TAR Ancona, sez. I, sentenza 2011-06-10, n. 201100448
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N. 00448/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01635/1993 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1635 del 1993, proposto da:
D C W, rappresentato e difeso dall'avv. F M, con domicilio eletto presso Avv. Vania Morbidoni in Ancona, corso Stamira, 24;
contro
Comune di Porto San Giorgio, rappresentato e difeso dall'avv. M O, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, via della Loggia, 24;
per l'annullamento
dell’ordinanza 22.10.1993 n. 149 con la quale viene disposta la cessazione immediata dell’attività di parrucchieria esercitata senza la prescritta autorizzazione nei locali in via XX Settembre.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Porto San Giorgio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2011 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
È impugnata l’ordinanza 22.10.1993 n. 149 con la quale viene disposta la cessazione immediata dell’attività di parrucchieria esercitata senza la prescritta autorizzazione nei locali in via XX Settembre.
Al riguardo il ricorrente deduce eccesso di potere sotto svariati profili, evidenziando quanto segue:
- che si trattava della medesima attività precedentemente svolta nei locali in via Verdi n. 32, in relazione alla quale era stata presentata istanza di trasferimento, successivamente accolta come da comunicazione del Sindaco in data 16.12.1992 prot. 30123, benché il rilascio materiale dell’autorizzazione a detto trasferimento era subordinato alla presentazione di alcuni documenti (termine di presentazione poi prorogato in data 8.4.1993);
- che in data 8.9.1993 veniva rilasciata, dallo stesso Sindaco, l’autorizzazione sanitaria per l’attività in esame nei locali in via XX Settembre;
- che il ricorrente aveva quindi maturato un legittimo affidamento sull’intervenuta autorizzazione al trasferimento;
- che l’ordinanza si fonda su un presupposto errato, poiché alla data di redazione del rapporto del Comando di Polizia municipale (22.3.1993) non era stata aperta l’attività, in quanto i relativi locali di via XX Settembre erano in fase di ristrutturazione;
- che, in ogni caso, l’art. 12 del Regolamento Comunale per l’attività di barbiere e parrucchiere non sottopone il trasferimento al regime autorizzatorio discrezionale, ma al solo deposito dei prescritti documenti dalla notifica dell’avviso di accoglimento della domanda.
Si è costituito in giudizio il Comune di Porto San Giorgio per contestare, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto.
All’udienza del 26.5.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato.
Va innanzitutto osservato che, a norma del richiamato art. 12 del Regolamento comunale, il trasferimento dell’attività non può considerarsi attività libera, ma soggetta al regime autorizzatorio subordinato all’accertamento della sussistenza di tutti i prescritti i requisiti.
Nel caso specifico, la comunicazione in data 16.12.1992 non poteva equivalere al formale provvedimento autorizzatorio di cui al citato art.12, poiché veniva chiaramente indicato, nella stessa, che l’effettivo rilascio dell’autorizzazione era subordinato alla produzione di una serie di documenti riguardanti, tra l’altro, i nuovi locali, sotto il profilo sanitario, di destinazione d’uso e di disponibilità da parte del ricorrente.
Di tali documenti risulta essere stata prodotta solo l’autorizzazione sanitaria (acquisita in data 8.9.1993), per cui non solo l’attività veniva esercitata, in via XX Settembre, senza la formale autorizzazione al trasferimento ma, altresì, senza che si fossero verificati tutti i presupposti per il relativo rilascio.
Riguardo poi alla data (22.3.1993) del rapporto del Comando di Polizia municipale, pare circostanza irrilevante (indipendentemente dal fatto che potrebbe trattarsi di errore materiale come sembra emergere dal documento n. 5 depositato dal Comune in data 2.12.1993), poiché se fosse effettivamente vero che il provvedimento impugnato riguardava un’attività non ancora avviata, il ricorrente non avrebbe interesse a dolersi del relativo ordine di cessazione.
La particolarità della vicenda in esame costituisce, tuttavia, giustificata ragione per disporre la compensazione delle spese tra le parti.