TAR Potenza, sez. I, sentenza breve 2021-07-27, n. 202100522

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza breve 2021-07-27, n. 202100522
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 202100522
Data del deposito : 27 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/07/2021

N. 00522/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00313/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 313 del 2021, proposto dalla Petrucco Inerti S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. L D M, PEC avvdimaseluca@pec.giuffre.it, con domicilio eletto in Potenza Via Nazario Sauro n. 102;

contro

-Comune di Tito, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. V B, PEC basile.vincenzo@cert.ordineavvocatipotenza.it, con domicilio eletto in Potenza Via Torraca n. 98;
-Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di Tito, Brienza, Sant’Angelo Le Fratte, Sasso di Castalda e Satriano di Lucania, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum:
LTR Asphalt S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Riccardi, PEC avvgiovanniriccardi@puntopec.it, e Agostino Parisi, PEC parisi.agostino@cert.ordineavvocatipotenza.it, domiciliata ai sensi dell’art. 82 R.D. n. 37/1934 presso la Segreteria di questo Tribunale;

per l'annullamento:

-del bando di asta pubblica, pubblicato dalla Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di Tito, Brienza, Sant’Angelo Le Fratte, Sasso di Castalda e Satriano di Lucania il 21.4.2021, per l’affidamento in concessione della Cava Costa della Grava, sita nei terreni foglio n. 49, particelle nn. 1 e 2, di proprietà del Comune di Tito;

-della Determinazione del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Tito n. 158 del 15.3.2021, di indizione, in attuazione della suddetta Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019, della predetta asta pubblica, che avrebbe dovuto essere espletata dalla suddetta Centrale Unica di Committenza, per la durata di 5 anni con la fissazione dei canoni a base di gara per le offerte al rialzo (precisamente, € 26.100,00 per il canone annuale di occupazione e € 930.608,40, pari a 775.507 mc. x € 1,20 a mc., per la coltivazione della Cava per l’intera durata della concessione) e la garanzia della cessione di 3.500 mc. di materiale misto di cava a favore del Comune da utilizzare nella realizzazione di opere pubbliche (con ristoro delle spese di estrazione trasporto pari al 50% del prezzo indicato dal Prezzario dei lavori pubblici della Regione Basilicata, vigente nell’anno di acquisizione se disponibile, o pari al 50% del prezzo derivante dall’analisi di mercato) e del prelevamento di materiale di terre e di rocce di scavo dai cantieri appaltanti dal Comune (da utilizzare, previa caratterizzazione, per il ritombamento della buca esistente nel piazzale della Cava in discorso) e di approvazione del relativo Capitolato Speciale;

-dell’art. 1 del Capitolato Speciale, nella parte in cui chiarisce che, ai sensi dell’art. 6 L.R. n. 12/1979, l’aggiudicatario, se diverso dall’intestatario dell’autorizzazione regionale ex Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019, “dovrà chiedere preliminarmente all’ufficio regionale competente di subentrare nella titolarità dell’autorizzazione”;

-della nota prot. n. 8265 del 4.6.2020, con la quale il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Tito ha ingiunto alla Petrucco Inerti S.r.l. lo sgombero immediato (entro e non oltre 30 giorni) della suddetta Cava Costa della Grava ed il pagamento (entro e non oltre 15 giorni) dell’importo di € 35.252,00 a titolo di canone di occupazione fino al 6.7.2018;

-della nota prot. n. 10305 dell’8.7.2020, con la quale il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Tito ha comunicato alla Petrucco Inerti S.r.l. che per l’omesso pagamento del canone di occupazione sarebbe stata indetta una gara, per selezionare il nuovo concessionario della Cava, ed ha disposto la sospensione dell’ingiunzione allo sgombero della Cava “fino alla definizione della procedura di gara”, diffidandola, però, sia al pagamento (entro e non oltre 15 giorni) dell’importo di € 41.252,00, sia “dal porre in essere attività estrattiva e/o di coltivazione mineraria atteso che l’attuale occupazione della Cava non risulta sorretta da valido titolo legittimante”;

-della nota prot. n. 9319 dell’8.6.2021, con la quale il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Tito, in seguito alla ricezione della nota della Petrucco Inerti S.r.l. del 25.5.2021, le ha intimato l’immediata rilascio della Cava (entro 15 giorni), in quanto il rapporto contrattuale con il Comune doveva intendersi “orami risolto e/o comunque scaduto”, e l’ha diffidata al pagamento (entro e non oltre 15 giorni) dell’importo di € 26.302,20;


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Tito;

Visto l’atto di intervento ad opponendum, notificato il 14/15.7.2021 e depositato il 15.7.2021, proposto dalla LTR Asphalt S.r.l., classificatasi al 1° posto nella suddetta asta pubblica, indetta con la citata Determinazione del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Tito n. 158 del 15.3.2021;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella Camera di Consiglio del 21 luglio 2021 il Cons. Pasquale Mastrantuono e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 D.L. n. 137/2020 conv. nella L. n. 176/2020, dell’art. 1, comma 17, D.L. n. 183/2020 conv. nella l. n. 21/2021 e dell’art. 6, comma 1, lett. e), D.L. n. 44/2021 mediante collegamento da remoto con la modalità simultanea Microsoft Teams, dopo aver ascoltato gli avv.ti L D M, Vincenzo Basile e Giovanni Riccardi;

Ritenuta la sussistenza dei presupposti per la definizione del giudizio con Sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. ed anche del comma 2 del predetto art. 25 D.L. n. 137/2020 conv. nella L. n. 176/2020, nella parte in cui prevede “la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 60 del Codice del Processo Amministrativo, omesso ogni avviso”, e sentite, comunque, le parti sul punto;


Con Del. G.R. n. 1850 del 13.10.2003 la Regione Basilicata autorizzava un’impresa a svolgere per 9 anni l’attività di coltivazione mineraria, finalizzata al ripristino ambientale dei sedimenti carbonatici della Cava Costa della Grava, sita nei terreni foglio n. 49, particelle nn. 1 e 2, di proprietà del Comune di Tito, esprimendo anche il giudizio favorevole di compatibilità ambientale.

Con Del. G.R. n. 384 del 22.2.2005 la Regione autorizzava il subentro della Petrucco Inerti S.r.l. nel predetto progetto di coltivazione mineraria per la durata di ulteriori 9 anni con decorrenza dal 22.2.2005, cioè fino al 21.2.2014, prevedendone espressamente la proroga, previa istanza e verifica dei requisiti richiesti dalla vigente normativa.

Il Comune di Tito in data 4.8.2006 stipulava il contratto di concessione della Cava in discorso con la Petrucco Inerti S.r.l., prevedendo, oltre alla suddetta durata di 9 anni prevista dalla citata autorizzazione regionale ex Del. G.R. n. 1850 del 13.10.2003, l’obbligo del concessionario di: A) pagare € 54.166,00 oltre IVA alla stipula del contratto ed il canone annuale di € 120.000,00 oltre IVA, da aggiornare annualmente in base agli indici ISTAT, in ratei mensili anticipati entro e non oltre il giorno 5 di ogni mese “a prescindere dalla quantità di materiale estratto”;
B) fornire al Comune 1.000 mc. annui di materiale misto di cava, specificando che “in questo caso l’IVA resta a carico della ditta”;
C) con l’espressa avvertenza che “il mancato pagamento o fornitura di quanto innanzi nei termini previsti comporta la sospensione dell’attività, previa notifica, con decorrenza dal giorno successivo a quello della scadenza della diffida” e la puntualizzazione che “un’eventuale prosecuzione dell’attività dopo detta scadenza è considerata come attività svolta abusivamente” (cfr. art. 8).

Il predetto contratto di concessione con contratto del 23.11.2012 è stato rinnovato per altri 3 anni, cioè per il periodo 1.10.2012-30.9.2015 (cfr. art. 4), prevedendo: A) il canone annuale di € 126.000,00 oltre IVA in ratei mensili anticipati entro e non oltre il giorno 5 di ogni mese “a prescindere dalla quantità di materiale estratto”;
B) la cessione al Comune 2.000 mc. di materiale misto di cava;
con l’espressa avvertenza che “il mancato pagamento o fornitura di quanto innanzi nei termini previsti comporta la sospensione dell’attività, previa notifica, con decorrenza dal giorno successivo a quello della scadenza della diffida” e la puntualizzazione che “un’eventuale prosecuzione dell’attività dopo detta scadenza è considerata come attività svolta abusivamente” (cfr. art. 5).

Con il contratto, stipulato dal Comune di Tito e dalla Petrucco Inerti S.r.l. il 19.12.2014, il predetto contratto di concessione del 23.11.2012 veniva integrato mediante la pattuizione che: A) “con decorrenza dall’1.3.2014 fino al rilascio della nuova autorizzazione regionale di coltivazione mineraria” il concessionario doveva pagare al Comune il “canone mensile di € 2.000,00 per l’occupazione”;
B) poiché la Petrucco Inerti S.r.l. era debitrice nei confronti del Comune di € 157.500,00, si impegnava a pagare al Comune: b1) € 19.000,00 entro il 31.3.2015;
b2) la restante somma di € 127.500,00 “prima dell’inizio della nuova attività estrattiva autorizzata dalla Regione Basilicata e comunque entro il 30.9.2015” (cfr. articolo unico).

Con Ric. n. 250/2019 la Petrucco Inerti ha impugnato il parere, espresso dal Comitato Tecnico Regionale per l’Ambiente nella seduta del 5.3.2019 con riferimento alle istanze del 3.10.2012 (di Valutazione di Impatto Ambientale del nuovo progetto di coltivazione mineraria, per rendere l’attività estrattiva compatibile con le esigenze ambientali e paesaggistiche del territorio, modificatosi per l’inclusione dell’area di cava nel limite esterno della perimetrazione dell’Ente Parco Nazionale dell’Appenino Lucano Val D’Agri-Lagonegrese, come integrato con il progetto del 21.6.2018, di estrazione di 2.069.673 mc. di materiale calcareo per 18 anni, prevedendo anche il riempimento dello scavo esistente nel piazzale della cava con 238.000 mc. di materiale proveniente dal recupero delle terre e rocce da scavo, di cui 40.00 mc. nei primi 5 anni e la restante parte di 198.000 mc. nell’ultima fase della coltivazione) e dell’11.11.2013 e conseguente sollecitazione dell’11.8.2016 (di proroga, “per una durata non inferiore a 5 anni”, dell’attività di coltivazione mineraria di cui alla precedente autorizzazione ex Del. G.R. n. 384 del 22.2.2005), nella parte in cui esprimeva: 1) il giudizio favorevole solo per la seconda delle due predette istanze;
2) il rilievo, secondo cui il progetto del 21.6.2018 consisteva in “un ampliamento volumetrico, poiché” prevedeva “l’arretramento del fronte di scavo all’interno del perimetro autorizzato”;
3) la prescrizione del “ritombamento della buca” esistente nel piazzale della Cava in questione “contestualmente alla coltivazione sul versante dei volumi residui, considerando come morfologia finale del piazzale la pendenza tra 849 m. alla base del versante nella parte iniziale del piazzale e 846 m. nella parte terminale del piazzale”.

Con atto di motivi aggiunti al predetto Ric. n. 250/2019 la Petrucco Inerti ha impugnato il parere del Comitato Tecnico Regionale per l’Ambiente del 3.6.2019, nella parte in cui ribadiva che la nuova VIA poteva avere una validità temporale di massimo 5 anni e precisava che l’ampliamento volumetrico, contemplato nel progetto del 21.6.2018, violava l’art. 3, comma 1, lett. e), dell’Allegato A al DPR 8.12.2007 anche nella parte in cui tale norma consente la prosecuzione delle cave con “attività già in atto”, in quanto tale deroga risultava espressamente condizionata alle attività “esclusivamente finalizzate al ripristino ambientale dei siti”, ripristino ambientale che risultava incompatibile con l’aumento volumetrico della cava, e la Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019, con la quale, in condivisione dei predetti pareri, la Petrucco Inerti è stata autorizzata ad attuare esclusivamente il “progetto di sola prosecuzione dei lavori di coltivazione mineraria della cava” di cui è causa “autorizzati con la Del. G.R. n. 1580 del 2003”, con la prescrizione del “ritombamento della buca” esistente nel piazzale della cava, “contestualmente alla coltivazione sul versante dei volumi residui, considerando come morfologia finale del piazzale la pendenza tra 849 m. alla base del versante nella parte iniziale del piazzale e 846 m. nella parte terminale del piazzale”.

Il Ric. 250/2019 ed il relativo atto di motivi aggiunti sono stati respinti da questo Tribunale con la Sentenza n. 306 dell’11.5.2020 (tale Sentenza è stata appellata, senza chiedere l’istanza di sospensione dell’efficacia, dalla Petrucco Inerti S.r.l. con Ric. n. 8435/2020, per il quale la IV^ Sezione del Consiglio di Stato non ha ancora fissato l’Udienza Pubblica), attesoché: 1) dal parere favorevole del Comitato Tecnico Regionale per l’Ambiente del 22.7.2003 risultava che l’iniziale progetto di coltivazione mineraria della Cava in discorso era stato autorizzato con la Del. G.R. n. 1580 del 2003 per una volumetria di scavo di 1.843.000 mc. e la Regione Basilicata aveva precisato che dal predetto progetto residuava ancora una volumetria di scavo di 775.000 mc.;
2) mentre dall’impugnata Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019 e dall’intera documentazione, acquisita in giudizio, risultava che la Petrucco Inerti aveva presentato in data 21.6.2018 un nuovo progetto di coltivazione della cava in questione, che prevedeva l’estrazione di 2.069.673 mc. di materiale calcareo, da eseguire in 18 anni ed articolato in 4 fasi, e che contemplava anche il riempimento della buca, attualmente presente nel piazzale della cava, con 238.000 mc. di materiale, di cui 40.000 mc. nei primi 5 anni ed i restanti 198.000 mc. nella quarta fase;
3) come evidenziato dal Comitato Tecnico Regionale per l’Ambiente nella seduta del 3.6.2019, l’ampliamento della coltivazione della Cava, contemplato nel progetto del 21.6.2018, che la previsione dell’estrazione di 2.069.673 mc. di materiale calcareo, anziché dei rimanenti 775.000 mc., autorizzati con l’originaria Del. G.R. n. 1580 del 2003, non poteva essere qualificato come un’attività esclusivamente finalizzata al ripristino ambientale del sito in questione, come prescritto dal citato art. 3, comma 1, lett. e), dell’Allegato A al DPR 8.12.2007;
4) con la perizia giurata del 23.9.2019 il Consulente tecnico della Petrucco Inerti non aveva dimostrato che il progetto, autorizzato con la Del. G.R. n. 1850 del 13.10.2003, non poteva essere realizzato;
5) fermo restando l’obbligo di garantire la sicurezza dei lavoratori, il “ritombamento della buca” esistente nel piazzale della cava con 238.000 mc. di materiale inerte, anche se non è stata causata dalla ricorrente, non poteva non essere posto a suo carico, tenuto conto della possibilità di estrazione di altri 775.000 mc..

Il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Tito:

-con nota prot. n. 8265 del 4.6.2020 ha ingiunto alla Petrucco Inerti S.r.l. lo sgombero immediato (entro e non oltre 30 giorni) della suddetta Cava Costa della Grava ed il pagamento (entro e non oltre 15 giorni) dell’importo di € 35.252,00 a titolo di canone di occupazione fino al 6.7.2018;

-con nota prot. n. 10305 dell’8.7.2020 ha comunicato alla Petrucco Inerti S.r.l. che per l’omesso pagamento del canone di occupazione sarebbe stata indetta una gara, per selezionare il nuovo concessionario della Cava, ed ha disposto la sospensione dell’ingiunzione allo sgombero della Cava “fino alla definizione della procedura di gara”, diffidandola, però, sia al pagamento (entro e non oltre 15 giorni) dell’importo di € 41.252,00, sia “dal porre in essere attività estrattiva e/o di coltivazione mineraria atteso che l’attuale occupazione della Cava non risulta sorretta da valido titolo legittimante”;

-con Determinazione n. 158 del 15.3.2021, in attuazione della suddetta Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019, ha indetto l’asta pubblica, per l’affidamento in concessione della Cava comunale in questione, che doveva essere espletata dalla Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di Tito, Brienza, Sant’Angelo Le Fratte, Sasso di Castalda e Satriano di Lucania, per la durata di 5 anni con la fissazione dei canoni a base di gara per le offerte al rialzo (precisamente, € 26.100,00 per il canone annuale di occupazione e € 930.608,40, pari a 775.507 mc. x € 1,20 a mc., per la coltivazione della Cava per l’intera durata della concessione) e la garanzia della cessione di 3.500 mc. di materiale misto di cava a favore del Comune da utilizzare nella realizzazione di opere pubbliche (con ristoro delle spese di estrazione trasporto pari al 50% del prezzo indicato dal Prezzario dei lavori pubblici della Regione Basilicata, vigente nell’anno di acquisizione se disponibile, o pari al 50% del prezzo derivante dall’analisi di mercato) e del prelevamento di materiale di terre e di rocce di scavo dai cantieri appaltati dal Comune (da utilizzare, previa caratterizzazione, per il ritombamento della buca esistente nel piazzale della Cava in discorso) ed ha approvato il relativo Capitolato Speciale (l’art. 1 del Capitolato Speciale chiarisce che, ai sensi dell’art. 6 L.R. n. 12/1979, l’aggiudicatario, se diverso dall’intestatario dell’autorizzazione regionale ex Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019, “dovrà chiedere preliminarmente all’ufficio regionale competente di subentrare nella titolarità dell’autorizzazione”): in data 21.4.2021 la predetta Centrale Unica di Committenza ha pubblicato il bando di asta pubblica;

-con nota prot. n. 9319 dell’8.6.2021, di riscontro alla ricezione della nota della Petrucco Inerti S.r.l. del 25.5.2021 (con tale nota la Petrucco, oltre a richiamare la suddetta Del. G.R. 742 del 23.10.2019 e l’appello alla Sentenza TAR Basilicata n. 306 dell’11.5.2020 e comunicare la disponibilità alla realizzazione del progetto, autorizzato con la predetta Del. G.R. 742 del 23.10.2019 mediante rinnovo del precedente contratto di concessione (tale disponibilità è stata reiterata con le pec del 5.6.2021 e del 29.6.2021, in quanto la Petrucco Inerti è l’unica titolare dell’autorizzazione regionale ex Del. G.R. 742 del 23.10.2019, mentre l’aggiudicatario dell’indetta asta pubblica deve ottenere la predetta autorizzazione regionale), aveva evidenziato l’illegittimità del predetto bando, in quanto: 1) l’area della Cava ha una superficie di 117.800 mq., anziché 380.154 mq., come indicato nel bando;
2) il volume coltivabile non è di 775.507 mc., ma doveva essere rideterminato, in aumento e/o in diminuzione, in seguito all’ottemperanza della Del. G.R. 742 del 23.10.2019;
3) il canone a base di gara di € 1,20 a mc. non considera gli oneri del ripristino ambientale e del ritombamento della buca esistente nel piazzale della cava), le ha intimato l’immediata rilascio della Cava (entro 15 giorni), in quanto il rapporto contrattuale con il Comune doveva intendersi “orami risolto e/o comunque scaduto”, e l’ha diffidata al pagamento (entro e non oltre 15 giorni) dell’importo di € 26.302,20.

La Petrucco Inerti S.r.l. con il presente ricorso, notificato al Comune di Tito presso l’indirizzo di posta elettronica IPA protocollo@pec.comune.tito.pz.it il 18.6.2021 ed alla Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di Tito, Brienza, Sant’Angelo Le Fratte, Sasso di Castalda e Satriano di Lucania a mezzo posta tramite Ufficiale giudiziario in data 19/22.6.2021 e depositato il 23.6.2021, ha impugnato il suddetto bando, pubblicato il 21.4.2021, la predetta Determinazione del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Tito n. 158 del 15.3.2021, il suindicato l’art. 1 del Capitolato Speciale e le citate note dello stesso Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Tito prot. n. 8265 del 4.6.2020, prot. n. 10305 dell’8.7.2020 e prot. n. 9319 dell’8.6.2021, deducendo:

1) l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto: A) i partecipanti all’impugnata asta pubblica non potevano eseguire l’autorizzazione regionale ex Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019 e/o chiedere di subentrare in tale autorizzazione, “senza il previo accordo con la ricorrente”, in quanto unica titolare di tale autorizzazione, tenuto pure conto del suo carattere personale, espressamente previsto dal comma 1 dell’art. 6 L.R. n. 12/1979;
B) solo la ricorrente poteva avvalersi del silenzio assenso ex art. 13 L. n. 394/1991, formatosi sull’istanza del ricorrente del 3.10.2012, volta ad ottenere il nulla osta dell’Ente Parco Appenino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese, come statuito da questo Tribunale con la Sentenza n. 251 del 22.3.2017;
C) l’impossibilità di formulare l’offerta per l’indeterminatezza dei volumi estraibili, in quanto la prescrizione n. 3 del dispositivo dell’autorizzazione regionale ex Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019 prevede il “computo dei volumi aggiornato, considerando i quantitativi da scavare sul piazzale, tenendo conto della morfologia finale proposta”;
D) l’impugnato bando di gara, nel determinare il canone a base di gara di € 1,20 a mc., non aveva considerato i costi, derivanti dagli oneri di ripristino ambientale e dagli oneri del ritombamento della buca esistente nel piazzale della Cava;

2) la violazione dell’art. 34 R.D. n. 1443/1927, nella parte in cui prevede che la concessione mineraria può essere rinnovata, se il concessionario ha attemperato agli obblighi impostigli”, in quanto la ricorrente con le pec del 25.5.2021, del 5.6.2021 e del 29.6.2021 aveva chiesto il rinnovo della concessione e non vi erano state altre istanze di coltivazione della Cava di cui è causa.

Con atto, notificato il 14/15.7.2021 e depositato il 15.7.2021, è intervenuta in giudizio la LTR Asphalt S.r.l., alla quale non era stato notificato il predetto ricorso, in quanto classificatasi al 1° posto nella suddetta asta pubblica, indetta con la citata Determinazione del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Tito n. 158 del 15.3.2021, opponendosi all’accoglimento del ricorso: 1) con le eccezioni di: A) irricevibilità, in quanto, poiché alla fattispecie in esame risulta applicabile l’art. 120, comma 5, cod. proc. amm., il bando avrebbe dovuto essere impugnato entro 30 giorni dalla sua pubblicazione;
nonché l’irricevibilità della censura, con la quale la ricorrente ha dedotto che i partecipanti all’impugnata asta pubblica non potevano eseguire l’autorizzazione regionale ex Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019 e/o chiedere di subentrare in tale autorizzazione, “senza il previo accordo con la ricorrente”, in quanto, poiché il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Tito con la nota prot. n. 10305 dell’8.7.2020 aveva già stabilito di indire una nuova gara, la ricorrente avrebbe dovuto impugnare tale nota entro il termine decadenziale di impugnazione;
B) inammissibilità per la carenza di legittimazione attiva, sia perché il bando impugnato non conteneva clausole, che impedivano alla ricorrente di partecipare alla gara, sia perché la ricorrente Petrucco Inerti S.r.l. aveva più volte ceduto la gestione della Cava in questione ad altre ditte, senza chiedere la preventiva autorizzazione regionale ex art. 6 L.R. n. 12/1979;
C) inammissibilità per contraddittorietà di comportamento della stessa ricorrente, in quanto ha contemporaneamente impugnato la Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019 ed appellato la Sentenza di reiezione del TAR Basilicata n. 306 dell’11.5.2020 e con il presente ricorso chiesto al Comune l’affidamento diretto della concessione della Cava di cui è causa per l’esecuzione della predetta Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019;
D) inammissibilità, per la mancata partecipazione alla gara;
2) e deducendo l’infondatezza del gravame.

Si è pure costituito in giudizio il Comune di Tito, il quale, oltre a sostenerne l’infondatezza, ha anche eccepito l’inammissibilità del ricorso: 1) sia perché alla ricorrente Petrucco Inerti S.r.l. era subentrata la Meridionale Costruzioni S.r.l.;
2) sia perché la ricorrente Petrucco Inerti S.r.l. non aveva partecipato alla gara, indetta con la suddetta Determinazione del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Tito n. 158 del 15.3.2021.

Con memoria del 17.7.2021 la ricorrente ha replicato alle predette eccezioni ed ha eccepito l’inammissibilità dell’atto di intervento ad opponendum, sia perché il procedimento di gara ancora non si era concluso, sia perché non era stato notificato alla Centrale Unica di Committenza, ma al Comune di Tito (precisamente presso l’indirizzo di posta elettronica garecuc@pec.comune.tito.pz.it), nella qualità di Comune capofila della Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di Tito, Brienza, Sant’Angelo Le Fratte, Sasso di Castalda e Satriano di Lucania.

In data 21.7.2021 si è svolta la Camera di Consiglio ai sensi dell’art. 25 D.L. n. 137/2020 conv. nella L. n. 176/2020, dell’art. 1, comma 17, D.L. n. 183/2020 conv. nella l. n. 21/2021 e dell’art. 6, comma 1, lett. e), D.L. n. 44/2021 mediante collegamento da remoto con la modalità simultanea Microsoft Teams, nell’ambito della quale il ricorso è passato in decisione.

In via preliminare, va affermata l’ammissibilità dell’atto di intervento ad opponendum, proposto dalla LTR Asphalt S.r.l., in quanto: 1) sebbene il procedimento di gara, oggetto della controversia in esame, non si è ancora concluso con l’emanazione del provvedimento di aggiudicazione della concessione, per la qualità di prima nella graduatoria la LTR Asphalt S.r.l., se non è un soggetto controinteressato sopravvenuto, è sicuramente titolare di un interesse legittimo derivato non ancora attuale, in quanto, come statuito dal costante e pacifico orientamento giurisprudenziale (cfr. ex multis C.d.S. Sez. IV Sentenze n. 2179 del 15.3.2021 e n. 3363 del 7.7.2015;
C.d.S. Sez. VI Sentenze n. 4527 del 13.7.2020 e n. 4425 del 10.7.2020), nel processo amministrativo l’intervento ad opponendum, a supporto della legittimità di un provvedimento oggetto di impugnazione, può essere giustificato anche dalla titolarità di un interesse di mero fatto, che consenta alla parte di ritrarre un vantaggio indiretto e/o riflesso dalla reiezione del ricorso;
2) l’atto di intervento è stato notificato alla Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di Tito, Brienza, Sant’Angelo Le Fratte, Sasso di Castalda e Satriano di Lucania presso l’indirizzo di posta elettronica garecuc@pec.comune.tito.pz.it, indicato nell’impugnato bando di gara del 21.4.2021.

Sempre in via preliminare, vanno disattese tutte le eccezioni, sollevate dall’interventrice ad opponendum LTR Asphalt S.r.l. (al riguardo, va precisato che, sebbene nel processo amministrativo la posizione dell’interveniente ad opponendum si caratterizza per sua accessorietà rispetto a quella dell’Amministrazione resistente, con la conseguente impossibilità di ampliare il thema decidendum, i cui confini sono segnati dal contenuto motivazionale e dispositivo del provvedimento impugnato e dalle censure contro di esso dedotte dal ricorrente, ciò non impedisce la formulazione di eccezioni processuali, diverse da quelle dedotte dall’Amministrazione resistente) e dal Comune di Tito.

Infatti, il ricorso in esame risulta ricevibile, attesochè: 1) il ridotto termine decadenziale di 30 giorni ex art. 120, comma 5, cod. proc. amm. si applica ai provvedimenti dei procedimenti di affidamento di incarichi di progettazione e degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture e non anche ai procedimenti di evidenza pubblica, finalizzati, come quello in esame, alla scelta del concessionario di un bene di proprietà pubblica (cfr. comma 1 dell’art. 120 cod. proc. amm.);
2) con la nota prot. n. 10305 dell’8.7.2020 il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Tito aveva solo manifestato l’intenzione, di indire una gara, per selezionare il nuovo concessionario della Cava di cui è causa.

Il presente ricorso risulta anche ammissibile, attesochè: 1) l’iniziale contratto di concessione del 4.8.2006, il secondo contratto di concessione del 23.12.2012 ed anche il contratto del 19.12.2014, integrativo del secondo contratto di concessione del 23.12.2012 sono stati tutti stipulati dal Comune di Tito con la Petrucco Inerti S.r.l., mentre la Petrucco Inerti S.r.l. con verbale dell’Assemblea del 22.5.2018 ha variato la denominazione in Meridionale Costruzioni S.r.l., ma poi con contratto del 6.7.2018 la Meridionale Costruzioni S.r.l. (poi dichiarata fallita dalla Sezione Fallimentare del Tribunale di Potenza con Decreto del 22.10.2019) ha ceduto il ramo d’azienda alla Petrucco Inerti S.r.l.;
2) anche se la ricorrete avesse più volte ceduto la gestione della Cava in questione ad altre ditte, senza chiedere la preventiva autorizzazione regionale ex art. 6 L.R. n. 12/1979, va rilevato che, nella specie, non è stato emanato alcun provvedimento di revoca e/o decadenza dall’autorizzazione regionale;
3) con il presente ricorso la Petrucco Inerti S.r.l. ha proposto censure, finalizzate all’annullamento della gara, sia perché la concessione della cava di cui è causa avrebbe dovuto essere rinnovata alla ricorrente, sia perché il canone a base di gara di € 1,20 a mc. non riusciva a coprire i costi di gestione della Cava;
4) non vi è stato alcun comportamento incoerente da parte della ricorrente Petrucco Inerti S.r.l., in quanto persegue sia la finalità di ottenere dalla Regione Basilicata l’ampliamento della coltivazione mineraria, sia l’obbiettivo di conseguire la stipula di un nuovo contratto di concessione, senza la preventiva indizione del procedimento di evidenza pubblico, oggetto della controversia in esame.

Nel merito, il ricorso è, però, infondato.

Infatti, come già statuito da questo Tribunale con le Sentenze n. 159 del 1999, n. 51 dell’8.2.2012, n. 406 del 2012, n. 187 del 2013 e n. 618 dell’8.9.2014:

-l’art. 12, comma 6, L.R. n. 12/1979 stabilisce che al rapporto di concessione delle cave “si applicano … per quanto non disposto dalla presente Legge le norme di cui al Titolo II del R.D. n. 1443/1927” (cioè delle norme in materia di miniere, le quali appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato), “in quanto applicabili e comprabili con la materia specifica, intendendosi comunque sostituiti agli organi dello Stato i competenti organi regionali”;

-tra gli artt. del R.D. n. 1443/1927 richiamati vi sono l’art. 33, lett. a), il quale statuisce che “la concessione cessa per scadenza del termine”, e l’art. 34, il quale puntualizza che “la concessione scaduta può essere rinnovata, qualora il concessionario abbia ottemperato agli obblighi impostigli”;

-la giurisprudenza ha interpretato il citato art. 34 R.D. n. 1443/1927 nel senso che la possibilità che il titolare di una concessione mineraria ottenga, alla scadenza del termine della concessione, il rinnovo è subordinata, oltre che alla verificata ottemperanza agli obblighi impostigli con la precedente concessione, alla circostanza che alla data della scadenza della concessione non siano state presentate altre istanze di sfruttamento della miniera, dal momento che in tale seconda evenienza l’Amministrazione è tenuta a valutare comparativamente le predette istanze (cfr. C.d.S. Sez. VI Sentenze n. 1523 del 4.4.2007, n. 1770 del 27.3.2001 e n. 952 del 15.6.1998);
a riprova di ciò l’art. 12 bis L.R. n. 12/1979 ha statuito che “la concessione di cave, appartenenti al patrimonio indisponibile regionale è rilasciata dalla Giunta Regionale fra quanti abbiano presentato la domanda nei termini previsti da apposito bando. La trattativa privata è ammessa solo quando nessun imprenditore abbia presentato domanda nei termini previsti nel bando, o si tratti di ampliare una cava in attività”;
in ogni caso, ai sensi dell’art. 3, comma 1, R.D. n. 2440/1923, i contratti dai quali deriva un’entrata per la Pubblica Amministrazione devono essere preceduti da una procedura di evidenza pubblica;

-ai sensi dell’art. 45 R.D. n. 1443/1927 le cave possono essere coltivate dal proprietario del suolo, ma in caso di mancato o cattivo sfruttamento possono essere avocate dalla Regione (cfr. art. 62 DPR n. 616/1977) ed assoggettate allo stesso regime delle miniere, per cui solo in tal caso le cave entrano a far parte del patrimonio indisponibile della Regione ex art. 826, comma 2, C.C.;

-poiché nella specie la cava è di proprietà comunale e fa parte del patrimonio disponibile del Comune, il rapporto concessorio sussiste solo con il Comune resistente, per cui anche nel caso di cava di proprietà comunale trova applicazione il principio stabilito dall’art. 12 bis L.R. n. 12/1979 per le cave di proprietà regionale e dal predetto orientamento giurisprudenziale in tema di applicazione dell’art. 34 R.D. n. 1443/1927;

-l’autorizzazione regionale ha soltanto una valenza di carattere tecnico, finalizzata alla tutela degli interessi pubblici di natura geologica, ambientale ed economica (cfr. artt. 2 e 5 L.R. n. 12/1979), il cui possesso risulta indispensabile per l’esercizio dell’attività di coltivazione di una cava e da ciò discende che la coltivazione della cava non può iniziare prima del rilascio dell’autorizzazione regionale;
pertanto, l’autorizzazione regionale non è elemento determinante ai fini della partecipazione alla gara, per la scelta del concessionario della Cava comunale di cui è causa, in quanto tale autorizzazione regionale è ottenibile anche da un’altra impresa, cioè dall’aggiudicatario dell’apposito procedimento di evidenza pubblica, tanto più se, come nella specie, è stata posta a base di gara un’autorizzazione regionale già emanata con Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019, e da ciò consegue anche la legittimità dell’impugnato art. 1 del Capitolato Speciale, nella parte in cui prevede che l’aggiudicatario, se diverso dall’intestatario dell’autorizzazione regionale ex Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019, “dovrà chiedere preliminarmente all’ufficio regionale competente di subentrare nella titolarità dell’autorizzazione”, cioè il rilascio di un’autorizzazione regionale, conforme a quella di cui alla Del. G.R. n. 742/2019, posta a base di gara.

Dalle predette norme si evince chiaramente che l’Ente Pubblico, proprietario della cava, alla scadenza della concessione deve indire il procedimento, per selezionare il nuovo concessionario, e che la trattativa privata con il precedente concessionario può essere effettuata soltanto se non via sia stato alcun offerente.

Pertanto, poiché l’istanza della ricorrente, volta ad ottenere l’ampliamento della coltivazione mineraria è stata respinta con la suddetta Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019, il precedente contratto di concessione, stipulato tra il Comune di Tito e la ricorrente, è scaduto il 30.9.2015 (cfr. articolo unico del contratto del contratto integrativo del 19.12.2014) e la ricorrente risulta ancora debitrice nei confronti del Comune di Tito dei canoni di occupazione ancora non corrisposti, deve ritenersi che il Comune di Tito ha legittimamente indetto il procedimento di selezione del nuovo concessionario, contestato dalla ricorrente, tenuto pure conto della circostanza che alla predetta gara hanno partecipato due ditte.

Risultano infondate anche le altre censure, dedotte dalla ricorrente.

Infatti, va rilevato che l’Ente Parco Appenino Lucano Val D’Agri-Lagonegrese aveva tardivamente emanato il parere negativo del 15.5.2015, richiamando l’art. 3, comma 1, lett. d) e e), dell’Allegato A al DPR 8.12.2007, ma questo Tribunale con la Sentenza n. 761 del 7.12.2017 ha statuito che tali norme fanno espressamente salve le attività già in atto esclusivamente finalizzate al ripristino ambientale, come il progetto di coltivazione, autorizzato con la citata Del. D.R. n. 742 del 23.10.2019, posto a base di gara.

L’interventrice ad opponendum LTR Asphalt S.r.l. ha dimostrato che:

1) pur sottraendo l’intero volume necessario per il ritombamento della buca nel piazzale della Cava in questione residuano 537.000 mc. di inerti, come, peraltro, già statuito da questo Tribunale con la suddetta Sentenza n. 306 dell’11.5.2020, nella parte in cui è stato evidenziato che per il “ritombamento della buca” esistente nel piazzale della cava occorrevano 238.000 mc. di materiale inerte e che il materiale residuo, da estrarre, è di altri 775.000 mc., ai quali potrebbero aggiungersi anche i quantitativi da scavare sul piazzale, tenendo conto della morfologia finale proposta, di cui alla prescrizione n. 3 del dispositivo dell’autorizzazione regionale ex Del. G.R. n. 742 del 23.10.2019, cioè “la pendenza tra 849 m. alla base del versante nella parte iniziale del piazzale e 846 m. nella parte terminale del piazzale”, non tenendo conto della circostanza che l’impugnata Determinazione n. 158 del 15.3.2021 prevede anche il prelevamento di materiale di terre e di rocce di scavo dai cantieri appaltati dal Comune, da utilizzare, previa caratterizzazione, per il ritombamento della buca esistente nel piazzale della Cava in discorso;

2) il canone a base di gara di € 1,20 a mc. è di gran lunga inferiore al prezzo medio di mercato di € 10,00 a mc. dei materiali inerti, da utilizzare per la produzione di conglomerati bituminosi;

3) i costi, derivanti dagli oneri di ripristino ambientale e dagli oneri del ritombamento della buca esistente nel piazzale della Cava, ammontano a circa € 600.000,00.

A quanto sopra consegue la reiezione del ricorso in esame.

Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 26, comma 1, e 29 cod. proc. amm. e artt. 91 e 92, comma 2, c.p.c. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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