TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2014-12-15, n. 201412664

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2014-12-15, n. 201412664
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201412664
Data del deposito : 15 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09694/2014 REG.RIC.

N. 12664/2014 REG.PROV.COLL.

N. 09694/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9694 del 2014, proposto da:
F D A, rappresentato e difeso dall'avv. V T, con domicilio eletto presso V T in Roma, Via Lorenzo il Magnifico, 122 Int.;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

M G, rappresentata e difesa dagli avv.ti A C e S R, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, Via Portuense, 104;

per l'annullamento

dell'atto di proclamazione degli eletti alle elezioni dei membri del parlamento europeo, svolte il 25.05.2014;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e di M G;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2014 il dott. Antonio Vinciguerra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il presente ricorso il sig. F D A, che agisce in qualità di candidato non eletto, premesso che in data 25 maggio 2014 si sono svolte le elezioni dei rappresentanti dell'Italia al Parlamento europeo, espone di aver partecipato alle predette elezioni come candidato per la lista Partito Democratico, presentandosi nella circoscrizione Italia Centrale. Lamenta, quindi, che in base ai criteri stabiliti dall'art. 21 della L. n. 18/1979 alla sua lista sarebbe dovuto essere attribuito almeno un seggio in più uno nella circoscrizione ove era candidato, e un seggio in meno alla stessa lista nella circoscrizione Italia Insulare, invece assegnato alla sig.ra M G (chiamata in causa nel presente giudizio come parte controinteressata).

Nello specifico, il ricorrente si duole della violazione e della falsa applicazione dell’art. 21, comma 1° n. 3), della L. n. 24.1.1979 n. 18 e dell’art. 83, comma 1° n. 8), del D.P.R. n. 361/1957.

Deduce che ha errato l'Amministrazione nell’aderire aderito alla lettura applicativa fornita dalla decisione 13.5.2011 n. 2886 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con soluzione ripresa dal parere 5.12.2013 della Prima Sezione.

In sintesi, il ricorrente contesta la validità del criterio affermato nelle richiamate pronunce del Consiglio di Stato, negando l’applicabilità analogica della disposizione prevista per le elezioni della Camera dei Deputati dall’art. 83 cit., la quale individua un principio di rappresentanza territoriale nel definire il numero dei seggi da assegnare in ciascuna circoscrizione rapportandolo alla popolazione residente, a differenza di quanto prescritto dall’art. 21 della L. n. 18/1979 per le elezioni al Parlamento europeo, che prevede una possibile trasmigrazione di seggi da una circoscrizione all'altra in rapporto al numero dei votanti. Dunque, argomentano i ricorrenti, la modifica all’art. 2 della L. n. 18/1979, intervenuta con L. n. 61/1984, non ha inciso sul sistema di riparto di cui all’art. 21.

A sostegno della tesi rileva che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 271/2010 aveva dichiarato l'inammissibilità delle censure di legittimità mosse avverso l'art. 21 della L. n. 18/1979, evidenziando che il meccanismo correttivo su base di proporzionalità territoriale di cui all’art. 83, comma 1° n. 8), del D.P.R. n. 361/1957 “ rappresenta soltanto uno dei diversi possibili meccanismi in grado di ridurre l’effetto di slittamento di seggi da una circoscrizione all’altra. Ma non può che spettare al legislatore individuare, con specifico riferimento all’organo rappresentativo preso in considerazione, la soluzione più idonea a porre rimedio alla lamentata incongruenza della disciplina ”.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Interno e la sig.ra M G, per resistere al gravame.

All'udienza di discussione del 4 dicembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione ed è stato pubblicato il dispositivo.

DIRITTO

La questione prospettata dal ricorrente ha già trovato esame dinanzi a questo Tribunale e successivamente davanti al Consiglio di Stato in sede di appello.

Nella fattispecie - procedimento N.R.G. 6378/2009 - allora sottoposta all'esame del Collegio, partendo da una prospettazione radicalmente opposta a quella dell’odierno ricorrente, il ricorrente si doleva del contrasto dell'art. 21 della L. n. 18/1979, nella parte in cui non prevedeva meccanismi di salvaguardia del riparto dei seggi per ogni singola circoscrizione con i principi comunitari che – differentemente da quanto affermato dal ricorrente nella controversia in esame - tutelano la rappresentatività territoriale proporzionale sulla base della popolazione residente e con il principio della cd. "proporzionalità degressiva", attuato con il D.P.R. del 1° aprile 2009.

Questo Tribunale, pertanto, riteneva di dover deferire la questione all'esame della Corte Costituzionale, onde valutarne la compatibilità con i principi espressi nella Carta Fondamentale.

Il Giudice delle Leggi, tuttavia, con la sentenza n. 271/2010, nel dichiarare inammissibile la questione, affermava quanto segue:

" Il legislatore italiano, cui, come chiarito, spetta disciplinare la materia in attesa che l'Unione europea introduca una procedura uniforme, ha optato per un sistema elettorale proporzionale a collegio unico nazionale, articolato in circoscrizioni, nell'ambito delle quali devono essere presentate le liste. Peraltro, la legge n. 18 del 1979, nella sua versione originaria, non assegnava a ciascuna circoscrizione un determinato numero di seggi in base alla popolazione residente, limitandosi ad indicare il numero minimo e massimo di candidati per lista. Nelle elezioni del 1979, quindi, la distribuzione dei seggi fra le circoscrizioni avvenne in ragione dei voti espressi in ciascuna di esse, secondo la disciplina oggi censurata. Le liste presentate nelle circoscrizioni meridionali e insulari, a causa anche della minore partecipazione alla votazione, ottennero un numero di seggi inferiore a quello che ad esse sarebbe spettato in proporzione alla popolazione residente nelle medesime circoscrizioni. Per tentare di rimediare a questo inconveniente, con la legge n. 61 del 1984, il legislatore ha modificato l'art. 2 della legge n. 18 del 1979, prevedendo espressamente che a ciascuna circoscrizione venga assegnato un numero di seggi proporzionale alla popolazione in essa residente. La legge n. 61 del 1984, però, non ha tratto tutte le conseguenze dalla assegnazione dei seggi alle circoscrizioni in base alla popolazione. Essa, infatti, ha lasciato inalterata la disciplina censurata, che, ai fini della distribuzione dei seggi fra le circoscrizioni, considera il rapporto fra la cifra elettorale circoscrizionale della lista e il quoziente elettorale nazionale di lista, anziché il quoziente circoscrizionale ";

" dal 1984 in poi, pertanto, nella disciplina elettorale italiana per il Parlamento europeo, convivono due ordini di esigenze: da un lato, l'assegnazione dei seggi nel collegio unico nazionale in proporzione ai voti validamente espressi;
dall'altro, la distribuzione dei seggi fra le circoscrizioni in proporzione alla popolazione. Il primo riflette il criterio della proporzionalità politica e premia la partecipazione alle consultazioni elettorali e l'esercizio del diritto di voto. Il secondo riflette il principio della rappresentanza c.d. territoriale, determinata in base alla popolazione (ma astrattamente determinabile anche in base ai cittadini, o agli elettori, o in base a una combinazione di tali criteri).

Tali ordini di esigenze, però, sono difficilmente armonizzabili e, anzi, non possono essere fra loro perfettamente conciliati. Esistono, tuttavia, diversi possibili meccanismi correttivi che, senza modificare la ripartizione proporzionale dei seggi in sede di collegio unico nazionale, riducono l'effetto traslativo lamentato dal rimettente, cioè lo scarto fra seggi conseguiti nelle circoscrizioni in base ai voti validamente espressi e seggi ad esse spettanti in base alla popolazione. Questi meccanismi, peraltro, conseguono tale obiettivo al prezzo di alterare, in maggiore o minore misura, il rapporto proporzionale fra voti conseguiti e seggi attribuiti a ciascuna lista nell'ambito della singola circoscrizione. Ma il legislatore, sia nel 1984 che nelle successive occasioni in cui ha riesaminato la disciplina elettorale in questione, non ha introdotto un meccanismo correttivo, con la conseguenza che, nonostante il disposto dell'art. 2 della legge n. 18 del 1979, come modificato nel 1984, il riparto dei seggi fra le circoscrizioni ha continuato ad avvenire, come in precedenza, in proporzione ai voti validi, a prescindere dalla previa assegnazione in ragione della popolazione. Anche dai lavori preparatori della legge n. 61 del 1984 emerge la consapevolezza, da parte del legislatore, che la finalità di rispettare la previa assegnazione dei seggi in proporzione alla popolazione avrebbe richiesto una più ampia revisione della disciplina contenuta negli artt. 21 e 22 della legge n. 18 del 1979. Ciò non è però avvenuto, né allora, né successivamente, quando, con la legge n. 10 del 2009, il legislatore si è limitato ad introdurre la soglia di sbarramento, oltretutto calcolandola «sul piano nazionale ";

" il Collegio rimettente sollecita una pronuncia che abbia come effetto l'introduzione, ad opera di questa Corte, di un sistema di distribuzione dei seggi fra le circoscrizioni che, a differenza di quello previsto dalla disposizione censurata, sia rispettoso del riparto previamente effettuato in base alla popolazione ai sensi dell'art. 2 della legge n. 18 del 1979. Ma il giudice a quo non precisa quale dei possibili sistemi dovrebbe essere introdotto per contemperare il principio della proporzionalità politica con quello della rappresentanza territoriale. Alla disciplina prevista, per la Camera dei deputati, dall'art. 83, comma 1, n. 8, del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), che secondo alcune parti private intervenute nel giudizio costituzionale potrebbe applicarsi in virtù del rinvio di cui all'art. 51 della legge n. 18 del 1979, il Collegio rimettente, in realtà, riserva solo un breve cenno, in quella parte dell'ordinanza di rimessione in cui riferisce le tesi dei ricorrenti nei giudizi principali. In ogni caso, va detto che tale disciplina rappresenta soltanto uno dei diversi possibili meccanismi in grado di ridurre l'effetto di slittamento di seggi da una circoscrizione all'altra. Ma non può che spettare al legislatore individuare, con specifico riferimento all'organo rappresentativo preso in considerazione, la soluzione più idonea a porre rimedio alla lamentata incongruenza della disciplina censurata. In presenza di una pluralità di soluzioni, nessuna delle quali costituzionalmente obbligata, questa Corte non potrebbe sostituirsi al legislatore in una scelta ad esso riservata (fra le più recenti, sentenza n. 58 del 2010;
ordinanze n. 59 e n. 22 del 2010)
".


In esito alla decisione della Corte, il Tribunale adito non riteneva di poter condividere la pretesa di parte ricorrente nel senso di ottenere un'interpretazione conforme ai richiamati principi comunitari recepiti anche dall'art. 2 della L. n. 18/1979 (come modificata dalla L. n. 61/1984), con la contestuale applicazione, per la medesima parte, del sistema previsto per la Camera dei Deputati, sulla base del rinvio sopra prospettato, al fine di rendere reciprocamente tra loro compatibili l'art. 2 e l'art. 21 della L. n. 18/79, salvaguardando contestualmente sia la rappresentanza politica proporzionale - dato che il numero dei seggi attribuito a ciascuna lista resterebbe inalterato - sia il principio della rappresentanza proporzionale territoriale.

Tuttavia, in riforma della decisione assunta con la sentenza n. 68636/2010, il Consiglio di Stato, con la decisione n. 2886/2011, ha evidenziato la portata innovatrice dell'art. 2 della L.. n. 18/1979, come riformulato dall'art.. 1 della L. 9 aprile 1984 n. 61.

Infatti a riguardo il giudice d'appello evidenziava che, mentre " la disciplina recata dall'art. 21 faceva … dipendere interamente l'assegnazione e la distribuzione dei seggi da un criterio di proporzionalità puramente politica, basata cioè sul numero dei voti conseguiti, senza accordare alcun effettivo spazio alla proporzionalità territoriale, che invece tende ad assicurare un'adeguata corrispondenza con il numero dei residenti nei territori interessati ", dunque privilegiando, " le aree territoriali che esprimono una maggiore affluenza al voto, e per contro conduce ad una sotto -rappresentazione di quelle più colpite dall'astensionismo ", il nuovo testo del menzionato art. 2, attraverso l'aggiunta di due nuovi commi, ha previsto che: " L'assegnazione del numero dei seggi alle singole circoscrizioni, di cui alla tabella A, è effettuata, sulla base dei risultati dell'ultimo censimento generale della popolazione, riportati dalla più recente pubblicazione ufficiale dell'Istituto centrale di statistica, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, da emanarsi contemporaneamente al decreto di convocazione dei comizi. " E che: " La ripartizione dei seggi di cui al precedente comma si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica per il numero dei membri spettante all'Italia e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti ".

Il significato di tale novella e della volontà del legislatore, era individuato dal Consiglio di Stato, attraverso la lettura degli atti parlamentari e in particolare del disegno presentato dall'allora Ministro dell'Interno il 15 marzo 1984 alla Camera dei Deputati (n. 1427). Sottolineava la sentenza richiamata che la relazione, nel segnalare le principali disposizioni innovatrici proposte, partiva proprio dall'illustrazione di quella in esame, recata dall'art. 1 del testo, osservando come questa " disciplina, in via permanente, l'assegnazione del numero dei seggi alle singole circoscrizioni, prevedendo un meccanismo identico a quello delle elezioni politiche, e cioè la ripartizione dei seggi in ragione proporzionale della popolazione di ogni circoscrizione ".

Nella seduta della Camera del 4 aprile 1984 il relatore V, analogamente, avvertiva: " Particolarmente importante è l'articolo 1 del provvedimento, che modifica il sistema di assegnazione dei seggi alle singole circoscrizioni, sulla base di un meccanismo identico a quello delle elezioni politiche, stabilendo che la ripartizione dei seggi avvenga in ragione proporzionale alla popolazione di ogni circoscrizione e non più in relazione al numero dei voti espressi ". E poco dopo il Ministro proponente ribadiva il " notevole miglioramento apportato dal provvedimento nell'attribuzione dei seggi alle singole circoscrizioni " (inoltre, poiché da taluno si era paventato che la presenza delle previsioni degli artt. 21 e 22 della legge potesse far riprodurre anche nel futuro il meccanismo che si intendeva invece modificare, aveva ammesso la possibilità che venisse presentato un apposito emendamento tecnico).

Presso il Senato, similmente, il successivo 5 aprile, il relatore Murmura rilevava in sede di Commissione (dis. n. 653) che (allora) " il riparto dei seggi, essendo determinato sulla base dei votanti e non degli iscritti nelle liste elettorali, viene a penalizzare le regioni meridionali ove il rilevante fenomeno migratorio si traduce in una affluenza alle urne inferiore a quella che si registra nel resto d'Italia ".

Di tal ché, " la funzione di incardinare sulla proporzionalità territoriale la determinazione del numero dei seggi da assegnare a ciascuna circoscrizione (e perciò la misura di rappresentanza dei singoli territori), lasciando invece integralmente alle dinamiche della proporzionalità politica la fissazione del numero dei seggi riconoscibili a ciascuna lista nell'ambito nazionale ".

Da quanto evidenziato, sia nella disciplina nazionale, sia nella disciplina delle elezioni europee, la quale alla prima rinvia, è individuabile la conciliazione delle due esigenze che nella prospettazione degli attuali ricorrenti sarebbero invece in contrasto: da un lato, l'assegnazione dei seggi nel collegio unico nazionale in proporzione ai voti validamente espressi, quale riflesso del criterio della proporzionalità politica;
dall'altro, la distribuzione dei seggi fra le circoscrizioni in proporzione alla popolazione, che è espressione del criterio di rappresentanza c.d. territoriale.

Conseguentemente, il Consiglio di Stato evidenziava che " la riformulazione dell'art. 2 ha la funzione (espressa con chiarezza sia dalla lettera della legge che dai suoi lavori preparatori) di incardinare sulla proporzionalità territoriale la determinazione del numero dei seggi da assegnare a ciascuna circoscrizione ", con la conseguenza che " la distribuzione concreta dei seggi in tal modo assegnati alle varie liste, nelle singole circoscrizioni, non può prescindere dalla sopravvenuta opzione legislativa per la proporzionalità territoriale ".

A tale conclusione il Consiglio di Stato è pervenuto sulla base dell'applicazione dei canoni ermeneutici relativi alla successione delle leggi nel tempo, in forza dei quali la soluzione dell'antinomia deve essere affidata al principio della prevalenza della lex posterior, di cui al novellato art. 2 della L. n. 18/1979, che ha operato un temperamento del criterio puro della proporzionalità politica.

Sulla base della ricostruzione ermeneutica sin qui richiamata, e consolidatasi attraverso l'orientamento espresso dal Consiglio di Stato in sede consultiva con il parere 4748/2013, dalla quale questo Collegio non ha motivo di discostarsi, in ragione delle esposte complesse argomentazioni interpretative - pur rimanendo auspicabile, come espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 271/2010, un intervento del legislatore volto ad individuare la soluzione più idonea a porre rimedio, in sede generale ed astratta e con piena certezza giuridica, alla riscontrata incongruenza della disciplina sin qui evidenziata – il sistema di assegnazione dei seggi comporta che fermo restando il numero dei seggi complessivamente attribuiti a ciascuna lista in forza della prima parte dell'art. 21 della legge n. 18/1979, deve rinviarsi alle specifiche norme del D.P.R. n. 361/1957, le quali hanno la funzione di assicurare che la distribuzione effettiva dei seggi nell'ambito di ciascuna circoscrizione abbia luogo nel rispetto della dotazione che a ciascuna di esse è a monte assegnata, al fine di ottenere il bilanciamento con il diverso principio della rappresentanza territoriale, attraverso il ricorso al meccanismo matematico di riequilibrio costituito dall'indice relativo di circoscrizione previsto dall'art. 83, comma 1 n. 8), del D.P.R. n. 361/1957.

Per le considerazioni sin qui esposte, il ricorso deve essere respinto.

La complessità della fattispecie esaminata giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi