TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-12-18, n. 201514281

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-12-18, n. 201514281
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201514281
Data del deposito : 18 dicembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06969/2015 REG.RIC.

N. 14281/2015 REG.PROV.COLL.

N. 06969/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6969 del 2015, proposto da:
G Italia Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti L D V e A P, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Villa Sacchetti, 11, presso lo studio dell’avv. A P;

contro

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Compagnia Trasporti Pubblici Spa, Asstra Associazione trasporti, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avv.ti Massimo Malena, Bruno Bitetti, elettivamente domiciliate in Roma, Via Ovidio, 32, presso lo studio legale Malena &
Associati;
Unipolsai Assicurazioni Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Stefania Bariatti, Mario Siragusa e Fausto Caronna, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza di Spagna, 15, presso lo studio dell’avv. Mario Siragusa;
Gruppo Torinese Trasporti Gtt. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Anselmo Carlevaro e Francesca Dealessi, elettivamente domiciliata in Roma, Via G.G.Porro, 8, presso lo studio dell’avv. Francesca Dealessi;
Ania, Associazione nazionale per le imprese assicuratrici, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Angelo Raffaele Cassano e Marcello Clarich, presso il cui studio in Roma, viale Liegi, 32, è elettivamente domiciliata;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Azienda e Mobilità Trasporti Bari, Azienda Metropolitana Trasporti Catania s.p.a., Azienda Trasporti per l’area metropolitana di Reggio Calabria, s.p.a., Azienda Trasporti Messina, Tiemme s.p.a., Autoservizi Irpini s.p.a., A.P.S. Holding s.p.a., F.T.V. s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avv.ti Massimo Malena, Bruno Bitetti, elettivamente domiciliate in Roma, Via Ovidio, 32, presso lo studio legale Malena &
Associati;

per l'annullamento

del provvedimento n. 25382 emesso dall'Autorità in data 25 marzo 2015 e notificato all'odierna ricorrente in data 27 marzo 2015;

di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, della Compagnia Trasporti Pubblici Spa, della Unipolsai Assicurazioni Spa, della Gruppo Torinese Trasporti Gtt. Spa, di Asstra Associazione trasporti e dell’Ania, Associazione nazionale per le imprese assicuratrici;

Visto l’atto di intervento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2015 la dott.ssa Roberta Cicchese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

E’ impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora in avanti anche Autorità o AGCM) ha ritenuto la sussistenza di una intesa tra la ricorrente, G Italia Spa, e la Unipolsai Assicurazioni Spa ed ha irrogato nei confronti della ricorrente una sanzione pari a 12.130.443 euro.

L’intesa avrebbe avuto ad oggetto “ il coordinamento per la non partecipazione alle procedure indette dalle aziende di trasporto pubblico locale .. per l’affidamento del servizio assicurativo responsabilità civile auto … al fine di fornire il servizio esclusivamente alle aziende già clienti, tramite procedure di affidamento meno rigide e senza confronto concorrenziale ”.

Con il primo motivo di doglianza la ricorrente ha lamentato violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE e dell’art. 3 della costituzione;
eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà e carenza di motivazione in ordine alla contestazione dell’intesa esclusivamente a carico di G e Unipolsai;
violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e dell’art. 14 della legge n. 287/1990.

La ricorrente sostiene che, una volta individuato l’oggetto dell’intesa nel mandare deserte le gare, la stessa non sarebbe configurabile se non supponendo il coinvolgimento di tutte le imprese potenzialmente interessate alla partecipazione alle gare.

Nel caso in esame invece parti dell’intesa sono stati considerati due soli operatori economici, rappresentanti nel loro insieme 30% - 40%, mentre le imprese rappresentanti il rimanente 60% – 70 % del mercato sono state qualificate irragionevolmente una mera “frangia competitiva”.

Con il secondo motivo di doglianza la ricorrente ha lamentato violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE, dell’art. 14 della legge n. 287/1990, dell’art. 14 del d.P.R. 217/1998 e dell’art. 3 della legge n. 241/1990;
eccesso di potere per carenza istruttoria in ordine alla prova dell’intesa e travisamento delle circostanze di fatto poste a fondamento della sanzione.

Il provvedimento impugnato sarebbe stato emesso in palese assenza dei presupposti idonei a far ravvisare la sussistenza di una intesa ed operando un inversione in ordine all’onere della prova, trasferendo sui ricorrenti l’onere della prova inversa pur in assenza di elementi idonei a provare la sussistenza di contatti tra le imprese, in concreto assenti o malamente desunti dai dati fattuali disponibili.

Con il terzo motivo di doglianza la ricorrente ha lamentato violazione e falsa applicazione dell’art. 20, comma 4, della legge n. 287/1990 e dell’art. 97 della Costituzione, eccesso di potere in ordine alla erronea interpretazione delle conclusioni rese dall’IVASS nel suo parere

L’Autorità non avrebbe né aderito, né motivatamente dissentito dal parere in questione, operando una selezione delle sole argomentazioni favorevoli all’asserita sussistenza dell’intesa, ponendo in essere in tal modo una interpretazione parziale del contenuto dello stesso.

Con il quarto motivo di doglianza la ricorrente ha lamentato, in via subordinata, violazione dell’art. 15 della legge n. 287/1990 e dell’art. 11 della legge n. 689/1981, eccesso di potere per violazione dell’art. 3 della costituzione e degli orientamento sul calcolo delle ammende-

Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo anche in punto di determinazione della sanzione, sia con riferimento al calcolo dell’ammontare base - illegittimamente identificato nel valore medio delle vendite realizzate nel triennio, anziché nel valore delle vendite realizzate nell’ultimo anno intero in cui la ricorrente avrebbe partecipato all’intesa, pur in assenza di quella incompletezza o inattendibilità che legittimano una deroga ai criteri normativi - sia nell’ascrivere la violazione al genus di quelle molto gravi, sia infine con riferimento alla durata della pretesa intesa.

Si è costituita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Si sono costituiti Compagnia Trasporti Pubblici Spa, Asstra Associazione trasporti e il Gruppo Torinese Trasporti Gtt. Spa, che hanno chiesto la reiezione del ricorso;
le pure costituite G Italia Spa e Ania, Associazione nazionale per le imprese assicuratrici, ne hanno chiesto invece l’accoglimento.

Azienda e Mobilità Trasporti Bari, Azienda Metropolitana Trasporti Catania s.p.a., Azienda Trasporti per l’area metropolitana di Reggio Calabria, s.p.a., Azienda Trasporti Messina, Tiemme s.p.a., Autoservizi Irpini s.p.a., A.P.S. Holding s.p.a. e F.T.V. s.p.a., sono intervenute ad opponendum.

Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Come visto nella narrazione in fatto, il provvedimento impugnato, adottato in esito ad un procedimento attivato su denuncia di alcune aziende di trasporto pubblico locale, ha ritenuto la sussistenza di una intesa tra G Italia Spa e Unipolsai Assicurazioni Spa, che si sarebbe realizzata nel settore merceologico dei servizi assicurativi per la responsabilità civile degli autoveicoli nello specifico ambito dei trasporti pubblici locali.

Il provvedimento ha evidenziato come per l’acquisizione di tali servizi le aziende sono obbligate a utilizzare procedure di evidenza pubblica, essendo il ricorso all’affidamento diretto consentito in ipotesi eccezionali, tra le quali, per quanto qui rileva, il caso di gara in cui tutte le offerte presentate siano irregolari o inammissibili o il caso in cui non venga presentata alcuna offerta.

La concertazione censurata avrebbe avuto ad oggetto proprio la mancata partecipazione alle gare, tale da consentire l’affidamento all’unico offerente o, in caso di gara deserta, l’affidamento all’impresa fornitore storico, a seguito di una contrattazione bilaterale e con l’ottenimento di condizioni migliori di quelle previste dal bando.

Le procedure di affidamento oggetto dell’intesa sarebbero state 58, bandite da 15 aziende di trasporto pubblico locale, di cui 56 andate deserte e 29 aggiudicate alla compagnia storica in quanto unica offerente.

Ai § 34 e 35 del provvedimento impugnato vengono sinteticamente descritte le emergenze istruttorie sulla cui base è stata ritenuta la sussistenza dell’intesa, più diffusamente esposte, poi, nel prosieguo dell’atto.

Esse sono costituite da:

a) analisi dei documenti e degli andamenti delle procedure bandite dalle aziende TPL coinvolte nel procedimento;

b) documenti interni alle compagnie e dichiarazioni rese in audizione che illustrano la politica assuntiva delle stessa;

c) esistenza di un gruppo di lavoro sul TPL istituito presso Ania all’interno del quale le parti si sarebbero scambiate informazioni sensibili al fine di coordinarsi sul mercato;

d) altri contatti orizzontali.

Esaminate le risultanze istruttorie acquisite, al § 176 e ss. il provvedimento afferma, dunque, la sussistenza di un intesa unica e complessa, che avrebbe avuto inizio quantomeno nel 2010, sarebbe durata fino al 29 maggio 2014 ed avrebbe avuto “ ad oggetto la non partecipazione a procedure di affidamento del servizio assicurativo RC Auto bandite da aziende TPL al fine di fornire il servizio esclusivamente alle aziende già in portafoglio, attraverso modalità di affidamento meno rigide e senza confronto concorrenziale ”.

L’intesa avrebbe avuto gradi di partecipazione variabile assumendo, comunque, nel suo insieme le caratteristiche della pratica concordata, presentando altresì dei momenti in cui la condotta delle parti, pur inserita in un contesto collusivo più ampio, avrebbe integrato gli estremi di un vero e proprio accordo anticoncorrenziale.

Sotto entrambi i profili si sarebbero conclusivamente realizzati tra le due imprese concorrenti quei contatti diretti o indiretti tali da far venir meno l’autonomia degli stessi nelle decisioni commerciali, alterando in tal modo le condizioni di concorrenza normali sul mercato di riferimento.

Il provvedimento poi, richiamate, al § 180, le pronunce giurisprudenziali secondo cui la prova dell’intesa può avere anche una natura indiziaria, ritiene provata la sussistenza dell’intesa in considerazione della ricorrenza di: a) un parallelismo di comportamenti;
b) numerosi contatti tra le imprese, avvenuti principalmente nell’ambito del gruppo di lavoro ANIA sul TPL, c) l’assenza di giustificazioni economicamente fondate circa la razionalità delle parti.

Venendo all’esame delle censure articolate dalla ricorrente conviene procedere dall’esame del secondo e del primo motivo di ricorso con il quale G ha sostenuto la non ricorrenza, nel caso di specie, di idonei indici rivelatori della asserita concertazione, la cui sussistenza sarebbe stata ritenuta dall’Autorità senza adempiere agli oneri probatori su di essa gravanti in base ai precetti normativi applicabili in materia e alla costante interpretazione che di quei principi hanno dato la giurisprudenza comunitaria e quella nazionale.

La ricorrente rileva come, secondo consolidata giurisprudenza nazionale ed europea, per dimostrare la sussistenza di una intesa vietata ai sensi dell’art. 101 TFUE nella forma della pratica concordata, quale quella ritenuta sussistente dall’Autorità, incomba sull’amministrazione l’onere della prova della sussistenza della collusione, basato sulla ricorrenza di elementi indiziari univoci e concordanti.

Richiamata poi la differenza tra elementi endogeni, collegati alla stranezza intrinseca della condotta, ed elementi esogeni, concernenti i rapporti esterni e dunque la prova di contatti tra le imprese e di scambi di informazioni sensibili, rileva poi la ricorrente come il provvedimento gravato abbia operato una illegittima inversione dell’onere della prova, avendo spostato sulle parti, pur in assenza di prove idonee a dimostrare la sussistenza del coordinamento, l’onere di fornire una spiegazione del comportamento economico tenuto alternativa rispetto alla illecita concertazione.

Nel caso in esame non vi sarebbe né prova di elementi esogeni idonei a dimostrare la sussistenza dell’intesa, né prova del fatto che i pretesi contatti siano avvenuti all’interno o in occasione del gruppo di lavoro istituito presso l’ANIA, il quale peraltro costituiva la sede istituzionale nella quale, su richiesta dell’IVASS e di ASSTRA, si discuteva delle principali criticità del settore del trasporto pubblico locale. Agli incontri, peraltro, partecipava sempre un rappresentante dell’istituto di vigilanza e le riunioni erano spesso tenute presso la sede dell’IVASS.

La ricorrente descrive quindi il contenuto degli incontri del gruppo di lavoro, rilevando come, dalla documentazione acquisita nel corso del procedimento, non emerga la ricorrenza di prove o di indizi sufficientemente univoci in ordine alla sussistenza della concertazione, prove e indizi del resto assenti anche negli altri documenti citati nel testo del provvedimento.

Quanto poi al parere ANIA nel quale è stata affermata l’insussistenza di un obbligo di contrarre in materia di servizi assicurativi prestati ad aziende di trasporto pubblico locale, nel redigere il quale l’associazione si sarebbe piegata, secondo la prospettazione di AGCM, ai desiderata di G e Unipol, la ricorrente osserva come l’affermazione sia assolutamente priva di supporto documentale, non esistendo agli atti del procedimento evidenze di discussioni tra compagnie concorrenti nell’ambito del gruppo di lavoro o all’esterno di esso sullo specifico tema dell’’obbligo di contrarre.

Il tema risulta trattato solo in mail interne ai singoli gruppi societari e la paternità dell’elaborazione finale del provvedimento è del gruppo consultivo legale di Ania e non al gruppo di lavoro.

La ricorrente esprime poi le ragioni per le quali ritiene il settore dei servizi assicurativi per la responsabilità civile a favore delle aziende di trasporto pubblico locale privo di rimuneratività, sottoponendo a critica la diversa affermazione contenuta nel provvedimento impugnato e rappresentando le ulteriori ragioni di complessiva non appetibilità dei corrispondenti contratti, collegata alla immodificabilità dei bandi e alla situazione di crisi economica delle stazioni appaltanti.

Sotto altro profilo la ricorrente rappresenta come, una volta individuato l’oggetto dell’intesa nel mandare deserte le gare, la stessa non sarebbe configurabile se non ipotizzando il coinvolgimento di tutte le imprese potenzialmente interessate alla partecipazione alle gare.

In sostanza l’accordo tra due sole imprese del comparto non sarebbe stato strutturalmente idoneo a garantire il conseguimento del risultato asseritamente perseguito.

La diversa ricostruzione proposta dall’Autorità, e secondo cui Unipol e G avrebbero operato “ nella consapevolezza che le altre compagni non avrebbero disturbato il meccanismo ” denuncerebbe chiaramente il vizio logico da cui è affetta l’intera ricostruzione, tanto più che il provvedimento medesimo riconosce che le parti dell’asserita intesa detengono complessivamente una quota di mercato pari solo al 30% - 40%.

La rappresentata contraddittorietà della ricostruzione dell’Autorità sarebbe confermata anche dalle argomentazioni spese a livello probatorio, atteso che i pretesi contatti realizzati all’interno dei gruppi di lavoro all’interno di Ania che precedevano gli incontri con ASSTRA vedevano la partecipazione anche di altre compagnie.

Del tutto irragionevole, infine, si presenterebbe la qualificazione delle imprese rappresentati il restante 60% – 70 % del mercato come una “frangia competitiva”

La prospettazione deve essere condivisa.

Come noto l’art. 101 del T.F.U.E. (così come l’art. 2 della legge n. 287/1990) stabilisce che sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni d’imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno.

La funzione della disposizione è quella di tutelare la concorrenza sul mercato al fine di garantire il benessere dei consumatori e un’allocazione efficiente delle risorse.

Ne deriva che, sulla base dei principi comunitari e nazionali in materia di concorrenza, ciascun operatore economico debba determinare in maniera autonoma il suo comportamento economico nel mercato di riferimento.

Nel fare ciò l’operatore terrà lecitamente conto delle scelte imprenditoriali note o presunte dei concorrenti, non essendogli, per contro, consentito instaurare con gli stessi contatti diretti o indiretti aventi per oggetto o per effetto il creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato.

Tali contatti vietati possono rivestire la forma dell’accordo ovvero quella delle pratiche concordate.

Mentre la fattispecie dell'accordo ricorre quando le imprese abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo, la pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all'attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza (Consiglio di Stato, sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4123)

L’esistenza di una pratica concordata, considerata l’inesistenza o la estremamente difficile acquisibilità della prova di un accordo espresso tra i concorrenti, viene quindi ordinariamente desunta dalla ricorrenza di determinati indici probatori dai quali inferire la sussistenza di una sostanziale finalizzazione delle singole condotte ad un comune scopo di restrizione della concorrenza.

In materia è dunque ammesso il ricorso a prove indiziarie, purché le stesse, come più volte affermato in giurisprudenza, si fondino su indizi gravi, precisi e concordanti.

Sempre in materia probatoria va poi considerata la distinzione tra elementi di prova endogeni, afferenti l’anomalia della condotta delle imprese, non spiegabile secondo un fisiologico rapporto tra di loro, ed elementi esogeni, quali l'esistenza di contatti sistematici tra le imprese e scambi di informazioni.

La differenza tra le due fattispecie e correlative tipologie di elementi probatori - endogeni e, rispettivamente esogeni - si riflette sul soggetto, sul quale ricade l'onere della prova: nel primo caso, la prova dell'irrazionalità delle condotte grava sull'Autorità, mentre, nel secondo caso, l'onere probatorio contrario viene spostato in capo all'impresa.

In particolare, qualora, a fronte della semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti sul mercato, il ragionamento dell'Autorità sia fondato sulla supposizione che le condotte poste a base dell'ipotesi accusatoria oggetto di contestazione non possano essere spiegate altrimenti se non con una concertazione tra le imprese, a queste ultime basta dimostrare circostanze plausibili che pongano sotto una luce diversa i fatti accertati dall'Autorità e che consentano, così, di dare una diversa spiegazione dei fatti rispetto a quella accolta nell'impugnato provvedimento.

Qualora, invece, la prova della concertazione non sia basata sulla semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti, ma dall'istruttoria emerga che le pratiche possano essere stati frutto di una concertazione e di uno scambio di informazioni in concreto tra le imprese, in relazione alle quali vi siano ragionevoli indizi di una pratica concordata anticoncorrenziale, grava sulle imprese l'onere di fornire una diversa spiegazione lecita delle loro condotte e dei loro contatti (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 13 maggio 2011, n. 2925).

Facendo applicazione di tali principi generali alla fattispecie concreta, ritiene il collegio che il provvedimento sanzionatorio, come prospettato dalla ricorrente, sia effettivamente basato su singole evidenze prive di univoca valenza e di idoneo valore probatorio, che l’Autorità ha inteso rendere significative sulla base di un ragionamento circolare nel quale le argomentazioni utilizzate hanno spesso una struttura presuntiva, alla quale si fa, tuttavia ricorso in assenza dei necessari presupposti logici o fattuali.

In sostanza difetta, nel caso di specie, quella basilare individuazione di dati noti e incontrovertibili, anche solo in punto di richiamo ad una regola logica o economica, che consente il ricorso all’utilizzo della presunzione, cosicché l’intero iter argomentativo utilizzato, nel quale ciascuna presunzione individua il fatto noto in una precedente presunzione, presenta quella struttura tautologica e circolare che la ricorrente ha inteso contestare.

Ed infatti, proprio in materia di utilizzo del ragionamento presuntivo nel procedimento antitrust, la giurisprudenza ha rilevato come “ Ciò che determina l'attendibilità del convincimento sul fatto ignoto (l'intesa illecita) non è la categoria in cui la prova può essere collocata, ma è il contenuto ed il fondamento della regola di inferenza posta a garanzia delle argomentazioni accolte ”, con la conseguenza che la prova indiretta deve fare necessariamente “ applicazione di una regola fondata su criteri universalmente accettati o comunque adeguatamente motivati con argomentazioni non contraddette ” (Consiglio di Stato, sez. VI, 25 marzo 2009, n. 1794).

Né vale osservare, come fa la difesa erariale, che la critica ai provvedimenti antitrust non può essere atomistica, atteso che nel caso in esame la critica di parte non solo investe la totalità degli aspetti motivazionali relativi all’apparato probatorio utilizzato nel provvedimento, ma riguarda anche lo stesso procedimento logico di collegamento tra gli stessi, il quale, come già affermato dal giudice amministrativo, deve individuare una ipotesi ricostruttiva che risponda al criterio della cd. congruenza narrativa, che ricorre quando l’ipotesi proposta dall’Autorità risulti sorretta da plurimi indizi concordanti e sia l'unica a dare un senso accettabile alla “ storia ” che si propone per la ricostruzione della intesa illecita (Consiglio di Stato, sent. 1794/2009, cit).

Del resto la necessaria valutazione globale dell’iter argomentativo dell’atto, criterio interpretativo sicuramente idoneo a determinare l’irrilevanza di contestazioni capziose attinenti a singoli e marginali aspetti della struttura motivazionale dell’atto, non può essere dilatata al punto di tradursi in una sostanziale attenuazione dell’onere probatorio gravante sull’Autorità, dovendo, di conseguenza, ritenersi lecito e necessario verificare la valenza probatoria dei singoli elementi addotti dall’amministrazione a prova dell’intesa, laddove le carenze probatorie lamentate attengano ad elementi essenziali della collusione o laddove, attraverso gli stessi, ci si prefigga di valutare la congruenza della intera ricostruzione.

Peraltro, proprio in forza del medesimo principio di valutazione globale della fattispecie ritenuta meritevole di sanzione, la giurisprudenza ha rilevato come non occorra, nell’esame di un provvedimento sanzionatorio in materia di violazione della concorrenza, una disamina puntuale e analitica di ciascun argomento utilizzato nel provvedimento alla luce delle censure del ricorrente e delle repliche dell’amministrazione, laddove le contestazioni spese dal destinatario dell’atto appaiano corrette “ nella loro presenza e misura, nell’insieme cospicua: tale cioè da rendere verosimile, secondo ragionevolezza, la decisione sua e delle altre compagnie ” di tenere un determinato comportamento economico (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 7 maggio 2014, sent. n. 4731)

Pertanto, analizzando, sinteticamente, le censure spese in ricorso, deve, in primo luogo, rilevarsi come non possa ritenersi dubbio, sulla base della documentazione versata in atti, che il gruppo di lavoro costituisca una modalità ordinaria di funzionamento dell’ANIA e che nel caso specifico la sua concreta istituzione e attività sia stata posta in essere su sollecitazione dell’IVASS.

In assenza di prove documentali di diverso segno, allora, risulta assolutamente assertiva l’affermazione, contenuta nei § 110 ss del provvedimento, secondo cui i comportamenti economici illeciti contestati alle parti sarebbero stati condivisi dalle stesse nell’ambito dell’Associazione Nazionale fra le imprese assicuratrici e che gli elementi acquisiti nel corso delle ispezioni farebbero emergere “ che le parti hanno avuto numerosi contatti nel corso dei quali sono state scambiate informazioni in merito agli andamenti della gare e ai comportamenti e ai comportamenti da assumere in relazione alle stesse ”.

Alla assenza di intrinseca univocità del mero elemento dell’esistenza del gruppo di lavoro, va poi aggiunto il dato, pure incontestato nel provvedimento, per cui Unipol e G sono state entrambe presenti a due sole riunioni su sei del gruppo di lavoro e che a tali incontri erano sempre presenti soggetti terzi rispetto ai rappresentanti delle due imprese parti del procedimento.

Né può ritenersi, anche qui in assenza di ulteriori elementi concreti, che tali incontri abbiano costituito l’occasione per lo scambio di informazioni riservate, atteso che l’affermazione, per come formulata, appare assolutamente apodittica.

La ricostruzione della ricorrente va pure condivisa nella parte in cui evidenzia l’assenza di documentazione idonea a provare che il supposto lo scambio di informazioni sensibili dal punto di vista antitrust, asseritamente avvenuto nell’ambito o in occasione del gruppo di lavoro, abbia avuto ad oggetto le strategie economiche da tenere in relazione ad una o più delle 58 ritenute rilevanti.

Dal pari condivisibile è l’affermazione di parte secondo cui il provvedimento fornisce letture parziali o decontestualizzate di alcuni documenti, che solo a seguito di tale ortopedizzazione acquistano la pretesa valenza probatoria (emblematica in tal senso è la citazione al § 217, di un report Fondiaria del 17 ottobre 2011 in cui risulta sottolineata l’espressione attività “di scambio e di concertazione”, sicuramente suggestiva, senza che poi si tenga conto del tenore complessivo della nota che riferisce le suddette attività allo studio delle criticità del mercato).

L’utilizzo, anche in altri casi, della tecnica della citazione parziale e suggestiva delle acquisizioni documentali, al fine di enfatizzare messaggi non univocamente desumibili dai testi da cui sono tratti, del resto, conferma la ricorrenza, nel provvedimento in esame, di un’impostazione interpretativa nella quale le emergenze istruttorie sono state spesso oggetto di una lettura orientata, coerente con l’impianto accusatorio iniziale.

Passando all’esame della circolare ANIA, va ancora condivisa la contestazione operata in ricorso al rilevante significato probatorio ad essa attribuito nel provvedimento gravato.

La circolare, infatti, è un atto imputabile all’associazione, di cui fanno parte tutte le imprese del settore assicurativo, e il contenuto della stessa - di interesse di tutti gli associati, che hanno indiscutibilmente tenuto, in relazione alle gare contestate, comportamenti di mancata partecipazione alle gare, coincidenti con quelli delle parti - è stato elaborato dal gruppo consultivo legale ANIA.

Non addentrandosi nel merito della questione della sussistenza o meno di un obbligo di contrarre in materia di gare per l’affidamento dei servizi assicurativi nel trasporto pubblico locale - in quanto estraneo all’oggetto del presente giudizio - va poi rilevato come il contenuto della circolare, sicuramente espresso in ordine ad una fattispecie di estrema complessità, proponeva una interpretazione quantomeno plausibile del dettato normativo, confermato, a quella data , da una conforme interpretazione IVASS (contenuto nella comunicazione del 31 ottobre 2002), ciò che rende ancora meno verosimile la ritenuta valenza strumentale della circolare e la riferibilità della medesima ai desiderata di due sole imprese del settore.

Analoga assenza di valenza probatoria va poi riferita a tutta la documentazione, ampiamente richiamata nel provvedimento e negli scritti difensivi dell’Autorità, concernente la documentazione infragruppo acquisita nel corso del procedimento.

La stessa, consistente in corrispondenza interna tra diversi livelli operativi appartenenti al medesimo operatore economico, è prova solo della determinazione di ciascun operatore di non partecipare alle gare e può essere plausibilmente letta in termini di automa determinazione economica, anche in considerazione del fatto che i citati documenti non contemplano né menzionano aspetti di coordinamento con altri operatori del settore.

Del pari non probanti, infine, appaiono i documenti citati in relazione alla sussistenza di “ altri contatti ”.

Ulteriori e ancor più radicali criticità probatorie e argomentative affliggono la parte di provvedimento che rileva la presenza di un parallelismo tra le condotte delle parti.

Sul punto deve in primo luogo ricordarsi come la mancata partecipazione alla quasi totalità delle gare prese in esame nel provvedimento abbia riguardato anche le altre imprese operanti nel settore.

Tale dato di fatto, oltre a fornire più che un argomento alla tesi di parte ricorrente, sulla non appetibilità dei contratti di assicurazione con le aziende di trasporto pubblico locale, su cui si tornerà dopo, è in ogni caso indice di una mancanza di peculiarità, e quindi di rilevanza ai fini antitrust, del comportamento tenuto dai due operatori considerati parti dell’intesa.

Ove invece si dovesse ritenere sussistente una profittabilità dei contratti, non si comprende, da un punto di vista logico, in che modo le parti del provvedimento qui impugnato avrebbero concordato una strategia comune tale da individuare, in assenza di una più ampia, ma non contestata, intesa estesa agli altri operatori, una condotta astrattamente idonea a produrre il risultato della conferma del fornitore storico.

Infatti, l’astratta idoneità dell’accordo a conseguire un risultato di alterazione della concorrenza è comunque necessaria, dal punto di vista dell’analisi economica, al fine di configurare un’intesa, anche solo per oggetto.

Pertanto o si ammette che la mancata partecipazione delle altre imprese, spesso invitate alle singole procedure a trattativa privata e comunque non escluse a norma dei bandi di evidenza pubblica, fosse determinata da ragioni di non appetibilità dell’offerta (e allora non si comprende perché analoga valutazione non avrebbe potuto essere lecitamente alla base delle scelte operate da G e da Unipol), oppure si deve ritenere che gli ulteriori operatori economici fossero a loro volta parte della pratica concordata, atteso che un accordo tra imprese che non siano, ciascuna per sé o addirittura insieme, tali da non rappresentare una parte significativamente maggioritaria di un settore, è strutturalmente inidoneo a produrre, anche solo in astratto e quindi a livello di mero oggetto, un effetto distorsivo sulla concorrenza.

Con riferimento a tale ultimo profilo, va pure considerato come, in punto di analisi economica, il provvedimento non abbia dato sufficiente peso alla particolare struttura del mercato di riferimento, il quale induce all’instaurazione di un rapporto tendenzialmente di lunga durata, per ragioni ampiamente dedotte della parti nel corso del procedimento ed approfondite in vari scritti, anche di provenienza ASSTRA.

Sempre in punto di parallelismo, poi, va rilevata la non plausibilità della qualificazione in termini di frangia competitiva di un numero di operatori tali da rappresentare il 70 – 60 % del mercato, attesa la palese assenza di marginalità del fenomeno.Va ancora considerato come non appare condivisibile quanto affermato nel provvedimento in punto di assenza di giustificazioni alternative al comportamento tenuto dalle parti.

Innanzi tutto, anche alla luce della più volte richiamata mancata partecipazione alle gare delle altre imprese assicuratrici, non è corretto affermare che la dimostrazione, da parte delle imprese, di aver adottato politiche e strategie autonome doveva necessariamente consistere (§ 233) nella formulazione di quotazioni nelle gare ritenute profittevoli e in quelle espletate senza base d’asta.

Neppure può poi essere condivisa l’affermazione dell’Autorità secondo cui la profittabilità andava determinata con riferimento alle singole gare e non al settore. Tale ricostruzione, infatti, non tiene conto del fatto che, a livello di programmazione aziendale, specie in strutture di grandi dimensioni, la redditività del settore è un indice che condiziona le scelte strategiche (in ordine ad una determinata area del settore assicurativo) e le spese corrispondenti.

Sempre in punto di considerazione di spiegazioni economiche alternative, il provvedimento pare aver troppo sinteticamente superato i problemi relativi all’organizzazione delle procedure di aggiudicazione in punto di carenza di informazioni e di rigidità delle condizioni previste nei bandi, note nel settore tanto da essere oggetto di discussione e di studio anche in scritti di provenienza altamente qualificata richiamati in atti, nonché le condizioni di dissesto e crisi economica delle aziende di TPL, oggetto di numerosi articoli di stampa.

Alla luce di quanto esposto, di conseguenza, la circostanza per cui all’esito delle gare le sole società facenti capo alle imprese Unipol e G abbiano ottenuto l’affidamento del servizio in 29 procedure su 56, appare privo della specifica univocità ritenuta in provvedimento.

Considerato dunque che il provvedimento sanzionatorio si basa, in ultima analisi, sulla semplice coincidenza degli esiti di determinate gare, ritiene il Collegio la ricostruzione fattuale e logica posta a base del provvedimento e secondo cui tali esiti dipenderebbero dalla concertazione di due tra le imprese presenti nel settore di riferimento non sia l'unica plausibile, e che “ l'Autorità non sia stata in grado di superare le spiegazioni alternative al riguardo avanzate dalle imprese originarie ricorrenti - i cui effetti sono, peraltro, da valutare non in modo atomistico, ma in modo unitario e contestuale -, poggiate su un'analisi economica che porta alla conclusione ” che la riscontrata mancata partecipazione alle gare “ sia riconducibile a scelte indipendenti ed autonome delle imprese ” assicuratrici presenti nel mercato in esame (Consiglio di Stato, sent. 4123/2015, cit.)

L’assenza di prove documentali dirette, la presenza di più d’una affermazione apodittica, la ritenuta neutralità di un comportamento identico tenuto da numerosi concorrenti, il ricorso allo strumento della presunzione pur in assenza della gravità degli indizi, le notorie difficoltà del settore economico nel quale si sarebbe realizzata l’impresa, la valenza assolutamente non maggioritaria della porzione di mercato detenuta dalle parti, comportano, in sintesi, che la ricostruzione proposta nel provvedimento impugnato non appaia l'unica plausibile, con la conseguente inconfigurabilità della fattispecie anticoncorrenziale contestata con l'impugnato provvedimento, neppure sotto il profilo della pratica concordata.

I comportamenti posti in essere dalla ricorrente, di conseguenza, possono ragionevolmente essere ricondotti a decisioni unilaterali dell’impresa riconducibili ad una risposta razionale ad input economici di valenza obiettiva e non ad una fattispecie collusiva.

Diversamente opinando l’ipotesi descritta dall’art. 101 TFUE, si risolverebbe “ in una situazione rilevabile attraverso l'accertamento ex post degli effetti oggettivi prodotti dalle condotte autonome lecite degli operatori del mercato, svincolata da qualsiasi elemento di colpevolezza, determinando solo la presenza anche di quest'ultima componente l'illiceità piena di un comportamento anticoncorrenziale ai sensi della disciplina comunitaria e nazionale, che possa dar luogo all'applicazione di sanzioni pecuniarie ” (Consiglio di Stato, sent. 4123/2015, cit.).

In conclusione il ricorso va accolto, con assorbimento di ogni altra censura, e per l’effetto il provvedimento impugnato va annullato.

Le spese di lite possono essere compensate in ragione della complessità della vicenda.

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