TAR Roma, sez. II, sentenza 2014-12-19, n. 201413012

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2014-12-19, n. 201413012
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201413012
Data del deposito : 19 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04843/2011 REG.RIC.

N. 13012/2014 REG.PROV.COLL.

N. 04843/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 4843 del 2011, proposto dal Fallimento

GESAT

Srl, in persona del curatore fallimentare, rappresentato e difeso dall’avvocato R I ed elettivamente domiciliata in Roma, Lungotevere Marzio n. 3, presso lo studio del predetto avvocato;

contro

il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede sono per legge domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l’esecuzione

della sentenza di questa Sezione n. 9503 del 5 dicembre 2003, confermata dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4643 del 23 luglio 2009;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2014 il dott. C P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Visto l’art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. In punto di fatto la parte ricorrente - dopo un’articolata premessa concernente la situazione di squilibrio gestionale verificatasi, nel corso dell’anno 1991, nell’attività svolta dalla società GESAT quale concessionario del servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici per l’ambito B della Provincia di Catanzaro - riferisce che: A) con decreto ministeriale prot. n. 1/11524 del 10 settembre 1991 la società GESAT è stata dichiarata decaduta dalla concessione per non aver provveduto a versare l’importo richiesto dall’Intendente di Finanza di Catanzaro;
B) con separato decreto ministeriale in data 10 settembre 1991, impugnato innanzi a questo Tribunale, è stato disposto, nei confronti della società GESAT, l’incameramento della cauzione e l’esecuzione sui beni extracauzionali, oltre accessori e pene pecuniarie;
C) con successivo decreto prot. n. CI/3074 del 17 dicembre 1992 il Ministero delle Finanze ha determinato in £ 2.728.336.000 il contributo in conto esercizio spettante alla società GESAT, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto legge n. 417/1991, convertito dalla legge n. 66/1992, per la frazione dell’anno 1991 in cui essa è stata concessionaria del servizio di riscossione per l’ambito B della Provincia di Catanzaro, con contestuale accantonamento di tale somma «fino al completo soddisfacimento delle somme eventualmente spettanti all’erario o ad altri aventi diritto»;
D) la società GESAT, nel frattempo posta in liquidazione, ha tentato di definire in ogni modo le situazioni pendenti con l’Amministrazione finanziaria, segnalando nel contempo alle competenti Procure della Repubblica e della Corte dei Conti «i comportamenti gravemente omissivi e dilatori dell’Amministrazione, la quale mentre aveva adottato con estrema sollecitudine i provvedimenti relativi alla decadenza dalla concessione, stava invece indebitamente ritardando gli atti di sua competenza per la corresponsione delle somme e dei contributi ancora dovuti alla GESAT»;
E) la perdurante inerzia dell’Amministrazione è stata interrotta soltanto allorché il predetto contributo è stato revocato con il decreto ministeriale prot. n. II/3/229/25 del 12 maggio 1995, con le seguenti motivazioni: «il contributo per un determinato anno può spettare solo a chi abbia svolto il servizio per tutto il tempo che gli era stato affidato, mentre la S.p.A. Gesat non ha svolto il servizio affidatole per l’intero 1991 essendo stata dichiarata decaduta in data 10 settembre 1991»;
«la decadenza della concessione incide profondamente sulla gestione e sull’esito di questa, rendendo impossibile determinare se lo squilibrio verificatosi nella gestione 1991 sia imputabile allo svolgimento del servizio o, di contro, al mancato completo svolgimento del servizio a cagione della decadenza»;
«la S.p.A. Gesat è stata dichiarata decaduta per le gravissime e ripetute violazioni commesse e, in particolare, per l’omesso versamento a vari enti impositori di somme riscosse per circa £ 15.000.000.000»;
F) avverso tale decreto la società GESAT ha proposto ricorso innanzi a questo Tribunale, ma nelle more della definizione del giudizio il Tribunale di Lamezia Terme con sentenza n. 3/2001 ha dichiarato il fallimento della società stessa, autorizzando il curatore fallimentare a proseguire il giudizio;
G) questa Sezione con la sentenza n. 9503 del 5 dicembre 2003 - confermata in appello dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4643 del 23 luglio 2009 - ha annullato il predetto decreto ministeriale del 12 maggio 1995;
H) l’Amministrazione finanziaria è stata quindi diffidata, con atto notificato in data 28 gennaio 2010, a dare esecuzione alla predetta sentenza n. 9503 del 5 dicembre 2003, ma tale diffida non ha sortito alcun effetto, sicché il credito accertato con tale sentenza non è stato ancora liquidato.

2. Tenuto conto di quanto precede, la parte ricorrente - dopo aver richiamato le motivazioni delle predette sentenze n. 9503 del 5 dicembre 2003 e n. 4643 del 23 luglio 2009 - deduce che la perdurante inerzia dell’Amministrazione finanziaria viola il giudicato formatosi tra le parti, perché l’annullamento del provvedimento di revoca del contributo concesso con il decreto ministeriale del 17 dicembre 1992 comporta il riconoscimento della spettanza di tale contributo. Quindi la parte ricorrente, considerato che tale contributo ammontava in origine a £ 2.728.336.000, pari ad € 1.409.067,95, chiede a questo Tribunale di ordinare alle Amministrazioni intimate di liquidare la somma dovuta - maggiorata degli interessi sulla somma rivalutata anno per anno, secondo gli indici ISTAT, a far data dal 17 dicembre 1991 (indicato dalla parte ricorrente come giorno dell’adozione del decreto ministeriale che aveva riconosciuto la spettanza del contributo) - complessivamente determinata in € 4.018.814,98 (di cui € 1.409.067,95, a titolo di sorte capitale, € 948.343,19, a titolo di rivalutazione monetaria, ed € 1.661.403,84, a titolo di interessi sul capitale rivalutato). In particolare la parte ricorrente a supporto di tale domanda sostiene che: A) quando l’oggetto della pretesa azionata consiste nel pagamento di una somma di denaro, anche l’ulteriore domanda tesa ad ottenere la liquidazione degli interessi e della rivalutazione monetaria può essere formulata nell’ambito del giudizio di ottemperanza;
B) nel caso in esame gli interessi sono dovuti perché il credito relativo al contributo riconosciuto alla società Gesat si configura come un credito certo, liquido ed esigibile, e come tale produttivo di interessi;
C) la richiesta della rivalutazione monetaria deriva dal maggior danno subito dalla società GESAT a causa della mancata corresponsione del contributo, ed il danno è in re ipsa perché «la mancata erogazione della somma spettante alla Società ha determinato il fallimento della stessa in corso di giudizio».

3. La Difesa erariale con memoria depositata in data 22 settembre 2011 ha eccepito che le domande formulate da controparte travalicano i limiti del giudicato. In particolare, secondo la Difesa erariale, se è vero che il contributo attribuito alla società Gesat con il suddetto decreto ministeriale del 17 dicembre 1991 è stato determinato con riferimento all’intero anno 1991, è anche vero che questa Sezione con la sentenza n. 9503 del 5 dicembre 2003, pur riconoscendo la spettanza del contributo anche a chi avesse svolto l’attività di concessionario solo per una frazione dell’anno, ha precisato che «alla ricorrente spettava il contributo de quo, ovviamente commisurato ai mesi dell’anno 1991 in cui effettivamente aveva espletato il servizio di riscossione», ed ha accolto il ricorso «nei limiti della commisurazione del contributo in conto esercizio, spettante alla società ricorrente, al periodo effettivo di servizio svolto, nel corso dell’anno 1991, nell’espletamento dell’attività di riscossione dei tributi». Pertanto, secondo la Difesa erariale, alla parte ricorrente spetta come sorte capitale soltanto la somma pari a € 980.556,87, così determinata € 1.409.067,95 (somma pari al contributo attribuito con il decreto ministeriale del 17 dicembre 1992 per 365 giorni dell’anno 1991) x 254 giorni di effettivo svolgimento del servizio nell’anno 1991 (periodo dal 1° gennaio 1991 all’11 settembre 1991). Inoltre, sempre secondo la Difesa erariale, la somma richiesta a titolo di interessi e rivalutazione monetaria è stata erroneamente determinata da controparte perché: A) tale somma è stata quantificata utilizzando come base di calcolo una somma che, per le ragioni innanzi evidenziate, è diversa da quella effettivamente spettante per la sorte capitale;
B) gli interessi e la rivalutazione spetterebbero, ai sensi dell’art. 112, comma 3, cod. proc. amm., dal giorno in cui è passata in giudicato la sentenza del Consiglio di Stato che ha confermato la suddetta sentenza n. 9503 del 5 dicembre 2003, ossia dal 23 ottobre 2010;
C) in ragione di quanto precede la domanda di controparte tesa ad ottenere il risarcimento di danni ulteriori è però tardiva, per decorso del termine decadenziale di cui all’art. 30, comma 5, cod. proc. amm.;
C) la domanda di controparte relativa agli interessi e alla rivalutazione monetaria a far data dal 17 dicembre 1991 risulta comunque manifestamente infondata, perché il decreto di liquidazione del contributo è stato emesso in data 17 dicembre 1992 e in tale data è stato trasmesso alla Corte dei Conti per la registrazione. Infine la Difesa erariale eccepisce che - fermo restando quanto precede - il credito vantato da controparte deve ritenersi estinto per compensazione, stante l’esistenza di crediti erariali: A) sorti prima della declaratoria di fallimento della società GESAT (risalente al 2001), in quanto derivanti dalla sua gestione quale concessionario della riscossione;
B) definitivamente accertati ed ammessi al passivo del fallimento della società GESAT;
C) mai soddisfatti dalla società GESAT. In particolare la Difesa erariale oppone in compensazione: A) il credito di £ 973.958.106, pari a € 503.005,00, accertato con ordinanza n. 1/1997, confermata dal Consiglio di Stato con la decisione n. 5747/2008;
B) il credito di £ 15.313.234.812, pari a € 7.908.020,00, accertato con ordinanza 3/97, confermata dal Consiglio di Stato con la decisione n. 5814/2008;
C) il credito di £ 4.215.569.473, pari a € 2.177.000,00, accertato con ordinanza 4/97, confermata dal Consiglio di Stato con la decisione n. 5813/2008.

4. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate con determinazione prot. n. 2011/138670 del 29 settembre 2011 (notificata alla parte ricorrente in data 6 ottobre 2011) ha provveduto alla rideterminazione del contributo «assegnato per l’intero anno 1991 con il decreto del Ministro delle Finanze prot. n. ClI3 074 del 17 dicembre 1992, per un importo pari a lire 2.728.336.000 (corrispondente a euro 1.409.067,95)», nonché all’integrale compensazione delle somme spettanti al Fallimento Gesat Srl, nei termini che seguono. Innanzi tutto il contributo è stato «rideterminato in proporzione al periodo di effettivo servizio svolto dalla società nell’anno 1991 (01/01/1991-11/09/1991) per un importo pari a euro 980.556,87, in attuazione della sentenza del TAR Lazio, sez. II, n. 9503 del 5.11.2003, così come confermata dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 4643 del 23.11.2009». Inoltre il contributo (pari a euro 980.556,87) è stato «maggiorato di euro 814.359,20 per interessi legali decorrenti dal 17 dicembre 1992 - ossia dalla data di emanazione del decreto ministeriale prot. n. CI/3074 che assegnava il contributo per l’intero anno 1991 ... - fino alla data del presente provvedimento». Infine il contributo (rideterminato come appena indicato e maggiorato degli interessi legali) è stato «corrisposto al Fallimento Gesat S.r.l. mediante compensazione, ai sensi dell’art. 56 della Legge Fallimentare, con parte dei crediti vantati da questa Agenzia (ammessi in via definitiva al passivo del Fallimento Gesat S.r.l., per un importo totale di euro 10.588.793,23, dal Giudice Delegato con provvedimento del 26 maggio 2009, a scioglimento della riserva espressa in sede di approvazione dello Stato Passivo), secondo il seguente dettaglio: compensazione integrale del credito di euro 503.007,38 (credito n. 59 dell’elenco dello Stato Passivo, scaturente dall’ordinanza sanzionatoria n. 01/1997, emessa dalla Direzione Regionale della Calabria nei confronti della Gesat per omessi e tardivi versamenti);
compensazione parziale per euro 1.291.908,69 del secondo credito dell’importo complessivo di euro 2.177.160,08 (credito n. 60 dell’elenco dello Stato Passivo, scaturente dall’ordinanza sanzionatoria n. 04/1997, emessa dalla Direzione Regionale della Calabria nei confronti della Gesat per omessi e tardivi versamenti)». In particolare il direttore dell’Agenzia delle Entrate nella motivazione della determinazione del 29 settembre 2011 - dopo aver dato atto delle vicende che hanno portato all’annullamento giurisdizionale del provvedimento di revoca del decreto ministeriale del 17 dicembre 1992 - evidenzia che: A) nelle more del giudizio che ha condotto all’annullamento di tale provvedimento il Tribunale di Lamezia Terme ha dichiarato il fallimento della società Gesat;
B) l’Agenzia delle Entrate ha quindi presentato una «domanda di insinuazione al passivo del Fallimento Gesat dei crediti erariali scaturenti dai tre provvedimenti sanzionatori (ordinanze n. 1/1997, n. 3/l997 e n. 4/1997), emessi dalla Direzione Regionale della Calabria nei confronti della Gesat per omessi e tardivi versamenti, per un importo totale pari ad euro 10.588.793,23»;
C) tali crediti, inizialmente ammessi con riserva, sono stati ammessi in via definitiva al passivo del Fallimento Gesat con provvedimento del Giudice delegato del 26 maggio 2009;
D) l’importo del contributo spettante al Fallimento Gesat è stato rideterminato in proporzione al periodo di effettivo servizio svolto dalla società Gesat nell’anno 1991;
E) l’importo del contributo - comprensivo degli interessi legali, decorrenti dalla data del 17 dicembre 1992 fino alla data della predetta determinazione - è stato corrisposto al Fallimento Gesat mediante compensazione, ai sensi dell’art. 56 della Legge Fallimentare, con parte dei crediti vantati dall’Agenzia delle Entrate (credito n. 59 e credito n. 60 dell’elenco dello Stato Passivo), scaturenti dalle ordinanze sanzionatorie (n. 1/1997 e n. 4/1997) emesse dalla Direzione Regionale della Calabria nei confronti della Gesat per omessi e tardivi versamenti, ammessi in via definitiva al passivo del Fallimento con provvedimento del Giudice Delegato del 26 maggio 2009.

5. La parte ricorrente, con memoria notificata alle Amministrazioni intimate e depositata in data 7 dicembre 2011, ha eccepito la nullità, ai sensi dell’art. 21-septies della legge 241/1990, della determinazione del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 29 settembre 2011, deducendo la violazione/elusione del giudicato, l’inammissibilità dell’eccezione di compensazione, per violazione e falsa applicazione dell’art. 1241 cod. civ. e per violazione del principio dell’affidamento e dei principi di trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione, nonché l’eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza. Innanzi tutto la parte ricorrente sostiene che l’eccezione di compensazione - sollevata da controparte solo in pendenza dell’azione di ottemperanza - deve ritenersi inammissibile in quanto: A) la giurisprudenza ha affermato il principio secondo il quale in sede di opposizione all’esecuzione non possono essere fatti valere fatti estintivi, impeditivi o modificativi della pretesa che potevano essere dedotti nel processo di cognizione all’esito del quale si è formato il titolo esecutivo, perché il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, e quindi il debitore non può eccepire l’intervenuta compensazione del credito posto in esecuzione;
B) nel caso in esame l’Amministrazione ammette che i crediti che essa intende opporre in compensazione sono stati definitivamente accertati nel 1997, ossia ben sei anni prima della pubblicazione della sentenza n. 9503 del 5 novembre 2003, e quindi tali crediti non sono più opponibili quali fatti estintivi dell’obbligazione;
C) la Corte di Cassazione ha definitivamente chiarito che la compensazione può essere dedotta come motivo di opposizione all’esecuzione fondata su titolo coperto da cosa giudicata solo qualora il credito fatto valere in compensazione sia sorto successivamente alla formazione del titolo per cui si procede all’esecuzione, mentre in caso contrario l’eccezione resta preclusa dalla formazione della cosa giudicata, che impedisce la proposizione di fatti estintivi ad essa contrari (Cass. civ., Sez. I, n. 9912/2007;
id., Sez. III, n. 2822/1999);
D) i crediti vantati dall’Agenzia delle Entrate, essendo stati accertati nel 1997, debbono ormai considerarsi prescritti ai sensi dell’art. 2946 cod. civ.. Inoltre, secondo la parte ricorrente, la predetta determinazione dell’Agenzia delle Entrate è elusiva del giudicato perché l’Amministrazione, pur provvedendo formalmente a dare esecuzione al giudicato, persegue in realtà l’obiettivo di aggirarlo sul piano sostanziale. Quindi la parte ricorrente contesta la rideterminazione del contributo operata dall’Agenzia delle Entrate evidenziando che: A) in nessuna parte del decreto ministeriale del 17 dicembre 1992 si afferma la necessità di ridurre l’importo del contributo, né tantomeno che lo stesso sia riferito all’intero anno 1991;
B) dalla motivazione del decreto ministeriale del 17 dicembre 1992 si evince che l’importo del contributo è stato determinato dopo aver rilevato che la società Gesat era decaduta dal servizio nel mese di settembre, e quindi si deve ritenere che l’importo del contributo sia stato parametrato al periodo effettivo di svolgimento del servizio. Infine, per quanto concerne il mancato computo della rivalutazione monetaria, la parte ricorrente ribadisce che la rivalutazione monetaria costituisce un accessorio del credito e concorre, unitamente al calcolo degli interessi, alla determinazione del petitum originario, sicché tale voce rientra nel calcolo della somma dovuta dalle Amministrazioni intimate.

6. La Difesa erariale con memoria depositata in data 16 ottobre 2013 ha insistito per la reiezione del presente ricorso evidenziando che al giudicato è stata data puntuale esecuzione con la determinazione del 29 settembre 2011, mediante la compensazione del credito vantato da controparte con crediti vantati nei suoi confronti dall’Erario. In particolare la Difesa erariale sostiene che: A) l’eccezione di prescrizione dei crediti vantati dall’Agenzia delle Entrate, sollevata da controparte, è inammissibile, sia perché trattasi di crediti ammessi allo stato passivo del fallimento, sia perché le sentenze del Consiglio di Stato, che hanno confermato le ordinanze del 1997 con le quali sono state irrogate le sanzioni pecuniarie nei confronti della Gesat, risalgono al 2008;
B) priva di fondamento è anche l’ulteriore eccezione sollevata da controparte, incentrata sull’inammissibilità di un’eccezione di compensazione sollevata soltanto nell’ambito del giudizio di esecuzione, perché controparte non considera che il giudizio di ottemperanza è anche un giudizio di cognizione, né che le sentenze del Consiglio di Stato che hanno confermato le predette ordinanze del 1997 risalgono al 2008, né che il giudizio all’esito del quale si è formato il giudicato che controparte erroneamente ritiene non eseguito ha avuto ad oggetto l’annullamento di un provvedimento amministrativo e non già un rapporto, sicché in tale giudizio non erano ammissibili eccezioni di compensazione;
C) tenuto conto di quanto precede, viene meno il presupposto per affermare che il giudicato copre anche il deducibile (ossia l’eccezione di compensazione). Inoltre la Difesa erariale sviluppa l’eccezione di tardività dell’ulteriore domanda di controparte, volta ad ottenere sotto forma di rivalutazione monetaria il risarcimento dei danni derivanti dal fallimento della società Gesat, evidenziando che le questioni relative ad eventuali danni cagionati dal provvedimento di revoca del contributo, o dalle ordinanze del 1997 con le quali sono state irrogate le sanzioni pecuniarie nei confronti della società Gesat, avrebbero dovuto essere sollevate nei giudizi relativi a tali provvedimenti, sicché con riferimento a tali questioni il giudicato copre senz’altro il dedotto ed il deducibile. Infine la Difesa erariale, sempre con riferimento alla domanda di controparte relativa alla rivalutazione monetaria, sostiene che tale domanda risulta comunque infondata, perché era onere di controparte provare che sia stato proprio il mancato pagamento della somma dovuta a titolo di contributo in conto esercizio a causare il fallimento della società Gesat.

7. La parte ricorrente, con memoria depositata in data 3 novembre 2014, ha insistito per l’accoglimento del ricorso, evidenziando innanzi tutto che i fatti di causa possono essere ricostruiti come segue: A) l’Amministrazione finanziaria nella propria insinuazione al passivo del fallimento Gesat, avvenuta in via chirografaria, non ha fatto alcuna menzione della propria posizione debitoria verso la società Gesat, né ha eccepito la compensazione;
B) l’Amministrazione finanziaria nel giudizio che ha portato all’annullamento del provvedimento di revoca del contributo non ha mai eccepito la compensazione;
C) solamente in questa sede l’Amministrazione finanziaria pretende di sollevare l’eccezione di compensazione. Quindi la parte ricorrente sostiene che l’istituto della compensazione non può trovare applicazione tout court nell’ambito della procedura fallimentare, ma è piuttosto subordinato al rispetto di presupposti e condizioni che non sussistono nel caso in esame. In particolare la parte ricorrente sostiene che: A) secondo la giurisprudenza (Cassazione civile, Sez. I, 21 febbraio 2007, n. 4097), il creditore del fallito può far valere la compensazione nell’ambito di una procedura concorsuale solamente mediante un’espressa dichiarazione inserita all’interno della propria domanda di insinuazione al passivo, circostanza non verificatasi nel caso in esame;
B) secondo la giurisprudenza (Cassazione civile, 3 settembre 1996, n. 8053), la compensazione può essere eccepita anche a fronte di un’azione giudiziale intrapresa dal curatore per far valere un credito del fallito, ma in tale circostanza il creditore del fallimento può eccepire in compensazione un proprio credito verso il fallito, senza preventiva verificazione del credito stesso, purché si rimanga nell’ambito dell’eccezione riconvenzionale tesa a paralizzare la pretesa del curatore fallimentare e senza concorrere alla ripartizione degli utili della procedura fallimentare;
C) la compensazione può operare soltanto se nei due rapporti obbligatori coincidono (seppure a parti invertite) le posizioni di creditore e di debitore, mentre nel caso in esame tale coincidenza è venuta meno per effetto del fallimento della società Gesat, perché allo stato attuale il creditore dell’Amministrazione finanziaria non è più rappresentato dalla società Gesat, bensì dalla massa dei creditori, rappresentata dal curatore del fallimento, e quindi un’eventuale riconoscimento dell’applicabilità dell’istituto della compensazione nella fattispecie in esame determinerebbe una preferenza per un creditore particolare rispetto alla massa dei creditori, in palese violazione della par condido creditorum ;
D) una volta stabilizzato lo stato passivo della procedura e cristallizzate le pretese creditorie di ciascuno dei creditori insinuati (come avvenuto nel caso in esame), non è più possibile scomputare i singoli crediti del fallimento senza ledere la par condicio creditorum , principio sovrano e inderogabile che soprassiede a tutto lo svolgimento della procedura fallimentare;
E) in ragione di quanto precede la giurisprudenza (Cassazione civile, Sez. V, 1° luglio 2003, n. 10349) ha precisato che deve essere comunque esclusa la compensazione nel caso di rapporti di credito-debito intercorrenti tra soggetti diversi, e quindi, se il credito opposto in compensazione dall’Erario ha come soggetto passivo la società fallita mentre il credito fatto valere dal fallimento nei confronti dell’Erario è un credito della massa, l’eccezione di compensazione sollevata dall’Amministrazione finanziaria finisce per violare la par condicio creditorum . In definitiva, secondo la parte ricorrente, la compensazione eccepita da controparte non può operare in quanto: A) non è più modificabile lo stato passivo della procedura fallimentare e la compensazione non è stata invocata in sede di ammissione del credito dell’Erario nello stato passivo;
B) l’applicazione della compensazione comporterebbe una preferenza per l’Erario rispetto alla massa dei creditori, in violazione della par condicio creditorum ;
C) nei due rapporti tra i quali dovrebbe operare la compensazione non coincidono i ruoli di creditore e di debitore. Inoltre la società ricorrente ribadisce che nel caso in esame all’applicazione dell’istituto della compensazione osta anche il fatto che il giudizio di ottemperanza tende esclusivamente ad adeguare la situazione di fatto a quella risultante dal giudicato, sicché in questa sede non è possibile rimettere in discussione il diritto della società Gesat, riconosciuto con la sentenza n. 9503 del 5 novembre 2003, a percepire il contributo nella misura originariamente determinata, pari ad € 1.409.067,95. Infine la società ricorrente insiste anche per l’accoglimento della domanda relativa alla rivalutazione monetaria ribadendo che: A) la giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. V, 16 giugno 2010, n. 3800) ammette che la domanda tesa ad ottenere la liquidazione degli interessi e della rivalutazione monetaria sia formulata nel giudizio di ottemperanza;
B) la società Gesat, se avesse potuto usufruire del contributo in conto esercizio sin dal 1992, avrebbe potuto far fronte agli squilibri patrimoniali di gestione che lo stesso Ministero delle Finanze aveva paventato in danno delle società che in quel periodo gestivano il servizio di esazione dei tributi e così evitare il fallimento.

8. Il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la decisione alla camera di consiglio del 19 novembre 2014.

DIRITTO

1. In via preliminare giova evidenziare che la controversia in esame pone all’attenzione del Collegio quattro distinte questioni. La prima questione muove dal presupposto che il direttore dell’Agenzia delle Entrate con la determinazione del 29 settembre 2011 abbia riconosciuto la spettanza del contributo in conto esercizio per lo squilibrio di gestione registrato dalla Società Gesat nell’anno 1991 e consiste nel verificare se tale contributo vada riconosciuto nella misura richiesta dalla parte ricorrente, pari ad € 1.409.067,95 (corrispondente alla somma di £ 2.728.336.000 indicata nel decreto ministeriale del 17 dicembre 1992), ovvero nella minore misura di euro 980.556,87, riconosciuta con la predetta determinazione del direttore dell’Agenzia delle Entrate. La seconda questione concerne la fondatezza della richiesta della parte ricorrente di condannare le Amministrazioni intimate al pagamento della rivalutazione monetaria sulla somma dovuta a titolo di contributo e presuppone una verifica della possibilità di accertare in questa sede (ossia nell’ambito di un giudizio di ottemperanza) il maggior danno cagionato dalla mancata corresponsione del contributo, costituito dal fatto che la mancata erogazione del contributo avrebbe determinato il fallimento dalla società Gesat. La terza questione è parzialmente connessa alle precedenti, perché attiene non soltanto alla determinazione della base di calcolo degli interessi, ma anche alla decorrenza degli interessi, che secondo la domanda formulata dalla parte ricorrente andrebbe individuata a far data dal 17 dicembre 1991, mentre secondo la Difesa erariale andrebbe individuata a far data dal 23 ottobre 2010. La quarta questione concerne la legittimità della suddetta determinazione del 29 settembre 2011, nella parte in cui il direttore dell’Agenzia delle Entrate ha inteso compensare il credito vantato dalla parte ricorrente per effetto della sentenza di questa Sezione n. 9503 del 2003 con i crediti vantati dall’Erario nei confronti della società Gesat per effetto di due ordinanze sanzionatorie adottate dalla Direzione Regionale della Calabria, nei confronti della società stessa, per omessi e tardivi versamenti (cfr. ordinanza n. 1/1997, confermata dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5747 del 20 novembre 2008 e ordinanza 3/97, confermata dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5814 del 25 novembre 2008), attualmente corrispondenti al credito n. 59 e credito n. 60 dell’elenco dello stato passivo del fallimento.

2. Ciò premesso, il Collegio ritiene innanzi tutto priva di fondamento la domanda della parte ricorrente volta alla condanna delle Amministrazioni intimate al pagamento del contributo di cui trattasi determinato nella misura pari ad € 1.409.067,95. Infatti - come correttamente evidenziato dalla Difesa erariale sin dalla memoria depositata in data 22 settembre 2011 - pur essendo innegabile che con il decreto ministeriale del 17 dicembre 1991 il contributo in questione è stato commisurato con riferimento all’intero anno 1991, è altrettanto innegabile che la società

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