TAR Bari, sez. I, sentenza 2018-08-01, n. 201801146

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. I, sentenza 2018-08-01, n. 201801146
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201801146
Data del deposito : 1 agosto 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/08/2018

N. 01146/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01693/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1693 del 2013, proposto da
P M, rappresentato e difeso dall'avvocato A P, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.A.R. Puglia - Bari, in Bari, piazza Massari, 6;

contro

Università L.U.M. “J M” di Casamassima, Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca, non costituiti in giudizio;

I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M A, con domicilio eletto presso il suo ufficio, in Bari, via Oberdan 40/U;

per l’accertamento e la declaratoria

della prosecuzione del rapporto di servizio tra l’Università L.U.M. “J M” e P M, professore ordinario a tempo definito, dal 01.11.2012 al 30.10.2014;

nonché

per la condanna

dell’Università L.U.M. “J M” al pagamento delle differenze retributive, maturate a far data dal 1.11.2012 e del t.f.r.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2018 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel medesimo verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 25.11.2013 e depositato in Segreteria il 19.12.2013, M Pietro adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere la pronuncia meglio indicata in oggetto.

Il ricorrente - professore ordinario di diritto agrario in servizio a tempo definito presso l’Università L.U.M. “J M”, con sede in Casamassima (BA) - esponeva in fatto che, in data 28.10.2010 chiedeva, in vista del compimento dei settanta anni ed ai sensi dell’art. 16, co. 1, del D.Lgs. n. 503/1992, di permanere in servizio per un ulteriore biennio, oltre i limiti di età per il pensionamento, ossia fino al termine dell’anno accademico 2013/2014.

In seguito all’entrata in vigore dell’art. 25 L. 240/2010, che escludeva l’applicazione dell’art. 16, co.1, D.Lgs. 503/1992 per i professori e ai ricercatori universitari, l’Università, con comunicazione del 3.10.2012, disponeva il collocamento a riposo del M, a decorrere dal 1.11.2012.

Tuttavia, il rapporto lavorativo in essere non veniva interrotto, né veniva erogato il t.f.r., pur avendo la L.U.M. effettuato il relativo computo per l’importo lordo di euro 26.459,32.

In tesi di parte ricorrente, quest’ultimo, anche dopo il collocamento a riposo, rimaneva titolare dell’insegnamento di diritto agrario, svolgendo l’intero corso di lezioni nell’anno accademico 2012/2013, presiedendo le commissioni di esame ed assegnando tesi di laurea.

In seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 83/2013, che dichiarava l’incostituzionalità dell’art. 25 della L. 240/2010, il docente, facendo seguito alla domanda a suo tempo presentata, chiedeva alla L.U.M. che gli fosse riconosciuta la permanenza in ruolo fino al compimento del settantaduesimo anno di età, ossia fino alla conclusione dell’anno accademico 2013/2014.

Con comunicazione del 29.05.2013, l’Università si riservava di discutere e di decidere in merito, in occasione del successivo Senato Accademico e, nelle more, confermava al M la titolarità dell’insegnamento di diritto agrario, pur senza attribuzione di alcun contratto.

In data 26.09.2013, il M sollecitava l’Università affinché provvedesse con urgenza al riconoscimento della prosecuzione del rapporto di servizio e della relativa retribuzione.

Alla luce di tali vicende, parte ricorrente chiedeva al Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe di dichiarare la prosecuzione del rapporto di servizio dal 01.11.2012 al 30.10.2014, altresì accertando come dovute le relative retribuzioni e condannando la L.U.M. “J M” al pagamento delle differenze retributive maturate a far data dal 01.11.2012 e del t.f.r.

L’Università L.U.M. “J M” non si costituiva in giudizio.

Con memoria difensiva depositata in data 30.01.2014, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale si costituiva in giudizio, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva.

In sede cautelare, con ordinanza n. 57/2014, il Tribunale in epigrafe si esprimeva negativamente sull’istanza di parte ricorrente, ritenendo assente un rilevante periculum in mora , atteso che l’avvenuto pagamento effettuato dall’Università tramite bonifico bancario per euro 10.000,00, a titolo di emolumenti e ratei di stipendio, risultava apparire largamente satisfattivo della prospettata esigenza di tutela interinale.

Alla pubblica udienza del 20.06.2018, la causa veniva definitivamente trattenuta in decisione.

Tutto ciò premesso, in via preliminare, deve dichiararsi il difetto di legittimazione passiva dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in quanto del tutto estraneo alle domande oggetto del presente giudizio, non essendo la L.U.M. “J M” iscritta alla Gestione Dipendenti Pubblici dell’I.N.P.S.

Nel merito, il ricorso è fondato e, pertanto, può essere accolto.

La pretesa del M di vedersi riconosciuta la prosecuzione del rapporto di servizio per un biennio oltre i limiti di età, fino all’anno accademico 2013/2014, trova fondamento nell’art. 16, co. 1, del D.Lgs. 503/1992, la cui applicabilità ai professori e ricercatori universitari era stata esclusa dall’art. 25 L. n. 240/2010, per poi acquistare reviviscenza a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 83/2013, che ne dichiarava l’illegittimità costituzionale.

Quanto al comportamento tenuto dall’Università resistente, la volontà della L.U.M. “J M” di proseguire il rapporto di ruolo con il M, in seguito alle domande da lui ritualmente proposte, emerge con evidenza da una pluralità di elementi e, nello specifico, dal fatto che al M non è stato erogato il t.f.r., che non è stato stipulato alcun ulteriore contratto di insegnamento a modificazione del rapporto preesistente e che gli è stata confermata la titolarità dell’insegnamento di diritto agrario per gli anni accademici 2012/2013 e 2013/2014, a quel che consta, peraltro, regolarmente svolti.

A tali rilievi giova aggiungere che, successivamente alla notifica del ricorso e alla proposizione della domanda cautelare, la L.U.M. ha versato al M, in data 10.12.2013, tramite bonifico bancario, euro 10.000,00 a generico titolo di emolumenti e ratei di stipendio.

Una simile condotta non può che essere interpretata come la conferma - implicita - dell’effettiva prosecuzione del rapporto di lavoro, e, nel silenzio dell’Università, costituisce un ulteriore elemento di prova dell’assunto in fatto ed in diritto sostenuto da parte ricorrente nel presente giudizio.

Le esposte considerazioni militano nel senso della complessiva fondatezza del ricorso, che deve, dunque, essere accolto, con dichiarazione di prosecuzione del rapporto di servizio tra il M e l’Università L.U.M. fino al settantaduesimo anno d’età del ricorrente e consequenziale condanna della L.U.M. medesima al pagamento delle differenze retributive, maturate a far data dal 01.11.2012, nonché del t.f.r., per quanto di spettanza.

Infine, nei rapporti fra il ricorrente e l’Università, le spese del presente giudizio andranno poste a carico della L.U.M. “J M”;
viceversa, nei rapporti fra il ricorrente e l’I.N.P.S., le spese di lite dovranno essere poste a carico del ricorrente M, a causa dell’avvenuto integrale accoglimento dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’Istituto, vista la completa estraneità di quest’ultimo alla vicenda in esame.

In entrambi i casi, dette spese verranno liquidate nell’importo indicato in dispositivo, tenendo conto, nella loro quantificazione, della minima attività processuale svolta e della assenza di specifiche questioni di fatto e di diritto.

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