TAR Bari, sez. I, sentenza 2020-02-27, n. 202000324

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. I, sentenza 2020-02-27, n. 202000324
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202000324
Data del deposito : 27 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/02/2020

N. 00324/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00283/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 283 del 2014, proposto da
Metronotte S.r.l. - Istituto di Vigilanza, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato L N, con domicilio eletto presso Marco Palieri, in Bari, via Venezia, n. 14;

contro

Università degli Studi di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, n. 97;

per l'accertamento

del diritto della ricorrente alla revisione del corrispettivo relativo al contratto di appalto di servizi di vigilanza e sicurezza immobili della Università di Bari, Sede di Taranto, lotto 2, a far data dal 1.4.2007 al 31.3.2010;

nonché

per la disapplicazione e/o la dichiarazione di nullità del contratto,

nella parte in cui si pone in contrasto con la previsione normativa di cui alla legge 537 del 1993, art. 6, quarto comma, e, comunque, per quanto di interesse della ricorrente;

nonché

per la condanna dell’Università degli Studi al pagamento delle maggiori somme rinvenienti dalla applicazione degli indici FOI sulle somme corrisposte a titolo di corrispettivo per l’esecuzione del servizio.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Bari;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2020 il dott. A G A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 30.01.2014 e depositato in Segreteria in data 26.02.2014, la società Metronotte S.r.l - Istituto di Vigilanza, in persona del legale rappresentante pro tempore , adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere la pronuncia meglio indicata in oggetto.

La società ricorrente esponeva in fatto di essere stata aggiudicataria dell’appalto di servizi di vigilanza e sicurezza degli immobili dell’Università degli Studi di Bari, lotto 2 (Taranto), a far data dal 1.04.2007 e sino al 31.03.2010.

A fronte della mancata previsione nel contratto in questione di una clausola di revisione dei prezzi, con un unico motivo di diritto, la ricorrente insorgeva in giudizio, evidenziando la “ violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 6 comma 4 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 ora art. 115 del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Eccesso di potere per illogica presupposizione in fatto ”.

Lamentava, in particolare, la ritenuta illegittima carenza, nel contratto di appalto stipulato con l’Università, della clausola di revisione del prezzo, in tesi da considerarsi ad inserimento doveroso in forza del dettato normativo dell’art. 6, comma 4, della Legge n. 537/1993, (successivamente trasposto nell’art. 115 del D.lgs. n. 163/2006), costituente prescrizione imperativa non suscettibile di essere derogata pattiziamente e che, sempre in tesi, avrebbe dovuto trovare applicazione pacifica anche in caso di totale mancato inserimento nel contratto de quo.

Sulla base di tale premessa la società ricorrente chiedeva accertarsi il proprio diritto alla revisione dei prezzi convenuti rispetto al contratto siglato con l’Università degli Studi di Bari, da calcolarsi sulla base degli indici ISTAT a far data dal secondo anno di esecuzione del contratto.

Con atto pervenuto in Segreteria in data 15.04.2014, si costituiva in giudizio l’Università degli Studi di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura erariale.

In data 30.08.2019, il Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe disponeva incombenti istruttori a carico dell’Università resistente, al fine di acquisire analitici e documentati chiarimenti da parte del Direttore Generale dell’Ente in relazione alla vicenda di revisione dei prezzi oggetto della presente controversia.

Con memoria difensiva depositata in Segreteria in data 13.12.2019, la resistente evidenziava la radicale infondatezza del gravame. In particolare, rappresentava che, il dettato normativo dell’art. 115 D.lgs. n. 163 del 2006 non poteva essere considerato idoneo a inficiare la validità del contratto stipulato;
peraltro, la eventuale revisione dei prezzi non implicava che si sarebbe dovuto necessariamente azzerare l’alea sottesa a tutti i contratti di durata. In tal senso, il diritto alla revisione dei prezzi, inteso come diritto alla rinegoziazione degli stessi, sarebbe potuto derivare dalla sopravvenienza di fattori imprevedibili che avessero ipoteticamente alterato l’originario equilibrio sinallagmatico, ciò comportando per l’aggiudicatario un onere di documentare concretamente le sopraggiunte necessità volte a supportare e a legittimare l’aspirazione ad un diverso bilanciamento delle reciproche posizioni economiche, che avrebbero dovuto comunque essere valutate della Pubblica Amministrazione, avuto riguardo alla comparazione con l’interesse pubblico alla qualità della fornitura. Alla stregua di queste considerazioni, in tesi della resistente, non sussisteva alcun diritto soggettivo dell’appaltatore a vedersi modificare in proprio favore il prezzo dell’appalto, potendo esclusivamente richiedere all’Amministrazione l’attivazione di un procedimento di revisione del prezzo, con esclusione di qualsivoglia ingerenza diretta da parte del Giudice Amministrativo. Con secondo ordine di argomentazioni, si evidenziava altresì l’attuale non obbligatorietà della revisione dei prezzi, così come prevista dal nuovo codice dei contratti pubblici.

Con memoria di replica del 27.12.2019, la ricorrente eccepiva la non coerenza della memoria di controparte rispetto all’ordinanza collegiale adottata da questo tribunale, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

All’udienza pubblica del 15.01.2020, la causa veniva definitivamente trattenuta in decisione.

Tutto ciò premesso, il ricorso è infondato nel merito e, pertanto, non può essere accolto.

Come è noto, l’art. 6, comma 4, della L. 537/1993, come modificato dall’art. 44 della L. 724/1994, prevede che i contratti ad esecuzione periodica o continuativa con la Pubblica Amministrazione debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo, per consentire il mantenimento dell’originario sinallagma contrattuale.

Poiché la disciplina legale dettata dall’art. 6, co. 4 e 6, cit. non è mai stata attuata nella parte in cui prevede l’elaborazione, da parte dell’I.S.T.A.T., di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su base semestrale, la lacuna è stata colmata mediante il ricorso all’indice F.O.I.

Tuttavia, l’utilizzo di quest’ultimo parametro non esonera in alcun modo la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall’impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale.

In tal modo si rispecchia fedelmente la ratio complessiva della norma sancita dal menzionato art. 6, ed il meccanismo istruttorio in essa divisato, che è quella di coniugare l’esigenza di interesse generale di contenere la spesa pubblica, con quella, parimenti generale, di garantire nel tempo la corretta e puntuale erogazione delle prestazioni dedotte nel programma obbligatorio.

Per i contratti di forniture e servizi a carattere continuativo o periodico il vecchio Codice dei contratti pubblici - applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame - prevedeva espressamente l’introduzione nel contratto di apposite clausole di revisione dei prezzi;
in particolare, l’art. 115 D.Lgs. n. 163/2006, stabiliva che: “ tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5 (costi standardizzati). ”.

Tuttavia, come correttamente evidenziato dalla difesa erariale, la disposizione normativa richiamata non è di certo idonea a intaccare la validità del contratto per come originariamente stipulato e concluso, potendo al più determinare l’integrazione della volontà negoziale difforme secondo il noto meccanismo legale dell'inserzione automatica (artt. 1419, comma 2 e 1339 c.c.) (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16/6/2003 n. 3373).

Peraltro, tale inserzione automatica di clausole potrebbe comportare solo ed esclusivamente l’attivazione di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi dell’Amministrazione resistente e non certo una automatica ed oggettivamente predeterminabile quantificazione del dovuto - neanche in astratto quantificabile in sede giurisdizionale, stante la evidente natura discrezionale dell’attività a svolgersi - che potrebbe pacificamente condurre ad un risultato che astrattamente va da “zero” ad un integrale riconoscimento dell’incremento percentuale dato dall’indice F.O.I. per gli anni di esecuzione del contratto e per lo specifico settore oggetto dei servizi appaltati.

In estrema sintesi, dunque, non sussiste alcun diritto soggettivo alla revisione prezzi, ma solo ed esclusivamente un interesse legittimo, peraltro poggiato su una attività discrezionale, nel caso concreto tutta ancora da svolgersi;
l’assenza di qualsiasi previsione contrattuale sul punto non può in alcun modo costituire una ipotesi di nullità, dando adito solamente ad un fenomeno di inserzione automatica di clausole.

Ne consegue l’integrale infondatezza del ricorso nel merito.

Da ultimo, in considerazione della minima attività processuale svolta e della peculiarità della presente controversia, sussistono i presupposti di legge per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

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