento esplicito che elimini lo stato di incertezza ed assicuri al contempo al privato una decisione che investe la fondatezza della sua pretesa, fermo restando tuttavia che al giudice adito non è concesso di sindacare il merito del procedimento amministrativo non portato a compimento, dovendo egli limitarsi a valutare la astratta accoglibilità della domanda, senza sostituirsi agli organi

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