TAR Potenza, sez. I, sentenza 2016-03-15, n. 201600250
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N. 00250/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00568/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 568 del 2015, proposto dalla cooperativa giornalistica l’Eco della Basilicata, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti G e A N, con domicilio eletto in Potenza presso la Segreteria di questo Tribunale;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza e domiciliata ex lege in Potenza Corso XVIII Agosto 1860 n. 46;
per l'annullamento
del Decreto del 31.3.2015 (notificato in allegato alla nota prot. n. 6653 del 31.3.2015), con il quale il Dirigente del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha annullato i contributi ex art. 3, comma 2 quater, L. n. 250/1990, già erogati per gli anni 2006, 2007, 2008, 2009 e 2010, pari ad un importo complessivo di € 281.088,51, trattenendo il contributo per l’anno 2013 di € 22.032,35, a parziale compensazione della maggior somma di € 125.326,49, indebitamente percepita per gli anni 2006 e 2007, tenuto conto della circostanza che la restante somma di € 155.762,02, relativa ai contributi per gli anni 2008, 2009 e 2010, era stata sequestrata dal GIP del Tribunale di Lagonegro con provvedimento del 3.11.2014, e pertanto ha diffidato la cooperativa giornalistica l’Eco della Basilicata a restituire la somma residua di € 103.294,14 (125.326,49 - 22.032,35 = 103.294,14), fatti salvi i successivi esiti dell’indagine penale anche con riferimento all’anno 2013 e l’ulteriore ripetizione degli interessi e della rivalutazione monetaria, che sarebbe stata effettuata con altro provvedimento;
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2016 il Cons. P M e uditi gli avv.ti G Francesco Nicodemo e Domenico Mutino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri erogava alla cooperativa giornalistica l’Eco della Basilicata, per gli anni 2006, 2007, 2008, 2009 e 2010, i contributi ex art. 3, comma 2 quater, L. n. 250/1990, pari ad un importo complessivo di € 281.088,51.
La predetta cooperativa giornalistica chiedeva l’attribuzione del suddetto contributo anche per l’anno 2013, che veniva liquidato nella somma di € 22.032,35, il quale non veniva più assegnato per le seguenti ragioni.
Con nota del 10.10.2014 l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni trasmetteva al Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri l’esito delle indagini penali, effettuate dalla Guardia di Finanza, che si erano concluse il 29.4.2014 con la denuncia del legale rappresentante dell’Eco della Basilicata e dei professionisti, che avevano redatto le scritture contabili di tale persona giuridica, per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640 bis C.P., per aver artatamente emesso fatture per operazioni inesistenti negli anni dal 2006 al 2010, al fine di documentare vendite in blocco di giornali, che consentivano di raggiungere e superare le percentuali relative alla tiratura e diffusione della testata giornalistica edita (per le testate locali: 40% fino all’anno 2010 ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. e, L. n. 250/1990, 30% per gli anni 2011 e 2012 ai sensi dell’art. 2, comma 1, DPR n. 223/2010 e 35% a decorrere dall’anno 2013 ai sensi dell’art. 1, comma 2, D.L. n. 63/2012 conv. nella L. n. 103/2012) e perciò di ottenere i contributi ex art. 3, comma 2 quater, L. n. 250/1990.
Con provvedimento del 3.11.2014 il GIP del Tribunale di Lagonegro disponeva il sequestro preventivo “per equivalente di danaro, valori mobiliari, depositi a risparmio, azioni, obbligazioni e, in caso di incapienza, di beni mobili registrati e di immobili” di proprietà degli indagati “fino al raggiungimento del valore limite” del delitto ex art. 640 bis C.P., pari a € 155.762,02, cioè pari ai contributi ex art. 3, comma 2 quater, L. n. 250/1990, percepiti per gli anni 2008, 2009 e 2010, non tenendo conto dei contributi riscossi per gli anni 2006 e 2007, in quanto coperti da prescrizione penale. Veniva evidenziata la falsità delle fatture, emesse anche negli anni 2006 e 2007, che incidevano sulla percentuale richiesta di diffusione delle testate locali, “prendendo in esame solo quelle la cui falsità” risultava “acclarata e non soltanto sospetta”, come per es. le vendite in blocco pagate in contanti per migliaia di periodici e/o effettuate nei confronti di imprese con redditività di gran lunga inferiore rispetto alla spesa di acquisto dei periodici. Venivano cioè prese in considerazione soltanto le fatture per quantitativi anche di 19.800 copie, 15.600 copie, 12.000 copie, 11.000 copie: espressamente disconosciute dai soggetti che in esse figuravano come acquirenti;quelle “dapprima utilizzate per l’integrazione dello standard di tiratura e poi annullate con note a credito per ripristinare la verità dei fatti”;oppure quelle pagate con bonifici dai soci della cooperativa giornalistica l’Eco della Basilicata.
Pertanto, con Decreto del 31.3.2015 (notificato in allegato alla nota prot. n. 6653 del 31.3.2015) il Dirigente del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dopo aver richiamato il predetto provvedimento giurisdizionale, da cui si evincevano elementi certi sul mancato raggiungimento delle prescritte percentuali minime di diffusione della testata giornalistica edita e perciò di indebita percezione dei contributi ex art. 3, comma 2 quater, L. n. 250/1990, annullava i contributi già erogati per gli anni 2006, 2007, 2008, 2009 e 2010, pari ad un importo complessivo di € 281.088,51, trattenendo il contributo per l’anno 2013 di € 22.032,35, a parziale compensazione della maggior somma di € 125.326,49, indebitamente percepita per gli anni 2006 e 2007, tenuto conto della circostanza che la restante somma di € 155.762,02, relativa ai contributi per gli anni 2008, 2009 e 2010, era stata sequestrata dal GIP del Tribunale di Lagonegro con provvedimento del 3.11.2014. La cooperativa giornalistica l’Eco della Basilicata veniva inoltre diffidata a restituire la somma residua di € 103.294,14 (125.326,49 - 22.032,35 = 103.294,14), fatti salvi i successivi esiti dell’indagine penale anche con riferimento all’ano 2013 e l’ulteriore ripetizione degli interessi e della rivalutazione monetaria, che sarebbe stata effettuata con altro provvedimento.
La cooperativa giornalistica l’Eco della Basilicata con il presente ricorso, notificato il 22.5.2015 e depositato il 28.5.2015, ha impugnato il predetto Decreto del 31.3.2015, deducendo:
1) la violazione dell’art. 7 L. n. 241/1990, in quanto, poiché il provvedimento impugnato era di natura discrezionale, non poteva non essere preceduto dalla preventiva comunicazione di avvio del procedimento;
2) la violazione dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990, atteso che: a) non era stato tenuto conto del legittimo affidamento e delle circostanze che il reato contestato non era stato definitivamente accertato dal competente Giudice Penale e che la ricorrente aveva impiegato i contributi erogati per le attività editoriali e giornalistiche e non per altre finalità;b) con riferimento ai contributi per gli anni 2006 e 2007, era stato violato il presupposto del “termine ragionevole” entro cui il provvedimento di annullamento va emanato, tenuto conto della maturata prescrizione penale.
Si è costituito in giudizio il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il quale, oltre a sostenere l’infondatezza del ricorso, ha anche eccepito l’incompetenza territoriale di questo TAR.
All’Udienza Pubblica del 24.2.2016 il ricorso è passato in decisione.
In via preliminare, va affermata la competenza territoriale di questo Tribunale, in quanto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 Cod. Proc. Amm., gli effetti del provvedimento impugnato sono limitati all’ambito territoriale della Regione Basilicata.
Nel merito, il ricorso è infondato.
Non può essere accolto il primo motivo di impugnazione, con il quale è stata dedotta la violazione dell’art. 7 L. n. 241/1990.
Infatti, ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, primo periodo, L. n. 241/1990 “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Come nella specie, in quanto la natura vincolata del provvedimento impugnato si desume agevolmente dal dovere dell’Amministrazione resistente di recuperare i contributi indebitamente versati.
Risultano infondate anche le censure, con le quali è stata dedotta la violazione dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990.
Infatti, dal contenuto del verbale di sequestro preventivo del GIP del Tribunale di Lagonegro del 3.11.2014 è emersa l’incontestabile falsità delle fatture, emesse anche negli anni 2006 e 2007, che incidevano sulla percentuale richiesta di diffusione delle testate locali, come le fatture, per quantitativi anche di 19.800 copie, 15.600 copie, 12.000 copie, 11.000 copie: espressamente disconosciute dai soggetti che in esse figuravano come acquirenti;“dapprima utilizzate per l’integrazione dello standard di tiratura e poi annullate con note a credito per ripristinare la verità dei fatti”;oppure pagate con bonifici dai soci della cooperativa giornalistica l’Eco della Basilicata.
Pertanto, deve ritenersi che l’Amministrazione resistente ha legittimamente esercitato il potere di autotutela entro il termine decennale di prescrizione ordinaria, previsto per l’azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 C.C..
A quanto sopra consegue la reiezione del ricorso in esame.
Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.