TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2019-05-29, n. 201906744

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2019-05-29, n. 201906744
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201906744
Data del deposito : 29 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/05/2019

N. 06744/2019 REG.PROV.COLL.

N. 09910/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9910 del 2018, proposto da:
Eg S.p.A, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato C M, con domicilio eletto presso il suo studio come da PEC Registri Giustizia;

contro

Aifa - Agenzia Italiana del Farmaco, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Per l'annullamento, previa sospensiva della determinazione del direttore generale dell'AIFA del 25/7/2018 nella parte in cui il medicinale Amitriptilina EG nella nuova confezione “40 mg/ml gocce orali soluzione” (1 flacone) è stato autorizzato per la commercializzazione in fascia C;
nonchè ogni altro atto endoprocedimentale (presupposto e/o connesso) a quello terminale ivi elencato tra cui il parere CPR del 22/2/2018.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Aifa - Agenzia Italiana del Farmaco;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2019 il dott. M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Col ricorso indicato in epigrafe Eurogenerici EG s.p.a. (da qui EG) premette:

- di aver presentato all’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) una domanda per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) del medicinale Amitriptilina EG nella nuova confezione “40 mg/ml gocce orali soluzione” (1 flacone), offrendo un prezzo al pubblico più basso del 10% rispetto a quello della similare confezione già presente sul mercato in classe A;

- che, in fase istruttoria, non era stato raggiunto un accordo tra il Comitato tecnico dell’Aifa e l’azienda, in quanto la prima aveva chiesto una maggiore riduzione del prezzo fino al 20%, mentre la seconda si era detta disponibile a un ribasso massimo nei termini suddetti, ogni ulteriore aumento della percentuale incidendo sul prezzo ex factory;

- che, pertanto, la confezione del medicinale era stata classificata in fascia C in assenza dell’accordo delle parti sul prezzo al pubblico in classe A, avendo l’Aifa ritenuto non conveniente per il Servizio Sanitario Nazionale il ribasso offerto.

Con il ricorso si impugna dunque il provvedimento contenente quest’ultima classificazione lamentando, in particolare: 1) sviamento, difetto/insufficienza di motivazione e di istruttoria, illogicità, incongruità, ingiustizia, contraddittorietà, travisamento, discriminazione e disparità di trattamento, sproporzionalità, carenza dei presupposti, violazione degli artt. 3, 6, 10, 21-octies l. n. 241/90, dell’art. 97 Cost., dell’art. 48, comma 5, lett. e), del d.l. n. 269/2003, dell’art. 7 d.l. n. 347/2001, violazione di precedenti giurisprudenziali in termini, in quanto la collocazione in fascia A del medicinale generico a un prezzo corrispondente a quello più basso praticato al pubblico, come già chiarito sia da questo Tribunale sia dal Giudice d’appello, non consentirebbe all’Aifa di effettuare alcuna valutazione sulla convenienza del prezzo stesso;

2) violazione della Direttiva 88/105/EC, delibera CIPE n. 3/2001, dell’art. 48 del d.l. n. 269/2003, tenuto conto che risulterebbe violata la normativa europea laddove prescrive che la scelta di non accogliere il prezzo proposto per un farmaco deve essere accompagnata da adeguate istruttoria e motivazione.

Si è difesa l’Aifa, sostanzialmente richiamando il disposto dell’art. 3, comma 130, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (come modificato dalla legge n. 425/1996) alla stregua del quale ove il prezzo offerto per un medicinale generico sia inferiore almeno del 20% rispetto a quello praticato dall’originator, questo ottiene la medesima classificazione di detta specialità medicinale.

Le parti hanno ulteriormente interloquito con memorie e, all’esito dell’odierna udienza, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

Su identica fattispecie questa stessa sezione, con sentenza 21 febbraio 2018, n. 1980, ha ritenuto non applicabile il comma 130 dell’art. 3, l. n. 549 del 1995, il quale prevede che, ove il prezzo offerto per un medicinale generico sia inferiore almeno del 20% rispetto a quello praticato dall’originator, esso ottiene la medesima classificazione di detta specialità medicinale: detta norma, in palese conflitto con il sistema normativo successivamente assestatosi, andrebbe infatti considerata oggi tacitamente abrogata.

Tuttavia il giudice di appello ha riformato la suddetta decisione di questa sezione sulla base delle considerazioni di seguito esposte:

“La questione, che il Collegio è chiamato a risolvere, è la vigenza o meno del comma 130 dell’art. 3, l. 28 dicembre 1995, n. 549, che dispone che un farmaco generico può ottenere la medesima classificazione dell’originator purché offra un prezzo almeno del 20% inferiore a quello del farmaco originatore, vigenza affermata da Aifa, che ha ritenuto tale norma applicabile alla richiesta di Eg s.p.a. di inserire il proprio farmaco in fascia A, pur avendo offerto un prezzo al pubblico più basso del 10% (per poi arrivare al 15%) rispetto a quello della similare confezione già presente sul mercato in classe A;
negata, invece, da Eg (e dal Tar Lazio nell’impugnata sentenza n. 1980 del 2018) sul presupposto che la stessa fosse stata tacitamente abrogata (perché di fatto superata) dall’art. 48, comma 33, lett. e), d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla l. 24 novembre 2003, n. 326, che ha introdotto la contrattazione del prezzo del farmaco tra Aifa e società produttrice, e dal precedente comma 5, il quale ha disposto che ottengono l’AIC e la relativa collocazione in fascia A i medicinali generici per i quali l’azienda propone un prezzo “inferiore o uguale al prezzo più basso”, praticato al pubblico al momento della richiesta. Abrogazione, infine, esclusa da Aifa in ragione del diverso campo applicativo;
essendo l’art. 48, comma 5, lett. e), l. n. 269 del 2003 riferito ai nuovi farmaci non implicanti vantaggio terapeutico, non può riguardare i medicinali generici, i quali non possono definirsi “nuovi farmaci”, essendo equivalenti di un medicinale di riferimento, già presente sul mercato.

Così inquadrata la vicenda contenziosa appare evidente che, come afferma l’Aifa nella memoria di replica depositata il 25 ottobre 2018, la questione che il Collegio è chiamato a decidere ha carattere di principio, con la conseguenza che non assumono alcuna rilevanza gli effetti applicativi di una o l’altra soluzione nel caso in esame.

2. L’appello è fondato.

Appare necessario, al fine del decidere, ripercorrere brevemente il complesso tessuto normativo, così come già descritto dal giudice di primo grado e puntualmente richiamato dalle parti in causa, sebbene con una lettura delle illustrate disposizioni contrastante.

Tale breve excursus consentirà di accertare la norma attualmente applicabile per determinare il prezzo dei farmaci generici.

L’art. 3, comma 130, l. n. 549 del 1995 ha previsto che un farmaco generico può ottenere la medesima classificazione dell’originator purché sia offerto un prezzo almeno del 20% inferiore a quello del farmaco originatore.

Con l’art. 7, d.l. 18 settembre 2001, n. 347 è entrato nel nostro ordinamento un nuovo sistema vincolato di rimborso del prezzo al pubblico dei farmaci di classe A, basato sul prezzo di riferimento per cui il Servizio sanitario nazionale rimborsa fino alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile sul mercato. A tal fine il farmacista, salvo eccezioni,

è obbligato a sostituire il farmaco indicato in ricetta rossa con quello equivalente in fascia di rimborso al prezzo più economico presente nello stesso canale distributivo.

L’art. 48, comma 5, d.l. n. 269 del 2003, nell’individuare i poteri in capo all’Agenzia italiana del farmaco, ha disposto (lett. e) che la stessa possa provvedere alla immissione di “nuovi” farmaci non comportanti un vantaggio terapeutico solo se il prezzo del medesimo medicinale è inferiore o uguale al prezzo più basso dei medicinali per la relativa categoria terapeutica omogenea. Il successivo comma 33 ha invece introdotto, dall’1 gennaio 2004, la “contrattazione”, tra Agenzia e Produttori, dei prezzi dei prodotti rimborsati dal Servizio sanitario nazionale, secondo le modalità indicate nella delibera Cipe 1 febbraio 2001, n. 3, che individua criteri oggettivi per la contrattazione del prezzo, legati ai costi sostenuti, al rapporto costi efficacia, ai prezzi esteri, al fatturato dell’impresa e agli investimenti.

Tale delibera Cipe, al punto 3, ha indicato i criteri per la richiesta di contrattazione, facendo sempre riferimento ai caratteri che il “nuovo” medicinale deve avere: deve essere utile per la prevenzione o il trattamento di patologie o di sintomi rilevanti nei confronti dei quali non esiste alcuna terapia efficace o nei confronti dei quali i medicinali già disponibili forniscono una risposta inadeguata;
deve avere un rapporto rischio/beneficio più favorevole rispetto a medicinali già disponibili in Prontuario per la stessa indicazione;
deve avere una superiorità clinica significativa rispetto a prodotti già disponibili. Tutti caratteri, dunque, che non possono che riferirsi a farmaci “nuovi”, e tali non sono i generici.

Successivamente l’art. 11, comma 9, d.l. 31 maggio 2010, n. 78 ha previsto che “a decorrere dall’anno 2011, per l’erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale dei medicinali equivalenti di cui all’art. 7, comma 1, d.l. 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e successive modificazioni, collocati in classe A ai fini della rimborsabilità, l’Aifa, sulla base di una ricognizione dei prezzi vigenti nei paesi dell’Unione europea, fissa un prezzo massimo di rimborso per confezione, a parità di principio attivo, di dosaggio, di forma farmaceutica, di modalità di rilascio e di unità posologiche. La dispensazione, da parte dei farmacisti, di medicinali aventi le medesime caratteristiche e prezzo di vendita al pubblico più alto di quello di rimborso, è possibile solo su espressa richiesta dell'assistito e previa corresponsione da parte dell’assistito della differenza tra il prezzo di vendita e quello di rimborso. I prezzi massimi di rimborso sono stabiliti in misura idonea a realizzare un risparmio di spesa non inferiore a 600 milioni di euro annui, che restano nelle disponibilità regionali”.

Da ultimo il comma 5 dell’art. 12 del decreto Balduzzi, approvato con d.l. 13 settembre 2012, n. 158, all’ultimo alinea ha disposto – con precipuo riferimento ai farmaci generici – che ciascun medicinale, che abbia tali caratteristiche, è automaticamente collocato, senza contrattazione del prezzo, nella classe di rimborso a cui appartiene il medicinale di riferimento qualora l'azienda titolare proponga un prezzo di vendita di evidente convenienza per il Servizio sanitario nazionale. E' considerato tale il prezzo che, rispetto a quello del medicinale di riferimento, presenta un ribasso almeno pari a quello stabilito con decreto adottato dal Ministro della salute, su proposta dell'Aifa, in rapporto ai volumi di vendita previsti.

Dunque il decreto Balduzzi per i farmaci generici ha escluso la contrattazione del prezzo nel caso in cui l’Azienda produttrice indichi un prezzo “conveniente”, secondo i parametri indicati dal decreto del Ministero della salute, adottato ai sensi del citato comma 5, il quale prevede, come ribassi percentuali rispetto al prezzo delle confezioni in classe A, gli scaglioni del 45%;
47,5%;
50%;
55%;
60%;
65%;
70% e 75% nonché, come ribassi percentuali rispetto al prezzo delle confezioni in classe H, gli scaglioni del 30%;
31,7%;
33,3%;
36,7%;
40%;
43,3%;
46,7% e 50%.

Tale ultimo decreto (c.d. decreto scaglioni), approvato dal Ministro della salute il 4 aprile 2013, è stato oggetto di contenzioso dinanzi al giudice amministrativo, attivato proprio dall’attuale appellata Eg s.p.a..

Contrariamente a quanto assunto dal giudice di primo grado nell’impugnata sentenza il d.m. 4 aprile 2013 è pienamente efficace, atteso che il contenzioso si è concluso con le sentenze della sez. III del Consiglio di Stato nn. 629 e 630 del 30 gennaio 2018 che - in riforma delle sentenze della sez. III quater del Tar Lazio 8 aprile 2014, n. 3803 e 27 novembre 2014, n. 11899, che tale decreto avevano annullato - hanno accolto l’appello dell’Aifa.

Il d.m. 4 aprile 2013, al comma 4 dell’art. 1 rinvia nuovamente alla negoziazione ove il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale generico proponga un prezzo superiore a quello di evidente convenienza per il Servizio sanitario nazionale, secondo la procedura dettata dalla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica 1° febbraio 2001, n. 3.

Da questo breve, ma complesso excursus può evincersi che l’art. 12, comma 5, d.l. n. 158 del 2012 ha escluso la contrattazione per i prezzi dei farmaci generici solo per l’ipotesi in cui l’Azienda produttrice indichi un prezzo “conveniente”. Si fa invece ricorso alla contrattazione se il prezzo proposto per il generico è superiore alle percentuali introdotte dal cd. decreto scaglioni, applicando i criteri dettati dalla delibera Cipe n. 3 del 2001.

Il d.l. n. 158 recupera pertanto la contrattazione introdotta dalla norma generale del 2003 per “calmierare” il prezzo del medicinale, se quello offerto non è conveniente. Resta però fermo il limite di un prezzo che sia almeno del 20% inferiore a quello del farmaco originatore, previsto dalla norma speciale sui generici, introdotta dal comma 130 dell’art. 3, l. n. 549 del 1995.

Si tratta di conclusione peraltro coerente con la differenza intrinseca che sussiste tra farmaco generico e originator. Il prezzo dei medicinali generici deve certamente garantire un risparmio al SSN rispetto al prezzo del medicinale di riferimento, il quale sconta il maggiore costo affrontato dal produttore per il brevetto.

In conclusione, come condivisibilmente afferma l’Aifa, l’art. 48, d.l. n. 269 del 2006 disciplina la diversa fattispecie dei farmaci “nuovi” e non può aver abrogato tacitamente il comma 130 dell’art. 3, l. n. 549 del 1995, norma speciale che attiene al diverso ambito dei farmaci generici.

Né è possibile ritenere che la legge del 1995 sia stata superata dal decreto Balduzzi e dal decreto ministeriale, adottato in applicazione del primo. L’abrogazione tacita presupporrebbe, infatti, una incompatibilità tra la predetta previsione e quella successiva intervenuta sempre per disciplinare il prezzo dei farmaci generici. Tale incompatibilità non è però per nulla ravvisabile. Ed invero, il ricorso alla contrattazione per i prezzi dei farmaci generici è previsto per l’ipotesi in cui l’Azienda produttrice indichi un prezzo non “conveniente”, ma resta fermo il ribasso di almeno il 20% rispetto al prezzo del farmaco originatore. Se è offerto ad un prezzo inferiore almeno del 20 % a quello della corrispondente specialità medicinale a base dello stesso principio attivo con uguale dosaggio e via di somministrazione, il medicinale generico otterrà la medesima classificazione del farmaco originator.

3. L’appello deve quindi essere accolto, con conseguente riforma della sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, sez. III quater, 21 febbraio 2018, n. 1980” .

Alla luce di quanto sopra esposto il ricorso deve dunque essere rigettato.

Con compensazione in ogni caso delle spese di lite, stante la peculiarità della questione esaminata.

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