TAR Salerno, sez. I, sentenza 2015-07-06, n. 201501509

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2015-07-06, n. 201501509
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201501509
Data del deposito : 6 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04148/2000 REG.RIC.

N. 01509/2015 REG.PROV.COLL.

N. 04148/2000 REG.RIC.

N. 02005/2002 REG.RIC.

N. 01913/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso, numero di registro generale 4148 del 2000, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
R G, in qualità di erede e avente causa dall’originario ricorrente, R L, nonché R M, rappresentati e difesi dall’Avv. Vincenzo Morrone, con domicilio eletto, in Salerno, alla via C. Carucci, 8 (ricorso introduttivo e primo atto di motivi aggiunti, giusta atto di riassunzione, depositato il 27.09.2013);
R G, rappresentato e difeso dagli Avv. F L e S Cradino, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Roma, 61 (secondo atto di motivi aggiunti);

contro

Regione Campania, in persona del Presidente – legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Rosaria Saturno, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Abella Salernitana, 3, presso l’Avvocatura Regionale;
Dirigente Settore Tecnico Amministrativo Provinciale di Salerno (A. G. C. – Assistenza Sanitaria) della Giunta Regionale della Campania, non costituito in giudizio;



sul ricorso, numero di registro generale 2005 del 2002, proposto da:
R G, in qualità di erede e avente causa dall’originario ricorrente, R L, nonché R M, rappresentati e difesi dall’Avv. Vincenzo Morrone, con domicilio eletto, in Salerno, alla via C. Carucci, 8 (giusta atto di riassunzione, depositato il 27.09.2013);

contro

Regione Campania, in persona del Presidente – legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Beatrice Dell’Isola, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Abella Salernitana,3, presso l’Avvocatura Regionale;



sul ricorso, numero di registro generale 1913 del 2013, proposto da:
R M, rappresentata e difesa dagli Avv. Giuseppe Lanocita e F L, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Roma, 61;

contro

Regione Campania, in persona del Presidente – legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Rosaria Saturno, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Abella Salernitana, 3, presso l’Avvocatura Regionale;
Settore Tecnico Amministrativo Provinciale di Salerno (A. G. C. Assistenza Sanitaria) della Giunta Regionale della Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti di

R G, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

quanto al ricorso n. 4148 del 2000:

(atto introduttivo del giudizio)

- del provvedimento del 2.10.2000, prot. n. 173, del Settore Tecnico Amministrativo Provinciale di Salerno – A. G. C. Assistenza Sanitaria della Regione Campania, notificato il 12.10.2000, di decadenza del ricorrente dal diritto di acquisire la titolarità della farmacia urbana corrente in Pontecagnano Faiano, al Corso Umberto I, 116, per non aver conseguito la laurea in farmacia nei termini, fissati dalla G. R. con deliberazione n. 5087 del 7.04.1978, e di conseguente dichiarazione della predetta sede farmaceutica come vacante, ai fini del suo conferimento, secondo la procedura di cui all’art. 4 della l. n. 362/1991, nonché di revoca del decreto n. 451 del 14.05.73, del Medico Provinciale di Salerno e di autorizzazione provvisoria del ricorrente alla gestione della predetta farmacia, sotto la responsabilità di un direttore, fino al conferimento, per concorso, della medesima, atteso che il suddetto esercizio farmaceutico non doveva essere chiuso, sia per non arrecare danno grave e irreparabile all’erede gestore, sia per la tutela degli interessi collettivi della popolazione, ai fini dell’assistenza farmaceutica;

- di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali, ivi compreso “il conforme parere tecnico legale espresso dall’A. G. C. Avvocatura della Regione, con nota n. 3066 dell’1.03.1996, pervenuta e acquisita al Settore T. A. P. di Salerno in data 3.12.1997, prot. n. 4391”, di cui s’ignora il contenuto;

(primo atto di motivi aggiunti)

- 1) del provvedimento della G. R. della Campania – Area Generale di Coordinamento Assistenza Sanitaria – Settore Tecnico Amministrativo Provinciale di Salerno, prot. 2013.0017933 del 9.01.2013, successivamente conosciuto, in quanto mai ufficialmente comunicato, avente ad oggetto il diniego della richiesta di trasferimento della titolarità della farmacia R del Comune di Pontecagnano Faiano;

- 2) del decreto, n. 173/2000, in tema di titolarità di farmacia urbana;

- 3) d’ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;

(secondo atto di motivi aggiunti)

1) del decreto n. 55 dell’11.07.2013, con il quale il dirigente del Settore tecnico – amministrativo provinciale – assistenza sanitaria – della Regione Campania: - a) ha autorizzato “gli eredi del dott. P R (…) a gestire in via provvisoria” la farmacia ubicata al Corso Umberto I n. 116 di Pontecagnano “fino al conferimento per concorso della medesima”;
- b) ha preso atto che i coeredi hanno designato “la dott.ssa M R (…) alla prosecuzione della gestione provvisoria”;
- c) ha confermato “il Decreto Dirigenziale dell’AGC Assistenza Sanitaria n. 173 del 2 ottobre 2000, in tutte le parti che non contrastano con il presente provvedimento”;
- d) ha preso atto “che la direzione tecnica della farmacia prosegue nella persona della dott.ssa M R”;

2) del decreto n. 173/2000, in tema di titolarità di farmacia urbana;

3) d’ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;

quanto al ricorso n. 2005 del 2002:

- a) della deliberazione n. 1280 del 5 aprile 2002, della Giunta Regionale della Campania, A. G. C. Assistenza Sanitaria, pubblicata sul B. U. R. C. n. 25 del 20.05.2002, avente ad oggetto il pubblico concorso per titoli ed esami per l’assegnazione di sedi farmaceutiche nella Provincia di Salerno (bando 1997) e l’elenco definitivo sedi conferibili a seguito di stralcio ed integrazioni, con la quale è stato integrato il bando di concorso di cui al decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania, n. 17453 dell’11.07.1997 ed il successivo decreto dello stesso Presidente della Giunta Regionale della Campania, n. 104 dell’11.01.2000, nella parte in cui il suddetto bando era stato integrato con l’inclusione della sede farmaceutica n. 1 di Pontecagnano Faiano, delimitata dai seguenti confini: Fiume Picentino, Via Po, Via S. Francesco, Via Censimento XVI, Via Verdi, Via Europa;

- b) della deliberazione n. 3098 del 30 aprile 1997, della Giunta Regionale della Campania, nonché del decreto del Presidente della G. R. Campania, n. 17453 dell’11.07.97;

- c) della deliberazione n. 6387 del 19 ottobre 1999, della Giunta Regionale della Campania, nonché del decreto del Presidente della G. R. Campania, n. 104 dell’11.01.2000;

- d) di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali, ivi compreso il bando di concorso per l’assegnazione di sedi farmaceutiche disponibili per il privato esercizio nella Provincia di Salerno, pubblicato sul B. U. R. C. n. 41/97;

nonché per la condanna

della Regione Campania al risarcimento dei danni, derivanti dall’illegittima adozione dei provvedimenti impugnati, ex art. 33 d. l.vo 80/98;

quanto al ricorso n. 1913/2013:

- 1) del decreto n. 55 dell’11.07.2013, con il quale il dirigente del Settore Tecnico Amministrativo Provinciale di Salerno (A. G. C. – Assistenza Sanitaria) della Giunta Regionale della Campania: a) ha autorizzato “gli eredi del dott. P R (…) a gestire in via provvisoria” la farmacia ubicata al Corso Umberto I n.116 in Pontecagnano, “fino al conferimento per concorso della medesima”;
b) ha preso atto che i coeredi hanno designato la dr.ssa “M R (...) alla prosecuzione della gestione provvisoria”;
c) ha confermato “il Decreto Dirigenziale dell’AGC Assistenza Sanitaria n. 173 del 2 ottobre 2000 in tutte le parti che non contrastano n il presente provvedimento”;
d) ha preso atto “che la direzione tecnica della farmacia prosegue nella persona della dott.ssa M R”;

- 2) del decreto n. 173/2000, in tema di titolarità di farmacia urbana;

- 3) d’ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, ivi compreso il provvedimento del dirigente del Settore Tecnico Amministrativo Provinciale di Salerno, dell’Area Generale di. Coordinamento Assistenza Sanitaria – Giunta Regionale della Campania – prot. 2013.0017933 del 9.01.2013, avente ad oggetto: “Richiesta di trasferimento di titolarità – Diniego”;


Visti i ricorsi, i motivi aggiunti, e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 2 aprile 2015, il dott. P S;

Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.


FATTO

Con l’atto introduttivo del primo dei giudizi, di cui in epigrafe (n. 4148/2000 R. G.), l’originario ricorrente, dr. L R, impugnava i provvedimenti sopra specificati, rappresentando che il padre, dr. P R, titolare dell’omonima farmacia, qualificata “legittima” ai sensi dell’art. 25 della l. 22 maggio 1913, n. 468, corrente in Pontecagnano Faiano, al Corso Umberto I n. 114, pertinente alla sede farmaceutica n. 1, era deceduto, in Pontecagnano, in data 27.10.1967, lasciando, quali eredi legittimi, la moglie, R M, a sua volta deceduta, in data 29.10.1982, ed i figli C, L e G;
che R C e R G, con dichiarazione, rivolta al Medico Provinciale di Salerno, autenticata nelle firme, con atto per notar Rosapepe, l’11.05.1973, avevano designato “il proprio fratello L ad unico titolare della farmacia”, autorizzando il compimento di “tutte le formalità necessarie per il trapasso della farmacia in favore del sig. L R, coerede e figlio del titolare dr. P R”, il quale ricorrente, all’epoca, era, peraltro, solo avviato agli studi, e non ancora laureato in farmacia;
che, con provvedimento del 14.05.1973, prot. n. 4521, il Medico Provinciale di Salerno, vista l’istanza dell’originario ricorrente, intesa ad ottenere, ai sensi dell’art. 369 del T. U. L. S. 27.07.1934, n. 1265 e s. m. i., la gestione provvisoria della predetta farmacia, e visto l’atto a firma dei fratelli del medesimo, sopra riportato, nonché il certificato dell’Università degli Studi di Pisa, attestante che lo stesso era iscritto alla Facoltà di Farmacia, per l’a. a. 1972/73, l’aveva autorizzato a esercitare provvisoriamente la predetta farmacia, fino al compimento degli studi universitari e sotto la direzione responsabile di un farmacista, regolarmente iscritto al relativo albo professionale, revocando ogni altro decreto, in contrasto con tale provvedimento;
tanto premesso, avverso gli atti, in epigrafe precisati, l’originario ricorrente articolava le seguenti censure:

- 1) Violazione di legge: art. 10 della l. 241/90;
Eccesso di potere (contraddittorietà, sviamento, arbitrarietà, falsità dei presupposti, carenza d’istruttoria e di motivazione, illogicità);
Violazione del giusto procedimento: ripercorso l’iter motivazionale del provvedimento gravato, si contestava che fosse avvenuto il “trapasso” della farmacia, da parte del “de cuius”, R P, in favore del solo R L;
inoltre il decreto impugnato, pur dando atto delle deduzioni esposte, nel corso del procedimento, da parte degli eredi del dr. P R, pur tuttavia non avrebbe valutato, in maniera pertinente, le medesime, limitandosi ad affermazioni di mero stile, inidonee a soddisfare il precetto, contenuto nell’art. 10 della l. 241/90;

- 2) Violazione di legge (artt. 368 e 369 del R. D. 27 luglio 1934, n. 1265, e s. m. i.;
art. 12, ultimo comma, 29, secondo comma e 24 della l. 2 aprile 1968, n. 475;
art. 16 del d. P. R. 21 agosto 1971, n. 1275;
art. 10 della l. 241/90);
Eccesso di potere (contraddittorietà, sviamento, arbitrarietà, falsità dei presupposti, carenza d’istruttoria e motivazione, illogicità, perplessità);
Violazione del giusto procedimento: il provvedimento gravato avrebbe inoltre, contraddittoriamente, posto a suo fondamento due diverse fattispecie, vale a dire la cessione volontaria della farmacia tra coeredi ed il trapasso, “ope legis”, della stessa dal “de cuius”, in favore dell’erede, avviato agli studi farmaceutici;
per di più, sarebbe stata anche impropriamente invocata, dalla P. A., una terza fattispecie, vale a dire la normativa, dettata dalla legge 475/1968 e dal d. P. R. 1275/1971, “per disciplinare i trasferimento delle farmacie ordinarie e non certo di quelle di diritto transitorio, quale quella relitta dal dr. P R”;
lo stesso provvedimento aveva, per di più, omesso di considerare che, mentre era stato fissato un termine, per il conseguimento del titolo professionale abilitante da parte del ricorrente, autorizzato all’esercizio provvisorio della farmacia, nessun termine era stato invece stabilito, nei confronti dei coeredi del dr. P R, per il trasferimento della stessa ad un terzo, in possesso del suddetto titolo abilitante;

- 3) Violazione di legge (artt. 24 e ss. della l. 22 maggio 1913, n. 468;
artt. 268 e 369 del R. D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s. m. i.;
artt. 519, 1321, 1325, 1353 e ss., 2556 cod. civ;
art. 10 l. 241/90);
Eccesso di potere (contraddittorietà, sviamento, arbitrarietà, falsità dei presupposti, carenza d’istruttoria e motivazione, illogicità, perplessità);
Violazione del giusto procedimento: era formulata un’ampia doglianza, fondata sull’esegesi delle norme legislative disciplinanti la materia e sul richiamo, anche critico, alle decisioni giurisprudenziali in argomento, il cui nucleo centrale può così sintetizzarsi: la P. A. avrebbe autorizzato il ricorrente alla sola gestione provvisoria della farmacia, non anche determinato il trasferimento definitivo della stessa, sicché il dedotto “trapasso” della medesima, in suo favore, non si sarebbe affatto verificato, conservando, quindi, i coeredi del P R, malgrado l’atto, da loro firmato nel 1973, il potere di trasferirla, ancora, ad un farmacista abilitato;
la tesi del ricorrente, in sostanza, si fondava sulla diversificazione delle ipotesi normative, disciplinate dai commi 5 e 7 dell’art. 369 del R. D. 1265/1934, la prima concernente un caso di trasferimento a titolo definitivo, la seconda un trasferimento a titolo soltanto provvisorio, e a tempo determinato, disposto al solo fine di consentire, al gestore provvisorio, d’acquisire il titolo professionale, che l’abilitasse alla gestione (e, pertanto, al trasferimento definitivo) della farmacia.

Al termine del ricorso, erano avanzate domande istruttorie e cautelari.

Si costituiva in giudizio la Regione Campania, depositando la documentazione pertinente al ricorso.

Con ordinanza, emessa all’esito della camera di consiglio del 25.01.2001, la Sezione respingeva la domanda cautelare, articolata dal ricorrente.

Seguiva il deposito, in data 4.04.2002, di una memoria difensiva, per la stessa Regione.

In data 19.09.2012, l’Amministrazione produceva altra memoria, nella quale preliminarmente eccepiva l’inammissibilità del ricorso, per carenza d’interesse, posto che l’originario ricorrente, non avendo conseguito la laurea in farmacia, presupposto necessario per assumerne la titolarità, nessun beneficio avrebbe potuto trarre dall’accoglimento del gravame;
e, nel merito, ribadiva gli argomenti che s’opponevano al suo accoglimento.

In data 17.10.2012, era depositato, nell’interesse del ricorrente, copia di un atto pubblico di compravendita di farmacia, del 16.06.2007, stipulato tra il medesimo e la nipote (figlia del fratello G), dr.ssa R M.

In data 19.03.2013, l’originario ricorrente produceva un atto di motivi aggiunti, diretto avverso gli atti, specificati in epigrafe, nel quale, premesso che lo stesso aveva proceduto, con la prefata compravendita, alla cessione della farmacia, e dell’intera azienda commerciale, alla nipote M, farmacista regolarmente iscritta all’albo, e direttrice responsabile della stessa, e che la stessa, con istanza del 15.10.2012, aveva richiesto, allo S. T. A. P. della Provincia di Salerno, “il riconoscimento del trasferimento della titolarità e del diritto di esercizio della predetta farmacia R alla sottoscritta cessionaria”, ma che il dirigente dello S. T. A. P., con il provvedimento impugnato, aveva ritenuto la predetta richiesta inammissibile;
articolava, avverso quest’ultimo, le seguenti censure:

- 1) Violazione di legge (artt. 24 e 25 della l. 468/1913 in comb. disp. con il R. D. 1265/1934 art. 369, R. D. 463/1934 come modif. con l. 1868/1940, art. 12 l. 475/68);
Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, carenza di motivazione, contraddittorietà, travisamento e sviamento: la tesi dell’originario ricorrente, coerentemente a quanto sostenuto nell’atto introduttivo del giudizio, era nel senso che con l’autorizzazione alla gestione provvisoria, in suo favore, gli eredi del dr. P R non avessero consumato il potere, loro riconosciuto dall’art. 369 del R. D. 1265/1934 e s. m. i. (trattandosi di farmacia “legittima”), di trasferirla, per una volta tanto, per atto tra vivi o successione, a un farmacista, iscritto all’albo professionale (diversa essendo la fattispecie dell’esercizio provvisorio della farmacia, fino al compimento degli studi universitari, relativamente alla quale era stato assunto, dalla Regione, l’impugnato provvedimento di decadenza, del ricorrente, dal diritto d’acquisire la titolarità della medesima, per non aver completato gli studi universitari);
e tale potere sarebbe stato, per l’appunto, esercitato, dal medesimo ricorrente, con l’atto pubblico di cessione dell’azienda in questione, in favore della nipote M R, farmacista regolarmente iscritta all’albo;
ne sarebbe derivata l’illegittimità del diniego, opposto dalla Regione a tale trasferimento.

Seguiva il deposito di memoria difensiva per la Regione Campania, la quale eccepiva l’inammissibilità anche del ricorso per motivi aggiunti, per carenza d’interesse, posto il difetto di legittimazione ad agire in capo al ricorrente, ormai non più titolare (dopo la dichiarata decadenza) di alcun rapporto privilegiato, con la farmacia in questione;
e concludeva, comunque, per la sua infondatezza, essendosi già consumato l’unico trapasso ereditario della farmacia, in favore del ricorrente L R: ciò era avvenuto quando, alla morte del padre, dr. P R, lo stesso era stato designato, dai coeredi, quale unico titolare della medesima;
in via subordinata, la difesa dell’ente eccepiva anche l’intervenuta scadenza dei termini, previsti per il trasferimento dell’esercizio farmaceutico, ai sensi dell’art. 12 della l. 475/68 e 16 del d. P. R. 1275/71.

In data 4.07.2013, era depositato in giudizio, dal suo difensore, il certificato di morte dell’originario ricorrente, R L, deceduto, in Salerno, in data 1.07.2013;
e con ordinanza, emessa all’esito dell’udienza del 4.07.2013, la Sezione dichiarava, pertanto, l’interruzione del processo.

Lo stesso veniva riassunto, con ricorso depositato in data 27.09.2013, dagli attuali ricorrenti, R G e R M, i quali si riportavano a tutte le conclusioni, rassegnate nel corso del giudizio.

Seguiva, in data 28.11.2013, il deposito di memoria difensiva riepilogativa, per la Regione Campania nonché, in data 7.04.2014, di analoga memoria, per la dr.ssa M R, ricorrente anche, in via autonoma, nel giudizio, contrassegnato dal n. 1913/2013 R. G.

In data 18.10.2014, R G depositava un secondo atto di motivi aggiunti, diretto avverso l’atto specificato in epigrafe, corrispondente al ricorso autonomamente proposto, da R M, con il terzo dei ricorsi, odiernamente in trattazione, R. G. 1913/2013 (per ragioni di sintesi, si rinvia all’esposizione, che verrà fatta in seguito).

Con il secondo dei gravami, sopra specificati (n. 2005/2002 R. G.), erano impugnati gli atti, indicati in epigrafe, mediante i quali la Regione Campania aveva integrato il novero delle sedi farmaceutiche, da assegnare per concorso, anche con quella, n. 1, di Pontecagnano Faiano;
tanto, a cagione della decadenza dell’originario ricorrente, R L, dal diritto di acquisirne la titolarità, giusta il provvedimento, gravato in sede di atto introduttivo del primo giudizio;
avverso tali atti erano, in particolare, sollevate le seguenti censure:

- 1) Violazione di legge (artt. 7, 8 e 10 della l. 241/90);
Eccesso di potere per errore nei presupposti e carenza d’istruttoria ed illogicità;
Violazione del giusto procedimento: sarebbe mancata la comunicazione dell’avvio del procedimento, d’integrazione del bando di concorso per l’assegnazione di sedi farmaceutiche disponibili, nella Provincia di Salerno, essendo stato l’originario ricorrente autorizzato, con lo stesso provvedimento che ne aveva dichiarata la decadenza, alla gestione provvisoria della stessa, sotto la responsabilità di un direttore, fino al conferimento, per concorso, della farmacia di cui sopra;

- 2) Violazione di legge (artt. 2 l. 28 ottobre 1999 n. 389 e 97 Cost.);
Violazione della lex specialis del bando;
Eccesso di potere per errore e falsità nei presupposti, carenza d’istruttoria e di motivazione, illogicità, sviamento, arbitrarietà;
Violazione del giusto procedimento: con l’inserimento della sede farmaceutica, n. 1, di Pontecagnano Faiano, nell’elenco di quelle a concorso, la Regione avrebbe illegittimamente modificato – integrandolo – il bando di concorso originario;
e, infatti, le sedi, resesi disponibili dopo l’indizione del concorso, anziché essere inserite in tale elenco, avrebbero dovuto essere assegnate ai professionisti, non collocati utilmente nella graduatoria degli idonei;
inoltre, la pendenza del giudizio incardinato presso questo Tribunale, avverso il prefato provvedimento di decadenza, avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione a valutare l’opportunità di sospendere l’efficacia della delibera gravata, onde evitare d’esporre la stessa a un’azione per danni, nell’ipotesi di accoglimento del ricorso, spiegato avverso la suddetta decadenza;
da qui, la richiesta di condanna della Regione ai danni, “derivanti dall’illegittimità dei provvedimenti impugnati”.

Seguiva il deposito di memoria difensiva e di giurisprudenza a sostegno, per il ricorrente;
e di controricorso per la Regione Campania, che eccepiva preliminarmente l’inammissibilità del gravame, per difetto d’interesse e di legittimazione ad agire, non essendo l’originario ricorrente legittimato a partecipare al concorso de quo;
e, nel merito, concludeva per il suo rigetto, perché infondato.

Con ordinanza, resa all’esito della camera di consiglio del 29.10.2002, la Sezione respingeva la domanda cautelare, presentata dal ricorrente.

In data 27.09.2013, era proposto ricorso per riassunzione, a seguito del decesso di R L, e della dichiarata interruzione del processo.

In data 16.11.2013, la difesa dell’Amministrazione produceva memoria difensiva riepilogativa, nella quale ribadiva l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, da estendersi anche agli attuali ricorrenti, e i motivi che s’opponevano a un suo accoglimento nel merito, con il favore delle spese di lite e la condanna dei medesimi ad una somma di denaro, da determinarsi in via equitativa, stante la temerarietà dell’azione, intrapresa dall’originario ricorrente, e dagli stessi proseguita.

Con il terzo dei ricorsi di cui sopra (n. 1913/2013 R. G.), erano impugnati, dalla dr.ssa M R, gli atti specificati in epigrafe;
la ricorrente precisava, in narrativa, di aver impugnato, con ricorso straordinario al Capo dello Stato, del 3.04.2013, il medesimo atto, di diniego da parte della Regione al trasferimento della titolarità, in suo favore, della gestione della farmacia, della quale la stessa era da molti anni direttrice, atto già impugnato da R L, con i motivi aggiunti al ricorso n. 4148/2000 (giudizio, poi riassunto anche dalla medesima, oltre che dal padre R G, a seguito del decesso di R L);
segnalava, inoltre, che in data 9.07.2013 il padre, R G, unico erede superstite di R P, aveva inoltrato alla Regione, unitamente ai figli M e P, richiesta di prosecuzione della gestione della farmacia;
ma che, in data 11.07.2013, era stato licenziato, dall’Amministrazione, il provvedimento odiernamente gravato, con cui gli istanti erano stati autorizzati alla gestione provvisoria della farmacia in questione, ma soltanto “fino al conferimento per concorso” della medesima;
avverso tale provvedimento sollevava, quindi, le seguenti doglianze:

- 1) Violazione di legge (artt. 24 e 25 della l. 468/1913 in comb. disp. con il R. D. 1265/1934 art. 369, R. D. 463/1934 come modif. con l. 1868/1940, art. 12 l. 475/68);
Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, carenza di motivazione, contraddittorietà, travisamento e sviamento: era sostanzialmente riproposta la corrispondente censura dell’atto di motivi aggiunti di cui sopra, la quale s’estendeva, ora, anche all’autorizzazione alla gestione provvisoria della farmacia, rilasciata agli eredi del dr. P R, soltanto fino al conferimento della sede per concorso, anziché in via definitiva.

Si costituiva in giudizio la Regione Campania, che produceva, quindi, una relazione dell’A. G. C. Assistenza Sanitaria – S. T. A. P. di Salerno, del 14.11.2013, con allegata documentazione.

All’esito dell’udienza pubblica dell’8.05.2014, il Collegio, preliminarmente disposta la riunione dei tre ricorsi in epigrafe, per evidenti ragioni di connessione oggettiva e, in parte, soggettiva, rilevava che, stante la dichiarata presentazione, da parte di R M, di un ricorso straordinario al Capo dello Stato, avverso lo stesso provvedimento, già gravato da R L, con atto di motivi aggiunti al ricorso, n. 4148/2000, giudizio poi riassunto (a seguito del decesso di R L) anche dalla stessa R M, occorreva che quest’ultima depositasse in Segreteria copia del ricorso straordinario in questione, precisando quale fosse lo stato del relativo procedimento in sede straordinaria;
tanto, ai fini di vagliare se eventualmente sussistesse, nei confronti della stessa ricorrente, l’ipotesi normativa, prevista e disciplinata dall’art. 8 della l. 1199/1971;
inoltre, ai sensi dell’art. 73 comma 3 c. p. a., poiché l’eventuale pendenza di tale ricorso straordinario avrebbe potuto determinare, nei confronti della stessa ricorrente, il verificarsi di una causa d’inammissibilità del ricorso giurisdizionale, proposto avverso il medesimo atto, già impugnato in sede straordinaria (atteso che, con il riassumere il giudizio – ivi compresi i motivi aggiunti – n. 4148/2000 R. G., proposto da R L, la suddetta ricorrente era subentrata nella stessa posizione processuale di quest’ultimo), il Tribunale assegnava, alle parti, il termine di giorni trenta, a decorrere dalla notificazione a cura di parte, ovvero dalla comunicazione in via amministrativa della stessa ordinanza, per presentare memorie, vertenti su tale questione, rilevata d’ufficio, in grado di definire il giudizio, almeno per quanto concerneva la posizione di R M;
ciò, sia con riferimento all’atto, contestualmente impugnato in sede di motivi aggiunti al ricorso n. 4148/2000 R. G. ed in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato, sia con riferimento all’impugnativa degli atti anteriori (per gli eventuali indubbi riflessi, in tema di persistenza dell’interesse ad agire) e successivi del procedimento (stante, a tale ultimo riguardo, l’orientamento assunto dalla Sezione, riguardo all’impugnativa di atti presupposti e conseguenti nelle diverse sedi, giurisdizionale e straordinaria, orientamento di recente espresso nella sentenza breve, n. 1154/2014 del 19 – 30.06.2014);
restava riservata la decisione d’ogni questione, in rito, merito e sulle spese (ivi compresa quella, sopra specificata).

In data 18.10.2014, la ricorrente R M depositava copia del ricorso straordinario di cui sopra, unitamente a memoria difensiva, nella quale, con il supporto di giurisprudenza, la stessa controdeduceva, rispetto alla ventilata inammissibilità dell’impugnativa, dalla medesima esercitata mediante riassunzione del ricorso, n. 4148/2000 R. G., stante la previa proposizione, da parte della medesima, del predetto ricorso straordinario al Capo dello Stato, avverso il provvedimento della G. R. Campania – A. G. C. Assistenza Sanitaria – Settore Tecnico Amministrativo Provinciale di Salerno, prot. 2013.0017933 del 9.01.2013, avente ad oggetto il diniego alla richiesta di trasferimento della titolarità della farmacia in oggetto, evidenziando, in particolare, il carattere necessitato della riassunzione del giudizio, da parte sua, onde evitare l’estinzione del medesimo e il definitivo consolidarsi degli effetti degli atti gravati.

In pari data, R G proponeva un secondo atto di motivi aggiunti, diretto avverso gli atti specificati in epigrafe, nel quale, premessa la cronistoria degli avvenimenti, relativi alla titolarità e alla gestione della farmacia in oggetto, per la quale si richiama l’ampia narrativa che precede, faceva presente come, alla morte di R L, originario ricorrente, avvenuta l’1.07.2013, egli stesso e la figlia M avessero riassunto i giudizi, incardinati innanzi a questa Sezione, interrotti a seguito del decesso del loro rispettivo fratello e zio;
e come lo stesso R G avesse presentato alla Regione Campania, in data 9.07.2013, in qualità di proprietario e unico erede superstite del dott. P R, unitamente ai figli M e P, richiesta di prosecuzione della gestione della farmacia, riscontrata dal competente Settore regionale con il provvedimento gravato, avverso cui articolava censure, sostanzialmente corrispondenti a quelle, già esposte nei precedenti gravami, in pratica censurando la decisione della Regione d’autorizzare la gestione provvisoria della stessa farmacia in capo alla figlia M, congiuntamente al fratello e al padre, quale erede del dott. P R, dante causa del diritto alla gestione provvisoria della medesima, ma subordinandola, comunque, al conferimento definitivo della titolarità della stessa, a mezzo concorso.

Seguiva il deposito di memoria difensiva, per la Regione Campania, che eccepiva l’inammissibilità e, comunque, concludeva per l’infondatezza anche delle impugnative, oggetto di riassunzione, sulla base di argomentazioni, sostanzialmente corrispondenti a quelle, già rassegnate nei precedenti scritti difensivi, e che si abbiano qui per integralmente richiamate.

Indi, la Regione Campania produceva ulteriore memoria, in cui, oltre a ribadire le argomentazioni sopra espresse, eccepiva anche la tardività e l’inammissibilità degli ultimi motivi aggiunti, proposti da R G, per carenza d’interesse.

Alla pubblica udienza del 2.04.2015, i tre ricorsi, di cui in epigrafe, erano chiamati in decisione.

DIRITTO

Anzitutto, va confermata la riunione dei tre ricorsi in epigrafe, stante l’emergenza di ragioni evidenti di connessione oggettiva e, in parte, soggettiva.

Indi, sempre preliminarmente, quanto alla questione, rilevata d’ufficio dal Tribunale, concernente l’ipotizzata violazione della regola dell’alternatività tra il ricorso giurisdizionale (riassunto dall’erede, dopo la proposizione del ricorso straordinario, a seguito del decesso dell’originario ricorrente) e il ricorso straordinario, previamente proposto dalla stessa erede, in proprio, osserva il Collegio che va accolta la tesi, propugnata dalla difesa della ricorrente M R, secondo cui non è il ricorso giurisdizionale ad essere inammissibile (posto che la sua riassunzione, tra l’altro, rappresenta un modo obbligato di subentro nella posizione processuale del dante causa), bensì è quello straordinario, a divenire tale;
tanto, oltre che per le ragioni, nella memoria della stessa R M esposte, e riportate in narrativa, anche conformemente alla massima che segue: “La proposizione della domanda al giudice ordinario, che abbia preceduto la presentazione del ricorso straordinario e che, a seguito di pronuncia di diniego di giurisdizione, sia stata successivamente riassunta innanzi al Tar, produce inammissibilità del ricorso straordinario al fine di evitare il rischio di pronunce contraddittorie sul medesimo oggetto di due giudici appartenenti al medesimo complesso organizzativo della giurisdizione amministrativa” (Consiglio di Stato, Sez. III, 19/05/2009, n. 3414).

La situazione che si è verificata nella specie è, infatti, del tutto analoga a quella, oggetto della riferita massima, posto che, a seguito del decesso del suo dante causa, R M, che aveva già proposto ricorso straordinario, ha riassunto (com’era tenuta a fare, pena la sua estinzione) il ricorso giurisdizionale, già incardinato, nell’anno 2000, dal suo dante causa.

La soluzione prescelta (cfr. la memoria difensiva di R M: “A tutto voler concedere, l’eventuale sovrapposizione andrebbe rilevata con la conseguenza della declaratoria d’inammissibilità, in tutto o in parte, del ricorso straordinario, successivo ai ricorsi presentati dal Sig. L R, interrotti per la sua morte, nei quali è subentrata la ricorrente con un atto giudiziario di semplice rappresentazione del proprio interesse alla loro continuazione”) è, del resto, conforme anche alla lettera del capoverso dell’art. 8 del d. P. R. 1199/1971: “Quando l’atto sia stato impugnato con ricorso giurisdizionale, non è ammesso <il ricorso straordinario>
da parte dello stesso interessato”.

Ciò posto, quanto a tale preliminare questione, e passando all’analisi delle eccezioni, sollevate dalla difesa dell’Amministrazione, rileva il Collegio come siano prive di pregio quelle d’inammissibilità, per difetto d’interesse o di legittimazione ad agire, delle impugnative spiegate dai ricorrenti, con il primo dei ricorsi in epigrafe (e relativi primi motivi aggiunti), eccezioni, di cui s’è data ampia illustrazione in narrativa;
orbene, i rilievi, di presunta inammissibilità – sotto tale angolo visuale – dei ricorsi, non costituiscono, in realtà, questioni di rito, bensì di merito (vertendo, il punto centrale della controversia, proprio sulla dedotta impossibilità, di ritrasferire definitivamente la farmacia per atto tra vivi, a farmacista abilitato, pur dopo l’iniziale indicazione, recepita dalla P. A., di R L, quale coerede avviato agli studi di farmacia, a gestore provvisorio della stessa).

Non può quindi sostenersi, secondo le due versioni di tale eccezione, che l’originario ricorrente, non avendo conseguito la laurea in farmacia, presupposto necessario per assumerne la titolarità, nessun beneficio avrebbe potuto trarre, dall’accoglimento del (primo) gravame;
ovvero che difettava la legittimazione ad agire in capo al ricorrente, ormai non più titolare (dopo la dichiarata decadenza) di alcun rapporto privilegiato, con la farmacia in oggetto: poiché il processo verte, tra l’altro, proprio sulla questione della definitività del trapasso della medesima, in favore dell’originario ricorrente, affermata dalla Regione e negata dai ricorrenti, ben si comprende come non si possa discettare d’inammissibilità dei prefati gravami, dovendo piuttosto, gli stessi, essere sceverati nel merito.

Insomma, la contestazione, da parte della Regione Campania, della legittimità dell’ulteriore trapasso della farmacia, in favore della dr.ssa M R, e la presupposta affermazione della legittimità della decadenza, comminata dall’ente, nei confronti di R L, a causa del mancato completamento, da parte del medesimo, degli studi di farmacia, costituiscono, piuttosto che questioni di valida instaurazione del giudizio, da risolvere con pronuncia in rito, questioni di merito (si prescinde in questa sede, ovviamente, da qualsiasi considerazione, circa la loro eventuale fondatezza).

Quanto, poi, all’ulteriore eccezione, riferita al secondo degli epigrafati ricorsi, secondo la quale l’impugnativa dell’atto, ivi gravato, sarebbe stata inammissibile, per difetto d’interesse e di legittimazione ad agire, non essendo, l’originario ricorrente, legittimato a partecipare al concorso, bandito dalla Regione per il conferimento della sede farmaceutica “de qua”, la stessa neppure coglie nel segno, atteso che – ancora una volta – si confondono i due piani, della proponibilità dell’azione e del merito: l’originario ricorrente contestava non tanto lo svolgimento del concorso, quanto l’inclusione, tra le sedi da assegnare, di quella, ubicata in Pontecagnano e contrassegnata dal n. 1, inclusione determinata – a suo avviso illegittimamente – dalla decadenza della titolarità della stessa farmacia, in capo al medesimo, decretata dalla Regione.

Quanto, infine, all’eccezione di tardività, formulata con riferimento ai secondi motivi aggiunti, relativi al primo dei ricorsi in epigrafe (proposti da R G), se ne ritiene opportuna – per ragioni di sintesi – la trattazione, nel prosieguo della motivazione.

Ciò posto, e iniziando l’esame delle censure, da quelle dell’atto introduttivo del giudizio, relativo al primo dei ricorsi in epigrafe, viene in rilievo, anzitutto, la dedotta violazione dell’art. 10 della l. 241/90.

Assumeva l’originario ricorrente – con censura che, in virtù della riassunzione, operata dagli odierni ricorrenti, va ora scrutinata, nell’interesse dei medesimi – che l’Amministrazione Regionale avrebbe violato il disposto dell’art. 10 della l. 241/90, perché le osservazioni difensive formulate nelle note del 30.05.1995, 4.01.1998 e 24.06.2000, non sarebbero state oggetto d’adeguata considerazione da parte dell’Amministrazione, la quale si sarebbe limitata “ad affermazioni di mero stile, certamente non esaurienti per dimostrare l’adempimento del dettato normativo”.

Osserva, anzitutto, il Collegio che vengono in rilievo, onde verificare se, nella specie, vi sia stato effettivamente il denunziato malgoverno della disposizione, di cui all’art. 10 della l. 241/90, segnatamente tre atti: 1) la comunicazione dell’avvio del procedimento, volto alla declaratoria della decadenza del diritto d’acquisizione della titolarità della farmacia R, prot. 1661/SF del 16.06.2000;
2) la nota di osservazioni di R L, del 24.06.2000, acquisita al prot. 884 del 26.06.2000, con allegato parere legale dell’Avv. R, il quale si concludeva con l’affermazione della possibile trasferibilità, per atto tra vivi, della farmacia R, da parte degli eredi, poiché non si sarebbe ancora verificato il trapasso della titolarità, di cui all’art. 369 del T. U. LL. SS.;
3) il provvedimento – prot. 173 del 2.10.2000 – impugnato in sede di ricorso introduttivo, rispetto al quale occorre, quindi, verificare se – nel suo contesto – siano state tenute, o meno, in debito conto le osservazioni difensive rassegnate, dal privato, nel corso del procedimento, e, in particolare, nella sua fase finale, di determinazione del contenuto dell’atto terminale, durante la quale fase era stata garantita, da parte della Regione, la partecipazione del destinatario.

Ebbene, scorrendo il contenuto di tali atti, s’osserva: 1) la nota della Giunta Regionale della Campania – Area Generale di Coordinamento Assistenza Sanitaria – Settore Tecnico Amministrativo Provinciale di Salerno, prot. 1661/SF del 16.06.2000, rappresentava, senz’altro, la comunicazione d’avvio del procedimento (ex art. 7 l. 241/90), volto alla declaratoria della decadenza del diritto di acquisizione della farmacia R;
tanto si desume, sia dal riferimento, in esso contenuto, “a quanto previsto dalla legge 241/90”, sia dalla dizione, secondo cui detto Settore era dell’avviso “di avviare il procedimento” di cui sopra, con la precisazione – invero ultronea – che era stato predisposto apposito schema di atto deliberativo, da sottoporre alla Giunta Regionale, “contenente oltre alla citata decadenza anche l’autorizzazione a gestire in via provvisoria, sotto la responsabilità di un Direttore, fino al conferimento della farmacia stessa secondo la procedura di cui al 2° comma dell’art. 16 del d. P. R. 1275/71”;
s’osserva, incidentalmente, che mancavano, in detto avviso, le ulteriori indicazioni, pure prescritte dall’art. 8 della l. 241/90, nel testo vigente “ratione temporis” (precedente le modifiche, apportate dalla l. 11 febbraio 2005, n. 15), vale a dire: “c) l’ufficio e la persona responsabile del procedimento” e “d) l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti”;
pur in assenza di dette indicazioni, tuttavia, non v’è dubbio che la comunicazione in oggetto fosse idonea a iscriversi nel paradigma normativo, di cui all’art. 7 e ss. l. 241/90;
conferma di ciò, del resto, si ricava dalla circostanza che, trascorsi dieci giorni dall’emanazione di detta nota, il ricorrente originario, R L, faceva pervenire, allo S. T. A. P. di Salerno, 2) una nota di osservazioni, protocollata al n. 884 del 26.06.2000, “sub specie” di un parere scritto, a firma dell’Avv. Edilberto R, alla stessa allegato, e al quale il ricorrente si riportava integralmente, chiedendo al Settore competente, sulla scorta del predetto studio, “di riconoscere l’esercizio della facoltà del sottoscritto di far luogo al trasferimento della farmacia”, e, per l’effetto, di “desistere dall’iniziativa di avviare il procedimento di decadenza” di cui sopra” (rectius: di non adottare il provvedimento conclusivo, prefigurato nella suddetta comunicazione d’avvio del procedimento).

Ora, manca, tra la documentazione allegata dalla Regione Campania alla propria costituzione in giudizio, del 9.01.2001, copia del detto parere “pro veritate”, costituente, in sostanza, l’esplicazione del diritto del destinatario del provvedimento di presentare di presentare “memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento” (come s’esprime l’art. 10, lett. b), della l. 24/90);
né, per vero, detto parere è stato allegato, dal ricorrente originario, all’atto introduttivo del giudizio.

Ciò nonostante, il Tribunale ritiene di poter esaminare ugualmente la predetta censura, scendendo all’analisi del provvedimento impugnato, vale a dire 3) del decreto dirigenziale della Giunta Regionale – A. G. C. Assistenza Sanitaria, a firma del dirigente delegato, n. 173 del 2.10.2000, onde verificare se, della predetta memoria scritta, costituente l’espressione della facoltà, di cui all’art. 10, lett. b), della legge generale sul procedimento amministrativo, si sia tenuto adeguatamente conto, da parte dell’Amministrazione Regionale, nel licenziare il medesimo decreto.

Ciò in quanto: a) da un lato, è del tutto verosimile ritenere che la suddetta memoria, formulata – secondo la tecnica del richiamo “per relationem” – mercé l’allegazione del parere “pro veritate”, di cui sopra, a firma dell’Avv. R, fosse sostanzialmente corrispondente alle argomentazioni, poi trasfuse, dallo stesso legale, nell’atto introduttivo del giudizio, argomentazioni esprimenti, in definitiva, le censure, in esso sollevate avverso il decreto dirigenziale “de quo”;
b) dall’altro lato, la formula, adoperata dall’estensore di detto provvedimento, per disattendere le citate osservazioni, è, senz’altro, del tutto insufficiente allo scopo, risolvendosi nella seguente, anodina, espressione: “(Ritenuto) che le considerazioni, formulate nelle memorie prodotte dagli eredi R nelle date del (30.05.95, del 4.01.98 e del) 24.06.2000, non contengono elementi giurisprudenziali tali da dover modificare il costante comportamento, dichiarato ed attuato, in proposito, dall’Amministrazione Regionale nel corso dell’intero iter procedimentale, tali da non dover tenere in considerazione gli ordinamenti disposti e sentenziati dalle adite autorità, tali da non dover procedere, nei confronti di R L, al dovuto provvedimento di decadenza dal diritto di acquisizione della titolarità della farmacia de qua”.

Ritiene il Collegio che tale espressione, in disparte le sue contorsioni lessicali, si sia risolta in null’altro, che in una pseudo – motivazione, circa le ragioni, per le quali le controdeduzioni, rassegnate dagli eredi R, e segnatamente, per quanto qui viene in rilievo, da R L, non fossero di spessore tale, da determinare diversamente l’Amministrazione, rispetto alla divisata volontà, di dichiarare la decadenza dal diritto di acquisizione della titolarità della farmacia in questione.

In detta espressione, infatti, non è affatto chiarito per quale motivo, in concreto, le controdeduzioni de quibus non potessero essere oggetto di favorevole considerazione, apparendo evidente come tale chiarimento non possa ricavarsi dall’affermazione, puramente descrittiva, che le stesse non contenevano “elementi giurisprudenziali tali da dover modificare il costante comportamento, dichiarato ed attuato, in proposito, dall’Amministrazione Regionale nel corso dell’intero iter procedimentale”.

Ma tanto non è consentito, posto che la funzione propria della comunicazione d’avvio, ex art. 7 l. 241/90, anche in un’ottica deflattiva del contenzioso, deve essere piuttosto quella di stimolare la partecipazione del privato al procedimento, consentendogli di proporre osservazioni, che l’Amministrazione ha l’obbligo di esaminare, ove siano ad esso pertinenti.

L’obbligo d’esaminare dette osservazioni, nella specie contenute nella memoria scritta, di cui s’è detto sopra, si specifica e si completa nella necessità, per la P. A. procedente, d’esternare nell’atto conclusivo del procedimento, ove intenda disattenderle, una congrua motivazione, pena, altrimenti, la sua illegittimità.

Sta di fatto, però, che dall’esame del testo del prefato decreto dirigenziale della Regione Campania, non si rinviene alcuna replica alle osservazioni partecipative, rassegnate dal ricorrente originario nella suddetta memoria, ex art. 10 della l. 241/90.

In definitiva, può fondatamente rilevarsi come, delle citate controdeduzioni formulate, in chiave partecipativa, dal ricorrente, nell’intento di scongiurare la preannunziata decadenza del suo diritto d’acquisizione della titolarità della farmacia in oggetto, non si sia, sostanzialmente, tenuto alcun conto, da parte della Regione Campania, e segnatamente da parte del dirigente, firmatario del provvedimento del 2.10.2000, conclusivo del relativo procedimento.

In tal modo, peraltro, s’è trasformato l’istituto garantistico della comunicazione dell’avvio del procedimento, con la connessa facoltà, per il destinatario dell’atto, di presentare memorie scritte e documenti, “che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento” (art. 10, comma 1, lett. b), l. 241/90), in un mero simulacro di partecipazione, laddove lo stesso dev’essere inteso e applicato, secondo la giurisprudenza che si ritiene preferibile, in senso sostanziale e non formale, a salvaguardia della trasparenza e della democraticità dell’azione amministrativa, e anche al fine di realizzare, se del caso, effetti deflattivi sul contenzioso (“Le norme di cui agli art. 7 ss. n. 241 del 1990, non devono essere applicate in modo meccanico e formalistico, in quanto la partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo, che si sostanzia nella possibilità di presentare memorie, osservazioni e controdeduzioni, è finalizzata alla effettiva e concreta realizzazione dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, predicati dall’art. 97 Cost. e quindi, in ultima analisi, alla corretta formazione della volontà di provvedere da parte della p. a.” – T. A. R. Campania – Salerno, Sez. I, 17/10/2012, n. 1850).

In pratica, secondo il Collegio deve trovare applicazione, nella specie, l’orientamento della giurisprudenza, secondo il quale: “Il dovere di esame delle memorie prodotte dall’interessato a seguito della comunicazione di avvio del procedimento non comporta la confutazione analitica delle allegazioni presentate dall’interessato, purché il provvedimento finale sia corredato da una motivazione che renda nella sostanza percepibili le ragioni del mancato adeguamento dell’azione amministrativa a quelle osservazioni. Pertanto, l’amministrazione, nell’adottare un provvedimento, non è tenuta a riportare il testo integrale delle deduzioni del potenziale destinatario, essendo sufficiente che le valuti nel loro complesso o per questioni omogenee” (Consiglio di Stato – Sez. VI, 3/07/2014, n. 3355).

O, dall’analisi del provvedimento dirigenziale impugnato, conclusivo della fase terminale del procedimento, iniziata con la, più volte citata, comunicazione d’avvio del procedimento, non sono affatto “percepibili le ragioni del mancato adeguamento dell’azione amministrativa” alle osservazioni, formulate dal ricorrente originario, patrocinanti una diversa opzione finale, circa il prefigurato intento di dichiarare il ricorrente decaduto dal diritto, di cui sopra.

L’estensore del provvedimento di cui sopra, in sostanza, non ha argomentato affatto sui concreti motivi, per i quali la diversa prospettazione dell’originario ricorrente, su tale punto, non era condivisibile.

È in tale snodo che può cogliersi, ad avviso del Tribunale, l’illegittimità del provvedimento impugnato, senza che possa sottoscriversi la diversa opinione della difesa dell’ente, secondo cui: “Con riferimento alla censura relativa alla violazione dell’art. 10 della l. 241/90, si osserva che, come emerge dallo stesso ricorso introduttivo nonché dalla documentazione in atti – come risulta chiaramente dall’iter motivazionale dell’impugnato provvedimento – le memorie presentate dagli interessati nell’ambito del provvedimento amministrativo finalizzato all’adozione del decreto di decadenza, <
sono state ampiamente prese in considerazione dal competente Settore nell’emanazione del provvedimento de quo>”.

Non può, in particolare, sottoscriversi l’opinione, ricavabile per implicito dalle suddette, scarne, deduzioni difensive, secondo la quale la motivazione complessiva del provvedimento finale varrebbe, sostanzialmente, a rendere superflua una confutazione analitica delle controdeduzioni sviluppate da parte ricorrente, le quali viceversa, come sopra riferito, necessitavano, onde preservare la legittimità di detta conclusiva determinazione, quanto meno di una valutazione “nel loro complesso o per questioni omogenee” (giusta la sentenza del C. di S., di cui s’è riportata sopra la massima), valutazione della quale, si ribadisce, non v’è traccia alcuna, nella determina gravata.

Ed è naturale, del resto, che la mancata confutazione analitica, o quanto meno sintetica, delle osservazioni procedimentali licenziate, in chiave partecipativa, dall’originario ricorrente, fa risaltare icasticamente anche il corrispondente vizio di giustificazione dello stesso provvedimento finale, nel senso dell’inidoneità del compendio motivazionale, offerto dall’Amministrazione, a dar conto delle ragioni, d’inaccoglibilità delle suddette osservazioni.

L’obbligo di congrua motivazione di cui sopra, esteso anche alla replica alle osservazioni rassegnate, durante il procedimento, dal destinatario del provvedimento finale, che s’intende adottare, è, del resto, particolarmente pregnante nella materia in esame, giusta la rilevanza, anche economica, degli interessi in gioco.

S’è detto, pocanzi, delle argomentazioni difensive rassegnate, riguardo alla censura in esame, dalla difesa della Regione Campania: deve rilevarsi ancora, al riguardo, come l’ente non abbia invocato la sanatoria dei vizi formali – procedimentali, prevista dalla seconda parte del capoverso dell’art. 21 octies della l. 241/90, secondo cui: “Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”;
tanto esime, evidentemente, il Collegio dal fornire alcuna motivazione, al riguardo.

Peraltro, e nonostante che neanche tale ulteriore profilo sia stato esplicitamente sollevato, nelle difese dell’Amministrazione, il Collegio, stante la delicatezza della vicenda, intende comunque esaminare, d’ufficio, la questione dell’eventuale applicabilità, alla specie, della prima parte dello stesso comma secondo della disposizione testé citata, secondo cui: “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Premesso che, anche in caso di provvedimenti vincolati, secondo una parte della giurisprudenza andrebbero comunque osservate le formalità garantistiche, prescritte dagli artt. 7 e ss. l. 241/90, ogni qual volta essi “presuppongano una complessa attività istruttoria ovvero un apporto istruttorio inteso a chiarire se ricorrano o meno i presupposti di fatto o di diritto ai quali la norma riconnette il legittimo esercizio del potere” (cfr. T. A. R. Campania – Salerno, Sez. I, 17/10/2012, n. 1850;
vedi anche T. A. R. Campania – Napoli, Sez. III, 4/12/2006, n. 10365), in ogni caso, nella specie, deve fondatamente escludersi che ci si trovi in cospetto di un provvedimento necessitato, ovvero “che deve essere necessariamente assunto, in presenza di determinati presupposti” (T. A. R. Molise, Sez. I, 1/03/2011, n. 71).

In particolare, non può predicarsi alcuna natura vincolata della gravata determinazione di dichiarare la decadenza del diritto di acquisire la titolarità della farmacia in oggetto: si consideri, a tale riguardo, la stessa complessità del quadro normativo – giurisprudenziale di riferimento, testimoniata, a tacer d’altro, dalla redazione e dalla sottoposizione, all’attenzione dell’organo deliberante, ex art. 10 della l. 241/90, del citato parere “pro veritate”, nel quale, con ogni verosimiglianza, giusta quanto sopra osservato, s’esprimevano le ragioni, poi trasfuse nelle doglianze dell’atto introduttivo del giudizio, le quali s’opponevano, secondo il ricorrente originario, all’adozione della contestata determinazione dirigenziale, da parte della Regione Campania;
e, sempre nella direzione, dell’affermazione del carattere non vincolato del provvedimento in questione, si consideri anche la complessità del relativo procedimento, comprovato dalla stessa articolazione della corrispondente istruttoria, quale risalta, icasticamente, dalla lettura dello stesso decreto dirigenziale gravato, tutti elementi sintomatici dell’astratta indubbia possibilità, per l’Amministrazione, di determinarsi, in teoria, anche diversamente, rispetto alla decisione assunta con l’atto, oggetto dell’odierno gravame.

In conclusione, il provvedimento, gravato sub 1) dell’epigrafe del primo ricorso è illegittimo, per le ragioni dianzi esposte, e va quindi annullato;
da tale annullamento consegue, quale regola conformativa del potere amministrativo, la necessità che l’Amministrazione Regionale si ridetermini, in ordine alla “res in iudicium deducta”, alla luce dei dettami contenuti nella presente pronuncia, ovvero che la stessa P. A., nel riesercizio del potere, inciso dalla presente pronuncia, espliciti adeguatamente le ragioni che, alternativamente, s’oppongano all’accoglimento delle controdeduzioni, formulate ex art. 10, l. 241/90, da parte ricorrente, ovvero consiglino, all’ente, di determinarsi diversamente, in accoglimento delle medesime;
in sostanza, il procedimento deve essere riattivato, a partire dalla fase dello stesso, in cui le evidenziate criticità, d’ordine formale/procedimentale, si sono manifestate.

Va da sé, inoltre, come l’accoglimento della censura, sub 1) dell’atto introduttivo del primo degli esaminandi ricorsi, dato il suo evidenziato carattere formale, finisca per rivestire carattere dirimente, e assorbente rispetto agli ulteriori vizi, di natura sostanziale – impingenti nel merito del provvedimento in questione – esposti da parte ricorrente.

Ciò posto, e trascorrendo al primo atto di motivi aggiunti, proposto da R L e riassunto, nei termini già ampiamente esposti, dagli odierni ricorrenti, R G e R M, s’è trattato dell’impugnativa del provvedimento, a firma del dirigente del Settore e del titolare della P. O. “Farmaceutica e Fasce Deboli” della Regione Campania – A. G. C. Assistenza Sanitaria – S. T. A. P. di Salerno, con il quale è stata dichiarata inammissibile l’istanza, proposta da R M, d’adozione di un provvedimento d’autorizzazione al trasferimento della farmacia “de qua” in favore della stessa dr.ssa R, cessionaria, nel 2007, dell’azienda farmaceutica sita in Pontecagnano al Corso Umberto n. 114, “unitamente alla titolarità e al diritto di esercizio”.

O, in disparte le motivazioni, espresse in detto provvedimento, che hanno determinato la Regione Campania nel senso del suo respingimento, e le corrispondenti censure svolte dall’originario ricorrente (poi oggetto di riassunzione, da parte della stessa dr.ssa M R e di R G), un dato appare lampante, vale a dire che nelle premesse dell’atto in esame si cita, quale presupposto indispensabile della determinazione gravata, il decreto dirigenziale n. 173 del 2.10.2000, di decadenza di R L dal diritto d’acquisire la titolarità della farmacia in questione, per non aver conseguito la laurea in farmacia, nei termini fissati dalla G. R. con deliberazione n. 5087 del 7.04.1978 (vale a dire l’atto, impugnato con l’atto introduttivo del giudizio in trattazione, e annullato dal Collegio, per l’emergenza del vizio, di natura formale, rappresentato dall’accertata violazione degli artt. 7 e ss. l. 241/90, segnatamente, dell’art. 10 comma 1 lett. b), in tema di omessa adeguata confutazione delle osservazioni difensive, rassegnate, in chiave partecipativa, dal destinatario dell’atto medesimo, nel corso della fase terminale del procedimento).

Nel contesto del provvedimento in questione, in particolare, s’afferma: “Il dott. R L, gestore della farmacia de qua, non può trasferire la titolarità della farmacia stessa, in quanto egli non è (più: nde) titolare della stessa, <
essendo stato dichiarato decaduto dal diritto ad acquisire la titolarità della farmacia >
(…)”.

Sicché, essendo venuto meno, per le ragioni sopra esposte, il provvedimento presupposto, da cui quello, attualmente in esame, traeva la propria “ratio” fondante, ne deriva il travolgimento anche di detto secondo provvedimento, per la regola dell’invalidità derivata, essendo di tutta evidenza come detto ultimo atto non possa più reggersi, in sé considerato, una volta privato del suo indispensabile antecedente logico – giuridico.

La conseguenza di cui sopra discende, in maniera inevitabile, dalla constatazione del nesso di presupposizione, sicuramente esistente tra gli atti in questione, tale da far rientrare l’annullamento della determina dirigenziale del 2000, ad avviso del Tribunale, nel contesto del rapporto di presupposizione corrente fra atti, inseriti all’interno di un più ampio contesto procedimentale, nell’ambito delle invalidità ad effetto caducante;
in ogni caso, anche qualora volesse opinarsi diversamente, e ritenere che si sia, piuttosto, trattato di un’invalidità ad effetto viziante (sulla distinzione tra le due tipologie di vizi, vedi Consiglio di Stato, Sez. VI, 23/12/2008, n. 6520), in ogni caso, l’evidenziata conseguenza del travolgimento dell’atto successivo sarebbe garantito dall’intervenuta rituale impugnazione sia dell’atto presupposto, sia di quello consequenziale (cfr. la massima seguente: “Nell’ambito del rapporto di presupposizione corrente fra atti inseriti all’interno di un più ampio contesto procedimentale occorre distinguere fra invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto viziante;
nel primo caso l’annullamento dell’atto presupposto determina l’automatico travolgimento dell’atto conseguenziale, senza bisogno che quest’ultimo sia stato autonomamente impugnato, mentre in caso di illegittimità ad effetto viziante l’atto conseguenziale diviene invalido per vizio di invalidità derivata, ma resta efficace salva apposita ed idonea impugnazione, resistendo all’annullamento dell’atto presupposto” – Consiglio di Stato, Sez. III, 19/12/2014, n. 6174).

Va da sé che, stante la natura formale del vizio, che ha determinato la caducazione dell’atto presupposto e, per derivazione, di quello consequenziale, dall’accoglimento del ricorso deriverà, ancora una volta, che l’Amministrazione dovrà rideterminarsi, anche in ordine alla predetta istanza della dr.ssa M R, in aderenza ai dettami della presente pronuncia (ovviamente – sotto il profilo logico, se non anche cronologico – dopo che la P. A. si sarà rideterminata sull’atto – dichiarazione di decadenza di R L dalla titolarità della farmacia – costituente l’antecedente logico – giuridico dell’atto consequenziale in questione).

A questo punto, prima di passare all’esame del secondo atto di motivi aggiunti, proposto da R G nell’ambito del giudizio, contrassegnato dal n. 4148/2000 R. G., il Collegio ritiene che sia opportuna l’analisi del secondo ricorso, n. 2005/2002 R. G., incardinato su ricorso di R L e opportunamente riassunto dallo stesso R G, oltre che da R M, dopo il decesso dell’originario ricorrente.

Allo stesso, diretto avverso la deliberazione n. 1280 della Giunta della Regione Campania, assunta nella seduta del 5.04.2012, avente a oggetto: “Area Generale di Coordinamento Assistenza Sanitaria – Pubblico concorso per titoli ed esami per l’assegnazione di sedi farmaceutiche nella Provincia di Salerno (bando 1997). Elenco definitivo sedi conferibili a seguito di stralcio e integrazioni”, impugnata nella parte, in cui nell’elenco definitivo di sedi, messe a concorso, era inserita anche la sede farmaceutica n. 1 del Comune di Pontecagnano Faiano (id est, la farmacia al centro del presente contenzioso), nonché volto ad ottenere la condanna della Regione Campania al risarcimento del danno, subito dall’originario ricorrente, e per effetto di riassunzione, dagli attuali, a causa dell’adozione della suddetta delibera giuntale, vanno applicati principi analoghi a quelli, testé esposti, quanto al primo atto di motivi aggiunti al ricorso introduttivo del primo giudizio.

In particolare, osserva la Sezione che nei “Considerato” di detta deliberazione, è compreso, per quanto qui rileva, il seguente: “Che si rende necessario procedere ad un’ulteriore integrazione inserendo tra le sedi conferibili anche la sede n. 1 del Comune di Pontecagnano Faiano, <
per effetto di decadenza, dichiarata con decreto dirigenziale n. 173 del 2.10.2000 – Settore T. A. P. Salerno >”;
sicché, in parte dispositiva, la prefata delibera integrava il bando di concorso, di cui sopra, includendo tra le sedi, messe a concorso, anche quella n. 1 di Pontecagnano Faiano.

Nella specie, l’effetto caducante, derivante dall’annullamento, per le ragioni dianzi esposte, dell’atto presupposto, rappresentato dal decreto dirigenziale n. 173 del 2000 è, se possibile, ancora più direttamente e immediatamente percepibile di quello, posto in risalto in precedenza, e deve pertanto condurre, in parte qua, anche al travolgimento della suddetta deliberazione di G. R., senza che occorra scendere all’analisi delle doglianze, sollevate dai ricorrenti in riassunzione nei suoi confronti, bensì solo per l’operatività del suddetto meccanismo (“Perché possa ritenersi sussistente un nesso di presupposizione fra provvedimenti tale da determinare la caducazione automatica del provvedimento presupponente a seguito dell’annullamento giurisdizionale dei provvedimenti presupposti – perché si produca, cioè, il c.d. effetto caducante, derivante dall’annullamento dell’atto presupposto, che si contrappone al c.d. effetto meramente invalidante – è necessario che si tratti di provvedimenti facenti parte della medesima sequenza procedimentale, e che il provvedimento successivo si ponga in rapporto di consequenzialità immediata diretta e necessaria rispetto a quello precedente” – T. A. R. Toscana, Sez. I, 28/01/2008, n. 45).

Naturalmente (il dato è d’immediata evidenza) anche la sorte dell’elenco di sedi messi a concorso – stante l’evidenziato intimo collegamento, sussistente tra la delibera di Giunta e l’atto conclusivo del procedimento, volto alla dichiarazione di decadenza di R L, dalla titolarità della sede farmaceutica “de qua” – dipenderà dalle determinazioni che saranno assunte dalla Regione Campania, a seguito della presente pronuncia, in sede di riesercizio del potere, relativamente alla sorte dell’atto presupposto.

La natura formale del vizio, invalidante la serie degli atti gravati (declaratoria di decadenza – delibera giuntale d’inclusione della sede farmaceutica nell’elenco delle sedi messe a concorso), implica, d’altro canto, che non possa proprio scendersi all’esame della domanda risarcitoria, azionata da parte ricorrente, la quale va, quindi, respinta;
tanto, in applicazione del costante orientamento giurisprudenziale, espresso, ex multis, nella massima che segue: “Il vizio formale del provvedimento amministrativo, che ne ha determinato l’annullamento giurisdizionale, non esclude di per sé il riesercizio del potere da parte dell’Autorità emanante, con la conseguenza che la valutazione della domanda di risarcimento del danno può avvenire solo all’esito del nuovo esercizio del potere che, conferendo giuridica definitività al rapporto, invera il necessario presupposto dell’azione risarcitoria” (T. A. R. Basilicata, Sez. I, 10/01/2012, n. 16).

Trascorrendo, quindi, al terzo dei ricorsi in epigrafe, che presenta, del resto, lo stesso contenuto del secondo atto di motivi aggiunti, relativo al primo giudizio, differenziandosi, le due impugnative, esclusivamente per la data di proposizione (24 – 25 ottobre 2013, il ricorso n. 1913/2013 R. G.;
17 ottobre 2014, il secondo atto di motivi aggiunti al ricorso n. 4148/2000 R. G.), oltre che per le persone dei ricorrenti (R M, nel ricorso n. 1913/2013 R. G.;
R G, nei secondi motivi aggiunti al ricorso n. 4148/2000), esso concerne, essenzialmente, l’impugnazione: - 1) del decreto n. 55 dell’11.07.2013, con il quale il dirigente del Settore tecnico – amministrativo provinciale – assistenza sanitaria – della Regione Campania: - a) ha autorizzato “gli eredi del dott. P R (…) a gestire in via provvisoria” la farmacia ubicata al Corso Umberto I n. 116 di Pontecagnano “fino al conferimento per concorso della medesima”;
- b) ha preso atto che i coeredi hanno designato “la dott.ssa M R (…) alla prosecuzione della gestione provvisoria”;
- c) ha confermato “il Decreto Dirigenziale dell’AGC Assistenza Sanitaria n. 173 del 2 ottobre 2000, in tutte le parti che non contrastano con il presente provvedimento”;
- d) ha preso atto “che la direzione tecnica della farmacia prosegue nella persona della dott.ssa M R”.

O, è evidente, come risulta del resto dall’articolazione delle stesse censure, proposte dai ricorrenti, che l’atto di cui sopra è stato, dai medesimi, censurato, esclusivamente per la parte di esso, in cui veniva riaffermata la condizione del conferimento definitivo della titolarità della, più volte citata, farmacia, a mezzo concorso, oltre che nella parte, in cui si confermava il decreto dirigenziale dell’A. G. C. – Assistenza Sanitaria, n. 173 del 2.10.2000, sia pure “in tutte le parti che non contrastano con il presente provvedimento” (mera formula di stile, non ravvisandosi, in realtà, alcun contrasto tra gli atti in questione, nella misura in cui il prosieguo, senza soluzione di continuità, della gestione provvisoria della farmacia in questione, “fino al (definitivo) conferimento per concorso della medesima”, era ancorata, ancora una volta, alla necessità “di non arrecare danno grave e irreparabile agli eredi gestori” e di tutelare “gli interessi collettivi della popolazione, ai fini dell’assistenza farmaceutica”).

Ne deriva, allora, che, una volta venuta meno, “in parte qua”, per effetto dell’annullamento decretato dal Collegio, la delibera di G. R., che aveva inserito detta farmacia tra le sedi, messe a concorso, la condizione suddetta, apposta all’atto impugnato, deve ritenersi “tamquam non esset”;
o meglio, la stessa dovrà, come del resto tutti gli altri atti del procedimento in esame, confrontarsi con il necessario riesercizio del potere, da parte della Regione Campania, conseguente all’annullamento per vizi formali/procedimentali, deciso dal Tribunale, dell’atto primigenio, ovvero della dichiarazione di decadenza dalla titolarità della sede farmaceutica de qua, e di quelli conseguenti, anch’essi caducati, secondo la regola dell’invalidità derivata (giusta le precisazioni, fornite in precedenza).

Ne consegue, in considerazione dell’operatività di tale effetto caducante, nonché stante l’unicità e l’indivisibilità dell’atto gravato sia – tempestivamente – da R M, sia – un anno dopo – da R G, che può prescindersi dall’esame dell’eccezione di tardività del ricorso, proposto da quest’ultimo, sollevata dalla difesa dell’Amministrazione Regionale.

Quand’anche, infatti, detto ricorso per motivi aggiunti fosse tardivo (in disparte che, di tale tardività, non è stata fornita idonea dimostrazione), ciò non di meno – stante l’impugnativa tempestivamente azionata da R M – gli effetti caducanti di cui sopra si produrrebbero comunque, con riferimento all’(unico) atto gravato, che deve, quindi, seguire la sorte degli altri, precedentemente esaminati.

La condanna della Regione Campania al pagamento, in favore di R G e R M, delle spese e dei compensi dei presenti ricorsi riuniti, liquidate come in dispositivo (oltre che del contributo unificato), segue la sua soccombenza in giudizio;
laddove sussistono eccezionali ragioni per compensare le stesse, quanto al Dirigente del Settore Tecnico Amministrativo Provinciale di Salerno (A. G. C. – Assistenza Sanitaria) della Giunta Regionale della Campania, destinatario della notifica di taluni degli epigrafati ricorsi, ma che – non costituendosi in giudizio – non ha, in essi, svolto alcuna difesa.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi