TAR Catania, sez. I, sentenza 2011-09-08, n. 201102186
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N. 02186/2011 REG.PROV.COLL.
N. 03596/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3596 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Costruire Immobiliare Srl, rappresentato e difeso dall'avv. F C, con domicilio eletto presso avv. F C, in Catania, via Monfalcone, 22;
contro
Comune di Catania, rappresentato e difeso dall'avv. F B, con domicilio eletto presso avv. F B, in Catania, via G. Oberdan, 141;
per l'annullamento
ricorso introduttivo
del provvedimento n. 750 prot. 222234 dell’8.09.2010 con il quale il Comune di Catania ha annullato la concessione edilizia assentita tacitamente ex art. 2 L.R. 17/1994;
motivi aggiunti
del provvedimento implicito di rigetto emesso dal Comune in seguito all’istanza presentata dalla ricorrente in data 17.12.2010;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Catania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2011 il dott. Francesco Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente Costruire Immobiliare s.r.l. si dichiara proprietaria di due appezzamenti di terreno siti in Catania, censiti in catasto al foglio 21, particelle nn. 3103 e 1723, in relazione alle quali era stata precedentemente presentata domanda di concessione edilizia per la realizzazione di otto alloggi, era stato stipulato atto unilaterale d’obbligo per vincolo urbanistico, era stato comunicato l’inizio lavori con contestuale produzione dell’apposita perizia giurata.
Tuttavia, con il provvedimento n. 750 prot. 222234 dell’8.09.2010 la Direzione Urbanistica e Gestione del Territorio del Comune di Catania ha disposto l’annullamento della c.e. formatasi per silentium ai sensi dell’art. 2 della L.R. 17/1994, avendo riscontrato la carenza di alcuni documenti necessari e la violazione della percentuale massima di superficie ammissibile per i volumi tecnici posti al piano copertura.
Il provvedimento comunale di annullamento del titolo edilizio tacito è stato impugnato col ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato l’1.12.2010 e depositato il successivo giorno 29, col quale vengono sollevate le seguenti censure:
1.- Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 delle N.T.A. del PRG – violazione della L.R. 71/1978 – Violazione e falsa applicazione del D.M. LL.PP. 1444/68 – violazione e falsa applicazione dell’art. 41 quiquies della L. 1150/1942 ;
2.- Violazione dell’art. 3 della L.R. n. 15/1991 - ulteriore violazione del D.M. LL.PP. 1444/68 sotto altro profilo ;
3.- Violazione del T.U. sull’edilizia D.P.R. 380/2001 - violazione della L.R. 71/1978 – Falsa applicazione artt. 7 e 8 della L. 1071977 – Falsa applicazione del D.A. 90/17.7.1979 – Eccesso di potere per carenza di presupposto di fatto e di diritto – eccesso di potere per illogicità e travisamento dei fatti – eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica ;
4.- Eccesso di potere della P.A. per sviamento – violazione dell’art. 3 e 97 Cost. – disparità di trattamento – carenza di motivazione .
In sintesi, la società ricorrente contesta che fossero necessari e dovuti gli ulteriori documenti che il Comune ha preteso, ma nulla osserva in ordine al rilevato superamento dei volumi tecnici ammissibili.
Di seguito alla proposizione del ricorso, la ricorrente – al dichiarato scopo di “ (…) evitare l’alea di un giudizio ed arrivare bonariamente al rilascio della concessione edilizia senza il trauma del giudizio ” – “ instaurava un colloquio con l’Ufficio comunale ” raggiungendo “ (…) l’accordo per cui con la produzione di tutti i documenti richiesti con il provvedimento dell’8.09.10 l’Ufficio avrebbe proceduto, senza indugio, all’emissione della concessione ” e di conseguenza “ reiterava la richiesta di concessione producendo tutti i documenti chiesti dal Direttore col provvedimento impugnato (…) ”. (cfr. quanto affermato alla pag. 4 dei motivi aggiunti).
Tuttavia, le “trattative” attraverso le quali si è snodata la prosecuzione del procedimento amministrativo per il rilascio della concessione edilizia non hanno avuto lo sbocco desiderato, dal momento che il Comune non ha ritenuto accettabile il valore del terreno posto dalla ricorrente a corredo della convezione per interventi edilizi di cui al D.A. 17.05.1979 ed ha quindi dichiarato “ (…) verbalmente l’indisponibilità ad emettere la concessione per la erroneità della bozza di convenzione nella parte in cui si indicava quale costo dell’area il valore minimo indicato dall’Agenzia del Territorio per la zona periferica Diaz-Merlino-Ballo ”. (cfr. quanto dichiarato a pag. 6 dei motivi aggiunti).
In considerazione del descritto epilogo della vicenda, la ricorrente ha proposto motivi aggiunti con i quali censura il comportamento omissivo e non motivato degli uffici comunali, ed inoltre reitera le censure già articolate nel ricorso introduttivo chiedendo infine l’annullamento del provvedimento implicito di rigetto attribuito al Comune resistente.
Si è costituito per resistere al ricorso ed ai motivi aggiunti il Comune di Catania, che ha difeso la legittimità degli atti adottati.
Alla pubblica udienza del 7 luglio 2011 la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
La analitica descrizione dei fatti riportata in precedenza è funzionale allo scopo di evidenziare in modo preciso il comportamento tenuto dalla ricorrente e dall’ente resistente, e di coglierne le evidenti conseguenze che investono il piano meramente processuale della vicenda, impedendo al Collegio di entrare nel merito della questione sollevata.
Più in particolare:
1.- Il ricorso introduttivo del giudizio è da ritenere improcedibile.
Come pedissequamente riportato in “fatto”, dopo la proposizione del ricorso, la ricorrente ha tenuto un comportamento del tutto incompatibile con la volontà di contestare la legittimità del provvedimento impugnato. Infatti, anziché insistere sull’assenza di un obbligo giuridico di produrre la documentazione richiestagli dal Comune (coerentemente con quanto sostenuto in precedenza nel gravame), la ricorrente ha prestato sostanziale ed implicita acquiescenza al provvedimento impugnato, facendosi carico di presentare i documenti ritenuti necessari ed indicati nel predetto provvedimento.
Si noti inoltre che tale condotta non è stata tenuta in via solo prudenziale, lasciando dichiaratamente impregiudicato l’esito del giudizio già avviato;al contrario, risulta essere finalizzata in modo espresso proprio al dichiarato scopo di “ (…) evitare l’alea di un giudizio ed arrivare bonariamente al rilascio della concessione edilizia senza il trauma del giudizio ”.
Sul piano processuale, tale comportamento assume il significato di una sostanziale acquiescenza al provvedimento impugnato e di implicita rinuncia al ricorso (“ L'acquiescenza ad un provvedimento amministrativo, pur avendo natura sostanziale in quanto comporta il riconoscimento della legittimità del precedente operato dell'amministrazione e quindi la rinuncia alla situazione giuridica che il titolare avrebbe potuto far valere, determina però anche effetti di carattere processuale, in quanto la rinuncia implicita alla situazione giuridica esclude una condizione dell'azione ed è quindi causa di inammissibilità del ricorso. ” Tar Milano 1351/2008).
Sul piano procedimentale, la condotta post ricorso tenuta dalla ricorrente vale quale nuovo avvio (o meglio, prosecuzione) del procedimento amministrativo, e postula quindi l’adozione di un provvedimento espresso (positivo o negativo) che concluda la vicenda. In altri termini, si può affermare che dopo l’annullamento d’ufficio della concessione edilizia tacita (annullamento che risulta ora “accettato” dalla parte ricorrente), il procedimento per il rilascio formale del titolo ha ripreso il suo iter nel momento in cui la parte interessata ha prodotto i nuovi ed ulteriori documenti richiestigli dall’amministrazione.
In conclusione, il ricorso introduttivo è divenuto improcedibile per le convergenti ragioni appena esposte.
In reazione ai motivi aggiunti va fatta una precisazione.
Da una parte, questi sembrano essere stati confezionati in un’ottica impugnatoria: in tal senso depone la reiterazione dei motivi del ricorso introduttivo, alla cui base sta l’idea che l’ulteriore documentazione richiesta dal Comune fosse illegittimamente pretesa. In relazione a questo aspetto, allora si richiamano le argomentazioni riportate retro per affermare l’improcedibilità del gravame.
Da un altro lato, invece, le doglianze vengono anche (seppur “tra le righe”) rivolte al comportamento inerte tenuto dal Comune che, dopo la ripresa delle “trattative”, non ha concluso con un provvedimento espresso e formalizzato l’iter procedimentale.
Sotto tale specifico e particolare profilo, allora, i motivi aggiunti risultano ammissibili e possono essere accolti;con la conseguente dichiarazione dell’obbligo del Comune resistente di concludere con provvedimento espresso e formale il procedimento avviato ad istanza di parte. In proposito risulta necessario evidenziare il fatto che - sebbene la normativa regionale (L.R. 17/1994) preveda dei meccanismi giuridico/procedimentali, volti a superare l’inerzia tenuta dalle amministrazioni in materia di rilascio dei titoli, attribuendo a tali comportamenti inerti un significato legalmente tipico (cd. silenzio/assenso) – la particolare procedura descritta nell’art. 2 della citata L.R. 17/94 non risulta essere stata seguita nel caso di specie dalla ricorrente dopo l’adempimento della integrazione documentale richiesta. Ne consegue, che il silenzio tuttora serbato sulla pratica edilizia non equivale ad alcun tipo di provvedimento (positivo o negativo), ma si atteggia a mera “inerzia”, che deve essere colmata dall’amministrazione mercè l’adozione di un provvedimento espresso e motivato – a contenuto positivo o negativo – che risulti idoneo ex art. 2 L. 241/90 a concludere il procedimento amministrativo in atto ancora pendente.
In conclusione, i motivi aggiunti vengono in parte qua accolti ai fini della conclusione del procedimento amministrativo con provvedimento espresso.
Le spese del giudizio vengono compensate in considerazione dell’esito differente dei due gravami.